Successo nella prevenzione del progetto ugandese fondato anche sull'astinenza. Aids, il mondo spende ancora troppo poco. Servono venti miliardi fino al 2007. «Il denaro c'è, manca la volontà dei Paesi a destinare i fondi».
del 01 luglio 2004
 Il mondo continua a spendere troppo poco per la lotta all'Aids. È nel segno di questa denuncia, partita dai fronti più diversi, che si sono aperti ieri a Bangkok i lavori della quindicesima Conferenza internazionale sulla malattia (Ias). Un appuntamento che riunisce nella capitale thailandese 17mila partecipanti. La penuria di fondi, a dispetto degli obiettivi periodicamente annunciati, è un'evidenza anche per le più alte istituzioni intergovernative di finanziamento. «Il denaro c'è, ciò che manca è la volontà dei Paesi di destinare i fondi», ha sostenuto Jean-François Richard, vice-presidente per l'Europa della Banca mondiale. Ricordando che le spese militari e le sovvenzioni agricole assorbono ogni anno rispettivamente 900 e 350 miliardi di dollari. Per la lotta all'Hiv, Unaids (l'agenzia specializzata dell'Onu) ha giudicato necessari 20 miliardi di dollari fino al 2007. Un obiettivo finanziario - solo metà delle reali necessità, secondo vari esperti - che resta un miraggio. Quest'anno, l'ammontare degli impegni di spesa raggiunge appena i 5 miliardi. Eppure, sulla base dei più recenti record epidemiologici negativi, è proprio questo il momento in cui occorrerebbe rafforzare trattamenti e prevenzione.
Ad avvertire sui rischi di una protratta sottovalutazione del problema globale, è stato ieri anche Richard Feachem, direttore del Fondo mondiale contro Aids, tubercolosi e malaria. Vari appelli sono stati lanciati a livello regionale. Al punto che dalla Commissione economica e sociale per l'Asia-Pacifico - l'area, cioè, che appare come il nuovo grande focolaio epidemico planetario (dopo l'Africa) -, è partita la proposta di «aumentare le risorse di almeno 25 volte rispetto ai 400 milioni di dollari» annui attuali. «I dirigenti nazionali devono modificare le loro priorità di bilancio adesso che c'è ancora il tempo per frenare la scalata e i costi delle cure», ha sostenuto Hak-Su, segretario generale della Commissione.
È in Asia che si registra ormai una c ontaminazione su quattro, soprattutto in India e in Cina. Sul fronte della prevenzione, il presidente ugandese Yoweri Museveni ha presentato i risultati estremamente positivi ottenuti con una campagna nazionale che promuove in primo luogo l'astinenza sessuale e la fedeltà coniugale. Rispetto all'inizio degli anni Novanta, le autorità ugandesi hanno registrato un autentico abbattimento della percentuale di malati. Dal 30% all'attuale 6%, affermano le statistiche ufficiali. Il modello adottato da Kampala è simile a quello promosso dall'Amministrazione Bush negli Stati Uniti. Un punto di vista, quello americano e ugandese, che riaccende il dibattito internazionale sui metodi di prevenzione evidenziando anche vari pregiudizi del passato. La delegazione Usa, di basso profilo, ha raccolto ieri il pieno sostegno del presidente Museveni.
Sul fronte del finanziamento, invece, gli Stati Uniti si sono difesi da chi li accusa di rimanere semplici spettatori. Ad essere criticata, in proposito, è soprattutto la strategia 'bilaterale' perseguita da Washington. A livello farmacologico, è stata evidenziata l'efficacia di una nuova molecola, il Fuzeon. L'assenza di un vaccino, è stata invece definita come una «vergogna» da Seth Berkley, presidente di un'Istituzione appositamente dedicata. Per lui, occorrerebbe raddoppiare i fondi della ricerca per portarli a un livello di 1,2 miliardi. La giornata è stata segnata anche dalle proteste. Quelle in particolare di alcune decine di attivisti che hanno imbrattato di vernice rossa i ritratti dei dirigenti del G7, accusati di non aver rispettato l'impegno fatto nel 2001 di erogare 10 miliardi ogni anno nella lotta alla pandemia.
 
 
 
Daniele Zappalà
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