UNA DOMENICA IN CAMPAGNA

Tavernier non ha mai smesso di indagare con una tenerezza scorticata i rapporti padre-figlio o padre-figlia, questa complicità, questa necessità di rinnovare i contatti, di trovare delle risposte, di unirsi agli altri che ci sono cari, la dolorosa incapacità di parlarsi delle persone che si sentono molto vicine l'una all'altra...

UNA DOMENICA IN CAMPAGNA

da Quaderni Cannibali

del 28 ottobre 2005

Regia: Bertrand Tavernier

Interpreti: Louis Ducreux, Sabine Azéma, Michel Aumont

Origine: Francia 1984

Durata: 94’

 

In una domenica di fine estate dell’anno 1912, nei pressi di Yveline, Monsieur Ladmiral, un pittore settantenne, si appresta a ricevere il figlio Gonzague e la sua famiglia (la nuora e tre nipotini) in visita come quasi ogni domenica dalla vicina Parigi. La vita di Ladmiral è stata tutta spesa nell’esercizio della pittura, una pittura accademica che lo ha esiliato dal nuovo e lo ha relegato in una penombra che non è solo la penombra del suo studio tappezzato di vecchi e mediocri quadri di genere: è la penombra di un’intera vita senza slanci e ormai prossima alla morte. Pienamente consapevole dei propri limiti, l’anziano genitore attende ogni domenica con impazienza l’arrivo della figlia più giovane, Iréne, che di slanci ne ha moltissimi, ma tutta posseduta dalla sua frenesia, non trova quasi mai il tempo di venire in campagna. Che oggi sia la volta buona?

 

 

Hanno detto del film

Ladmiral si specchia in Gonzague ed Irene, raffigurazioni di ciò che è e di ciò che avrebbe voluto essere. Il grigiore e una compostezza un po’ soffocante lo accomunano al primo (…), mentre la sregolata, fantasiosa e spregiudicata condotta della seconda, il suo irrompere vitale e distruttivo a smuovere quel quadretto domenicale indica quel che è mancato alla sua esistenza, quel che ora rimpiange e che forse tenterà in extremis di recuperare.

(Giuseppe Rausa – Segnocinema 16 – gennaio 1985)

 

Da “L’orologiaio di St. Paul” in poi Tavernier non ha mai smesso di indagare con una tenerezza scorticata i rapporti padre-figlio o padre-figlia, questa complicità, questa necessità di rinnovare i contatti, di trovare delle risposte, di unirsi agli altri che ci sono cari, la dolorosa incapacità di parlarsi delle persone che si sentono molto vicine l’una all’altra. Il dialogo è spesso intenso, anche se passa attraverso il silenzio. (…) le emozioni che suscita qui sono universali. Non hanno confini.

(Jean-Luc Douin – Bertrand Tavernier, Parigi 1997)

CGS

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