“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto, e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo”
del 28 luglio 2008
“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto, e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo” *
 
Siamo tristemente consapevoli dell’enorme ingiustizia che ha pervaso la storia africana e che continua a straziarne l’innata vitalità. Eppure, talvolta ce ne dimentichiamo; magari non abbiamo tempo o magari, semplicemente, l’Africa è troppo lontana perché possiamo sentirne il grido. Poi, la nostra giornata è fatta di tante cose di tanti rumori; la società ci propone un modello di efficienza, ma spesso trascura l’essenziale e così -privi anche dell’adeguata informazione- finiamo col mettere da parte le tante sofferenze che con forza smascherano le contraddizioni del nostro stile di vita e ci fanno sentire piccoli, impotenti.
 
 
“I poveri non ci lasceranno dormire”**
 
 Domenica 28 aprile, Benedetto XVI ha richiamato l’attenzione  sulla dolorosa situazione in cui versa il continente africano. Tra le tante situazioni drammatiche, in larga parte riconducibili a forme diverse di sfruttamento da parte dei paesi ricchi, il papa ci invita a non dimenticare in particolar modo le crisi del Darfur, della Somalia e del Burundi.
Vogliamo cogliere questo appello e condividere almeno in minima parte le tragedie di questi popoli, ma di tanti conflitti dimenticati ci giungono poche notizie, frammentate e limitate a momenti particolarmente duri degli scontri, per cui conosciamo ben poco della situazione attuale e delle dinamiche che l’hanno determinata.
 
SUDAN-DARFUR
Alcuni dati per cogliere le proporzioni del disagio: ‚àô 400.000 morti
                                                                                  ∙ 2.000.000 sfollati
                                                                                  ∙ 4.000.000 persone che dipendono da aiuti esteri   
 
   L’Unicef definisce quella del Darfur “la più grave crisi umanitaria del momento” e la metà della popolazione colpita dal dramma è composta da bambini.
Il Darfur è una regione desertica, dal sottosuolo molto ricco (scoperti di recente giacimenti di petrolio) posta ad ovest del Sudan.
Nella storia di questo paese si intersecano conquiste e domini da parte di forze diverse e vicende  -spesso complicate- che in un crescendo di odio e violenza hanno determinato l’attuale situazione.
Inizialmente sultanato islamico (XIV-XV sec), il Sudan viene conquistato prima dai turco- egiziani, poi dai britannici che lo assoggettano ad una dominazione congiunta anglo-egizia, destinando gran parte delle risorse a Khartoun, capitale, e alla regione della valle del Nilo. Ha così inizio una politica di alienazione economica e politica del Darfur, portata avanti anche dopo l’indipendenza (1956), e che determinerà emarginazione e sottosviluppo dell’area.
Si aggiunge, più tardi, l’emergere di una dicotomia tra popolazione africana (Darfur) ed araba (resto del Sudan). La scissione arabo-africana si acuisce negli anni ‘70\’80 a seguito dell’appoggio del governo ai progetti di Geddafi, che mira all’unione dei paesi musulmani all’insegna della superiorità dei popoli arabi.
Alla situazione politica si aggiunge poi una pesante carestia, che negli anni ’80 causa 95.000 morti.
A motivo dell’eclatante stato di abbandono e povertà del Darfur, sorgono movimenti di protesta: il JEM ( Movimento di Giustizia ed Uguaglianza) e l’SRM (Movimento per la Liberazione del Darfur) che accusano il favoritismo del governo per gli arabi e la repressione che affligge i non arabi.
Il 26\2\2003 il Fronte di Liberazione del Darfur (FLD) con un’azione violenta dà il via allo scontro vero e proprio col governo centrale.
I Janjaweed –forti dell’appoggio di Khartoun- iniziano le incursioni in Darfur e le atroci violenze sui civili. Gli scontri spingono i daruriani a rifugiarsi in Ciad, che a sua volta entra in collisione col Sudan per gli attacchi dei Janjaweed, che si spingono entro ai territori del paese confinante.
Mentre continuano le violenze e i disordini, avanza l’ipotesi del genocidio perpetrato ai danni della popolazione africana: osservatori internazionali riportano prove di una sistematica pulizia etnica, portata avanti secondo modalità già riscontrate in Yugoslavia.
 
 
SOMALIA
 
  La situazione somala è ancora una volta contraddistinta da violenze efferate e lotte fratricide.
Popolato da sciiti provenienti dalla Persia e da pastori somali nomadi, il paese è entrato in un lungo periodo di instabilità in seguito alla conferenza di Berlino e alla spartizione dei suoi territori tra Italia, Gran Bretagna e Francia.
Ottenuta l’indipendenza nel 1960, la Somalia cede ad un colpo di stato militare di Siad Barre che instaura la propria dittatura dal ’69 al ’91. Sono questi gli anni della guerriglia ostile al dittatore e della guerra civile che culmina, negli anni ’90, in un conflitto sempre più violento e confuso che determina l’allontanamento dal paese delle forze di pace ONU. Protagonisti di questa lunga fase di violenza sono i “Signori della guerra”, potenti capi clan che sottomettono la popolazione, costringendola alla fuga, e che instaurano il proprio controllo nel paese, forti dell’appoggio statunitense.
Tra la fine degli anni ’90 e il 2004 si assiste ad un periodo di relativa calma, con l’insediamento di un governo di transizione a cui prendono parte i “signori della guerra”. Questi ultimi iniziano un’improvvisa lotta ad Al Qaeda nel 2006, seminando strage e andando a colpire autorità religiose.
Esasperata dalla violenza, dalle condizioni di estrema povertà, la popolazione inizia ad appoggiare le forze integraliste che trovano linfa soprattutto tra i giovani. Ha così inizio una lunga serie di scontri tra signori della guerra e corti islamiche, le quali si trovano a dover affrontare l’esercito etiope che scende in campo a favore dell’esercito somalo regolare, macchiandosi di atrocità contro la popolazione civile.  A ciò si aggiunge un intervento dell’esercito USA, che il 9 gennaio 2007 appoggia con bombardamenti l’operato etiope, innescando pesanti critiche da parte dell’ONU e dell’UE.
Attualmente, il paese è vessato da questo stato di crisi, segnato da continui scontri tra forze regolari e milizie ribelli , mentre l’esercito etiope non smette di procurare disagi pesanti alla popolazione, tanto che da più parti avanza la richiesta di un’indagine accurata, al fine di valutare i cosiddetti “crimini contro l’umanità” di cui si sono macchiati i signori della guerra e l’esercito straniero ausiliare.
 
BURUNDI
 
   Anche il Burundi si è trovato ad affrontare un intenso e prolungato periodo di lotte interne che hanno visto contrapposte la minoranza etnica dei Tutsi (il 15% della popolazione) e la maggioranza Hutu (l’85%).
Dalla fine dell’800 e a seguire negli anni successivi della dominazione tedesca, belga e dei governi indipendenti, l’assetto politico-amministrativo del paese ha preservato il netto vantaggio dei Tutsi rispetto alla maggioranza Hutu.
Questa circostanza è stata la causa delle crescenti tensioni etniche che sono sfociate, a più riprese, in cruenti e reciproci massacri, quasi un milione di vittime. Dopo una breve parentesi democratica agli inizi degli anni ’90, un’ondata di violenza, colpi di stato e disordine è tornata a straziare il paese che ha visto l’imperversare dei gruppi ribelli Hutu FDD e FNL.
Grazie alla mediazione internazionale e all’invio di forze di peace-keeeping, maggio 2004, sono ripresi i processi si democratizzazione con la sospensione delle ostilità e della lotta armata da parte dei ribelli moderati.
Rimane tuttavia alta la tensione, in quanto prosegue la violenza da parte della fazione più estremista delle milizie Hutu, che pur dicendosi pronta ad entrare nel processo di pace in corso, pone pesanti condizioni per il cessate il fuoco, chiedendo in particolare un’amnistia che metta al riparo i miliziani dalle eventuali ritorsioni da parte delle forze rivali. 
 
“ You shall rise”***
La condizione di Darfur, Somalia e Burundi basterebbero a creare sconforto in chi volesse gettare uno sguardo sulla situazione attuale dell’Africa… e ancora molti sono i drammi che si potrebbero aggiungere, dato che accanto a numerose guerre di cui nessuno parla, il continente si consuma  nella fame, nell’assenza di assistenza sanitaria con la conseguente diffusione esponenziale di malattie, nell’incubo della rapina e dello sfruttamento, che colpisce soprattutto i più deboli: bambini trasformati in feroci soldati; bambine e donne sottoposte a mutilazioni genitali e alle violenze più disparate; uomini che nel loro futuro non vedono prospettiva di realizzazione e sentono il peso di un’ingiusta ingerenza altrui.
Eppure l’Africa, culla ancestrale dell’umanità, continua a darci testimonianza energica di un profondo attaccamento alla vita, di una consapevolezza sentita della dignità dell’uomo, della sua dimensione naturale e delle sue potenzialità che lo rendono capace di affermarsi anche in condizioni ostili, riscattandosi dal dramma dell’oppressione.
 Tutto ciò lo riscontriamo nelle numerose famiglie africane; nell’allegria con cui questi uomini si rapportano l’un l’altro, mostrandosi aperti al sorriso e al saluto anche verso l’estraneo. E ancora nella profonda spiritualità, nel riconoscimento e rispetto delle tradizioni  oltre che nell’adesione serena alle leggi e ai ritmi della natura.
Nonostante, tanta bassezza, dunque, l’Africa e gli africani portano in sé un germe di rinascita e -proprio sulla scorta del loro esempio di semplicità e fratellanza-  può instaurarsi un profondo rinnovamento anche per noi occidentali, che forti delle nostre conquiste e certezze dimentichiamo che al centro c’è l’Uomo, con la sua Verità e la sua Bellezza.
 
 
“Ogni giorno noi lottiamo per comprendere e far comprendere che la colpa non è mai da una sola parte, ma da ambedue le parti, noi ragioniamo insieme e ci sforziamo  di vedere tutto quello che è positivo nell’altro, noi ci guardiamo in faccia, negli occhi, perchè vogliamo che si faccia la verità”
(Annalena Tonelli, dalla testimonianza sulla missione svolta in Africa, Vaticano, dicembre 2001)
 
 
*Gaudium et Spes, 1
** Alex Zanottelli
***Mattafix, Living Darfur ( trad: “Tu puoi rialzarti”)
Io sono nessuno, M. Fagiolo D’Attilia, R.I. Zanini, Edizioni san Paolo, Milano, 2004
Maddalena Marconato
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