Per il suo rifiuto di calpestare un rosario, fu sottoposto a lavori massacranti. Fu poi torturato e annegato dalle guardie. Il martirio avvenne così ad Auschwitz nel 1942. Il suo corpo prima fu gettato nel contenitore degli escrementi, poi fu bruciato nel crematorio del campo. I suoi compaesani cominciarono a venerarne la memoria...
del 29 maggio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
      A scuola con i salesiani a Oswiecim (Auschwitz)
           Giuseppe Kowalski nacque a Siedliska presso Rzeszów, in Polonia, il 13 marzo 1911 da Wojciech e Zofia Borowiec, settimo di nove figli. I suoi genitori, cattolici praticanti, erano contadini proprietari di un modesto podere.
           Dopo la scuola primaria, lo iscrissero al collegio salesiano di Oswiecim (Auschwitz). Giuseppe si distinse subito per l'impegno nello studio e nel servizio, e la sincera allegria. Si iscrisse alla Compagnia dell'Immacolata e all'Associazione Missionaria, diventandone in seguito il presidente.
           Si innamorò letteralmente del carisma salesiano e del suo Fondatore, dal quale cercò di prendere l'esempio in tutto: impegno nell'animazione gioiosa delle feste religiose e civili, presenza apostolica in mezzo ai compagni e, in particolare, il primato della vita spirituale. Apprezzato conferenziere, secondo il carisma della congregazione di don Bosco, fu educatore. Anche attraverso la musica: diede vita infatti a un coro giovanile. Il suo apostolato presso la parrocchia di Maria Ausilio dei Cristiani fu interrotto il 23 maggio del 1941, quando i nazisti lo prelevarono con 11 confratelli. Divenne la matricola 17.350 di Auschwitz.
Devozione a Maria Ausiliatrice e l'Eucaristia          Da giovane studente iniziò a stendere il suo diario, che ci trasmette la devozione a Maria Ausiliatrice e all'Eucaristia: «O Madre mia - scrisse -, io devo essere santo perché questo è il mio destino. O Gesù, a te offro il mio povero cuore […]. Fa' che io non mi allontani mai da Te e che fino alla morte rimanga fedele: piuttosto morire che offenderti, neanche con un piccolo peccato. Io devo essere un salesiano santo, come lo fu il mio padre don Bosco».
Professione come salesiano, ordinazione          Emise la professione temporanea nel 1928 a Czerwinsk e ricevette l'ordinazione sacerdotale il 29 maggio 1938 a Cracovia. Venne nominato segretario ispettoriale. Curava in parrocchia un coro giovanile e si occupava dei giovani più difficili.
La Gestapo catturò don Kowalski insieme ad altri undici salesiani          Nel 1939 la Polonia venne occupata, ma i salesiani continuarono il loro lavoro educativo. E' questa la ragione principale del drammatico arresto avvenuto il 23 maggio 1941: la Gestapo catturò don Kowalski insieme ad altri undici salesiani, operanti a Cracovia. Inizialmente fu internato nella prigione di Montelupich nella medesima città; di là il 26 giugno fu trasferito nel campo di concentramento di Auschwitz, ricevendo il numero 17.350. Nel lager si dedicò segretamente all'apostolato: confessava, celebrava messe, recitava il rosario, teneva conferenze nascoste, anche su don Bosco, rinforzando nei compagni di prigione la voglia di lottare per la sopravvivenza.
Martirio          Subì sofferenze, vessazioni e umiliazioni. Scoperto con il rosario, nel 1942, per il suo rifiuto di calpestare per l'appunto il rosario, fu sottoposto a lavori massacranti. Fu poi torturato e annegato dalle guardie. Così il martirio, che avvenne ad Auschwitz il 4 luglio 1942. Il suo corpo prima fu gettato nel contenitore degli escrementi, poi fu bruciato nel crematorio del campo.
          I suoi compaesani cominciarono a venerarne la memoria, ritenendo che il suo sacrificio avesse fecondato le vocazioni polacche. Anche il papa Giovanni Paolo II era dello stesso avviso, e si interessò personalmente alla causa di diversi martiri polacchi.
          Non solo gli ebrei sono stati vittime delle persecuzioni naziste, come si sa queste imperversarono anche contro gli zingari, malati di mente, omosessuali, ecc. In Polonia, vittima privilegiata, fu anche la Chiesa Cattolica che era vista come guida del popolo molto seguita e dato che nel programma nazista vi era l’annientamento del popolo polacco come entità politica, era chiaro che bisognava colpire, prima di tutto l’Istituzione che maggiormente lo rappresentava e guidava, cioè la Chiesa.
          Questa persecuzione ebbe luogo durante l’occupazione nazista dal 1939 al 1945 che provocò più di cinque milioni di vittime tra la popolazione civile polacca.
          Papa Giovanni Paolo II nel corso del suo settimo viaggio apostolico in Polonia, beatificò il 13 giugno 1999, 108 martiri morti per la loro appartenenza alla Chiesa Cattolica, sia come consacrati, sia come laici impegnati, accusati di inventati tradimenti, complotti, resistenze, ecc.
          Quasi tutti deportati in campi di concentramento, tristemente noti come Auschwitz, Dachau, Majdanek, Ravensbrück, Sachsenhausen, dove morirono uccisi dalle guardie o dalle torture inflitte. Altri morirono in prigioni varie come i cinque laici capogruppo di Associazioni salesiane giovanili a Poznan, tutti decapitati nel carcere di Dresda il 24 agosto 1942.
          I 108 beati martiri polacchi appartenevano a 18 diocesi e a 22 Congregazioni religiose; 3 vescovi, 52 sacerdoti diocesani, 3 seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 suore professe, 9 laici; testimoni in vita ed in morte della loro grande fede in Cristo e nella Chiesa Cattolica.
Preghiamo:
O Dio, che hai suscitato nel beato Giuseppe, sacerdote,il desiderio della santitàe la prontezza nell’offrire la vita per l’amore di Cristo,concedi a noi, per sua intercessione, la grazia di essere fedeli alla nostra vocazionee di amare la croce, che è via di salvezza.Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,per tutti i secoli dei secoli. Antonio Borrelli
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