Riteniamo che l'orientamento interiore di Edith verso la fede cattolica sia iniziato con il passaggio dall'università di Breslavia a quella di Gottinga. Lì si trovò nella disposizione migliore per accogliere i “fenomeni” nuovi che l'ambiente le offriva. Quasi senza accorgersene, si avviò pian piano, nel suo intimo essere, una lenta trasformazione.
Capitolo 1. DIO
1. Prima della conversione
Introduzione
Riteniamo che l'orientamento interiore di Edith verso la fede cattolica sia iniziato con il passaggio dall'università di Breslavia a quella di Gottinga. Là si trovò nella disposizione migliore per accogliere i "fenomeni" nuovi che l'ambiente le offriva. Quasi senza accorgersene, si avviò pian piano, nel suo intimo essere, una lenta trasformazione.
Dagli anni di Gottinga, dagli anni della sua tesi di laurea, la giovane studentessa cominciava a interrogarsi sul fenomeno religioso.
In Edith il bisogno di Dio, di un Essere che dia senso al vivere, si nota sin dal suo primo scritto, la tesi di laurea. Vi predomina l'interesse ontologico. Della conoscenza dell'essere. In questo suo lavoro Dio non la riguarda direttamente. È visto a distanza. Dal punto di visto filosofico, argomentativo, concettuale. Siamo nel 1916. Il 3 agosto Edith discute la sua tesi: Zum Problem der Einfuhlung (Il problema dell'empatia). "Empatia" equivale a "condivisione", "sentire con", "sentire immedesimato". La laureanda ha Husserl come relatore. Le viene riconosciuta la "summa cum laude" e acquisisce il titolo di dottore in filosofia. Il "venerato maestro" nel suo giudizio circa la dissertazione dell'allieva riconosce il contributo originale apportato da Edith Stein. Tra l'altro afferma: "A prescindere dalle trattazioni storiche e critiche, l'Autrice, nell'elaborazione dei concetti fondamentali delle sue teorie, è stata influenzata da quanto io ho esposto nelle mie lezioni di Gottinga e da stimoli personali. Però il grande stile con cui questi stimoli sono elaborati, l'esattezza scientifica, così come l'acume con cui il lavoro è stato svolto, meritano il più alto riconoscimento".
Gli "stimoli personali" costituiscono l'originalità della tesi. Mondo intersoggettivo, volontà, psiche, anima, spirito. Nel suo studio Edith passa di riflessione in riflessione, da indagine a indagine. Senza tregua. Sempre alla ricerca di qualcosa che ancora le sfugge. La sua attenzione si volge alla persona umana. Vuole arrivare a capirla. Ad immedesimarsi con il "tu" che sta davanti all'"io". Il linguaggio è un po' pesante: scolastico e filosofico, da tesi.
Specie nella parte quarta (l'ultima dello studio) Edith vibra di interessi intellettuali già aperti sullo spirituale. Tale apertura ci interessa perché Edith, da Beata, è entrata a far parte della storia della Chiesa, e il suo cammino verso Dio comincia proprio con le indagini sullo spirito contenute nella tesi. In tale ricerca possiamo ravvisare i primi fecondi semi che, coltivati, la porteranno alla conversione. La tesi termina lasciando aperta l'indagine sul problema religioso, rimandando l'approfondimento del tema ad un altro studio.
Un altro breve scritto, di poco anteriore alla conversione, è Causalità psichica, apparso negli Annali Husserl del 1922. Edith vi manifesta i sentimenti che si agitavano nel suo animo poco prima del suo ingresso nella Chiesa cattolica. Sentimenti che ci interessano, perché esplicitano la profonda e sofferta tensione della sua fede in Dio. "Sofferta" perché Dio è ancora l'"Introvabile" e pur il "Desiderato" dal suo intimo essere.
Quasi a sua insaputa, ma rispondendo ad un bisogno interiore di libertà, di verità, di pienezza, Edith parla dello stato di "mistica teologia". Cioè dello stato di riposo in Dio, di cui tratta santa Teresa d'Avila al capitolo 12, 5 della sua Autobiografia. In tale stato si ha la sospensione dell'intelletto da parte di Dio, operante nell'intimo della persona. Scrive la santa carmelitana: «Nello stato di "mistica teologia" Dio sospende l'esercizio dell'intelletto, che allora cessa di operare. Qui raccomando solo di non pensare, e tanto meno presumere di sospenderlo noi, perché se lasciamo di lavorare con l'intelletto, rimaniamo freddi e intontiti, incapaci non solo di contemplazione, ma anche di meditazione. Se invece è Dio che lo sospende, gli dà insieme di che occuparsi e rimanere rapito, facendogli intendere più verità nello spazio di un Credo che non ne possa intendere con ogni sua industria nel periodo di molti anni».
Come altri fenomenologi, Edith conosceva già in precedenza le opere della grande santa spagnola. Teresa interessava quei giovani filosofi per il dono che aveva, come nessun altro santo, di narrare in modo toccante e vivo le proprie esperienze.
I brevi tratti che riporteremo di Causalità psichica bastano per spiegare la forte esperienza spirituale avuta da Edith poco prima della conversione. Che opererà nel suo animo una vera trasformazione.
Antologia di testi
Il problema dell'empatia
Ma come stanno le cose in rapporto alle persone puramente spirituali, la cui rappresentazione non implica di per sé alcuna contraddizione? È forse impossibile pensare che tra loro non vi sia alcuna relazione? Ci sono stati degli uomini che, in un improvviso cambiamento della loro persona, hanno creduto di esperire l‚Äôinflusso della grazia divina; altri che nelle loro azioni si sentivano guidati da uno spirito protettore.
Chi deciderà se qui si tratti di un'esperienza genuina oppure di quella oscurità sulle proprie motivazioni?
In ogni modo mi pare che lo studio della coscienza religiosa sia il miglior mezzo per la risposta a questo problema, come d'altra parte tale risposta sia del più grande interesse per il campo della religione. Nel frattempo lascio ad ulteriori ricerche la risposta al quesito posto e mi accontento in questa sede di un "non liquet".
Causalità psichica
Faccio progetti per l'avvenire e organizzo di conseguenza la mia vita presente. Ma nel profondo sono convinta che si produrrà un qualche avvenimento che butterà a mare tutti i miei progetti. È la fede viva, la fede autentica alla quale ancora rifiuto di consentire, è a questa fede che io impedisco di divenire attiva dentro di me.
Esiste uno stato di riposo in Dio, di totale sospensione di ogni attività della mente, nel quale non si possono più tracciare piani né prendere decisioni e nemmeno far nulla, ma in cui, consegnato tutto il proprio avvenire alla volontà divina, ci si abbandona al proprio destino. Questo stato, un poco io l'ho provato, in seguito a un'esperienza che, oltrepassando le mie forze, consumò totalmente le mie energie spirituali e mi tolse ogni possibilità di azione. Paragonato all'arresto di attività per mancanza di slancio vitale, il riposo in Dio è qualcosa di completamente nuovo e irriducibile. Prima era il silenzio della morte. Al suo posto subentra un senso d'intima sicurezza, di liberazione da tutto ciò che è preoccupazione, obbligo e responsabilità riguardo l'agire. E, mentre mi abbandono a questo sentimento, a poco a poco una vita nuova comincia a colmarmi e, senza alcuna tensione della mia volontà, a spingermi verso nuove realizzazioni. Questo afflusso vitale sembra sgorgare da un'Attività e da una Forza che non è la mia e che, senza fare violenza alcuna alla mia, diventa attiva in me. Il solo presupposto necessario a tale rinascita spirituale sembra essere quella capacità passiva di accoglienza che si trova al fondo della struttura della persona.
2. Dopo la conversione
Introduzione
Le motivazioni della conversione di Edith non sono da ravvisarsi semplicemente nella lettura della Vita di santa Teresa d'Avila; sono dovute a più esperienze che, assieme, hanno prodotto quell'evento felice che si chiama conversione. Cioè dirigersi dalla parte di Dio, comunicare con lui come con un amico fidato.
Nella sua cara Gottinga‚Äù, Edith incontra ‚Äú[..]l una realtà da lei antecedentemente ripudiata: quella della fede. Fino a quel tempo era stata agnostica; ora, per l'istanza veritativa da cui era circondata, la fede cominciava a divenire per lei una realtà degna di considerazione per il fatto che persone, da lei sommamente stimate e ammirate, la vivevano. E dal momento che l'esistenza di Dio risulta possibile, si può porre come "fenomeno" attuabile. Non è da scartare. Nessuna realtà nel genuino mondo fenomenologico viene eliminata aprioristicamente, senza averne fatta esperienza. La tensione sincera verso la verità, che Edith incontra nel circolo di Gottinga, l'apre al fenomeno religioso.
Le lezioni di Max Scheler, la visita alla vedova Reinach e altre esperienze rafforzano in lei il desiderio della conversione. Che finalmente accade alla lettura delle pagine teresiane.
[nota: Fenomenologia husserliana: studio dei fenomeni, non intesi come mere apparenze diverse dalla realtà, ma come le stesse realtà, ma come la stessa realtà resa presente al pensiero così come è e si mostra (fenomeno) alla coscienza nella sua vera essenza.
Nell'incontro con Anne Reinach, Edith rimase profondamente scossa: accanto a lei era la giovane vedova, serena e forte per la sua fede cristiana nell'occasione della grave perdita del marito in guerra; e capì la forza che emanava la Croce di Cristo. Fine nota.]
Trovato Dio, Essere eterno, Edith si rivolge interamente a lui con quella radicalità tipica degli ebrei, di cui insigne esempio è san Paolo. Anche Edith vivrà d'ora innanzi per Dio e per il suo regno. Gioisce, soffre, prega, opera per Qualcuno che ama e che già invade la sua esistenza. E scrive. Scrive molto su richiesta dei superiori. Scrive per "un dono dall'alto" posto nelle sue mani.
È una impresa non facile dover svolgere al Carmelo l'attività letteraria, difficilmente compatibile con gli impegni monastici: preghiera, atti comuni, lavoro. In Scientia crucis, l'ultima sua opera, dirà che «i pensieri del cuore devono passare attraverso varie fasi formulative prima di acquistare contorni precisi, esprimibili dall'intelletto pensante».
Una volta presa la penna in mano, dovette continuare; perché dentro e fuori del Carmelo, ci si rivolgeva a lei chiedendo scritti che avrebbero potuto essere utili al bene della Chiesa. Ella, dimentica di sé, cercava di accontentare tutti, approfittando di ogni ritaglio di tempo per portare avanti i suoi lavori. Così nacquero molte sue opere.
Tutto quel che Edith dice o pone in carta non è qualcosa di astratto, ma esperienza vissuta in prima persona. Ella innanzi tutto riflette, poi vive, dopo parla e scrive. Coerente a se stessa, parla come vive. E la sua testimonianza è vera perché scaturisce da una sorgente intima di amore di Dio, che, emergendo si fa conoscere e aiuta gli altri ad esistere pienamente. Cioè a trovare le radici dell'essere e la sua spiegazione ultima.
Diamo una rapida presentazione dei testi steiniani da cui trarremo pagine antologiche.
La donna
Edith ha studiato profondamente il "fenomeno" donna e sull'esempio della Mater-Virgo ha personificato in sé, in sommo grado, quell'ideale eccelso di donna con le qualità e i doni che la contraddistinguono. Nelle sue conferenze ci presenta la donna come icona vivente del volto materno della Chiesa, ricco di intuizione e di intima accoglienza. A lei, alla donna, spetta affermare e far risaltare i valori profondi della femminilità. Ovunque vada, deve portare la ricchezza di cui Dio l'ha ricolmata secondo "l'ordine della natura e della grazia": maternità, comprensione, sensibilità, amabilità, riservatezza, tenerezza, eccetera.
Edith ha colto tutta la verità positiva della donna, rivalutata in pienezza secondo quel disegno mirabile concepito da Dio nel generarla.
La vita di ogni persona ha una missione, un compito da attuare. Il compito, affidatole dal Signore, supera le proprie capacità, debilitate dal peccato. Lo si potrà assolvere se ci si affida interamente a un Altro che arriva molto più lontano di ciascuno di noi e che è pronto ad aiutarci nella misura del nostro affidamento e della nostra adesione alla grazia: "Solamente la forza della grazia può veramente sradicare e rinnovare dal profondo la natura decaduta e non solo travestirla esteriormente".
Essere finito e Essere eterno
È la più vasta opera di Edith Stein. Scritta per la libera docenza, quando ancora insegnava a Spira, nel 1931, l'aveva intitolata Potenza e atto. Questo studio aveva bisogno di un profondo rimaneggiamento per essere dato alle stampe. Da carmelitana, terminato l'anno di noviziato, nel 1935, ricevette l'incarico di riprendere il suo studio per la revisione. Lo rifece quasi tutto da capo, tranne l'inizio della prima parte. Vi appose come titolo Essere finito e Essere eterno. Vi tratta di ontologia cristiana.
È un lavoro filosofico: Platone, Aristotele, Agostino, Tommaso, Duns Scoto, Husserl, Heidegger, Maritain e si parla anche di altri, più o meno abbondantemente. Ma in quest'opera Teresa Benedetta si rivela anche fine teologa.
"Questo libro dà la misura di Edith Stein come filosofa e come teologa, ed è una misura grande. Fin dalle prime pagine siamo presi dalla padronanza e dalla chiarezza del suo pensiero, dal nitore del suo stile, dalla precisione delle sue scelte. Edith è una scrittrice nata, di alta e vasta cultura; si muove nell'ambito dei nostri problemi moderni con agio e sicurezza. Eccezionale la ricchezza delle sue informazioni, in particolare per quello che riguarda la filosofia tedesca contemporanea, nel cui seno stesso ella ha trovato la fede, invece di perderla. Un grande respiro percorre e solleva tutta l'opera. È il respiro di un'anima che non ha mai acconsentito a nessuna viltà, a nessun tradimento riguardo la verità, che crede nella verità con un cuore senza macchia, e la desidera con quella passione che soltanto la certezza di possederla un giorno può dare. Edith comunica la segreta consolazione che un'anima votata alla rettitudine e alla profondità offre a coloro che sanno riconoscerla".
Il mistero del Natale
È tra i primi scritti della carmelitana di Colonia. Il volumetto ricorda che una è la via terrena del Redentore: inizia a Betlemme e si conclude al Calvario. La realtà di Cristo, disceso sulla terra, riconduce alla verità del peccato: le tenebre si oppongono alla luce della grazia. "Il mistero dell'incarnazione e il mistero del male sono strettamente congiunti". Subito dopo la nascita di Gesù, ecco il mistero del male: Erode fa uccidere tutti i bambini.
Nella Chiesa assumono un ruolo di prim'ordine le persone che, unite al Redentore, diventano anch'esse "conredentrici". Si tratta sempre del piccolo resto di Israele.
Gesù invita ogni persona ciascuno di noi con il suo "seguimi". Questa parola è come lo spartiacque tra luce e tenebre. Tra male e bene. Cioè, tra l'essere con Cristo o l'essere contro Cristo. Non vi sono scappatoie.
Nei discepoli del Signore, radunati da Teresa Benedetta attorno al presepe, ella sottolinea specialmente due qualità: purezza di cuore e generosità senza riserve. Caratteristiche, queste, di ogni vero figlio di Dio che risponde "sì" al suo "seguimi". Il "sì" costituisce "l'inizio della vita eterna in noi".
L'autrice presenta tre segni fondamentali, che sono come la carta di identità da cui si può riconoscere l'autentico figlio di Dio: unione con Dio, unione con i fratelli, unione con la volontà divina.
In queste pagine notiamo come Teresa Benedetta della Croce si vada semplificando nello scrivere e diventi più accessibile ai lettori, colti o meno colti.
La preghiera della Chiesa
Molte opere di Edith, inclusa La preghiera della Chiesa, risalgono al 1936. Questo opuscoletto, un vero gioiello, ha sin dall'inizio un sicuro principio di esposizione. L'autrice nota nella breve introduzione che la preghiera della Chiesa rende onore e gloria alla Trinità santissima, per Cristo, con Cristo, in Cristo: "La preghiera della Chiesa è la preghiera del Cristo sempre vivo che ha il suo modello nella preghiera del Cristo durante la sua vita di uomo".
Seguono tre capitoli: La preghiera della Chiesa: liturgia e eucaristia, La preghiera della Chiesa: dialogo solitario con Dio, La vita interiore: la sua forma esterna e la sua azione.
L'autrice fa notare come la preghiera della Chiesa si radichi nel giudaismo, che già possedeva una ben ricca liturgia, sia per le feste che per i giorni feriali. L'antico culto, però, è rivestito di nuovo splendore: la liturgia cattolica ha come proprio centro l'Eucaristia, che a sua volta si incentra nella preghiera sacerdotale di Gesù.
Il Castello dell'anima
È un'operetta teologico-filosofica divisa in due parti; nella prima Teresa Benedetta della Croce commenta concisamente l'opera di santa Teresa d'Avila Castello interiore, nella seconda parte confronta la stessa "alla luce della filosofia moderna".
Nelle ultime tre "Mansioni" Teresa Benedetta si trova a suo agio e si sofferma a parlare più a lungo perché, attratta dalla mistica, ha qualcosa di personale da dire.
Nella seconda parte evince che, per avvicinarsi a Dio, bisogna liberarsi affettivamente dalle cose e rientrare in sé, per scoprirvi Colui che dimora nel centro dell'anima. Dopo aver parlato dei limiti dell'autoconoscenza naturale, della psicologia empirica e moderna, sostiene convinta che "nessuno è penetrato tanto addentro nelle profondità dell'anima quanto gli uomini che avevano abbracciato il mondo con cuore ardente e poi erano stati energicamente liberati dalla mano di Dio da ogni pastoia e quindi introdotti nella propria sfera interiore e nella loro recondita intimità". Tra queste grandi personalità annoveriamo Teresa Benedetta della Croce.
In forma sintetica queste pagine conducono all'unione della propria volontà con la volontà di Dio. I pensieri riportati a grandi linee ne Il Castello dell'anima li troviamo già trattati in Essere finito e Essere eterno e ripresi, con sfumature diverse, in Scientia crucis. Formano la spiritualità di Teresa Benedetta della Croce.
Vie della conoscenza di Dio
Nella lettera del 3 maggio 1941 Teresa Benedetta scrive: "Sto preparando un piccolo trattato sulla Teologia del simbolo di Dionigi l'Areopagita. È destinato a contribuire ad una nuova rivista di fenomenologia in America". Il "piccolo trattato" porta il titolo Vie della conoscenza di Dio. L'autrice vi sintetizza la teologia simbolica dionisiana. L'accostamento della teologia mistica di san Giovanni della Croce le rivela l'importanza dello studio della dottrina dell'Areopagita. Che tratta dell'esperienza soprannaturale dell'Invisibile.
Dopo aver parlato del "corpus" dello Pseudo-Dionigi, della sua conoscenza e dei gradi della sua teologia, passa ad esaminare la teologia simbolica, il simbolo come immagine, la "conoscenza" di Dio, la fede, l'esperienza soprannaturale di Dio; e conclude: «Se volessimo ora approfondire teologicamente il pensiero e concepire Dio come "teologo primordiale", dovremmo prendere come base il linguaggio più proprio di Dio: il linguaggio della parola divina. Ma come simbolo primordiale dovremmo considerare la Parola incarnata».
Scientia crucis
L'ultima opera di Teresa Benedetta è uno studio sulla dottrina di san Giovanni della Croce. In dieci mesi di "molta fatica" commenta le opere sangiovannee: "Procedo nel lavoro con molta fatica. Persino l'impostazione generale mi viene data dalla provvidenza, nel senso che la scopro mano a mano che procedo. Ma le pietre per la costruzione devo spaccarle io, levigarle e trasportarle".
Nell'opera l'autrice tratta della più alta mistica cristiana, quale riscontra nelle opere del suo Padre, Giovanni della Croce: Salita del monte Carmelo, Notte oscura, Fiamma viva d'amore, Cantico spirituale.
Teresa Benedetta penetra nel cuore della dottrina del santo dottore e, fortemente attratta dalla sua mistica, torna a parlare dell'arcana esperienza della tenebra, già trattata nell'operetta Vie della conoscenza di Dio.
La notte oscura conduce alla progressiva liberazione interiore. Alla trasformazione. La risurrezione personale accade nella misura del saper morire, affidandosi ciecamente alle braccia di Dio. "La notte oscura è una crocifissione" che prelude alla vita nuova della grazia. A un approdare al mondo di Dio.
Tutta l'opera è pervasa da un forte afflato mistico che fa di Teresa Benedetta una insuperabile teologa della croce. Della vittoria del Crocifisso.
Nei mesi della stesura Teresa Benedetta godeva della più alta unione mistica concepibile in terra e, pertanto, "nel misterioso habitat dei suoi pensieri, è quasi trascinata dal Santo Dottore a sperimentare simili esperienze mistiche e realtà escatologiche".
Lo studio s'interrompe bruscamente mentre si descrive la morte del Santo. Così Teresa Benedetta della Croce "è giunta possedere una Scientia crucis, perché ha sperimentato fino in fondo la Croce".
Lettere
Per meglio capire il processo di maturazione interiore che accade in Edith Stein, le Lettere sono indispensabili. Sono circa 300. Poche quelle pubblicate in italiano, alcune solo in frammenti. Sin dalle prime lettere si nota la rettitudine di Teresa Benedetta e la sua incessante ricerca della verità. Mancano quelle che vanno dal 1918 al 1927. Ci√≤ √®ò è una grande lacuna che, in parte, potrà essere colmata, se i destinatari, in possesso di alcune lettere inedite, avranno intenzione di pubblicarle. Queste ulteriori pubblicazioni ci sarebbero utili per seguire il cambiamento avvenuto in Edith dopo la conversione e i primi suoi anni vissuti in seno alla Chiesa cattolica. "Non c'è niente di più bello al mondo che [seguire] l'azione della grazia in un'anima".
Scritti minori
A Teresa Benedetta della Croce veniva spesso chiesto, in occasione di festività liturgiche o comunitarie, di stendere brevi scritti. Molti di essi si ispirano al mistero della croce, accolta con amore di sposa per associarsi all‚Äôopera del Redentore dell'umanità. Ma non disgiunge la croce dalla risurrezione. Anzi le coniuga in modo stupendo nell'ultima sua opera su delineata: Scientia crucis.
Trarremo pagine antologiche dai seguenti articoli:
L'amore alla croce (riflessioni per la festa di san Giovanni della Croce);
Esaltazione della Croce, 14 settembre 1939;
Le nozze dell'Agnello, 14 settembre 1940;
Innalzamento della Croce, 14 settembre 1941;
Sancta "discretio".
Tra le composizioni poetiche riporteremo:
Notte Santa (24 dicembre 1936);
Spirito Santo. Pentecoste 1942;
Sposa dello Spirito Santo.
Teresa Benedetta della Croce è una scrittrice originale, feconda e interessante. Non solo per quel che dice, ma soprattutto per ciò che suscita nell'animo dei lettori che sono indotti a riflettere, a interrogarsi circa la propria interiorità e circa l'orientamento della loro vita. Pertanto supera l'epoca in cui è vissuta e si proietta nel nostro tempo, nel nostro luogo, come per un contatto di spirito con spirito.
Edith Stein
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