Il 1 dicembre 1916, il giorno della sua morte, fr. Charles scrive: «Cancellarci, annullarci, ecco il mezzo più potente che possediamo per unirci a Gesù e far del bene alle anime; san Giovanni della Croce lo ripete ad ogni riga...
del 28 ottobre 2005
     Quattordicesima Tappa
 
Non aveva paura di soffrire. Da tempo la sua convinzione era questa: «Più sarò inchiodato alla croce di Cristo, più strettamente abbraccerò Gesù che vi è attaccato». Era la sera del primo dicembre 1916, primo venerdì del mese. Nel fortino fratel Charles è solo. Attende l’arrivo del soldato arabo incaricato del servizio postale.
Scrive spesso in Francia per chiedere alla cugina Maria qualche aiuto per i suoi protetti. Solo un paio di settimane prima le ha scritto di «inviargli due modellini per le donne di qui... uno per far scarpine all’uncinetto per un bimbo di un anno e un altro per fare delle calzine a un bimbo della stessa età».
Bussano alla porta e Charles riconosce la voce di un harratino che ha beneficato molte volte. Ma quando apre, una trentina di Senussiti — una tribù sconosciuta — invadono e saccheggiano la dimora. Le duemila pagine del dizionario francese-tuareg sono sparse a terra e calpestate. Fratel Charles è legato con redini di cammello ed affidato alla guardia di un ragazzo, armato di fucile. Pensano di condurlo via come ostaggio. Ma in un momento di panico, il ragazzo spaventato spara e la pallottola attraversa il cervello del povero prigioniero. Era una fine inattesa, ma non sconosciuta.
Ai tempi di Nazareth, nel tempo in cui meditava vicino alla casa di Gesù, fratel Charles aveva scritto a se stesso, per se stesso, queste parole profetiche: «Pensa che tu devi morire martire, spoglio di tutto, gettato a terra, nudo, irriconoscibile, coperto di sangue e di ferite, ucciso violentemente e dolorosamente.., e desiderare che sia oggi».
Nessuno si preoccupò molto della morte di quello strano eremita. In tempi di continui scontri militari, lo si considerò un episodio in più, non degno di particolare cronaca.
Il comandante francese di Fort-Motylinski lasciò passare tre settimane prima di fare un sopralluogo a Tamanrasset. Quando giunse, trovò quasi sommerso nella polvere l’ostensorio che conteneva ancora l’ostia consacrata. Dal cielo fratel Charles guardava commosso Gesù Eucaristia, che era restato così a lungo completamente solo, nel deserto.
 
 
Dai suoi scritti...
 
Il 1 dicembre 1916, il giorno della sua morte, fr. Charles scrive: «Cancellarci, annullarci, ecco il mezzo più potente che possediamo per unirci a Gesù e far del bene alle anime; san Giovanni della Croce lo ripete ad ogni riga. Quando si vuol soffrire e amare, si può molto, si può molto, si può il massimo che si possa al mondo. Si sente che si soffre; non sempre si sente che si ama ed è una grande sofferenza in più; ma si sa che si vorrebbe amare e voler amare significa amare. Si trova che non si ama abbastanza ed è verissimo: ma si amerà abbastanza; ma il Signore, che sa con che fango ci ha impastati e che ci ama più di quanto una madre possa amare il suo figliuolo, ci ha detto, Lui che non mente, che non avrebbe respinto chi a Lui venisse».
Lo stesso giorno scrive anche all’amico Luigi Massignon che è al fronte:
«Non bisogna mai esitare a domandare i posti dove maggiori siano pericolo, sacrificio, possibilità di dedizione: lasciamo l’onore a chi lo vuole, ma rischio e pena reclamiamoli sempre.
Come cristiani siamo tenuti a dare l’esempio del sacrificio e della dedizione. È un principio al quale bisogna essere fedeli sempre, con semplicità, senza domandarci se in una simile condotta s’insinui l’orgoglio. È il nostro dovere; quindi compiamolo e preghiamo il nostro Diletto, lo Sposo della nostra anima, che ci conceda di compierlo in totale umiltà e con pienezza d’amore per Dio e per il prossimo».
 
ë Per la preghiera personale:  Chiunque ama vuole imitare: è il segreto della mia vita.
s Una domanda per la tua riflessione:  Ringrazio…
 
 
Redazione GxG
Versione app: 3.26.4 (097816f)