Il Liceo Parini di Milano, come il «Titanic», è andato sott'acqua! Per il «Titanic» piangiamo ancora adesso, mentre per il «Parini» non si sa se piangere o prendere il classico battipanni per sculacciare quelle studentesse e studenti che, invece di «bigiare» la scuola per non fare il compito in classe, hanno preferito aprire le cateratte del Liceo, provocando danni gravissimi con «interruzione di servizio pubblico».
del 15 gennaio 2008
Il Liceo Parini di Milano, come il «Titanic», è andato sott’acqua! Per il «Titanic» piangiamo ancora adesso, mentre per il «Parini» non si sa se piangere o prendere il classico battipanni per sculacciare quelle studentesse e studenti che, invece di «bigiare» la scuola per non fare il compito in classe, hanno preferito aprire le cateratte del Liceo, provocando danni gravissimi con «interruzione di servizio pubblico».
Si sono pentiti, hanno confessato, ma è stato loro impossibile fermare il polverone dei mass-media, che pure non sono a corto di notizie ben più drammatiche di questa che, per banalità e superficialità, sa di Isola dei famosi e di Grande fratello.
Gli studenti del Liceo, com’era prevedibile, si sono divisi in buonisti, pronti ad assolvere l’incredibile ragazzata e in giudici irreprensibili, fautori della Legge, che reclamano l’espulsione o, almeno, l’allontanamento da una scuola, che a Milano è considerata di futuri «vip»! Senza cadere nella trappola di tante ipocrisie, mi piacerebbe sapere come, tra le pareti di casa, lontani dalle luci fastidiose delle telecamere, sono intervenuti i vari genitori.
Sarebbe utile a tutti conoscere il loro intervento educativo: che cosa hanno detto o minacciato, quale esame di coscienza hanno fatto insieme ai figli per capire da dove è scaturita la loro irresponsabilità?
Forse qualche genitore ecologista avrà sottolineato lo spreco d’acqua, tema di moda oggi, per cui già nelle elementari le brave maestre invitano i bimbi a lavarsi i denti, risparmiando «l’oro bianco» e i Capi Scout esercitano i ragazzi del Reparto a lavarsi faccia e piedi con un solo litro d’acqua, perché così avviene nei paesi dell’Africa, dove l’acqua non c’è.
In altri, può darsi che sia prevalso il discorso economico: «Cosa ci costerà in euro la vostra bravata?». Ma domandiamoci ancora: se, per caso, questi analfabeti del vivere sociale verranno sospesi per quindici giorni, potranno uscire come prima, usare cellulari o giocare con il computer come e più di prima? C’è da augurarsi almeno che non li mandino al lago o in collina per superare lo stress dell’emarginazione dei loro compagni che, via internet, li hanno messi alla gogna. Se invece si daranno da fare in casa, abbiano l’avvertenza di non lasciare aperti i rubinetti del gas, i danni sarebbero ben più gravi per la loro e altrui incolumità.
Comunque non vorrei essere nei panni dei genitori o, se lo fossi, terrei ai figli un corso di educazione civica, materia che oggi non si insegna più; o li inviterei a frequentare qualche Campo di lavoro per i poveri, così vivranno fatiche più intelligenti, che li aiuteranno ad accettare quelle legate a un compito in classe.
La mia mamma, quando le ho portato da firmare un compito in classe, in cui avevo preso «tredici sotto zero... per incoraggiamento!», mi ha detto: «D’ora in avanti non puoi che migliorare!». Cosa potremmo suggerire ai nostri eroi per migliorare? Ecco un buon tema per il «break» sul lavoro o per quando si fa salotto dalla parrucchiera o al bar.
L’educazione alla responsabilità incomincia da lontano, allenando i nostri ragazzi e ragazze ad entrare nella «porta stretta» di cui parlano il Vangelo e ogni educatore serio. Se non lo faremo, credo che di «acquazzoni» ne avremmo ancora tanti e non solo quelli autunnali del «Parini»!
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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