Amarsi non è solo 'stare insieme'

Bisognerebbe sfatare con decisione il mito romantico del legame (solo) emotivo permanente. Si tratta, invece, di un valore, ovvero 'qualcosa che vale' verso il quale i coniugi possono mostrare la propria fedeltà e azioni di cura perché questo duri nel tempo.

Amarsi non è solo 'stare insieme'

da Quaderni Cannibali

del 11 gennaio 2007

La relazione di coppia, pur largamente desiderata, si presenta come legame fragile e potenzialmente scioglibile. La separazione è una realtà crescente che caratterizza la fine di molti matrimoni, ma addirittura viene 'messa in conto' ancora prima.

  

Essere coppia oggi è una scelta. Come ogni scelta non è ovvia né scontata.

Scegliere di essere coppia significa non solo amare ed essere amati da un'altra persona ma anche riconoscersi legati e appartenenti a una relazione che eccede e contiene le persone che la formano. Significa anche dirsi e dire ad altri che il tempo condiviso non si riduce a un mero 'stare insieme' ma esprime il desiderio e la volontà di essere coppia. Tale scelta trova la sua espressione più chiara nel matrimonio.

Al giorno d'oggi la situazione della coppia si presenta con tanti volti: ci sono coppie sposate da cinquant'anni, altre che si sposano sperando e credendo nel 'per sempre', vi sono poi quelle che 'stanno insieme' non si sa da quanto e per quanto, quelle che provano a convivere, quelle che si separano e quelle che si risposano. Una realtà dunque complessa, a tratti curiosa, dolorosa, desiderosa di 'storia' oppure appiattita sul presente.

Ci pare che attualmente la scelta di essere coppia si collochi in un paradosso: da una parte assistiamo a segnali chiari della fragilità della coppia, espressi sia dalle frequenti rotture del legame di coppia (vedi i tassi crescenti di separazioni e divorzi) sia dalla difficoltà di credere che il legame possa essere 'per sempre' (vedi la frequenza di convivenze e di unioni di fatto); dall'altra parte però la vita a due continua a essere considerata e rimane comunque una condizione di vita altamente desiderabile: i giovani si prefigurano di vivere l'età adulta in coppia, le persone adulte sono prevalentemente sposate e, dato non scontato, anche dopo una separazione le persone pensano di ricostituire una relazione di coppia. Il desiderio di coppia è dunque grande e sempre perseguito. La coppia inoltre rispetto al passato sta diventando un referente centrale per la società, sia perché con l'aumento della vita media è aumentato anche il tempo di vita in coppia (circa 4/5 anni nell'ultimo decennio), sia perché essa è lo snodo inevitabile di compiti che prima venivano distribuiti e attribuiti alle famiglie allargate, sia ancora perché essa si assume funzioni, soprattutto nel campo della trasmissione dei valori, di cui il sociale non si fa più carico (Scabini e Iafrate, 2003).

La relazione di coppia, pur largamente desiderata, si presenta tuttavia come legame fragile e potenzialmente scioglibile. La separazione è una realtà crescente che caratterizza non solo la fine di molti matrimoni ma addirittura viene contemplata e 'messa in conto' ancora prima di contrarre il matrimonio. Sembra rassicurante e molto di tendenza poter dire «mi metto con (notiamo 'mi metto con' non mi 'lego a') lui/lei e poi se le cose non vanno bene ci separeremo».

Il paradosso dunque che vede le persone desiderare di essere in coppia ma al contempo desiderare che la fine della coppia sia almeno possibile (ovvero: entrare in una relazione a patto che se ne possa uscire) assoggetta la coppia al paradigma della reversibilità. Questo da un lato seduce in quanto sembra aumentare la libertà personale («non sto bene in coppia, voglio essere libero quindi mi separo»), dall'altro non rende immuni dal dolore della separazione che coinvolge non solo i partner, ma anche il contesto familiare e spesso anche quello sociale.

Come possiamo comprendere allora questo paradosso? Cos'è che sta andando in crisi? Come ricomporre queste tendenze divergenti?

Ciò che è in crisi non pare essere il desiderio di coppia, o l'essere coppia o, ancora, la rappresentazione della coppia, quanto la fedeltà al legame di coppia. Parlare di fedeltà al legame significa riferirsi a un aspetto fondativo e identitario della relazione di coppia: quella che chiamiamo la dimensione etica, che dà senso e direzione alla relazione, basata sull'impegno e la dedizione al legame. L'amore di coppia se non è orientato da un ethos diventa un amore fragile. Così come fragile è la casa che poggia su deboli fondamenta.

Le dimensioni identitarie della coppia, ovvero ciò che fa di due persone una coppia, possono infatti essere ricondotte non solo alla dimensione affettiva ma anche alla dimensione etica del legame (Scabini e Iafrate, 2003).

Per dimensione affettiva si intende l'attrazione, gli aspetti erotici del legame, la profonda condivisione di bisogni e aspettative tra i partner. La dimensione affettiva, gratificante e appagante, porta i coniugi a prendersi cura dell'altro (inteso come altro da sé), della sua specificità e differenza di genere e di storia familiare.

La dimensione etica si riferisce all'impegno che i coniugi profondono per mantenere la relazione stessa, riconoscendo che non solo il partner è altro da sé, ma anche il legame con il partner è altro da sé, eccedente da sé. Il legame può contenere aspetti di fatica e di rischio ma anche mostrare aspetti benefici, di fiducia e speranza. Il legame è un valore, ovvero 'qualcosa che vale' verso il quale i coniugi possono mostrare la propria fedeltà e azioni di cura perché questo duri nel tempo. Le componenti etiche del legame si traducono nel riconoscere il valore dell'altro e legittimarlo come coniuge e anche nella dedizione e nel supporto reciproco, nella capacità di accettare e perdonare anche i limiti dell'altro, nello spirito di sacrificio, nella forza di affrontare insieme le prove della vita. Queste azioni esprimono la cura del legame.

 

 

Attenzione e dedizione

 

Intendiamo la cura in senso ampio (non pedagogico né terapeutico): un'attenzione e una dedizione profonda all'altra persona e al legame con questa instaurato, in modo che l'unicità della relazione venga valorizzata e si mantenga nel tempo. La cura può rendere il legame generativo, così come la trascuratezza può renderlo degenerativo.

Sperimentare la relazione non come un mero spazio di autorealizzazione personale, ma come una realtà nuova ed eccedente rispetto alle persone che la formano, consente non solo di vivere l'aspetto restrittivo del vincolo che essa porta con sé, ma anche di sperimentare appartenenza alla relazione stessa e beneficiare dell'arricchimento che un legame genera. Attualmente sono enfatizzati gli aspetti affettivi del legame rispetto a quelli di vincolo comune e di impegno nella relazione (Scabini e Iafrate, 2003). Infatti in primo piano vengono posti come 'metro' della salute della coppia l'affetto, l'intimità, l'intesa, mentre rimangono in ombra gli elementi di impegno, di dedizione al legame e di responsabilità di cui vengono vissuti soprattutto gli aspetti di costrizione. Questo sbilanciamento arriva a diventare una dicotomia antitetica: amore o legame (pensiamo alle frasi 'il matrimonio uccide l'amore' oppure 'stiamo così bene insieme che non vogliamo che un pezzo di carta rovini tutto').

La coppia oggi, in maniera diametralmente opposta rispetto al passato in cui il matrimonio era un 'patto tra famiglie', sta diventando una coppia meramente affettiva e il criterio di valutazione del legame stanno diventando la gratificazione e la soddisfazione individuale. In un'ottica culturale marcatamente orientata all'autoreferenzialità, viene valorizzato l'aspetto affettivo ed espressivo della relazione coniugale, concepita come mezzo, rispetto al quale l'individuo è il fine (Scabini, 1996). In realtà questa è un'ottica antropologicamente miope, in quanto la realizzazione personale non è mai autofondativa. La realizzazione personale più profonda avviene sempre in una relazione, grazie alla presenza di un'altra persona e mai in modo automatico ma attraverso un processo di cura e di responsabilità nei confronti del legame. Solo così il legame diventa generativo. Le coppie manifestano difficoltà ad assumere l'aspetto di vincolo come parte integrante della relazione: la relazione viene concepita come spazio di autorealizzazione personale, si tende oggi a chiedere molto al partner in termini di intensità affettiva sui più svariati aspetti della vita, mentre si è ben poco preparati a costruire pazientemente un 'noi' e un progetto comune che ecceda la coppia.

La difficoltà di assumere l'aspetto etico del vincolo relazionale si estende anche alle dimensioni familiari e sociali della coppia. Pensiamo per esempio alla difficoltà espressa dalle coppie di fidanzati a riconoscere le eredità provenienti dalle stirpi familiari ('Ci sposiamo in due: io non sposo la sua famiglia') e la riluttanza ad assumersi il vincolo istituzionale sociale, manifestata dal calo dei matrimoni e dall'aumento delle unioni di fatto. La coppia dunque fatica ad assumere anche un'identità familiare e sociale per ripiegare verso una relazione che si pone solo come 'una questione di coppia e della coppia'.

Il legame di coppia appare anche mitizzato nei suoi aspetti affettivo-espressivi e caricato di aspettative elevate, come se la relazione dovesse essere un porto sicuro dagli affanni della vita e fonte di continue gratificazioni personali. Ci si attende spesso dalla relazione un rapporto fusionale, senza divergenze e difficoltà. Non sorprende certo però come questo bagaglio di aspettative così elevate e idealizzanti il rapporto di coppia ben si presti a inevitabili delusioni.

Un ulteriore cambiamento sta caratterizzando il versante affettivo della coppia: sembra che la pienezza del mondo degli affetti e dei sentimenti stia ripiegando verso gli aspetti seducenti delle emozioni. La salute della coppia sembra misurarsi in base alla quantità di emozioni generate dal legame: 'Sto con lui/lei perché mi dà tante emozioni'. Questo si riflette nella paura espressa frequentemente dai fidanzati della monotonia.

Parlare di emozioni è però sostanzialmente diverso che trattare di affetti. Già nell'etimologia stessa della parola 'affettività' emerge l'aspetto relazionale di questo termine: l'affettività è prima di tutto un incontro con l'altro. 'Affectus' (da afficio nella sua forma passiva) significa 'sono colpito, sono mosso'. Qualcosa o qualcuno colpisce il mio io ed io gli vado incontro. L'affetto ha una direzione e esprime un legame con l'altro (Scabini, 2006). L'etimologia del termine emozione si ritrova invece nel verbo latino ex-moveo, che significa 'muovere-fuori, uscire, sgorgare': l'origine della parola richiama quindi un movimento individuale che da 'dentro' va verso 'fuori'. Se l'affetto è un andare verso l'altro, l'emozione pone in primo piano la persona che la sperimenta. Nell'affetto ci sono due persone che si incontrano, nell'emozione emerge la sola dimensione individuale. Ridurre il sentimento alle emozioni significa far diventare lo spazio dell'incontro con l'altro uno spazio di espressione dei propri bisogni e dei propri desideri.

Gli aspetti che abbiamo sin qui citato si traducono anche nei modi in cui si parla della coppia. Pensiamo per esempio come sia quasi anacronistico parlare di fidanzamento. Oggi l'esperienza del fidanzamento sta cedendo il passo alla più in voga convivenza. Se queste due esperienze, fidanzamento e convivenza, paiono essere tra loro assimilabili, in realtà si possono differenziare in base alla dimensione della progettualità: se il fidanzamento è classicamente il tempo dell'attesa della realizzazione di un progetto e dunque volge lo sguardo al futuro, la convivenza pare il tempo della prova e della sperimentazione, che però tendono a collassare in un presente sganciato da una dimensione temporale (senza 'radici' e senza 'ali'). Non dimentichiamo inoltre le convivenze che lasciano alla fluttuazione del sentimento amoroso la sorte della loro durata: 'Staremo insieme finché ci ameremo'. L'espressione 'stare insieme', spesso appiattito sull'hic et nunc, è sicuramente preferita a 'essere fidanzati'.

La direzione di senso che riempie di significato l'esperienza del fidanzamento è curiosamente totalmente assente in uno 'stare insieme', senza radici e senza futuro. Anche in questo caso, del legame è ricercato l'aspetto di gratificazione personale e allontanato l'aspetto vincolante di cui si vivono maggiormente gli aspetti costrittivi. Non dimentichiamo però che vincolarsi per il futuro apre anche lo spazio per progettare e vivere la dimensione generativa della relazione.

 

 

Il mito del naturalismo

 

A fronte di questi segnali di fragilità e soprattutto di debole fedeltà al legame su cosa può far perno una coppia che desideri durare, e durare felicemente, nel tempo? Cosa può fare una coppia per preservare il suo legame, di affetto e di impegno, a fronte delle forze disgreganti cui è sottoposta?

Ci pare innanzitutto che la coppia debba sfatare e non farsi sedurre dal mito del naturalismo, che erroneamente porta le persone a credere che ogni coppia debba stare insieme 'naturalmente', senza sforzi, in una utopistica armonia senza incrinature, pena la sua rottura. Questa pericolosa rappresentazione rende la coppia fragile e vulnerabile alla delusione.

Pensiamo per esempio alle difficoltà della vita, vissute non più come momento per sperimentare il valore del legame e sentirlo proprio come 'corpo', che consente di proteggere dai pericoli e su cui si può far leva, ma come prova dell'inadeguatezza della relazione: se ci sono difficoltà bisogna chiedersi dove e di chi è la colpa (Bettelheim, 1987). Le difficoltà diventano dunque non occasione per sperimentare l'eccedenza e la generatività del legame, ma si presentano come sintomo della fragilità della relazione: 'Se ci sono difficoltà allora tra di noi qualcosa non va'. Oltre alle difficoltà esterne, quotidiane, croniche, di piccola o ampia portata, vi è poi una difficoltà di fondo, manifestata dalla estrema fatica a trattare l'inatteso. Questa, a nostro parere, è legata al pensare che dell'altro conosciamo tutto e che la relazione che viviamo è 'nota', senza zona d'ombra, è un porto sicuro che conosciamo in ogni dove. L'altro però, per definizione, è 'altro', differente da noi e, se lo permettiamo, può sorprenderci anche dopo decenni di vita in comune. La propria relazione non è mai prevedibile, anzi nella sua eccedenza è, per natura, imprevedibile. Occorre accostarsi a essa con meraviglia e stupore, energia e impegno, slancio e azioni di cura, aprendosi all'inatteso che viene generato dall'incontro di due persone differenti. È proprio la differenza su cui si fonda questa relazione che la rende del tutto particolare: pensiamo che la coppia nasce dall'incontro di due estranei, diversi per genere, storie familiari e sociali, modi di percepire e affrontare la vita.

È di facile evidenza quindi che il solo affetto, pur immenso che sia, non è in grado di armonizzare tali differenze. Un altro compito di cura cui la coppia è chiamata è proprio quello di gestire le differenze con volontà e impegno in modo che queste non si annullino nella fusionalità né diventino estraneità. Tali differenze, pur rispettate, devono diventare un'unità. Va detto che questo compito arduo è tutt'altro che privo di tensione (intesa non in senso negativo ma come energia spesa nel 'tendere per'); si parla infatti di struttura 'drammatica' della coppia (Scabini e Cigoli, 2000) che, attraverso un processo dinamico, porta a integrare le differenze in un'unità.

È qui lo spazio di cura del legame in cui la coppia può spendere la propria energia creativa: valorizzando le differenze all'interno della coppia, rielaborando le proprie storie familiari, sapendosi distinguere creativamente dalle proprie famiglie di origine e costruendo una nuova rete sociale condivisa. È proprio questo lo spazio di libertà di cui la coppia può godere: eticamente, non negando gli aspetti di vincolo presenti in ogni relazione familiare, ma anche affettivamente, godendo della libertà generata anche dai processi di differenziazione e legittimazione personale e intergenerazionale.

Ciò significa amare l'altro per come realmente è: con la sua storia, le sue qualità e i suoi limiti, i suoi cambiamenti, il suo modo di vedere le cose. Risulta dunque prezioso riconoscere e legittimare l'altro per come è (non per come si vorrebbe che fosse), rispettato nella sua differenza, amato per le sue qualità e perdonato per i suoi limiti e le sue manchevolezze.

Questo processo lungo e articolato si fonda non solo sulla parte del legame fatta di attrazione, erotismo e passionalità, ma anche sul versante etico del legame. È appunto la fedeltà al legame che consente di accogliere l'altro nella sua unicità e interezza. Come diceva Guitton: 'Alcuni si sposano perché si amano, altri finiscono per amarsi perché si sono sposati'; potremmo dire che al giorno d'oggi ci sentiamo profondamente riconosciuti nella prima parte dell'affermazione, dimenticando però che anche la seconda parte contiene la sua verità. Solo sperimentando appartenenza al legame e dedicandosi a esso si può rilanciare l'amore per l'altra persona. Possiamo dunque dire che si deve incessantemente perseguire un circolo virtuoso tra un amore erotico e un amore etico: 'Eros e agape vanno invece posti in un dinamismo circolare' (Iafrate, 2006).

Come la persona è fatta di amore, passionalità, progettualità, sentimento, volontà, così un legame nel quale la persona si possa rispecchiare e possa essere pienamente riconosciuta dovrebbe contenere tutti questi aspetti. Non si deve porre allora il dilemma affetto o legame ma occorre trovare una connessione tra affetto e legame, in quanto l'uno consente una piena realizzazione dell'altro in un processo di virtuosa circolarità. L'affetto senza un orizzonte etico è privato di una progettualità comune di coppia, di una direzione a cui tendere e collassa così nell'emozione e nel sentimentalismo. Anche l'impegno senza essere scaldato dall'affetto diventa sterile.

Occorre dunque perseguire un affetto 'etico' fatto di passione e ragione, attrazione e progettualità, di memoria del passato e di desiderio di futuro. Queste dimensioni vanno tenute insieme, curate e salvaguardate entrambe perché il legame di coppia sia un legame benefico e duraturo nel tempo. Il sentimento trova il suo senso in una tensione progettuale così come l'impegno viene significato dal sentimento: 'Occorre che un po' di eros venga trasferito sul versante etico: amore non solo all'altro, ma anche al legame, desiderio dell'altro e del legame con lui' (Scabini, 2004 p. 127).

Va detto inoltre che gli aspetti affettivi ed etici del legame sono dimensioni che possono esprimersi appieno solo se la coppia riconosce una sua appartenenza familiare e sociale. L'amore etico richiede che sia dichiarato (dimensione sociale) e che sia riconoscente (dimensione familiare). Le due dimensioni ovviamente non sono separate: vi è un sociale che diventa familiare, così come il familiare vive di un aspetto sociale.

Da un punto di vista familiare, è importante che la coppia si riconosca come relazione che si pone al crocevia di una storia familiare, con cui deve fare i conti in termini non necessariamente costrittivi, ma creativi. È come avere in mano delle carte da gioco, che ci vengono date e che non possiamo scegliere. Sta a noi però saperle giocare.

Da un punto di vista sociale, il legame di coppia deve rifuggire dalle tendenze autoreferenziali e individualistiche perché la coppia è una relazione che abbisogna di altre relazioni. È un legame che necessita di altri legami (Iafrate, Rosnati, Bertoni, in corso di stampa) e la coppia è, dunque, chiamata a non implodere nella propria autoreferenzialità, ma a vivere la sua dimensione sociale.

La dimensione sociale può essere per la coppia non solo un suo interlocutore privilegiato, ma anche contesto di accompagnamento e supporto alla relazione. La coppia non basta a sé stessa: bastare a sé stessi significa non riconoscere la natura profondamente sociale della coppia e della famiglia.

La coppia richiede infatti un nutrimento che non può provenire esclusivamente dal suo interno. Essa va accompagnata, soprattutto nelle fasi della sua costituzione e nei suoi passaggi critici, e stimolata a saper trasformare il legame adeguandolo al mutare delle esigenze familiari e sociali nel corso del tempo.

 

 

La buona qualità della relazione

 

Costruire e mantenere viva la buona qualità della relazione è un compito cui le coppie non possono sottrarsi. Tale buona qualità della relazione va concepita non come qualcosa di automatico e magico (vedi il mito del naturalismo), ma come una continua conquista, una lotta contro le forze disgregatrici che oggi sono più potenti di un tempo. In questo contesto una coppia chiusa in sé stessa e isolata da relazioni significative si mette in condizione di rischio.

Vanno perciò sostenuti tutti quegli interventi che a vario titolo la supportano, dalle iniziative di preparazione al matrimonio agli interventi psicologici in caso di crisi. Particolarmente efficaci si stanno per esempio rivelando degli interventi formativi promossi del Centro studi e ricerche sulla famiglia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, denominati Percorsi di potenziamento e arricchimento della relazione coniugale che hanno l'obiettivo di migliorare il funzionamento di coppia e di prevenire il deterioramento della relazione. Tali percorsi, rivolti alle coppie che non presentano particolari problemi relazionali o sintomi eclatanti di disfunzionalità, intendono prevenire le ricadute più negative sul funzionamento di coppia delle fatiche quotidiane e degli elementi di rischio che caratterizzano ogni relazione familiare (Bodenmann, Bertoni, 2004; Bertoni, 2006).

Queste forme di intervento consentono alle coppie di lavorare prevalentemente su due aspetti: uno legato alle dimensioni più fondative della coppia ovvero, come abbiamo visto, gli aspetti che definiscono l'identità della coppia, quali quelli affettivi, etici e quelli storici legati all'appartenenza familiare; l'altro connesso al tema delle abilità della coppia (es. la comunicazione, la capacità di trattare i conflitti...).

Attraverso questi percorsi le coppie prendono coscienza della natura complessa e articolata della loro relazione, con tutta la potenzialità generativa e la forza creativa in termini individuali e sociali, ma anche dei rischi a cui il legame è costantemente sottoposto e alle derive verso le quali può degenerare se non è orientato da obiettivi specifici e da scelte di responsabilità e impegno eticamente orientate (Iafrate, Rosnati, Bertoni, in corso di stampa).

Ci pare dunque che il crocevia culturale e storico in cui la coppia si trova, renda visibile i suoi aspetti di fragilità, di desiderio e di bisogno. Al contempo è però importante che si abbiano il cuore e gli occhi per vedere e valorizzare le qualità affettive ed etiche che ogni coppia possiede e che la rendono capace, pur non negando la fatica e il rischio, di vivere con progettualità e creatività un presente riconoscente di un passato e desideroso di un futuro.

 

 

Anna Bretoni - ricercatrice di psicologia sociale e collaboratore del Centro studi e ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica di Milano

Anna Bretoni

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