25 aprile, primo vero ponte per godersi i racconti del nonno sui tempi nella resistenza...
Il 25 aprile è una data significativa anche per la famiglia Carminati. È infatti uno dei pochi ponti di questa avara primavera. Hanno preso nonno Renato per fargli respirare un po’ di aria di mare. Non ha reagito bene all’intervento alle corde vocali: non riprende ancora a parlare. Lo hanno caricato nel sedile dietro con tutte le precauzioni, alla sua età è rischiosa anche una frattura. Gli hanno detto di dormire, il bello deve venire, non può arrivare senza forze. Gli hanno comprato addirittura un costume.
Si risveglia sulla sdraio, mentre gli spalmano la crema. «Hai la pelle così sottile, quante vene». «Non avevo mai notato questa cicatrice sotto l’ombelico». «E quando mai hai visto il nonno in costume?». «Sarà una vecchia operazione».
Nonno Renato ciondola la testa, e tutti pensano non stia bene. Invece il gesto ha un’altra traduzione: «No, quello è il proiettile di un repubblichino con poca mira che mi voleva sbudellare. I nostri, a costo di saltare per aria, mi hanno trascinato per gli scarponi in una fossa, e poi a spalla fino alla malga dove Fiorenzo, detto il dottore, mi ha cucito con lo spago. Due settimane di convalescenza nascosto tra i maiali, poi di nuovo giù in valle, col fucile».
«Senti freddo?». Gli coprono le gambe con l’asciugamano. «È messo male, poverino». «Dillo piano! Non può parlare ma ci sente». Federico si siede sulla sdraio vicino. Gli appoggia la mano sul ginocchio, come gesto di intesa virile. «Essere via dalla città, niente lavoro per tre giorni. Sai cosa ti dico, nonnino? Su questa spiaggia, ho capito davvero cosa vuol dire liberazione».
Nonno Renato non è dispiaciuto. Avrebbe preferito, come gita, il monumento ai compagni caduti. Ma apprezza l’abbraccio del sole. È un privilegio, pagato col sangue, anche la superficialità dei suoi nipotini. Spera di non trovare la fila stasera. Resti imbottigliato sull’Autostrada del sole soltanto il passato, quello che ha scelto di non raccontare. Vinca, su tutto, questo tepore.
Emanuele Fant
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