16. NELLA CASA DELLA MARCHESA

16. NELLA CASA DELLA MARCHESA

 

La discesa verso Valdocco 

13 ottobre, festa della Maternità di Maria. Comunico ai ragazzi il trasferimento dell'Oratorio presso il Rifugio della Marchesa Barolo. Noto un certo turbamento. Allora annuncio che là ci attende un vasto locale tutto per noi, per cantare, correre, saltare. Ne sono entusiasti. Ognuno attende domenica, impaziente di vedere le novità. 

Terza domenica di ottobre, festa della purità di Maria SS. Subito dopo mezzogiorno una turba di ragazzi scende verso Valdocco, a cercare il nuovo Oratorio. Ci sono piccoli e grandi, apprendisti meccanici e garzoni muratori. Chiedono da ogni parte: 

- Dov'è l'Oratorio? Dov'è don Bosco? 

Nessuno ne sa niente. Di don Bosco e di Oratorio, nessuno in quella zona ha mai sentito parlare. I ragazzi, credendo di essere presi in giro, alzano la voce. La gente, pensando a un brutto scherzo, comincia a minacciare e a menare le mani. Le cose si mettono male. Fortunatamente sento gli schiamazzi e insieme a don Borel esco di casa. Ci corrono incontro, chiedendoci dove sia l'Oratorio. 

Ho dovuto rispondere che il vero Oratorio non era ancora stato terminato, ma che intanto potevano salire nella mia camera. Era spaziosa e ci sarebbe servito benissimo. Quella domenica, infatti, le cose andarono abbastanza bene. 

 

« Non è possibile andare avanti così » 

La domenica successiva, però, ai ragazzi che arrivavano dalla città si aggiunsero molti giovani delle case vicine. Non sapevo più dove metterli. Camera, corridoio, scala, tutto era ingombro di ragazzi. 

Il 1° novembre, festa dei Santi, a confessarli eravamo in due, don Borel ed io, ma quelli che volevano confessarsi erano duecento. Come fare? Come tenerli fermi? Uno voleva accendere il fuoco, un altro spegnerlo. Uno metteva a posto la legna, un altro rovesciava l'acqua. Secchio, paletta, molle, brocca, catinella, sedie, scarpe, libri, tutto era sottosopra, perché tutti volevano mettere ordine. Il caro don Borel a un certo punto disse: 

- Non è possibile andare avanti così. Bisogna trovare un locale più adatto. 

Tuttavia, sei giornate festive le trascorremmo nella mia camera, collocata sopra l'entrata del Rifugio. 

 

A colloquio con l'Arcivescovo 

Nel frattempo, andammo ad esporre la situazione all'Arcivescovo Fransoni. Egli capì l'importanza della nostra iniziativa, e ci disse: 

- Approvo tutto ciò che fate per il bene delle anime, e vi do tutte le facoltà che vi possono occorrere. Parlate con la Marchesa Barolo, forse potrà darvi un locale più adatto all'Oratorio. Però ditemi: questi ragazzi, non potrebbero recarsi nelle loro parrocchie? 

- Quasi tutti sono ragazzi forestieri. Molti non hanno una residenza fissa, e passano a Torino solo una parte dell'anno. Non sanno nemmeno a che parrocchia appartengono. Parlano dialetti poco comprensibili, quindi capiscono poco e sono difficili da capire. Alcuni poi sono già grandi, e si vergognano di andare al catechismo insieme ai più piccoli. 

L'Arcivescovo rifletté, poi disse: 

- E’ proprio necessario un luogo a parte, adatto per loro. Cercatelo. Io benedico voi e il vostro progetto. Se potrò esservi di aiuto, tornate a parlarmi. Farò sempre ciò che potrò. Confortati da queste parole, ci recammo dalla Marchesa Barolo, e le esponemmo la situazione. Poiché 1'Ospedaletto non si sarebbe aperto fino all'agosto dell'anno successivo, essa permise che adattassimo a cappella due camere spaziose all'interno dell'edificio. (Nel progetto, esse erano destinate all'appartamento dei preti del Rifugio). 

 

« Oratorio di San Francesco di Sales»: perché? 

Questo era il luogo che la Provvidenza ci assegnava per la prima chiesa dell'Oratorio. Per raggiungerlo si doveva passare per la porta dell'Ospedale, percorrere il piccolo viale che separava l'edificio dal Cottolengo e salire per la scala interna fino al terzo piano. 

Chiamammo l'Oratorio « di San Francesco di Sales » per due ragioni: 

1. La Marchesa Barolo aveva l'intenzione di fondare una Congregazione di preti sotto la protezione di questo santo, e aveva fatto dipingere l'immagine di san Francesco di Sales all'entrata del locale che adattammo ad Oratorio. 

2. Il nostro ministero esigeva grande calma e dolcezza. Ci eravamo perciò messi sotto la protezione di san Francesco di Sales perché ci ottenesse da Dio la sua straordinaria mansuetudine e il suo successo nell'apostolato. 

C'era anche un'altra ragione. Gli errori contro la religione e specialmente il protestantesimo cominciavano ad insinuarsi pericolosamente nei nostri paesi, specialmente nella città di Torino. Ci mettevamo sotto la protezione di san Francesco di Sales perché ci aiutasse ad imitarlo nella difesa della fede. 

8 dicembre 1844. E’ la festa di Maria Immacolata, fa molto freddo e sta nevicando in maniera impressionante. Con il permesso dell'Arcivescovo benediciamo la sospirata cappella. Celebro la santa Messa, e molti ragazzi fanno la loro confessione e Comunione. Durante la Messa, piango di consolazione perché l'Oratorio mi sembra ormai una cosa fatta. Potrò finalmente raccogliere i giovani più abbandonati e più in pericolo di incamminarsi per una cattiva strada. Potrò dar loro la possibilità di diventare amici del Signore.

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