Intervista a don Roberto Cappelletti
Don Roberto Cappelletti, salesiano di don Bosco, è stato Animatore Missionario dell’Ispettoria INE (Italia Nord-Est). In queste vesti lo abbiamo conosciuto ed apprezzato, condividendone la vocazione autenticamente missionaria. Ad ottobre partirà per l’Ispettoria brasiliana di Porto Alegre per un servizio che gli auguriamo sia fonte della inesauribile gioia evangelica, da vivere personalmente e da comunicare ai fratelli.
Don Roberto, sappiamo che ha un biglietto in tasca. Qual’è la destinazione?
Eh sì, il biglietto è proprio già in tasca. Il 5 ottobre, dopo il mese di corso per missionari partenti e l’Harambée con la consegna del Crocifisso missionario, partirò per il Brasile, Ispettoria salesiana di Porto Alegre.
Può descriverci meglio la comunità e il progetto dove andrà?
La comunità ancora non so quale sarà, attendo notizie dal mio nuovo Ispettore. Di sicuro sarò inserito in un’opera sociale, dove lavorerò con i bambini e i ragazzi più poveri, provenienti dalla strada e dalle favelas, che, purtroppo, circondano quasi ogni città brasiliana.
Come vive questa partenza?
La vivo sicuramente come una grazia, un dono. La vivo con trepidazione, ma anche con la consapevolezza che il buon Dio, mi chiama a mettermi al servizio dei più poveri, dei più abbandonati e messi da parte, in una società, come quella brasiliana, piena di contraddizioni, diseguaglianze e nuove povertà, ma ricca anche di tantissima umanità, di valori e di voglia di ripartire.
Che cosa significa per lei essere un missionario?
Prima di tutto mi piace specificare che sarò missionario salesiano. Questa piccola aggiunta identifica tutto quello che vorrei essere, grazie all’aiuto di Dio. Per la mia ordinazione sacerdotale ho scelto questa frase del Vangelo di Matteo: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18,5). Questa grazia chiedo a Dio, in Brasile e in qualunque posto sarò: poter essere sempre segno del suo amore, soprattutto tra i più piccoli e poveri, facendomi piccolo e povero come loro.
Il Brasile significa anche passare dalla dimensione dell’animazione missionaria in Italia alla servizio missionario in un altro Paese. Come vive questo passaggio?
Aver avuto la possibilità di essere animatore missionario ispettoriale mi ha aiutato di certo ad aprire maggiormente i miei orizzonti e il mio cuore al sogno missionario, che già coltivavo da anni. Sicuramente passare a vivere quotidianamente la missione in un Paese così lontano, mi porterà ad un cambiamento radicale, nell’approccio alle persone, alla cultura differente, al mio modo di “gestirmi” la vita: un passaggio che non sarà sempre indolore, ma che certamente,se vissuto in pienezza, darà nuova linfa alla mia vita di consacrato.
Cosa lascerà e cosa porterà con sé in questo viaggio?
Mi sono ripromesso di partire con una sola valigia, spedendo tre scatoloni con le mie poche cose: faccio riferimento a questo aspetto pratico per dire che voglio portare con me l’esperienza e la ricchezza pastorale e spirituale vissuta in questi anni in Italia, e le poche doti servizio di tutti quelli che incrocerò nel cammino brasiliano. Lascio tante cose, molte superflue; lascerò qui anche i miei familiari e tanti amici che continueranno a pregare per me... ma saranno sempre nel mio cuore e nelle mie preghiere.
Qual è il mondo possibile che lei immagina?
Come salesiano e consacrato, il mondo possibile è quello sognato da Dio per ogni soprattutto i più piccoli e deboli siano rispettati, valorizzati e messi al centro di ogni politica e di ogni azione sociale e pastorale. Vocaboli che sempre rischiano di restare belle parole, se ognuno non si mette in gioco dando il meglio di ciò che Dio gli ha concesso in questa vita. Io, nel mio piccolo, ci provo a far sì che un piccolo pezzo di questo sogno di Dio si possa realizzare anche con il mio semplice impegno di una vita!
Alessandra Tarquini
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