Nel campo della vita, ciò che la tecnica permette di fare è sempre accettabile? Il dibattito mediatico sviluppatosi attorno alla fecondazione assistita ha sollevato un polverone dove si confonde possibilità con liceità, dimenticando sovente che la dignità umana non può essere soggetta a mode.
del 03 giugno 2005
 Oggi il linguaggio giornalistico e dei media in genere, tende a confondere e a considerare sinonimi l'inseminazione artificiale, la procreazione artificiale, l'ingegneria genetica, la procreazione assistita, ecc. Infatti, si dice, tutti questi termini si riferiscono alla realizzazione “artificiale” della procreazione di un bambino. In realtà, le cose non stanno così, e i diversi termini, di cui appena sopra, si riferiscono a realtà assolutamente diverse sia dal punto di vista della consistenza scientifica di queste tecnologie, sia dal punto di vista della futura valutazione etica.
 
 
Gli ambiti principali 
1) L'inseminazione artificiale è una tecnica dove ovulo e spermatozoo si incontrano “dentro” l'apparato riproduttivo della donna. Perciò l'inseminazione artificiale appartiene al gruppo di tecnologie dette “intracorporee”. L'inseminazione consiste appunto nell'inserire il seme (spermatozoo) nell'apparato riproduttivo della donna, dopo essere passato da opportune indagini che ne verifichino l'effettiva buona qualità e la sufficiente quantità. Infatti, molte volte la coppia non riesce ad avere un bambino perché la qualità degli spermatozoi non è buona, o anche perché la loro quantità è insufficiente. Se uno spermatozoo, ad es., non ha la testa adeguatamente formata non riuscirà a penetrare l'ovulo della donna, e quindi non riuscirà a fecondarlo; oppure - sempre a motivo della qualità - se la coda dello spermatozoo è corta o non si muove adeguatamente non riuscirà a raggiungere l'ovulo. Allo stesso modo, se la quantità degli spermatozoi è insufficiente non riusciranno a raggiungere la tuba di falloppio della donna, cioè al luogo dove l'ovulo sta attendendo. Si comprende bene che l'inseminazione artificiale è indicata particolarmente nei casi di sterilità maschile.
 
2) La procreazione artificiale è, invece, qualcosa di completamente diverso. Consiste esattamente nel raccogliere in provetta ovuli e spermatozoi, permettere che si incontrino, dare origine quindi a diversi embrioni, e trasferire nell'utero di una donna questi embrioni. Il seme del marito (gli spermatozoi) generalmente si raccoglie attraverso masturbazione, mentre gli ovuli della donna vengono aspirati attraverso una tecnica chiamata laparoscopia. Questi embrioni prodotti in provetta (in vitro) sono tanti, per cui, selezionati alcuni (5-8) ritenuti idonei al trasferimento in utero, gli altri vengono congelati, perché con molta probabilità (quasi sicuramente) quei 5-8 trasferiti in utero si perderanno dopo qualche giorno o dopo qualche settimana o andranno in aborto spontaneo. Praticamente il successo della procreazione artificiale è statisticamente basso (intorno al 20%), al punto che una delle più grandi agenzie internazionali che si occupa dell'argomento ha dovuto riconoscere che la procreazione artificiale è “sorgente di grandi speranze deluse”.
 
3) L'ingegneria genetica si può definire come una tecnica capace di apportare in una cellula o in un organismo caratteristiche genetiche che altrimenti non avrebbe. L'ingegneria genetica è cioè capace di modificare il patrimonio genetico di un organismo che, ad es., ha una malattia genetica, inserendo il gene sano al posto del gene malato. Con l'ingegneria genetica è finalmente possibile trattare tante malattie ereditarie, che generalmente sono malattie genetiche. In questo senso, l'ingegneria genetica non ha direttamente a che fare con le nuove tecnologie procreative, perché non lavora per la produzione di embrioni che poi si svilupperanno fino alla nascita, se lavora su embrioni è per poterne modificare il patrimonio genetico ereditario (DNA), sede di eventuali malattie e malformazioni. Ultimamente, l'ingegneria genetica può lavorare sulla clonazione di embrioni, ma tali esperimenti sull'uomo sono generalmente disapprovati.
 
 
Aspetti bioetici
 
Il Magistero ufficiale della Chiesa si è occupato di procreazione assistita da diversi decenni (Pio XII). Non sono quindi attendibili le posizioni – anche in seno al cattolicesimo – che la Chiesa è contraria a ogni intervento “artificiale” in materia di procreazione. Ciò è verificabile nei documenti ufficiali della Chiesa, a partire dagli interventi ai medici di Pio XII e soprattutto nei recenti documenti Donum vitae ed Evangelium vitae.
 
La Chiesa accetta la procreazione assistita a tre condizioni:
a) deve svolgersi all'interno di una coppia legata da un vincolo stabile, che generalmente è quello matrimoniale;
b) deve essere effettuata con un comune rapporto sessuale, e non evitando il rapporto coniugale;
c) non deve comportare interventi invasivi o rischi rilevanti a danno dell'embrione o del feto (questi tre criteri sono proposti nel documento Donum vitae).
 
Attualmente queste tre condizioni si verificano solo nella inseminazione artificiale tra marito e moglie, conseguente a un rapporto sessuale. Ogni altro intervento che prevede una terza persona, o un danno all’embrione o al feto o che non preveda l’atto sessuale è per la Chiesa inaccettabile.
Negativo è il giudizio sulla procreazione in vitro, non nel suo essere “artificiale”, ma in tutta una serie di problemi - almeno sette - che sorgono in seguito al tentativo di realizzazione di questa tecnologia: 1) l’insuccesso di questa metodica; 2) l'enorme spreco di embrioni; 3) l'alta abortività, dal momento che il successo è solo 20%; 4) la frantumazione antropologica e affettiva del legame sessualità-procreazione; 5) la presenza di terze persone, nel caso di donatore di ovuli o di spermatozoi; 6) una più grande proporzione di malformazioni o di malattie congenite; 7) gli effetti economici degradanti, che non sono indifferenti. Si pensi alla compravendita di ovuli, di spermatozoi, di affitti di utero, dei costi strumentali delle strutture biomediche deputate alla realizzazione della fecondazione in vitro eterologa (Fivet).
 
 
La questione del referendum 
Alla luce di quanto detto sopra, le affermazioni di radicali e di altri politici o giornalisti che hanno affermato che l’attuale legge 40 è una legge cattolica, non sono vere: è una legge “vicina” ai nostri valori, ma non è una legge conforme alla morale cattolica.
Questo è un Paese dove non esistono solo cattolici – anche se la stragrande maggioranza si professa appartenente a tale denominazione – e comunque non si può trascurare che in seno al cattolicesimo ci sono sostenitori della procreazione in vitro, limitata alla coppia stabile. Pertanto, questa legge anche se non piace completamente ai cattolici è quella che concretamente si può tollerare in uno Stato di impostazione pluralista e con visioni morali diverse. Considerata inoltre la riduzione di conseguenze peggiori di altre tecniche di riproduzione assistita, fortunatamente non previste nell'attuale legge, i cristiani sono chiamati a conservarla. Questo è lo spirito degli interventi critici nei confronti dei quesiti referendari da parte della Conferenza Episcopale Italiana.
Tra le ragioni di difesa dell’attuale legge possiamo riportare i seguenti: assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito; nega l’eterologa, cioè il coinvolgimento di persone esterne alla coppia; afferma il diritto alla vita e la destinazione alla nascita; il diritto all’identità genetica; il diritto alla famiglia; il divieto di eccedenza, per cui non si possono produrre embrioni in numero superiore a quello strettamente necessario ad un unico impianto, comunque non superiore a tre embrioni; divieto di produrre embrioni a scopo puro di sperimentazione; divieto di congelamento di embrioni, tranne quando è necessario rinviare per cause di forza maggiore il trasferimento dei medesimi; divieto di soppressione degli embrioni; divieto di riduzione di gravidanze plurime; divieto di diagnosi genetica pre-impianto e quindi di selezione genetica tra embrioni; divieto di clonazione o di produzione di ibridi e chimere; accesso solo a coppie maggiorenni (stabili, non improvvisate) e di sesso diverso; divieto di uteri in prestito o in affitto; è negata l’azione di disconoscimento di paternità; la madre non può dichiarare la volontà di non essere nominata; consente interventi sperimentali solo per curare l’embrione-feto. Da notare, infine, che non è previsto nessun trasferimento coatto degli embrioni, come invece hanno affermato alcuni. Pur con i suoi limiti, che possono essere eventualmente aggiustati da strumenti istituzionali che lo Stato ha (come la Corte Costituzionale e altri interventi giuridici), la legge 40/2004 è una legge da difendere dai referendum, le cui conseguenze ci porterebbero molto lontano dai valori della nostra fede.  
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