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Alla ricerca di Dio

Dio è la più pesante di tutte le parole umane. Nessun'altra è tanto imbrattata, tanto lacerata. Di generazione in generazione, con i loro partiti religiosi, gli esseri umani hanno lacerato questa parola: per essa hanno ammazzato e per essa sono morti.


Alla ricerca di Dio

da Quaderni Cannibali

del 09 gennaio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

 

          C’è chi uccide in nome di Dio, chi vive ‘come se Dio non esistesse’, mentre avanza silenziosa una letale indifferenza che colpisce Dio nel cuore delle masse. Ma diceva Martin Buber: “Dio è la più pesante di tutte le parole umane. Nessun’altra è tanto imbrattata, tanto lacerata. Di generazione in generazione, con i loro partiti religiosi, gli esseri umani hanno lacerato questa parola: per essa hanno ammazzato e per essa sono morti. Dio. Non è facile parlare di Dio, noi che abbiamo eretto un pantheon di idoli: denaro, sesso, affari, potere, prestigio, successo. Parlare di Dio in questa Europa che si è rifiutata di mettere il suo nome in capo alla sua Costituzione.C’è chi uccide in nome di Dio, chi vive ‘come se Dio non esistesse’, mentre avanza silenziosa una letale indifferenza che colpisce Dio nel cuore delle masse.Kolakowski, un filosofo polacco, afferma: “Il mondo senza Dio si presenta come un caos opprimente, eterno. È un mondo amputato di ogni senso, direzione, punti di riferimento. Un mondo alla deriva”.

          E un grande profeta, Henri de Lubac ammonisce. “Non è vero che l’uomo possa organizzare la terra senza Dio. È vero invece che, senza Dio, non si può che organizzarla contro l’uomo”.Aveva ragione Martin Buber, il filosofo ebreo, quando scriveva nei suoi frammenti autobiografici: “Dio è la più pesante di tutte le parole umane. Nessun’altra è tanto imbrattata, tanto lacerata. Di generazione in generazione, con i loro partiti religiosi, gli esseri umani hanno lacerato questa parola: per essa hanno ammazzato e per essa sono morti. Una parola che conserva ancora le impronte delle loro dita e del loro sangue. Sono uomini che dicono buffonate e che firmano con il nome di Dio; si ammazzano gli uni gli altri, e sempre nel nome di Dio”.

L’esplosione del sacro selvaggio

          “Nel Medioevo – nota Massimo Introvigne, uno dei più competenti studiosi di nuove religioni – la ragione ha dapprima cercato in inglobare la fede, quindi ha preteso di farne a meno, infine l’ha combattuta in modo esplicito. Nell’epoca post-moderna si rovescia questa scenario. L’epoca della crisi della ragione è il tempo in cui si ripresenta una fede non necessariamente cristiana – talora superata, a diverso titolo e in diverso grado, dalla ragione”.È il tempo della New Age, dei ‘nomadi spirituali’ che stanno ancora cercando la carovana giusta, delle sette che proliferano prosperose. La secolarizzazione ‘quantitativa’ avanza, ma si fa più insistente il richiamo del sacro e il risveglio del senso religioso, pentecostali americani in testa. La profezia di alcuni sociologi che presagiva il crollo del religioso sotto l’urto della società industriale, della scienza e della tecnica, si rivela fallimentare. Giovanni Paolo II traccia i caratteri di questa post-modernità. “Il tempo delle certezze sarebbe irrimediabilmente passato, l’uomo dovrebbe imparare a vivere in un orizzonte di totale assenza di senso, all’insegna del provvisorio e del fuggevole. Parecchi autori, nella loro critica demolitrice di ogni certezza contestano anche le certezze della fede” (Fides et Ratio, 91). In breve: siamo allo sbando.Su questo panorama esplode la ’magia’ dell’11 settembre 2001, con le due torri giganti che sprofondano su se stesse, travolgendo nel crollo duemila vittime: un evento che segna profondamente la coscienza dell’Occidente.

“Assenza di Dio – Ossessione del divino”

          Un panorama articolato, quello della post–modernità. Con spinte religiose opposte.“Assenza di Dio, ossessione del divino: sembra una formula adatta a rendere in estrema sintesi il clima religioso prevalente da qualche tempo in Italia e in Europa in generale. Assenza di Dio in quanto calo vistoso della rilevanza pubblica della pratica religiosa e del suo influsso sociale. Ossessione del divino in quanto ‘persistenza della religiosità, nonostante le previsioni di ateismo generale e di secolarizzazione totale avanzate, sognate o temute negli anni ’60 in particolare, una persistenza tipicamente individuale, un fenomeno di interiorità, esaltato ed evidenziato nella diffusione di nuove religioni e in un nuovo senso del sacro” (V. Croce, Trattato del Dio cristiano, Elledici, Leumann 2004).Si diffida della ragione pur esaltandola. Si diffida della verità stessa, negandole il diritto di esistere e mettendola anzi sotto accusa. Umberto Eco parla di ‘passione morbosa per la verità’. ‘Vivere senza certezze’ è il nuovo slogan. Contrattacca papa Wojtyla: “Credere nella possibilità di conoscere una verità universalmente valida non è affatto fonte di intolleranza. Al contrario è condizione necessaria per un dialogo sincero e autentico. Soltanto a queste condizioni è possibile superare le divisioni e percorrere insieme un cammino verso la verità tutta intera” (Fides et Ratio, 92).

Ateismo scientifico e ateismo umanistico

          Un chiarimento iniziale. Si parla spesso e ateismo e agnosticismo. Sono due posizioni differenti.L’ateismo è la negazione radicale di Dio, negazione che assume colorazioni diverse: l’ateismo scientifico è diverso da quello umanistico.L’agnosticismo è l’atteggiamento di chi sospende il suo giudizio perché di Dio non possiamo dire nulla, in quanto è un discorso che sfugge alle categorie umane e quindi inaccessibile alla mente dell’uomo. L’agnosticismo è oggi forse la posizione dominante nel mondo della cultura, perché meno drastico nelle sue conclusioni.

L’ateismo scientifico

          Si basa sull’autonomia assoluta delle branche del sapere scientifico (fisica, astrofisica, chimica, neurobiologia, genetica, ecc.). Si radicalizza nel conflitto tra scienza e fede. La filosofia che sottostà a questo rifiuto di Dio è quella tipica dell’Ottocento: il materialismo positivista. Per dirla con Engels e la concezione marxista, l’unica realtà del mondo è la materia, assoluta, eterna, infinita, in continua evoluzione. Non c’è posto per valori spirituali come Dio, fede, religione, ecc.“A partire dal secolo di lumi fino ad oggi - ha affermato Giovanni Paolo II - il caso Galileo ha costituito una sorta di mito. Era il simbolo del preteso rifiuto da parte della Chiesa del progresso scientifico o dell’oscurantismo dogmatico opposto alla libera ricerca della verità. Un mito che ha influenzato i secoli successivi fino ad oggi”. Ma che ormai appartiene al passato.Occorre tuttavia riconoscere con il card. Poupard, che ha presieduto la Commissione vaticana per lo studio del caso Galileo: “Per quanto limitato sia oggi l’ateismo scientifico, non si può negare che la sua influenza sui modi di pensare e di agire dei nostri contemporanei sia grandissima. Le mirabili realizzazioni della tecnica con la diffusione di una mentalità scientifica non critica hanno generato un sentimento di esaltazione prometeica che conduce, da una parte, ad una diffidenza profonda davanti alle affermazioni scientificamente incontrollabili della fede, e dall’altra, a una autoaffermazione di sé, dove Dio appare come rivale dell’uomo”.

          Una ricerca condotta da Achille Ardigò e Franco Garelli nel 1989 sulla religiosità degli esponenti della ricerca scientifica in Italia, quasi tutti docenti universitari, ha dato i seguenti risultati: atei 21,5%; agnostici 25,2%; deisti 18%; credenti in un Dio unico e personale 18% (Valori, scienza e trascendenza, Edizioni Fondazione Agnelli, Torino 1989).Recentissima l’ennesima fiammata dell’ateismo scientifico. Piergiorgio Odifreddi, matematico illustre, si presenta con un pamphlet Perché non possiamo essere cristiani (e men che meno cattolici). Richard Dawkins, il noto cosmologo britannico, esce con The God Delusion, Margherita Hack, astrofisica, non si lascia scappare occasione per proclamare la sua fede ateista, ecc.

L’ateismo umanistico

          Si fonda sulla proclamazione dell’autonomia radicale dell’uomo, della sua assoluta libertà fuori da ogni condizionamento. E il grande Condizionatore sarebbe Dio. Più recente di quello scientifico, è sorto nei secoli XIX e XX ed è tuttora vivissimo. Il dilemma di fondo è: o Dio o l’uomo, o la grandezza di Dio o la grandezza dell’uomo. Dio, in breve, è il grande Concorrente dell’uomo. Il quale vuole riappropriarsi della pienezza della sua libertà e dignità a costo di eliminare Dio.Feurbach, il filosofo ispiratore di Marx, affermava. “Solo un uomo povero ha un Dio ricco… Bisogna dirigere e orientare sull’uomo la capacità di adorazione e di culto del cuore dell’uomo. L’uomo è il Dio dell’uomo”.Proseguendo in questa logica si afferma a tutt’oggi che Dio è una creazione dell’uomo e non viceversa. Dio è insomma una proiezione dell’uomo che aliena in lui i valori di libertà e grandezza esclusivi dell’uomo.

I ‘maestri del sospetto’: Marx, Freud, Nietszche

          Marx. Lancia i suoi appelli al proletariato perché si liberi dalle sue alienazioni. La religione è una sovrastruttura dell’economia, ‘oppio dei popoli’, perché è la giustificazione ideologica del predominio della classe borghese. Lenin e Stalin hanno tradotto in tragiche realtà politiche le affermazioni di Marx e l’URSS è diventata la grande scuola internazionale dell’ateismo del sec. XX. La caduta del Muro di Berlino nel 1989 ha segnato il ricupero delle libertà, compresa quella religiosa, sia pure con limiti. Ma l’homo sovieticus, cresciuto alla scuola dell’ateismo, si è rivelato un fallimento. Non bisogna dimenticare che le lotte operaie hanno contribuito a una certa liberazione della classe operaia. Ma anche che il comunismo ha delle grosse responsabilità storiche di violenza, oppressione e negazione dei diritti dell’uomo.

Freud. L’esploratore dell’inconscio, definisce la religione una ‘nevrosi ossessiva universale’ che dovrà scomparire quando l’umanità sarà finalmente ‘adulta’. Varie sono le scuole che si sono ispirate a lui, cui si deve però il merito di una approfondita conoscenza dei meccanismi psicologici e delle patologie conseguenti, con la prospettiva di poterli curare.

Nietszche. È il grande visionario, il profeta lampeggiante del tempo moderno. L’uomo moderno ha ucciso Dio per affermare se stesso come super-uomo, che rivaluta la sua grandezza e libertà contro la debolezza del messaggio di Cristo che esalta l’umiltà, il sacrificio, la dedizione. “Noi crediamo nell’Olimpo, non nel crocifisso”. Dioniso e non il Cristo appeso a un patibolo. Ma Nietsche è un ateo tormentato, inquieto. “Ritorna, Dio mio sconosciuto, mio Dolore, mia ultima Felicità…”. E il super-uomo finisce per perdersi nella sua sfida. “L’ultimo uomo – dice sarcasticamente Nietsche – è un piccolo uomo che saltella tra piccoli problemi, come una pulce terragna”. Profeta anche in questo.Uno sguardo finale. In fondo l’ateismo è la proclamazione polemica dell’infinito dell’uomo contro l’infinito di Dio. O come scrive Dario Antiseri, gli ’assoluti terrestri’ dell’uomo contro ‘l’Assoluto trascendente’ di Dio.In fondo è la grande tentazione dell’Eden che ritorna: “Sarete come dèi”.

Il dialogo con l’ateismo

          Nella seconda metà degli anni ‘900 l’atteggiamento del mondo cristiano nel confronto dell’ateismo è cambiato radicalmente. Il precedenza l’ateo era considerato un po’ un fuori legge religioso da cui stare alla larga, un individuo sospetto e inaffidabile, un nemico di Dio e della Chiesa. Un pericolo per la società cristiana.Venne il Vaticano II, Henri de Lubac, uno dei teologi di punta del Concilio, parlò di un ’dramma’ dell’ateismo moderno, un dramma tutto interno allo spirito di chi nega Dio non senza profonde crisi interiori e a volte con un doloroso senso di ricerca. L’ateo Montanelli, vicino alla fine, parlava di un fallimento’ della sua vita. E del resto il primo ateo a vivere questa lacerazione dello spirito fu proprio Nietsche. Un dramma spesso alimentato non dall’odio contro Dio, ma dalle false immagini di Dio presenti della comunità cristiana, o da problemi umanissimi come il dolore innocente.Il Vaticano II identifica la radice di ogni forma di ateismo moderno nella falsa idea di un Dio nemico e concorrente dell’uomo, come abbiamo fatto notare sopra. Il dialogo è dunque necessario ad ambedue i partecipanti. All’ateo per uscire dal suo ateismo, al credente per rimettere in gioco le sue immagini di Dio, eventualmente offuscate o false.

Enzo Bianchi: “La spiritualità dell’ateo”

          Sul tema del dialogo in questione si è espresso, con una presa di posizione condivisa dalle due sponde, Enzo Bianchi, il priore di Bose. Titolo: ‘La spiritualità degli atei’. Ne diamo qualche stralcio. “Agnostici e atei non credono in Dio, non si sentono coinvolti da questa presenza perché non la sentono reale, ma sono consapevoli che invece le religioni che professano Dio fanno parte della storia umana, della società, del mondo. Come essi non trovano ragioni per credere, altri invece le trovano e sono felici; gli uni pensano che questo mondo basti loro, gli altri sono soddisfatti di avere la fede. Ma proprio questo fa dire che l’umanità è una, che di essa fanno parte religione e irreligione e che, comunque, in essa è possibile, per credenti e non credenti, la via della spiritualità. Spiritualità intesa non in senso stretto religioso, ma come vita interiore profonda, come fedeltà-impegno nelle vicende umane, come ricerca di un vero servizio agli altri attenta alla dimensione estetica e alla creazione di bellezza nei rapporti umani. Spiritualità soprattutto come antidoto al nichilismo che è lo scivolo verso la barbarie: nichilismo che credenti e non credenti dovrebbero temere maggiormente nella sua forza di negazione di ogni progetto, di ogni principio etico, di ogni ideologia”.

          E qui Bianchi afferma decisamente la possibile presenza di una spiritualità del non credente. “No al nichilismo, dunque, ma allora emerge l’urgenza di riconoscere la presenza di una spiritualità anche negli atei e negli agnostici, capaci di mostrare che, se anche Dio non esistesse, non per questo ci si può permettere tutto: persone che sanno scegliere cosa fare in base a principi etici di cui l’uomo, in quanto tale, è capace. E la grande tradizione cattolica chiede ai cristiani di riconoscere che l’uomo, qualsiasi essere umano, proprio perché secondo la nostra fede è creato a immagine e somiglianza con Dio, è capace di discernere tra bene e male in virtù di un indistruttibile sigillo posto nel suo cuore e della ragione di cui è dotato. I non credenti sono capaci di combattere l’orrore, la violenza, l’ingiustizia; sono capaci di riconoscere ‘principi’ e ‘valori’, di formulare diritti umani, di perseguire un progresso sociale e politico attraverso una autentica umanizzazione”. E conclude: “Vorrei che noi cristiani potessimo ascoltare atei e agnostici, potessimo confrontarci con loro, senza inimicizie, soprattutto attraverso un confronto delle nostre spiritualità, di ciò che in profondo ci muove nel nostro agire. Lo spirito dell’uomo è troppo importante perchè lo si lasci nelle mani di fanatici e di intolleranti, oppure di spiritualità alla moda. Certo, ogni religione si nutre di spiritualità, ma c’è posto anche per una spiritualità senza religione, senza Dio” (la Repubblica, 28 febbraio 2007).

          Interessante, su questo tema, la proposta di Bertinotti di dotare la Camera di una ‘stanza della meditazione’ sul modello di quella allestita al Parlamento tedesco. “Penso a un luogo di ispirazione ecumenica in cui tutti possano interrogarsi sul senso dell’esistenza, tanto più di fronte al precipitare delle barbarie, ai segni delle guerre e dei terrorismi che lacerano la comunità umana. Tutti, anche gli atei che si affacciano ai grandi temi della vita”.

Lorenzo Grosso

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