Nel mondo si continua combattere in almeno 35 Paesi (di cui 15 africani). Il pianeta è attraversato da 388 conflitti eppure sono in molti nel nostro Paese a non saperlo. Ancor più sconcertante è che «un italiano su due non sa neppure che in Afghanistan si combatte. Un dato che lascia sgomenti...
Nel mondo si continua combattere in almeno 35 Paesi (di cui 15 africani). Il pianeta è attraversato da 388 conflitti eppure sono in molti nel nostro Paese a non saperlo. I dati prodotti dal sondaggio Swg, condotto per Caritas Italiana, il Regno e Famiglia Cristiana, pongono in luce come in 99 casi su 100 gli intervistati hanno dichiarato di non sapere che si continua a combattere nella Repubblica democratica del Congo. Ma ancor più sconcertante è che «un italiano su due non sa neppure che in Afghanistan si combatte. Un dato che lascia sgomenti, dal momento che là è schierato un contigente di circa 4.000 militari e il nostro Paese piange 51 caduti. Le guerre - scrive il settimanale edito dai "Periodici San Paolo" - si alimentano anche di colpevoli silenzi». (Caritas Sardegna) L’edizione 2012 del "Rapporto di ricerca su finanza e povertà, ambiente e conflitti dimenticati" (Mercati di guerra, ed. Il Mulino), presentato il 14 novembre scorso a Roma, mette in evidenza che “Dal 2010 al 2011 il numero totale di conflitti nel mondo è passato da 370 a 388. Particolarmente significativo l’aumento nel numero di guerre: dai 6 casi del 2010 ai 20 del 2011”. A rendere noti questi dati è stato Paolo Beccegato, responsabile Area internazionale Caritas italiana, secondo il quale le situazioni più gravi sono in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Sudan, Somalia, Messico e Colombia, mentre in Siria si sta consumando una gravissima tragedia umanitaria. Sulle responsabilità dei media don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia cristiana, avverte che “Un’informazione addomesticata o silente è un prezioso alleato dei signori della guerra”, mentre un giornalismo “etico e di denuncia” può costituire “un autentico strumento di pace”. Una cultura di pace si crea anche “con un’informazione che eviti di spettacolarizzare le guerre e si schieri dalla parte delle vittime”. “La disponibilità di risorse – ha aggiunto – è divenuto il fattore scatenante di nuovi conflitti internazionali e interni”. Oggi 145 nazioni nel mondo devono condividere le proprie risorse idriche con altri Paesi e “utilizzano bacini idrici internazionali (263 in tutto il mondo)”. Una “condivisione forzata” che negli ultimi 50 anni ha prodotto 37 conflitti. “Oltre 50 Paesi – ha proseguito Beccegato – nei prossimi anni potrebbero entrare in dispute violente sulla gestione di laghi, fiumi, dighe e acque sotterranee”. Ulteriore fattore scatenante il prezzo reale del cibo, “sostanzialmente raddoppiato” negli ultimi 5-6 anni, e quello del petrolio, “oggi quasi il doppio rispetto al 1982” e maggiore “del 150 % del livello di inizio millennio”. Principale causa di questi aumenti è “il ruolo giocato dagli speculatori e dai mercati finanziari mondiali”. In particolare, ha precisato il relatore, “le crisi alimentari del 2008 e del 2011 e l’aumento del prezzo delle derrate in tutto il mondo” hanno contribuito all’esplosione “delle primavere arabe e della guerra civile in Costa d’Avorio, e hanno provocato scontri e rivolte ad Haiti, in Camerun, Mauritania, Mozambico, Senegal, Uzbekistan, Yemen, Bolivia, Indonesia, Giordania, Cambogia, Cina, Vietnam, India e Pakistan”. Drammatico il coinvolgimento dei civili, in particolare minori: più di un miliardo di bambini e adolescenti (dati Unicef) vive in scenari di guerra; circa 18 milioni sono costretti ogni anno a spostarsi a causa dei conflitti armati. Tra il 13% ed il 25% dei minori coinvolti dalle guerre soffre di stress post-traumatico (dati Oms).
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