E se la smettessimo di parlare solo di ovuli, spermatozoi, omosessualità e annunciassimo che Dio si è fatto uomo ed è venuto ad abitare fra noi ? Forse non ce ne siamo accorti, ma Benedetto XVI sta dando una virata decisa alla Chiesa... La dolcezza di Benedetto XVI corregge una certa deriva moralistico-inquisitoriale di questi anni.
del 09 settembre 2006
Basta parlare (e straparlare) di sesso. Vorrei dirlo anche alla pur brava Lucetta Scaraffia che ieri sul “Corriere della sera” ha firmato una paginata sui cattolici e gli embrioni orfani (come se gli “embrioni congelati” fossero di per sé un problema attinente al cattolicesimo). Forse non ce ne siamo accorti, ma Benedetto XVI sta dando una virata decisa alla Chiesa. Non solo, per esempio, tornando alla libertà di pregare secondo l’antica Messa tradizionale. Ma anche al mondo ecclesiastico, per fermare un micidiale meccanismo mediatico dove sembra che la Chiesa non faccia altro che occuparsi, maniacalmente, di ovuli, coiti, inseminazioni, omosessualità, aborti, metodi Billings (o thrilling), profilattici, sperma, embrioni. Quasi fosse Il Foglio o il Partito radicale.
 
Durante l’importante intervista che il Papa ha rilasciato alla televisione tedesca e alla Radio vaticana, il giornalista ha notato che all’ “Incontro mondiale delle famiglie” di Valencia, il Pontefice “non ha mai pronunciato la parola ‘matrimoni omosessuali’, non ha mai parlato di aborto, né di contraccezione. Osservatori attenti” ha aggiunto l’intervistatore “si sono detti: interessante! Evidentemente la sua intenzione è di annunciare la fede e non di girare il mondo come ‘apostolo della morale’. Può dirci il Suo commento?” Il Papa ha risposto che aveva un tempo limitato a disposizione e “se uno ha così poco tempo, non può subito cominciare con il dire ‘No’. Bisogna sapere prima che cosa veramente vogliamo… il cristianesimo, il cattolicesimo, non è un cumulo di proibizioni, ma una opzione positiva. Ed è molto importante che lo si veda nuovamente, poiché questa consapevolezza oggi è quasi completamente scomparsa”. Il Papa sembra preoccupato di liberare la Chiesa dall’immagine torva del censore che i media gli hanno cucito addosso, spesso con la collaborazione clericale (“si è sentito dire tanto su ciò che non è permesso”) e far capire che essa è un annuncio di liberazione, di felicità. Ed esiste solo per la felicità.
 
Alla vigilia di Valencia aveva fatto scalpore un documento del “Pontificio consiglio per la famiglia” del cardinale Lopez Trujillo, così duro e pesante da arrivare ad attaccare perfino le famiglie che fanno “solo” due figli. Questo documento – uscito senza che il Papa lo conoscesse e amplificato dai media – aveva provocato disappunto e imbarazzo in Vaticano, tanto che non fu presentato con una conferenza stampa, non uscì sull’Osservatore romano e non fu inserito fra i documenti preparatori di Valencia.
 
Adesso l’intervista del Papa fa capire il suo desiderio di liberare la Chiesa da questa immagine inquisitoriale e moralistica. Anche alla giornata dei giovani a Colonia era stato notato che il Papa non si era occupato di temi di morale sessuale, ma aveva toccato quei cuori giovani facendoli innamorare della bellezza di Cristo, arrivando a commuoverli con le pagine più alte di un mistico come San Bernardo, il quale – commentando il Cantico dei Cantici e il bacio dei due innamorati, come simbolo dell’amore di Dio per l’essere umano – spiegave la parola “adorare” come uno stare “bocca a bocca”. San Bernardo insegnava che a purificare l’amore umano non è certo la Legge dei divieti, ma “l’ardore” (l’Amore infinito).
 
Sia chiaro, non è che il Papa abbia cambiato il giudizio della Chiesa su aborto, fecondazione artificiale, omosessualità e cose del genere. Su cui tutti concordiamo. Nel suo piccolo pure chi scrive queste righe ha dedicato ben due libri – in un anno e mezzo – alla guerra contro la vita piccola e indifesa. Il disfacimento nichilista del nostro tempo rende necessario che la Chiesa alzi la sua voce in difesa dell’uomo e dei diritti dei più deboli, proprio per compassione verso un’umanità smarrita e ottenebrata. Il Papa l’ha fatto e lo farà anche in futuro. Tuttavia sa che non c’è ricostruzione morale di una società senza la forza di Cristo e della sua grazia. Allora vuole che la Chiesa non stia lì ogni giorno a lamentare la bruttezza dei tempi e ad accusare, ma prima di tutto faccia conoscere e amare Cristo.
 
Anche duemila anni fa c’era l’orrore: lo schiavismo, l’arbitrio totale dei potenti sui deboli, infanticidi, depravazioni mostruose, massacri, stupri. Ma il cristianesimo è entrato nel mondo come “la bella notizia” (Dio è uno fra noi), non come una lamentela. Sembra di poter leggere questo inizio di pontificato di Benedetto XVI con una pagina di Péguy: “C’era la cattiveria dei tempi anche sotto i Romani. Ma Gesù venne. Non perse i suoi anni a gemere ed interpellare la cattiveria dei tempi. Egli tagliò corto. In un modo molto semplice. Facendo il cristianesimo. Egli non si mise a incriminare, ad accusare qualcuno. Eglì salvò. Non incriminò il mondo. Egli salvò il mondo”.
 
Come? Portando se stesso. E’ Lui l’unica salvezza. Don Giussani anni fa – a proposito del pontificato di Giovanni Paolo II – diceva che il suo centro, entusiasmante, fu la prima enciclica, la Redemtor hominis, il suo potente annuncio di Cristo, “ma altre associazioni cattoliche” aggiungeva il sacerdote milanese “sono rimaste più colpite dai documenti sull’aborto, sull’inseminazione artificiale, sul divorzio che non dall’enciclica su Cristo redentore dell’uomo”.
 
Eppure senza Cristo tutto rischia di diventare ideologia moralistica, progressista o conservatrice, ma sempre ideologia. Se si pende a sinistra si tende a privilegiare il comandamento “non rubare” e a trasformare la Chiesa in un’agenzia di morale sociale e civile, fino a considerare “furto” la stessa proprietà, fino cioè all’ideologia della teologia della liberazione. Fu il cardinale Ratzinger – da prefetto dell’ex S:Uffizio – a chiarire questo colossale errore.
 
Oggi, da Papa, sembra richiamarci dolcemente a Cristo anche per evitare l’altro rischio ideologico, quello – per così dire – conservatore. Può esserci infatti anche un “fondamentalismo cristiano”. Lo vediamo nella sua veste politica francamente controproducente. Ma a volte rischia di essere dannoso pure alla battaglia per la vita che pretende di servire. Proprio di recente Carlo Casini, vero difensore della vita, mi diceva che in Europa capita che siano bocciate delle proposte giuste per colpa del massimalismo di certi integralisti cattolici (che finiscono per essere alleati dei “progressisti”).
 
Vorrei sbagliarmi, ma mi è parso di scorgere l’ombra dell’ideologia anche nel dibattiuto fra cattolici sul destino degli embrioni congelati che ieri è stato illustrato sul Corriere. La Scaraffia ha descritto due posizioni. Da una parte il Comitato di bioetica che – riprendendo un’antica proposta del Movimento per la vita, su impulso del presidente D’Agostino - ha prospettato “l’adozione per la nascita degli embrioni crioconservati ‘residuali’ da parte preferibilmente di coppie sterili”.
 
Dall’altra il direttore del Centro di bioetica della Cattolica, Adriano Pessina il quale considera discutibile quella proposta e sarebbe per “staccare la spina” e accettare la morte degli embrioni, perché la loro adozione romperebbe quel “processo unitario” che è la procreazione umana. Come se l’adozione di bimbi già nati non fosse già una cosa analoga. So bene che sono materie complesse e che è rischioso semplificarle, ma – a occhio – mi pare che rinunciare a salvare delle vite indifese perché la propria antropologia ha un’altra idea della famiglia, sia mera ideologia. Fondamentalista e nefasta. Che apre la strada a chi chiede la trasformazione di quegli embrioni in cavie da esperimento.
Antonio Socci
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