Roberto Benigni è tornato in tv con «La più bella del mondo», lo spettacolo che l'artista toscano ha dedicato alla Costituzione italiana.«Non vi dico di rispettare la politica. Vi dico di amarla: perché è con la politica che si organizza la nostra vita sociale. Disprezzare la politica è come disprezzare noi stessi».
«Ho riletto la Costituzione italiana - ha spiegato Benigni prima di andare in scena - ed è straordinaria: la più bella del mondo. Mi sono occupato di Dante e della sua opera che illustra il cielo di Dio, con la costituzione torniamo nel cielo degli uomini».
Finalmente arriva il momento del tanto atteso spettacolo sulla Costituzione. Che inizia con una celebrazione del lavoro dei tecnici della Rai, grazie all’anteprima dedicata a una sintesi del montaggio della scenografia, delle luci e delle prove. E con Benigni che passeggia in camerino concentrandosi sulla performance che dovrà sostenere. Incipit niente male, se non fosse stato fatto anche con l’intenzione di spararci poi una sventagliata di spot, giusto quelli che si è deciso di non mandare in onda durante lo spettacolo per non interrompere l’emozione…
Dopo essere entrato come al solito saltellando sul ritmo della sua marcetta da burattino, Benigni è partito subito con una sviolinata a Presidente e Direttore generale della Rai, che secondo un comunicato sarebbero stati gli unici rappresentanti dell’azienda seduti in mezzo a ragazzi “accuratamente selezionati”, non si sa come peraltro. Seduti, impettiti e orgogliosi, i massimi vertici hanno certamente deglutito un po’ di preoccupazione ascoltando la prevedibile raffica di micidiali ed esilaranti battute sul ritorno in politica di Silvio. Forse anche gelati sulla sedia quando Benigni si è prodotto in una azzeccata parodia di un Parlamento medioevale in cui si facevano terribili leggi chiamate porcellum, si corrompeva, si rubavano i soldi pubblici, si facevano orge, ci si alleava con i barbari (sognanti): insomma, roba da non credere…
Sempre esilarante e azzeccato, ma già ci immaginiamo le reazioni dei bersagli dei suoi strali, peraltro piuttosto a senso unico. Da una parte si griderà all’improprio uso del mezzo pubblico, dall’altro si tirerà in ballo la libertà di satira, tutto come da copione già visto varie altre volte.
Benigni spiega molto bene perché l’antipolitica è un errore, in quanto significa che con la mancata partecipazione non si ha a cuore ciò che ci riguarda più da vicino, come il presente e il futuro nostro e dei nostri figli. Introduce la Costituzione raccontando il contesto in cui maturò: un continente martoriato da tre orribili dittature come il fascismo, il nazismo, il comunismo. Da lì in poi, instancabile, ispirato, semplice, si prodigherà in un’affabulante e immaginifica esegesi dei primi dodici articoli. Una straordinaria lezione di educazione civica comprensibile a chiunque.
Senza riuscire a trattenersi qua e là dall’ironizzare ancora su Berlusconi, quando se ne è presentata l’occasione, quasi a voler dimostrare che l’ex Premier incarna una visione politica e sociale del tutto antitetica a quella dei padri della patria che hanno scritto la Costituzione. Inevitabili le frecciate ai leghisti quando ha ricordato che il decentramento era stato molto ben immaginato assai prima dell’apparire delle loro istanze spesso separatiste.
Finale lirico e commovente sull’ultimo articolo che descrive i colori della bandiera come avrebbe potuto fare un bambino. A conclusione, con voce incerta e commossa canta la sua solita canzone sulle note di Piovani, riprendendo le mosse del burattino che si è trasfigurato in un appassionato predicatore che per oltre due ore è riuscito a commuoverci e a farci riflettere sulla bellezza della nostra Costituzione.
Momento televisivo di parola ai massimi livelli possibili: chapeau.
Maestro Yoda
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