Chi sono i giovani “fedelissimi”? Essi possono essere definiti come coloro che aderiscono pienamente al modello ufficiale di religiosità, per i quali la fede costituisce il fulcro della propria esistenza. Vivendo la dimensione religiosa come perno attorno cui...
del 12 luglio 2005
 1. Chi sono i giovani “fedelissimi”? [1]
 
Come lo zoccolo duro di una tifoseria di calcio è formato da coloro che, appartenenti ai club organizzati, si identificano completamente con i colori della squadra e “non perdono neanche una partita, seguendo i propri beniamini in ogni trasferta”, così tra le migliaia di giovani che partecipano alla GMG si possono incontrare i cosiddetti “fedelissimi”.
Essi possono essere definiti come coloro che aderiscono pienamente al modello ufficiale di religiosità, per i quali la fede costituisce il fulcro della propria esistenza. Vivendo la dimensione religiosa come perno attorno cui far ruotare la propria storia, questi giovani presentano atteggiamenti e comportamenti volti alla radicale esigenza di rinnovare continuamente le proprie risorse spirituali secondo due approcci:
- approfondire i contenuti della fede;
- relazionarsi con le figure che popolano il mondo ecclesiale.
 Il desiderio di una relazionalità da vivere all’interno dell’intero panorama ecclesiale lo si coglie nel fatto che i “fedelissimi” si sentono vicini a sacerdoti e religiosi/e, ma anche a vescovi e papa. Ciò è segno di una totale identificazione con la Chiesa, sia nella sua dimensione strutturale che comunitaria, che porta questi soggetti a viverla tanto lungo la dimensione verticale che quella orizzontale. In altre parole, questi giovani conoscono e riconoscono i diversi ruoli presenti nella rete sociale che attraversa la comunità ecclesiale e spesso se ne fanno carico come proprio impegno personale.
Quello dell’impegno personale è, infatti, un aspetto fondamentale della religiosità dei “fedelissimi”, per i quali la fede è sia un’esperienza condivisa – attraverso l’appartenenza a un ambiente ed a una comunità (in primis, la parrocchia) – che un’esperienza da condividere con chi non ne ha “ancora” scoperto la ricchezza. Ciò nasce in loro dalla forte esigenza di un rapporto personale con Dio, vissuto attraverso la ritualità propria della Chiesa tutta – dalla frequentazione domenicale della messa (quando non quotidiana) alla regolare frequenza delle confessioni, e così via – ed approfondito mediante l’adozione della pratica meditativa e contemplativa. Pratica, quest’ultima, che è indizio sia di una solidità e continuità del cammino di fede vissuto, che di una forma di spiritualità lontana dalla cultura contemporanea. Possiamo, allora, far notare come, attraverso una circolarità di atteggiamenti e comportamenti, il “fedelissimo” sia mosso da un’esigenza di crescita spirituale che lo porta ad un approfondimento dei temi della fede che, a sua volta, si pone sulla base di un’attività pratica religiosa che, in un gioco continuo di specchi, rimanda a una forte weltanschauung religiosa come terreno in cui affondare le radici per una visione impegnata della vita.
In sintesi, possiamo dire che ciò che più contraddistingue questi soggetti è una religiosità solida, ripensata e operosa, fatta di credenze e di principi etici che rimandano a pratiche religiose e a comportamenti coerenti, il più possibile aderenti alle posizioni del magistero ufficiale.
 
 
2. La Gmg di un giovane “fedelissimo”
 
Ricordo ancora con molta nostalgia l’esperienze della GMG di Roma 2000: emozioni forti, senso di una Chiesa giovane, veramente “cattolica”. Eravamo in tanti nel gruppo della diocesi, affiatati, pieni di allegria, ma anche attenti a prendere parte a tutte le iniziative proposteci. Nonostante la fatica delle giornate, sono riuscito a vivere con intensità i vari momenti, così edificanti: le catechesi, le celebrazioni, la giornata penitenziale con quel suo itinerario preparatorio veramente toccante, la via crucis, ed infine la grande veglia. Certo, per chi come me sperimenta già un cammino di fede in parrocchia, quegli eventi hanno dato una carica in più alla mia fede, percepita soprattutto quando raccontavo la mia esperienza agli amici che non hanno partecipato alla GMG. Sicuramente il momento più toccante è stata la Veglia: quell’oceano di giovani che ha pregato con fede, nel silenzio e nell’ascolto, specialmente durante l’omelia del Papa. Un grande pastore per la Chiesa, davvero. È riuscito con le sue parole a toccarmi il cuore, a farmi sentire più forte il desiderio di seguire Cristo, di essere veramente una sua “sentinella del mattino”.
Per me sono stati momenti forti, in cui la mia fede si è come rinnovata, tuttavia l’evento non l’ho vissuto come fatto straordinario isolato. Nella mia storia di fede il cammino comincia molto prima, quando durante l’adolescenza, la crisi con Dio e la chiesa si accentua. In quel tempo, aver incontrato una comunità parrocchiale accogliente, inserita nel territorio, ha significato una svolta nella mia concezione di Dio e di chiesa. Da allora la fede per me si è come trasformata in un’esperienza di comunità e di crescita interiore. La guida del parroco per me giovane ha inoltre segnato questo cammino. Ci provocava spesso, giovani e adolescenti, ad un confronto leale e aperto con gli insegnamenti della chiesa ufficiale, con i documenti, in modo particolare con quelli del Papa Giovanni Paolo II. Una figura carismatica che si è imposta alla mia attenzione, per le sue parole, i suoi gesti. Ricordo ancora l’emozione della sua visita a Messina, nel 1988: finalmente lo vedevo “dal vivo”. Anche in quell’occasione, i preparativi in parrocchia tra noi giovani, chiamati a far parte del coro per la Messa, fu provvidenziale: il desiderio dell’incontro divenne per mesi la nostra attrattiva principale.
Il mio cammino di fede è continuato così sempre nell’impegno e nella partecipazione attiva alla vita della comunità parrocchiale, aiutato anche da alcuni gruppi ecclesiali nel frattempo conosciuti. Oggi, però, non tutto mi appare così ovvio. L’esperienza, il passare degli anni, mi hanno reso più critico. Ripensando alla GMG di Roma 2000, ora comprendo di più la fatica di essere “sentinella del mattino”: aderire agli insegnamenti della chiesa, essere coerenti col messaggio del Vangelo, non dipende da momenti forti. Sono di aiuto, sì, ma occorre una continuità, la perseveranza nel seguire Gesù. Le emozioni di questi eventi dovrebbero confermare e sostenere scelte radicali di vita cristiana, specialmente per noi che viviamo da protagonisti nella chiesa, per non rischiare di “rinchiuderci” nei nostri piccoli gruppi. Per questo motivo ho continuato dopo Roma il volontariato nella caritas diocesana, cercando di partecipare a varie iniziative di solidarietà, anche quelle proposte da enti non cristiani.
 
 
3. Prospettive pastorali
 
Innanzitutto una breve riflessione critica, utile per individuare modalità d’approccio con chi appartiene a questa tipologia di giovani. La piena adesione al messaggio evangelico e il riconoscimento dell’autorità data da Cristo agli apostoli e ai loro successori, fa di questi soggetti dei veri “discepoli” della Chiesa, sulle cui spalle poggiare i diversi impegni pastorali. Ma sull’altro piatto della bilancia si deve mettere l’eventualità di aver di fronte persone che si appiattiscono su una posizione di “comodo”, nelle quali la totale identificazione nel credo cattolico smorza possibilità e desiderio di critica. Il lasciare uno spazio pressoché nullo a dubbi e riserve potrebbe dipendere da diversi fattori, che possono essere tanto legati a dimensioni più interiori come ad un atteggiamento di “fiducia e familiarità” con la comunità ecclesiale o ad un atteggiamento orientato al rispetto della tradizione e dell’autorità, quanto a condizioni esistenziali particolari, come un basso livello di istruzione delle famiglie, che potrebbe portare a una minore propensione alla messa in discussione e all’assunzione di posizioni autonome.
Premessa questa riflessione critica, tentiamo di offrire qualche chiave di lettura utile a motivare i suggerimenti educativi che completano la scheda.
Partendo dal primo aspetto che caratterizza i “fedelissimi” (l’essere pienamente coinvolti nella comunità cristiana), ci sembra di leggervi una risorsa preziosa. Potremmo considerarli come il “germoglio” di quel laicato maturo necessario alla Comunità cristiana per una piena identità di se stessa. In particolare va riconosciuta loro la possibilità di un grande ruolo all’interno della Chiesa: essere protagonisti nel delicato approccio con il mondo giovanile, ponendosi come “costruttori di ponti”. Da un lato, infatti, essi vivono più o meno intensamente il processo di continua rivoluzione in atto nella società contemporanea, che si riflette in maniera particolare nel mondo giovanile. Dall’altro, inseriti nella comunità cristiana, caratterizzati dall’esuberanza e dalla creatività tipica dell’età giovanile, costituiscono preziose antenne per una più proficua pastorale delle nuove generazioni.
L’altro aspetto emerso è il rischio di un possibile atteggiamento di “comodo”. Per i “fedelissimi” l’adesione alla fede può nel tempo cristallizzarsi in una scelta abitudinaria della comunità quale porto dove sentirsi protetti dall’agitarsi della vita. Così la fede si trasforma in un insieme di azioni (pastorali o ritualistiche) che, a confronto con la rapida evoluzione della società, rischiano di essere relegati in una dimensione “altra” dal quotidiano. Da qui l’accortezza per chi opera nella pastorale giovanile, di provocare i “fedelissimi” a sviluppare una capacità di lettura critica del loro essere giovani nel mondo, per coglierne i segni nascosti della presenza di Dio, e nella comunità ecclesiale, per contribuire alla promozione di un continuo rinnovamento secondo il Vangelo.
 
 
4. Suggerimenti educativi.
 
Le proposte qui di seguito offerte richiedono una rielaborazione creativa, secondo la realtà cui si vogliono applicare. Inoltre sono rivolte alla categoria dei “fedelissimi”, non identificata con un gruppo specifico di giovani, ma come una sensibilità presente in varie forme nei giovani che frequentano la Chiesa.
 
Protagonisti nella Chiesa 
Per i “fedelissimi” è essenziale la percezione di appartenenza alla propria comunità, vissuta abitualmente mediante diverse iniziative. È bene quindi sostenere un loro coinvolgimento attivo nell’iter che precede e segue la Gmg di Colonia, da investire nei campi dell’animazione e dell’interculturalità.
 
Prima della Gmg
Ø            Affidare loro l’animazione degli incontri volti alla preparazione e organizzazione per la GMG che si svolgono ai diversi livelli, diocesano, vicariale, parrocchiale.
Ø            Coinvolgerli in iniziative ecumeniche o interreligiose: il tema potrebbe essere quello dell’Europa quale “casa dei popoli”; il metodo quello della tavola rotonda o di piccoli laboratori di confronto e dialogo.
 
Durante la Gmg
Ø            Renderli responsabili del gruppo di cui fanno parte, per aiutare gli altri a vivere intensamente i vari momenti della Gmg.
Ø            Attivarli per uno scambio culturale con gruppi di altra nazionalità presenti alla Gmg, in particolare con etnie presenti nella propria diocesi.
 
Dopo la Gmg
Ø            Affidare ai “fedelissimi” l’impegno di costruire reti tra i gruppi giovanili della propria diocesi, spesso “stanchi” per le molte attività o ripiegati su se stessi, a vantaggio di progetti condivisi, più incisivi sul territorio.
Ø            Con la loro testimonianza e collaborazione, si può tentare di provocare la Chiesa locale ad investire nel settore pastorale del dialogo tra culture e religioni diverse.
 
Adoratori in spirito e verità.
 
I “fedelissimi” costituiscono una risorsa preziosa di fronte alla “sete” di spiritualità che tante volte attraversa le coscienze dei giovani, tentati ad attingere in “pozzi diversi” pur di abbeverarsi. La cura della dimensione spirituale della propria vita risponde bene all’invito dei nostri pastori, ripartire da Cristo, contemplare il suo volto, riscoprire la propria dignità di cristiano oggi.
  
Prima della Gmg
Ø            Ancora una volta sarebbe interessante che i “fedelissimi”, aiutati dai loro responsabili pastorali, si rendessero animatori di momenti di preghiera, di adorazione, aprendo questi raduni alla bellezza dell’arte e della musica, di cui il nostro Paese è preziosa culla.
Ø            In ogni Diocesi sono presenti luoghi in cui si offre la possibilità di fare deserto, vivere momenti per lo spirito: si potrebbe preparare il terreno ad un luogo gestito da loro giovani, per vivere momenti di pausa interiore aiutati da guide spirituali.
 
Durante la Gmg
Ø            Coinvolgerli in qualche percorso artistico presente a Colonia, preparato prima di partire con l’aiuto del SNPG, per apportare un incentivo alle catechesi, abitualmente solo verbali.
Ø            La settimana della Gmg offre tante occasioni di spiritualità, ma immerse in una settimana intensa. Si potrebbe chiedere loro di creare nei gruppi momenti di preghiera serale per ripensare in prospettiva futura l’esperienza vissuta di giorno.
 
Dopo la Gmg
Ø            La catechesi rivolta ai nostri giovani deve misurarsi con i linguaggi umani, quello dell’immagine, dell’arte, della musica. In tale settore abbiamo ancora molto da investire.
Ø            Avviare, accanto ad oratori e sale parrocchiali, “luoghi di sosta”, oasi dove adolescenti e giovani, desiderosi di esperienze nuove, possano trovare aiuto spirituale.
 
Costruttori di futuro.
 
Per aiutare i “fedelissimi” a non cedere alla tentazione di chiudersi nel “cenacolo della propria comunità”, la pastorale giovanile dovrebbe spingersi verso la realtà sociale, divenire nuova profezia in ambiti come la politica, il lavoro, l’economia, verso cui sono rivolti gli sguardi impauriti dei giovani.
 
Prima della Gmg
Ø            Creare dei momenti di scambio culturale, utilizzando i diversi strumenti di comunicazione propri della nostra società, che mostrino come sia prioritario per un cristiano un impegno sociale coerente col proprio credo e che invitino il giovane all’assunzione di un ruolo sempre più attivo e propositivo.
Ø            Ideare un percorso di ricerca e “scoperta” della grande rete di solidarietà che si dipana attraverso le nostre realtà sociali, dando visibilità e voce a tutto quel bene che “cresce silenzioso come una foresta, nascosto dal sordo crollo di alcuni singoli alberi”.
 
Durante la Gmg
Ø            Aiutare i giovani partecipanti alla GMG ad essere strumento di accoglienza e di incontro con realtà diverse dalla propria, dando loro la possibilità di prestare servizi in favore delle persone che vivono delle difficoltà particolari o che convivono con una situazione di handicap.
Ø            Permettere loro di vivere momenti di confronto con realtà giovanili del posto che vivono attivamente la missione, propria di ogni cristiano, di realizzare il regno di Dio in questo mondo, portando avanti impegni sociali, politici e solidaristici.
Ø            Invitare i “fedelissimi” a sfruttare le occasioni di approfondimento delle tematiche collegate all’impegno sociale cristiano, valorizzando le opportunità offerte ion tal senso dallo Youth festival.
 
Dopo la Gmg
La Gmg deve essere un momento di un processo che traduce in pratica i buoni propositi e i sogni coltivati durante l’incontro: si deve, pertanto, aiutare ogni singolo giovane a scoprire la propria vocazione al bene e aiutarlo a realizzarla attivamente scoprendo il suo modo, unico e personale, di farsi santo. È bene, a tal fine, dare la possibilità di avere dei momenti di confronto con i pari e con chi li segue spiritualmente per “vedere” in pienezza i frutti che è possibile raccogliere da un’esperienza come quella della Gmg, alla luce del proprio, più ampio, cammino di fede.
Ideare e concretizzare momenti di incontro tra i giovani e tutte quelle realtà operanti nel sociale, al fine di sostenere tutti i nuovi germogli di solidarietà che nascono durante un’esperienza “strong” come quella di Colonia e che non chiedono altro che le necessarie cure per poter attecchire.
 
[1] Cf. Raffaella Ferrero Camoletto, I giovani delle Gmg: un arcipelago di “stili religiosi”?, in: Franco Garelli – Raffaella Ferrero Camoletto (edd.), Una spiritualità in movimento. Le Giornate Mondiali della Gioventù, da Roma a Toronto, Edizioni Messaggero, Padova 2003, pp. 223-252 (in particolare pp. 238-242).
Centro Diocesano per la PG di Messina (a cura di)
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