È ancora vasta l'influenza dell'opera balthasariana sulla teologia contemporanea. Una ricostruzione storica del suo pensiero ha interessato vari capitoli: la metafisica, il concilio, la cultura, la centralità dell'amore trinitario, l'antropologia trinitaria, la visione cristocentrica, le figure ecclesiologiche, l'impegno nel mondo e l'escatologia. La vitalità la profondità del suo pensiero.
del 19 ottobre 2005
università Lateranense, in collaborazione con la rivista Communio, ha voluto ricordare il centenario della nascita di Han Urs von Balthasar (1905-2005), con un convegno che ha permesso di richiamare l’opera dell’uomo «più colto del nostro tempo» come lo definì Henri de Lubac.
Il titolo scelto è stato tratto da un’opera di Balthasar, Solo l’amore è credibile (Glaubhaft ist nur Liebe, 1963), dove l’autore stesso indica il proprio angolo di osservazione, progettando in maniera schematica la considerazione del suo lavoro. Nel libretto il grande teologo svizzero precisa che fare teologia è anzitutto cogliere la manifestazione di Dio, è concentrarsi su un dato oggettivo del mistero e, solo in un secondo momento, chiarificazione balbettante ma necessaria del discorso umano che lavora usando le regole dell’analogia. La forma che questa manifestazione assume è l’amore, per cui la rivelazione va letta e compresa nel suo aspetto assoluto di amore trinitario venuto nel mondo. Senza questa chiave ermeneutica essa non può essere compresa.
L’enorme bibliografia e le continue tesi dottorali, che analizzano questo o quell’aspetto, testimoniano l’interesse, la vastità e l’influenza che l’opera balthasariana esercita ancora nella teologia contemporanea. Scopo del convegno è stato quello di offrire una ricostruzione storica, percorrendo al tempo stesso un’opera che, nel corso degli anni, ne ha imposto la riflessione.[1]
Nel saluto introduttivo, mons. Fisichella, rettore della Lateranense, ha sottolineato la lungimiranza del teologo «dotato di un’intelligenza talmente profonda da muoversi spesso nel denunciare i limiti di una cultura ormai agli sgoccioli». Richiamando il tema della bellezza, che costituisce il perno della considerazione balthasariana, Fisichella ha rilevato come essa abbia oggi perso la sua forza persuasiva, venendo sempre più identificata con l’oggetto del desiderio. Senza bellezza non si riesce a cogliere la verità, ridotta a un’opinione, e l’amore «che trova forma in lei e che da lei promana come forza di attrazione che rinvia sempre oltre fino a raggiungere il culmine e la sorgente stessa di ogni amore: Dio». L’espressione «solo l’amore è credibile» diventa così l’offerta di un percorso teologico che porta al primato della grazia, resosi visibile nell’amore divino, e alla comprensione della fede come risposta di senso.
 
Il progetto teologico
Il convegno ha visto succedersi molti oratori (16), e si è concluso con una serie di comunicazioni distinte in cinque aree di ricerca, in modo da permettere uno sguardo globale. Nel mio commento mi limiterò a considerare alcune relazioni, cercando di offrire un percorso sintetico con l’indicazione di alcune proposizioni, riconducibili ai diversi livelli del metodo e del pensiero di Balthasar.
 
1) Il primato della metafisica. Il cardinal James Stafford ha visto «le radici balthasariane nella preghiera», sostenendo che il progetto del teologo di Basilea è stato quello di collegare teologia e santità. Questa soluzione si basa sull’esperienza storica dei padri, per i quali la preghiera segna il coinvolgimento della vita, permettendo al teologo di giungere alla vetta del mistero. Tuttavia il principio teologico che l’anima è l’idea di Balthasar che la rivelazione si basa su una manifestazione oggettiva e non sulle disposizioni del soggetto (più che di metodo analogico si deve parlare di metodo catalogico). L’ormai nota immagine della madre che col suo sorriso apre il bambino all’autoconsapevolezza, indica l’assoluta priorità della metafisica che contrasta con il ripiegamento del soggetto su se stesso, caratteristico del pensiero moderno, impostato dalla soggettività kantiana e sfociato nella riduzione di Feuerbach della fede ad antropologia. Compito del cristiano è di essere il «custode della meraviglia della metafisica», come dirà successivamente Marchesi, citando un brano dell’Estetica Teologica.
 
2) Il confronto conciliare. Balthasar conosce un periodo di emarginazione che si concretizzerà nella mancata nomina alla cattedra della facoltà teologica di Tubinga e nell’assenza al Vaticano II. Paradossalmente è proprio il concilio che segna però il momento della sua completa riabilitazione, forse perché gli autori si accorsero che diverse tematiche del rinnovamento conciliare erano da lui già state ampiamente espresse. Mons. Pietro Henrici ha considerato questo rapporto parlando di «assenza-presenza», riconoscendo che il rapporto tra Balthasar e il concilio non è stato molto proficuo ma solo sporadico e occasionale, sia durante che dopo (note le prese di posizione contro un’errata interpretazione dei testi conciliari). Tuttavia si può parlare di una presenza «in spirito», rilevabile nella visione cristocentrica dell’ecclesiologia, nella teologia della rivelazione della Dei Verbum, nel legame tra ecclesiologia e mariologia e sul ruolo da assegnare ai laici.
 
3) Un vasto campo di interessi. Nell’itinerario culturale di Balthasar confluiscono diverse passioni, dalla conoscenza delle lingue all’amore per la musica, che ha occupato tutta la sua giovinezza con particolare predilezione per Bach, Schubert, Mozart. E ancora la poesia, la letteratura e la filosofia, con una predilezione per l’idealismo e per il romanticismo tedesco. Elio Guerriero ha parlato di «teologia sinfonica», sottolineando l’intento dell’autore di correlare il discorso divino con il discorso umano. In questo vasto campo rientra anche l’attenzione per i padri ricevuta dal rapporto con De Lubac. L’opera patristica più significativa che segnerà l’intuizione del duplice percorso divino, ascensione (ascensus) e discesa (descensus), è quella di Origene. A partire dagli anni quaranta prevale l’interesse teologico, ma non vengono meno l’attenzione e il confronto: «La sua teologia è sinfonica proprio per la capacità di ascolto: un musicista lo si giudica dal suo orecchio!».
 
4) La base filosofica. La grandezza di Balthasar è soprattutto teologica, tuttavia egli organizza la sua grande asse attraverso categorie filosofiche. Le più note sono il riferimento ai trascendentali (il bello, il buono e il vero), di cui l’autore evoca spesso il carattere universale, dandoli però per scontati. Il padre Gilbert Narcisse ha rilevato l’intento di Balthasar di rendere qualsiasi filosofia capace di offrire un contributo alla rivelazione. Per sviluppare la sua visione estetica si serve di un concetto mutuato da Goethe, quello di «figura» (gestalt), intesa però come manifestazione strutturata della rivelazione che trova in Cristo il suo centro. La figura è in ciascuna realtà secondo capacità analogica per cui tutte rimandano alla trascendenza. Richiamando il legame con Tommaso (che privilegia il verum al pulchrum), il relatore ha parlato di «difficile rapporto», per il fatto che il sistema balthasariano è più platonizzante che aristotelico. Calzante la conclusione con cui Narcisse ha rilevato nel teologo svizzero «un’analogia rovesciata» in cui il riferimento a Dio diventa fondamento di ogni realtà. Più che chiedersi quali sono i fondamenti filosofici del pensiero di Balthasar, occorre domandarsi piuttosto quali sono i fondamenti teologici della sua filosofia.
 
I temi teologici
Nonostante la qualifica di «sistematico» che spesso gli viene attribuita e i molti studi che sono stati fatti, la teologia balthasariana è lungi dal poter essere rinchiusa in un progetto organico, per cui bisogna accontentarsi di seguire alcuni percorsi.
 
1) La centralità dell’amore trinitario. Il mistero della Trinità – ha detto il dr. Manfred Lochbrunner – è il fulcro del pensiero balthasariano: tutta la sua teologia è strutturata trinitariamente, vale a dire concepita a partire dalla Trinità rivelata e creduta». La teologia trinitaria del teologo di Basilea parte da una critica all’impostazione agostiniano-tomista, sostenendo che nessuna affermazione sulla Trinità immanente può prescindere dal Nuovo Testamento e dalla rivelazione di Gesù Cristo. Se la scolastica ha fatto confluire l’essenza metafisica di Dio nella sua a-seità, per Balthasar tutto il mistero divino va compreso a partire dall’amore che si è rivelato in Cristo. Così la Trinità: il Padre è sorgente dell’amore che riversa nel Figlio, questi, a sua volta, è la risposta perfetta all’amore del Padre; questo amore reciproco trabocca nell’amore dello Spirito Santo che è il legame tra Padre e Figlio e, al contempo, il frutto del loro amore. In questo modo l’analogia entis sfocia nell’analogia caritatis. In altre parole è il mistero dell’amore divino che fonda e svela quello dell’amore umano.
 
2) L’antropologia trinitaria. Più che un’antropologia, in Balthasar si deve rilevare una teo-antropologia, per il fatto che egli radica integralmente la comprensione dell’uomo nel mistero divino: non è l’uomo ad essere l’archetipo di Dio, ma il contrario. Questo rovesciamento di prospettive, ha precisato il cardinal Marc Quellet, svela il senso dell’esistenza umana perché l’uomo non potrà mai definirsi al di fuori della libera decisione che prende di fronte alla chiamata divina. La teo-antropologia diventa così «un’antropologia drammatica» (qui si deve osservare un contrasto con l’ottimismo conciliare), perché attraversata da diverse tensioni, verticali e orizzontali. Il riferimento trinitario principale è dato dalla communo personarum che apre la vita umana, e le sue diverse polarità, a una dimensione relazionale in cui l’esistenza è vissuta come dono d’amore. Di antropologia ha parlato anche Angel Cordovilla Perez, rimarcando l’inseparabile relazione che Balthasar stabilisce tra Dio e l’uomo per cui solo «in» Cristo, l’uomo è l’uomo.
 
3) La visione cristocentrica. Tutti i percorsi di Balthasar conducono al Cristo, pertanto la conoscenza della sua cristologia costituisce un momento topico. In coerenza col primo punto si deve però precisare che si tratta di una «cristologia trinitaria». Cosa ciò significa e come spiegarlo l’ha esposto Giovanni Marchesi sviluppando il tema “Gesù Cristo irradiazione della gloria”. Richiamandone l’ispirazione giovannea e paolina, il padre gesuita ha sostenuto che il punto di arrivo della lunga meditazione cristologica di Balthasar consiste nella convinzione che Cristo è la «figura» (gestalt) unica e irripetibile della visibilità di tutta la doxa (gloria) della creazione e della storia della salvezza. Nella cifra «gloria» va inserita anche l’autorivelazione della Trinità per cui tutto l’uomo Gesù, ossia tutti i suoi concreti atti umani (parola e azione, silenzio e preghiera), sono «espressione» diretta e visibile del mistero più intimo della Trinità di amore, qual è il Dio di Gesù Cristo. Tra i diversi testi riportati mi piace citare questo, tratto dal volume VII dell’Estetica: «Alla fine troviamo non più la “Parola” e non più l’“Immagine” ma il “Volto”: un volto interamente umano, ma volto tutto proprio del Kyrios, che gli appartiene sostanzialmente nella sua preesistenza di Figlio».
 
4) Le figure ecclesiologiche. Il dibattito principale, che al tempo della riflessione di Balthasar animava l’ecclesiologia, riguardava la natura istituzionale della chiesa, coi suoi diversi addentellati sul ministero petrino, la collegialità, il rapporto tra chiesa universale e chiesa locale. Il padre Jacques Servais ha individuato il nocciolo dell’ecclesiologia balthasariana nella proposizione delle tre figure chiave di Maria, Pietro e Giovanni, in grado di integrare diversi elementi che allora apparivano contrastanti. Questo richiamo a figure tangibili non segue un procedimento metaforico, ma proviene dalla convinzione che all’origine della chiesa visibile si trovano personaggi concreti che, nel loro incontro con Gesù Cristo, trascendono la propria singola identità diventando archetipi della chiesa. Maria lo è della cattolicità e della santità per cui la chiesa, prima che nella sua origine istituzionale, va vista nell’unità di quanti, radunati attorno al sì di Maria immacolata, sono pronti a lasciar avvenire su di sé e per tutti i fratelli la volontà salvifica di Dio. Pietro è figura del ministero, mentre Giovanni dell’amore personale. È lui che fa da trait d’union tra Maria e Pietro, tra il principio della santità vissuta e il principio della santità oggettiva del ministero.
 
5) Impegno ed escatologia. La visione balthasariana dell’impegno nel mondo risente della dialettica giovannea di distacco-amore. Dato che il mondo nel suo agire è antitrinitario, non lo si deve amare, tuttavia «il Padre ama il mondo e ha mandato suo Figlio come salvatore del mondo». Per Michael Waldstein è su questa base che si deve capire come l’impegno nel mondo rappresenti un fulcro della teologia di Balthasar. Essere discepolo, entrando nel dialogo intratrinitario, è inseparabile dall’essere nel mondo nel quale il Padre ha mandato il Figlio. C’è un atto fondamentale che precede la distinzione contemplazione-azione o la scelta vocazionale ed è quello di concepire la propria missione alla luce di quella di Cristo, come dono e abbandono di se stessi alla volontà salvifica del Padre. Per questi motivi la vita cristiana non può mai essere concepita come un ritiro dal mondo. Di escatologia ha parlato il padre Albert Espezel, sostenendo che Balthasar l’ha concepita come assolutamente trinitaria e cristologica. Risuscitando, Cristo diventa «il cielo per l’uomo», il mediatore per sempre, per cui la vita eterna è stare con Cristo.
 
In sintesi si può dire che il convegno, di cui sono state date solo alcune tracce (in attesa della pubblicazione degli Atti), ha permesso di segnare i percorsi più significativi presenti nel vasto panorama del pensiero balthasariano. Ne ha mostrato la vitalità e la profondità, aprendo una miniera di intuizioni che richiedono ancora di essere esplorate. La fama non è immeritata e il talento straordinario del teologo di Basilea è indiscusso. Forse era opportuno rilevare anche alcuni aspetti critici della ricezione che, come per ogni teologo, lo riguardano da vicino, soprattutto per ciò che riguarda il suo senso storico.
Un momento autorevole del congresso è stata la lettura del messaggio inviato da Benedetto XVI, un testo non occasionale di saluti, ma un vera proposizione del posto che Balthasar occupa oggi nella teologia cristiana. «L’esempio che von Balthasar ci ha lasciato – ha scritto il pontefice – è quello di un vero teologo che nella contemplazione aveva scoperto l’azione coerente per la testimonianza cristiana nel mondo. Lo ricordiamo in questa significativa circostanza come un uomo di fede, un sacerdote che nell’obbedienza e nel nascondimento non ha mai ricercato l’affermazione personale, ma in pieno spirito ignaziano ha sempre desiderato la maggior gloria di Dio».
 
 
[1] Personalmente ho offerto un contributo alla comprensione e valutazione del pensiero di Von Balthasar in un articolo pubblicato su Sett. n. 21/1998, pp. 8-10.
 
 
Giovanni Tangorra
Versione app: 3.25.0 (f932362)