Poi ho aperto la porta della mia camera. Facendo il solito percorso per andare a colazione ho visto che il mondo era dove lo avevo lasciato: i corridoi, le finestre, le scale. Ma oggi rispetto a ieri era mutato. Il sole aveva creato geometrie diverse rispetto a quelle di ieri sera...
del 02 luglio 2009
Stamattina, dopo una risveglio lento e quasi meditativo, ho lentamente aperto la porta del bagno. L’effetto dell’acqua sul viso e sul corpo è il primo contatto vero col mondo perchè la sua temperatura crea una differenza a pelle, sensibile. L’acqua, forse permette il mio primo vero contatto col mondo, che è contatto di differenze. Poi ho aperto la finestra. La luce era già nella mia stanza, la visione del mondo esterno l’avevo già avuta. Avevo già visto che era una bella giornata, ma aprire la finestra ti fa sentire l’aria. L’aria ti dà la certezza che quel che vedi al dià della tua finestra non è una scena finta, da Truman Show, ma è qualcosa di vero. Non tocca infatti solo la vista. L’aria ti tocca e entra nei polmoni. Senti perfino la differenza di temperatura tra te e il “fuori”, tra la stanza e l’esterno. Poi ho aperto il mio breviario, il mio libro di preghiera. Aprire un libro è un gesto strano. Il mio breviario è di 1900 pagine. E’ un mattoncino di carta india con i bordi di un verde elegante.
 
Il libro è uno strano oggetto: è qualcosa di compatto, chiuso in se stesso, ma che si può aprire senza che si rompa come un bicchiere o si sformi come il pane. E questo è molto strano. Il breviario è fatto di salmi e letture molto antiche. Sfogliandolo prima di arrivare alla pagina giusta è stato come attraversare millenni. Ho avuto la percezione di sfogliare un mondo, una storia. Migliaia di uomini vivono nel mio breviario. E questo mondo, per me credente, mi ha aperto a un linguaggio differente, il linguaggio con Dio, un linguaggio che rende presente ciò che altri avvertono invece assente.
 
Poi ho aperto la porta della mia camera. Facendo il solito percorso per andare a colazione ho visto che il mondo era dove lo avevo lasciato: i corridoi, le finestre, le scale. Ma oggi rispetto a ieri era mutato. Il sole aveva creato geometrie diverse rispetto a quelle di ieri sera, che erano formate da flebili luci elettriche. Così ogni giorno mi apro al mondo. E così incontro altri e per la prima volta posso aprire la mia bocca per salutare e dire ancora oggi: “buongiorno!” a chi incontro.
 
Molti credono che l’arte sia un dimorare presso se stessi, un gesto interiore che ci ricapitola e ci fa vivere in “una stanza tutta per noi” per cui l’artista è colui che si raccoglie e usa le parole per esprimere se stesso. Mi sono sempre chiesto se le cose stiano davvero così, cioè se l’arte sia un “gesto” interiore o se invece sia, diciamo così, “esteriore”, un modo di vivere. Le parole sono come i piedi che ci fanno entrare o come le mani che aprono con un gesto che è lo stesso di una stretta di mano. Sì, io credo invece che essere “artisti” significhi usare le parole, i colori, le note, come una mano che apre porte, finestre, libri,…
 
Antonio Spadaro S.I.
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