Ai giovani: deponete le armi

Un cesto in ogni chiesa dove i giovani potranno lasciare i loro coltelli. Continua con una lettera la sfida educativa lanciata dall'arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, alle nuove generazioni. Quanto ai Dico, ''sono un pezzotto''.

Ai giovani: deponete le armi

da Attualità

del 11 febbraio 2007

  Un cesto in ogni chiesa ai piedi del crocifisso dove i giovani potranno lasciare i loro coltelli. Continua la sfida educativa lanciata dall’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, alle nuove generazioni della diocesi. Uno stile fatto di parole e gesti, a cominciare dal segnale dato il giorno dell’ingresso in diocesi, con il primo appuntamento ufficiale da vescovo: l’incontro con la gente di Scampia. Negli ultimi mesi, il cardinale ha continuato a parlare di legalità e di speranza, soprattutto alle nuove generazioni, su cui Napoli può e deve scommettere. L’ultima occasione è una lettera inviata a tutti i giovani napoletani, in occasione della Quaresima, che sarà consegnata nelle scuole elementari, medie, superiori, commentata e letta nelle classi e affidata anche alle famiglie.

 

Il passaggio più forte è senza dubbio l’invito a deporre le armi. ''Aprite le mani, lasciate cadere i coltelli che spargono soltanto sangue, morte e lutto – scrive il cardinale Sepe - aprite le mani per salutare, fare amicizia, solidarizzare; lasciate cadere i coltelli che reclamano vendetta, che rispondono all'odio con l'odio. Aprite le vostre mani - ripete Sepe - lasciate cadere i coltelli che tagliano i legami di amicizia, lacerano i rapporti, fanno versare lacrime e colpiscono solo cuore la vostra dignità di giovani”. E all’appello ideale corrisponde subito una proposta concreta: ''Sfoderate il vostro coraggio e in questi giorni che ci separano dalla Pasqua portate nelle chiese le armi, tutte le armi che rinnegano la vita; deponete davanti all'altare di Cristo i coltelli, le lame che infangano la vostra giovinezza e la vostra dignità di uomini. Non abbiate paura, siate forti”. In ogni chiesa saranno così collocati dei cesti per togliere armi alla micro e macro criminalità, con un obiettivo ben preciso, spiegato dallo stesso arcivescovo: “Per il Venerdì Santo le trasformeremo in utensili per lavorare la terra: dalle armi di morte costruiremo strumenti di vita''.

 

Il testo prosegue poi all’insegna di un linguaggio confidenziale, perché, dice Sepe, “siete parte importante della mia grande famiglia”. “So che tanti, forse troppi urlano slogan per conquistarvi - scrive - per proporvi una felicità effimera e insignificante. Quante belle parole per non dire niente, quante morti mascherate da bellezze inconsistenti, quante promesse vuote fino alla fine lasciano delusi quanto miele per attirare nella trappola dell'apatia, della noia, della sfiducia”. ”Quante false felicità offerte gratis per imprigionare poi la vostra volontà, incatenandola con la sete di potere e di successo a ogni costo. Costoro possono conquistare il vostro corpo, la vostra mente, scuotere con forza il vostro essere, ma non potranno mai colmare il vostro cuore, continuamente alla ricerca del Bene infinito''. ''Da qualche tempo si avverte un esasperato clima di violenza - dice il cardinale Sepe - Spesso si ha la sensazione che la via per arrivare ad affermare la propria autonomia, sia la sopraffazione: talvolta si pensa di conquistare il rispetto degli altri incutendo in loro il timore. Tra alcuni di voi si è diffusa una certa mentalità di bullismo, ritenendo che la via più facile per farsi strada o risolvere rapidamente conflitti e contrasti sia la violenza''. ''No cari giovani, non è questa la via - conclude l'arcivescovo di Napoli - Così non si va lontani, non si costruisce nessun domani migliore. Questa strada porta alla rovina alla frantumazione delle vostre e delle nostre attese. Voi siete l'avvenire, ma non si può edificare il futuro senza seminare oggi, nel solco di ogni vita, il germe della pace''.

 

Durante la conferenza stampa di presentazione del messaggio, il cardinale ha commentato anche l’ultima proposta del governo sulle unioni di fatto. “Quello non è un matrimonio: ci sono le borse dei grandi stilisti e le imitazioni. Sì, queste convivenze sono un 'pezzotto', scrivetelo”, ha detto, usando una parola che in gergo significa “falso”. “Se i giovani vogliono realizzare l'ideale della propria giovinezza e di un rapporto - continua - è chiaro che devono sapere che una cosa è la convivenza, e altro è il matrimonio”. Insomma, “noi sappiamo che ci sono prodotti, la borsa, il vestito disegnati da grandi stilisti. Poi, sappiamo che ci sta chi cerca di imitare, realizzando quelli contraffatti. Se diciamo che questa borsa “pezzottata” è uguale alla borsa originale, è una bugia e facciamo dei danni”. “Tu vuoi imitare? Io te lo riconosco - conclude Sepe - hai fatto la borsa 'pezzottata': non puoi dire però che è uguale alla borsa originale che ha fatto il grande stilista”. 

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