BEATI... LORO!Il 25 aprile 2004 la nostra Famiglia Salesiana si arricchirà di tr...

L'avvenimento delle beatificazioni rappresenta per tutti noi una “nuova chiamata” a vivere in profondità e con gioia la nostra vocazione salesiana e incoraggia il nostro cammino spirituale. Il fatto che i tre nuovi beati appartengano a diversi rami della Famiglia Salesiana, anzi proprio a quelli fondati direttamente da Don Bosco ribadisce la convinzione che apparteniamo ad una “famiglia santa”, e che in essa consacrati o laici, uomini o donne, adulti o giovani, possono santificarsi percorrendo la strada spirituale e pastorale-educativa di Don Bosco.

BEATI... LORO!Il 25 aprile 2004 la nostra Famiglia Salesiana si arricchirà di tre nuovi beati. da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 01 aprile 2004

Beati… loro!

Il 25 aprile 2004 la nostra Famiglia Salesiana si arricchirà di tre nuovi beati.

 

 

L’avvenimento delle beatificazioni rappresenta per tutti noi una “nuova chiamata” a vivere in profondità e con gioia la nostra vocazione salesiana e incoraggia il nostro cammino spirituale. Il fatto che i tre nuovi beati appartengano a diversi rami della Famiglia Salesiana, anzi proprio a quelli fondati direttamente da Don Bosco ribadisce la convinzione che apparteniamo ad una “famiglia santa”, e che in essa consacrati o laici, uomini o donne, adulti o giovani, possono santificarsi percorrendo la strada spirituale e pastorale-educativa di Don Bosco. 

 

 

 

AUGUSTO CZARTORYSKI (1858-1893)

 

Nacque a Parigi il 2 agosto 1858, in esilio, dal principe Ladislao e dalla principessa Maria Amparo, figlia della regina di Spagna. Compì a Parigi i suoi primi studi. Molto influsso sul giovane principe fu esercitato dal suo precettore, il santo Giuseppe Kalinowski. Ben presto la salute di Augusto cominciò a declinare. La sua vita divenne un pellegrinaggio continuo da una stazione climatica all'altra. Alla sofferenza fisica si accompagnava quella spirituale. Pur essendo avviato dal padre alla carriera diplomatica, il giovane principe avvertiva in maniera irresistibile l'appello alla donazione totale a Dio. Nel 1883, a Parigi, incontra Don Bosco e scopre la propria vocazione: andrà con lui a servire i giovani più bisognosi. Don Bosco tuttavia si dimostra cauto. Finalmente, a 29 anni, entra in noviziato. Don Bosco, quasi morente, gli benedice l'abito talare. Compie gli studi di filosofia e di teologia sempre in precarie condizioni di salute, finché viene ordinato sacerdote a San Remo, il 2 aprile 1892. Muore un anno dopo, ad Alassio, l’8 Aprile 1893. Aveva 35 anni.

Nella storia della sua vocazione - in verità assai travagliata - è sempre presente l'impegno del discernimento, svolto alla luce della preghiera e nel confronto costante con le sue guide spirituali. É un tratto caratteristico della sua vita quello di consigliarsi con loro, prima di prendere qualunque decisione. Si può parlare anche di vocazione contrastata. Ai noi giovani d'oggi, che spesso troviamo difficoltà a decifrare la volontà del Signore, Augusto insegna la metodologia del discernimento e dell'obbidienza al Signore. La sua vita fu una vera e propria lotta per la vocazione. Sempre fisso e fermo nell'offerta fatta a Dio, andava ripetendo: “Qui è dove mi ha chiamato il Signore, e qui è dove il Signore mi vuole”.

 

 

EUSEBIA PALOMINO YENES (1899 – 1935)

 

Nasce il 15 dicembre 1899 a Cantalpino, piccolo paese in provincia di Salamanca (Spagna) da Agustín e Juana Yenes. Vive la sua infanzia in una povertà dignitosa e illuminata dalla fede del papà, un bracciante di profonda vita cristiana che sarà il suo primo catechista. Eusebia conosce presto la realtà dell’umile prestare servizio, e la vive con serena generosità e con la sincera aspirazione di piacere sempre a Dio. Nel 1922, dopo alcuni anni di convivenza con la comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Salamanca, in qualità di aprezzatissima collaboratrice tutto-fare, chiede e ottiene di iniziare la formazione religiosa nell’Istituto.

Emessa la professione religiosa nel 1924, viene destinata alla casa di Valverde del Camino (Diocesi di Huelva) e incaricata della cucina e delle varie incombenze per la manutenzione degli ambienti del Collegio. Ciò non le impedisce di iniziare e condurre un fecondo apostolato catechistico fra le bimbe e le giovani studenti, che percepiscono in lei l’afflato di una scienza divina che non le viene dai libri. A poco a poco anche gli adulti e tutta la popolazione della cittadina, perfino seminaristi e sacerdoti, sono attratti dal suo spirito di preghiera e di fede illuminata: la consultano e la seguono nelle sue iniziative di apostolato, ammirati dal suo “unico desiderio di far risuonare in ogni casa la preghiera”, perché ovunque sia onorata la Passione del Signore, si fugga il peccato e si viva la filiale confidenza verso la Vergine Maria.

La sua azione si estende ulteriormente attraverso la corrispondenza epistolare a molte parti della Spagna, per il desiderio di “far trionfare il Cuore di Gesù”.

Ama la Chiesa, il Papa, l’Istituto. E ama profondamente la sua patria, la Spagna, della quale prevede a distanza di qualche anno il dramma della sanguinosa rivoluzione. Nel 1931 si offre al Signore, vittima per la salvezza dei fratelli della Spagna e del mondo. Poco dopo un male mai chiaramente identificato, accanto a complicanze asmatiche, le strazia le membra e la conduce alla fine: sono tre anni di sofferenze indicibili, vissute in un crescendo di amore a Gesù e di gioiosa attesa del Paradiso, che le si schiude il 10 febbraio 1935.

 

 

ALESSANDRINA MARIA DA COSTA (1904-1955)

 

Nasce il 3 Marzo 1904 a Balasar in Portogallo. É una piccola contadina, vivace, scherzosa, affettuosa. A 14 anni salta dalla finestra nel giardino per salvare la sua purezza minacciata. Nel corso degli anni il danno riportato nella caduta si trasforma in paralisi totale, per cui rimane inchiodata a letto per oltre trent’anni, curata dalla sorella maggiore. Si offre come vittima a Cristo per la conversione dei peccatori e per la pace nel mondo. Per quattro anni (1938-1942) rivive la passione di Cristo tutti i venerdì per tre ore. Chiede e ottiene da Pio XII la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria (31 ottobre 1942). Dal 27 marzo 1942 alla morte (13 anni e 7 mesi) non ingerisce più alcuna bevanda né alimento di sorta, all'infuori della comunione quotidiana. Guidata dal suo direttore spirituale, diventa Cooperatrice salesiana, offrendo le sue sofferenze per la salvezza della gioventù. Muore a Balasar il 13 ottobre 1955, dove è sepolta e dove si recano folle di pellegrini.

Alessandrina è una figura esemplare, nella sua semplicità e autenticità. É il messaggio vivente di cui hanno bisogno i cristiani di oggi, in special modo chi si impegna a vivere nel valore della laicità un servizio al Signore, alla Chiesa e alla società “salesianamente ispirato”. Molte volte prevalgono, anche in chi crede, sentimenti di scoraggiamento, di apatia, di disinteresse, insieme alla ricerca di surrogati ed evasioni. La giovane Alessandrina è lo stimolo, la motivazione per nobilitare ciò che la vita presenta di doloroso, di triste. Il suo amore all’Eucarestia e la sua profonda vita interiore, giunta ai livelli più alti della mistica, raccomandano a tutti il “programma” della santità, che è “Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare” (NMI, n. 29).

 

 

 

PENSIERI di ALEXANDRINA MARIA DA COSTA

 

·         Vorrei percorrere il mondo per asciugare tutte le lacrime.

·         Voglio fare del bene, molto bene a tutti, voglio consolare e confortare i poveri: in essi io vedo Gesù. E’ a sua imitazione che voglio vestirli, sfamarli, voglio fare del bene all’anima e al corpo; non posso sopportare di sapere il prossimo in necessità.

·         Il Tutto è sceso nel nulla, la Grandezza è scesa nella povertà. L’Amore è sceso nella freddezza, nella tiepidezza, nella miseria, nella indegnità. Io voglio vivere e morire d’amore. Che io mi perda nella immensità del vostro Amore.

·         Voglio essere una pallina nelle vostre mani benedette, voglio essere frumento nella macina, voglio essere grappolo spremuto; soffrire e amare, Mamma Celeste; ecco la mia aspirazione: essere un nulla, un puro nulla.

·         Per abbattere il nostro orgoglio non vi è cosa migliore che ricevere dalle creature grandi umiliazioni. Quanto bene fanno alla nostra anima. Quanto ci avvicinano a Dio!

 

 

PENSIERI di EUSEBIA PALOMINO YENES

 

·         L’anima senza preghiera è come un giardino senza acqua, come una fucina senza fuoco, come una nave senza timone.                                         

·         Alcuni credono che si possa fare orazione solo nell’isolamento; invece si può incontrare il Signore perfino per le strade e nelle piazze.                                                     

·         Amiamo molto i poveri e facciamo quanto possiamo per aiutarli e soccorrerli nelle loro sofferenze e angustie, sapendo che quanto facciamo ai poveri tutto Dio riceve come fatto a lui stesso.           

·         Nessuno dica: “Io sono povero, non ho nulla da dare”. La carità vera è quella che non trae i suoi tesori dalla borsa, ma dal cuore. Quando non si ha denaro o altro da donare si può offrire un’elemosina di preghiera o rivolgere al misero qualche buona parola di conforto, con dolcezza e amore, così che quel poveretto innalzi al Cielo la mente e il cuore e impari che da Dio ci viene ogni bene, e altrove non c’è che falsità e menzogna.        

 

 

Redazione GxG

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