A Natale la prima mossa dell'Indesiderato

La speciale attenzione della nostra sofisticata cultura per il figlio piccolo è stata una ventata di entusiasmo. E sta passando. La cultura della contemporaneità ha rotto con le vischiosità del mondo patriarcale, che aveva un concetto alquanto patrimoniale - si dice - del figlio piccolo e cure elementari adatte per un'esistenza considerata elementare.

A Natale la prima mossa dell'Indesiderato

da L'autore

del 09 dicembre 2008

La speciale attenzione della nostra sofisticata cultura per il figlio piccolo è stata una ventata di entusiasmo. E sta passando. La cultura della contemporaneità ha rotto con le vischiosità del mondo patriarcale, che aveva un concetto alquanto patrimoniale - si dice - del figlio piccolo e cure elementari adatte per un'esistenza considerata elementare.

La scoperta - si fa per dire - della contemporaneità è stata questa: il piccolo dell'uomo, lungi dall'essere un semplice dispositivo biologico in attesa di maturazione, è un vero e proprio mondo. In gran parte sommerso, ma certamente straordinario. Disposizioni prodigiose all'apprendimento e potenziali di interiorità insospettabili, con mezzi che noi adulti non sappiamo più usare in quel modo, entrano in contatto con il nostro mondo. Leggono l'interiorità della nostra mente, decifrano le nostre opzioni di valore, penetrano la profondità delle nostre convinzioni, giudicano infallibilmente la qualità affettiva della nostra organizzazione sociale. Filtrano la nostra anima fino al midollo, e concorrono a rimettere in circolazione - nonostante tutte le 'bugie' che diciamo loro - la nudità metafisica dei nostri sentimenti autentici.

I bambini hanno un fiuto infallibile, e determinazione inarrestabile, a riguardo delle domande cruciali del nostro mondo. Dio e il senso, la vita e la morte, il bene e il male, la protezione e il cinismo, il rispetto e l'avvilimento, la speranza di non dover abitare la terra invano, e la profonda fiducia nella complicità del cielo, a questo scopo. Sono i punti sui quali noi adulti molto moderni - culturalmente modernissimi, politicamente correttissimi, scientificamente rigorosissimi - balbettiamo, inciampiamo, farfugliamo. Peggio, stiamo cautamente zitti.

Molte delle osservazioni, ricerche, analisi e teorie che ci hanno consentito di percepire lo spessore mentale e culturale (sì, culturale!) del mondo del bambino e del bambino nel mondo, vengono dal coraggio e dalla determinazione del 'sapere' moderno. L'incantevole complessità della gestazione culturale - mentale, affettiva, sociale - del figlio, sogni compresi, che plasma la qualità umana condivisa e fa spazio per la singolarità personale e irripetibile dell'umano, l'abbiamo imparata così. Ora balenano qua e là, però, i fuochi fatui di un'ambizione 'catechistica', non richiesta, di quel sapere, che vorrebbe imporre, ammodernata, una visione insignificante dello straordinario legame che ogni volta si forma fra il concepimento dell'umano e la concezione dell'uomo.

Il Natale del Signore viene, per fortuna, con la sua indelebile grazia. Oggi come allora, nei palazzi della città distratta, nelle piazze dell'adorazione del futile, nello stordimento dei miti dell'effimero, il Figlio mette le sue radici nell'umano. Nascendo, semplicemente. Dio si vincola alla nascita del piccolo dell'uomo, e restituisce all'umano la sua indelebile destinazione al futuro incorruttibile della sua intimità. L'Indesiderato affronta il rischio e l'opacità di un mondo umano sempre di nuovo tentato di resistere alla responsabilità della nascita di Dio. Il Figlio dà ali all'anima di ogni figlio. E sin dall'inizio stabilisce una differenza eterna fra il più ingegnoso degli animali e il piccolo dell'uomo. La qualità umana dei bambini e la grandezza dell'anima degli adulti crescono sempre insieme. E si perdono insieme.

La partita fra Dio e il mondo si gioca proprio lì. A Natale, Dio fa la prima mossa.

 

Pierangelo Sequeri

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