Uomini: “Personaggi in cerca di Autore”

Ecco il testo presentato da don Piero Bianchi al Meeting MGS del Triennio come approfondimento del tema pastorale dell'anno: «Il tuo volto, Signore, io cerco».«L'uomo è ricerca della verità, domanda di verità, cioè di senso ultimo dell'esistenza: perché esisto? Qual è il senso profondo del mio vivere, del mio amare, del mio soffrire, del mio nascere e del mio morire? La verità è un forte grido che l'uomo sente dentro il suo cuore. √â una domanda irresistibile e costituisce il tessuto profondo della vita. L'esistenza della domanda dimostra che l'uomo non è capace, non ha in sé tutte le risorse per rispondere...».

Uomini: “Personaggi in cerca di Autore”

da Teologo Borèl

del 01 gennaio 2002

  Mi sono permesso di parafrasare il titolo di un famoso dramma di Pirandello dal titolo “Sei personaggi in cerca di autore”. É, come tutti ben sappiamo, la vicenda di sei Personaggi, che rifiutati dal loro regista sono alla ricerca di qualcuno che “li metta in scena”; sono in balia di sé stessi ognuno intento a narrare la sua vita ma impossibilitati nel farlo perché non c’è un regista a coordinarli, a guidarli, a dargli esistenza! Ma soprattutto perché non vogliono appartenere ad alcun regista

Cosa ha a che vedere quanto appena detto con le giornate di oggi e con la proposta formativa di quest’anno?

A pensarci bene è la vicenda di molti uomini, di molti di noi, scaricati più o meno volontariamente su un palco alla ricerca di chi siamo, alla ricerca di qualcuno che sia in grado di mettere in scena la mia vita e di darle un senso perché l’improvvisazione ormai ci ha estenuati, ci trova impreparati.

LA VERITÀ

L’uomo è ricerca della verità, domanda di verità, cioè di senso ultimo dell’esistenza: perché esisto? Qual è il senso profondo del mio vivere, del mio amare, del mio soffrire, del mio nascere e del mio morire? La verità è un forte grido che l’uomo sente dentro il suo cuore. É una domanda irresistibile e costituisce il tessuto profondo della vita.

L’esistenza della domanda dimostra che l’uomo non è capace, non ha in sé tutte le risorse per rispondere. Questa domanda lo porta oltre sé alla ricerca di un senso ultimo sull’esistenza perché si rende conto che è molto di più delle conoscenze che ha stratificato nella sua coscienza, della sensibilità e della affettività di cui è dotato, è molto di più dei condizionamenti psicologici, affettivi, fisici,culturali, etnici o razziali in cui vive. L’uomo sente il desiderio di un incontro che lo riveli a sé stesso, che gli faccia capire il senso profondo della sua esistenza perché l’UOMO É PER DIO, É IN DIO E VA VERSO DIO.

IL DESIDERIO DELL’UOMO

L’uomo come dice san Tommaso è desiderio di vedere Dio, naturale desiderio di vedere, incontrare  Dio.

E Dio si dà in un incontro storico. E’ accaduto in un incontro per Sua madre, per Giacomo, Andrea, Giovanni, Pietro, per la samaritana, per le turbe di gente che lo vedevano passare, predicare, compiere gesti strani. In alcuni di questi strani gesti era contenuta una singolare passione per loro e per le loro miserie.

Un incontro dice qualche cosa di imprevedibile, di non previsto. É quanto accade nel racconto che Giovanni fa nel primo capitolo; lo leggiamo: Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: «Che cercate?». Gli risposero: «Rabbì (che significa maestro), dove abiti?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)»]e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)».

Il passo di Giovanni descrive un’esperienza umana estremamente semplice, ma che è anche una delle più grandi che noi possiamo fare: l’esperienza di un incontro. Due persone, di una è detto il nome mentre dell’altro si tace: è un po’ uso dell’Evangelista Giovanni di non dire il suo nome; dunque Andrea e Giovanni incontrano un’altra persona: Gesù. Questo incontro consiste in una compagnia fra tre persone: esso viene descritto come un “andare e vedere” dove lui abitava, e “fermarsi” presso di lui.

Ne avete fatti anche voi di incontri nella vostra vita. L’incontro non è solo imbattersi in una persona che si incrocia perché camminiamo sullo stesso marciapiedi, questo è un fatto fisico. Pensate a Dante e Beatrice: cosa ha significato per Dante quell’incontro? La “Vita Nuova” comincia proprio così: Incipit vita nova..., comincia una nuova vita! Perché? Per l’incontro!

Che cosa accade in una persona quando incontra Gesù Cristo? Leggendo il brano di Giovanni si nota subito che l’incontro di Giovanni e Andrea con Gesù accade perché c’è una persona che lo rende possibile: Giovanni il Battista. E’ lui che dice loro “Eccolo, è lui, l’Agnello di Dio”, ossia è lui che ci salva. E i due, sentendo il Battista parlare così, “seguirono Gesù”: comincia l’incontro.

Noi abbiamo due modi di conoscere: abbiamo una conoscenza che chiamiamo diretta e ne abbiamo una che chiamiamo indiretta. La conoscenza diretta è la conoscenza che io raggiungo attraverso un ragionamento, che mi conduce ad una conclusione cui io non posso non dare il mio assenso, perché è una conclusione evidente.

Ad esempio se dico: “tutti gli uomini muoiono; Giuseppe è un uomo; e quindi Giuseppe prima o poi morirà”. E’ una conoscenza diretta perché ho fatto un ragionamento, attraverso esso sono arrivato ad una conclusione, e ad essa io non posso non assentire con la mia ragione.

La conoscenza indiretta è quella che io raggiungo attraverso la testimonianza di un altro. Esempio: io sono stato ai Caraibi e vi racconto che quando si arriva con l’aereo si ha uno degli spettacoli naturali più belli che esistono: una baia bellissima, un mare stupendo, l’aereo che per arrivare deve girare attorno e ti trovi davanti alla baia. A questo punto, se siete stati attenti, avete un’idea di come siano i Caraibi. A quali condizioni però? Che io non sia matto, e che non sia bugiardo. E’ una conoscenza indiretta perché voi non avete visto le isole Caraibi e un altro ve l’ha narrato. Se voi avete fiducia in questa persona, accettate la sua testimonianza; avere fiducia vuole dire ritenere che questa persona sia sana di mente e che non voglia ingannarvi.

Quale delle due conoscenze è più importante nella mia vita? La seconda: la nostra vita normalmente si costruisce sulla conoscenza indiretta. Ad esempio, chi di voi va a scuola o a lavorare, si alza ad un certo orario perché deve prendere il treno. Ci si alza ad un certo orario sulla base di un atto di fiducia nei confronti delle Ferrovie dello Stato. Un altro esempio: perché questa sera, prima di mangiare, non avete portato il piatto all’Istituto di Analisi Biochimica della vostra città, per essere sicuri che chi vi ha preparato il piatto non vi aveva messo del veleno dentro? E’ un atto di fiducia.

La fede è quindi una conoscenza indiretta: quando Giovanni il Battista dice “Eccolo è lui, l’agnello di Dio”, cosa fanno Andrea e Giovanni? Dicono “adesso verifichiamo”? No! “Sentendolo parlare così seguirono Gesù”, perché c’era già un rapporto di fiducia con Giovanni il Battista.

Quando un incontro è unico? Cosa vuole dire che un incontro è unico? Voi avete una ragazza alla quale volete benissimo e le dite: “Domani ci vediamo in piazza Duomo”. Ma se questa non viene cosa fate ? La sostituite con un’altra? No! Nessuno può prendere il suo posto.

L’incontro é dunque unico quando si hanno due fattori:

- quando é unica, assolutamente unica, la persona che incontro: nessuno può sostituirla, è qualcuno di così straordinariamente irripetibile che non può esserci nessun altro al suo posto;

- quando c’è una perfetta corrispondenza fra ciò che il mio cuore attende con un desiderio ultimo e questa persona che incontro.

Il Vangelo al v.41 dice: “Abbiamo trovato il Messia”. Non è una persona qualsiasi: per un ebreo vuole dire ho incontrato l’atteso da secoli. L’unicità dell’incontro deriva quindi dall’unicità della persona incontrata: é qualcuno di assolutamente insostituibile; deriva dal fatto che, proprio per questo, c’è una corrispondenza perfetta tra ciò che il mio cuore attendeva e la persona che ho incontrato.

Nel capitolo 6 di Giovanni, vv. 67-69, c’è un dialogo molto importante: “Disse allora Gesù ai Dodici: Forse anche voi volete andarvene? Gli rispose Simon Pietro: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna. E noi abbiamo conosciuto e creduto che tu sei il Santo di Dio”. Stupendo! L’unicità dell’incontro, Pietro ha creduto ed ha visto questa unicità: egli dice tu solo hai parole che spiegano la vita, esse corrispondono perfettamente a ciò che desidera il mio cuore, perché tu solo parli in questo modo, da essere risposta definitiva a ciò che io attendo; dove vuoi che io vada fuori e lontano da te?

Nei versetti del Vangelo di Giovanni cap. 6 che precedono quelli appena menzionati, Gesù ha moltiplicato i pani per la gente.

Nell’antichità il problema della fame era qualcosa di tremendo, per noi oggi è difficile da capire. La fame ti distrugge; la fame è la morte che ti senti dentro. Questi popoli poveri dell’antichità Gesù li aveva sfamati con un’abbondanza unica, con una gratuità totale; per questo corrono dietro di lui, perché sentono che egli dà loro la vita.

Sennonché Gesù fa un discorso strano (Gv 6,22-67): “Questo pane ve l’ho dato, ed é importante, ma questo non é il vero pane. La fame più profonda non é quella che sentite nelle vostre viscere; la sete non é quella che vi asciuga la gola. C’è un altro pane, perché c’è un’altra fame, e chi mangia di questo pane non avrà più fame, ma sarà saziato per sempre, avrà la vita eterna. E questo pane é la mia carne; dovrete mangiare del mio corpo”.

Immaginate quale fu la reazione dei benpensanti, degli intellettuali, degli scribi: “Vedete? Ve lo avevamo detto che è pazzo. Come può costui dare da mangiare la sua carne e da bere il suo sangue? Cosa sta dicendo? Come potete continuare ad ascoltare un pazzo che vi dice che vi darà da mangiare la sua carne?”. E la gente se ne va perché pensa che quello di Gesù sia un discorso irragionevole.

Pietro, invece, fa un discorso di una semplicità sconcertante: “Signore, anche noi non capiamo niente di quello che dici, anche per noi questo discorso é assolutamente incredibile, incomprensibile, però lo dici tu, e noi sappiamo che tu sei l’unico. Noi abbiamo già sperimentato chi sei tu ed é ben più ragionevole ritenere che tu non ci dici cose pazze, anche se non le comprendiamo. Così, io resto con te e prima o poi capirò”.

Ragazzi, chi è stato più ragionevole? La gente che prima lo ha seguito e poi lo lascia, cadendo in contraddizione (cos’ha mai fatto per non meritare la loro fiducia?), o Pietro che lo riconosce come persona unica anche se sta facendo discorsi che non comprende?

Ci siamo chiesti cosa é accaduto nella vita di Andrea e di Giovanni. E’ accaduto un incontro, un incontro unico nella loro vita, in quanto la persona incontrata era assolutamente singolare, dal momento che essa era capace di spiegare tutto, per cui ogni sua parola era da ritenere vera, anche quando non risultava subito comprensibile. Ecco cos’è accaduto nella vita di Andrea, di Giovanni, di Pietro, di quanti hanno creduto.

Allora, cosa significa incontrare Gesù Cristo? Per Andrea, per Giovanni, per Pietro, per Tommaso - quel Tommaso che ha voluto metterci il dito per essere proprio sicuro che era Lui - e per noi adesso, significa vivere la stessa esperienza, perché Gesù è vivo. Non è semplicemente credere o essere convinti della giustizia della sua causa, della bellezza della sua dottrina non è questa la fede! E’ invece l’incontro con la sua persona viva, viva oggi tra noi, come persona unica, irripetibile, assolutamente singolare, con tutta la pienezza della sua esistenza. Il senso del nostro cristianesimo è l’incontro con una persona viva, e non semplicemente credere nell’utilità della sua dottrina, nella sua missione, nel suo messaggio, nella sua causa.... ma l’incontro con lui che é vivo, unico, irripetibile, assolutamente singolare

UN INCONTRO ANCORA POSSIBILE

State attenti perché molti oggi, che discutono di teologia, di catechesi, hanno una tale bravura, una tale sottigliezza e scioltezza di linguaggio, che lasciano sempre incerti chi li sta ascoltando proprio su quello che è il centro del nostro essere cristiani, cioè se Gesù Cristo sia vivo oggi, fra noi, come persona unica, irripetibile, singolare, così come lo era prima della sua morte, oppure se sia vivo solo il suo messaggio, la sua grande dottrina morale. C’è una tale sofisticheria, oggi, nel discorso teologico e catechistico, per cui questo, che è il nodo essenziale della nostra fede viene disatteso. Noi siamo Cristiani se abbiamo incontrato Gesù Cristo come persona viva, non se siamo convinti semplicemente che la sua dottrina è l’unica vera. Non è sufficiente quest’ultima convinzione; Ma allora, se é vivo come persona, dove lo posso incontrare? Perché se è una dottrina basta prendere in mano il libro del Vangelo, ma se è una persona non la si incontra in un libro. Dove lo incontro perciò? Nella Chiesa, nella Chiesa concreta. E’ lei che dice oggi “Ecco l’agnello di Dio!”, é lei che lo annuncia, é nella Chiesa che Gesù Cristo é vivo, nei Sacramenti della Chiesa. E’ nella Chiesa che si costruisce, nell’incontro con Cristo, nella fede, la comunione vera. Come si legge nella prima lettera di S. Giovanni Apostolo (1,1-4) “[1]Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita [2](poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), [3]quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. [4]Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta.”.

Nessuna manifestazione di Cristo, neanche la più interiore, la più meravigliosa, la più mistica, può mai essere staccata dalla carne e dal sangue della Chiesa, dalla concretezza storica della Chiesa. Senza la Chiesa, la persona unica di Cristo risorto finisce sempre per ridursi ad un’idea, o ad una dottrina, o ad un sentimento; tenete presente che ci si innamora delle persone e non delle idee.

Allora ha senso la frase che sempre più sovente corre sulla bocca di molti giovani e non: “Gesù si, Chiesa no?”. La tendenza a dividere Gesù dalla Chiesa, a mostrare un  indice di gradimento per Gesù e insieme una punta di ostilità verso la Chiesa, non porta da nessuna parte. La Chiesa è il luogo e il prolungamento dell’azione e della Parola di Gesù. Altrimenti il grande pericolo  è che il nostro rapporto con Cristo sia alla mercé della nostra immaginazione, della nostra interpretazione, del nostro stato d’animo.

Il Dio dei miracoli, Colui che ha impresso fin dall’origine la sua immagine nella sua creatura,e ha compiuto la rivelazione di questa immagine in Cristo ci raggiunge anche oggi continuamente, ci investe, si rivela a noi di continuo dentro la storia che ha fatto e va facendo per noi. Il Dio di Gesù Cristo si fa compagnia all’uomo in carne ed ossa dentro le contingenze del tempo e dello spazio. “Dentro” nel senso più potente della parola. Il mistero di Cristo ci raggiunge attraverso una trama di fatti concreti con cui ci colpisce, ci richiama, ci riprende, ci costruisce. Cristo sarebbe lontano e perciò sarebbe vittima della nostra interpretazione se non vivesse nella Chiesa Vivente; sarebbe totalmente soggettivo.

Cristo si fa conoscere, si rende accessibile e dunque ci dà il suo Spirito nella Chiesa, attraverso la Sacra Scrittura, i Sacramenti i ministri e il Magistero. La Chiesa è l’umanità resa nuova.

Vivere nella Chiesa è la possibilità di rivivere l’esperienza di Zaccheo; è la possibilità di sentirsi dire ogni giorno da Gesù: “Scendi perché oggi devo venire a casa tua”. Questo episodio ci fa capire che incontrare il Signore non significa, come invece molto spesso crediamo, fare  quello che Lui ti dice di fare, ma consiste nel lasciarci vincere da questo incontro stesso nel quale Gesù ti invita a stare con lui. C’è un solo modo, un solo metodo, una sola strada per incontrare Cristo: Vivere l’esperienza della Chiesa, perché la Chiesa è vivere con Cristo.

E Se siamo in Cristo cioè nella Chiesa diventiamo uomini nuovi, uomini che hanno incontrato il loro autore. É esigenza vitale di ogni uomo comprendere sé stesso fino in fondo, ma l’uomo che volesse tracciare la linea della sua vita affidandosi esclusivamente a ciò che la sua ragione può costruire, non vuole veramente comprendere sé stesso fino in fondo, non soltanto secondo immediati, parziali criteri e misure del proprio essere, deve essere disposto ad affrontare il suo volto con tutta la sua inquietudine, incertezza, debolezza ed angustia. E l’autenticità del suo volto è il Cristo che è la Chiesa. Cristo Gesù, come immagine compiuta dell’uomo, come salvezza per l’uomo, è in assoluto l’unica realtà che storicamente abbia promesso all’uomo la salvezza dicendogli che tutto della sua umanità sarebbe stato convogliato a questo scopo, qualunque malvagità e qualunque debolezza, e che tutto in lui avrebbe avuto la possibilità di trasformarsi.

don Piero Bianchi

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