La storia sconosciuta di don Bosco. Far nascere il bene dal male non è da tutti, don Bosco ci è riuscito. C'è da imparare. "Un episodio di bullismo si era risolto in modo brillante ed educativo: il colpevole si era ravveduto, la “vittima” era stata ben assistita, gli zii si erano uniti per il bene dei loro nipoti, le mamme non ne avevano sofferto..."
del 01 febbraio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          Non è certamente un mistero per i più attenti conoscitori della “realtà viva” di Valdocco e non solo “ideale” o “virtuale”, che la vita quotidiana in una struttura decisamente ristretta per accogliere 24 ore su 24 e per molti mesi all’anno varie centinaia di bambini, ragazzi e giovani eterogenei per età, provenienza, dialetto, interessi, poneva problemi educativi e disciplinari non indifferenti a don Bosco e ai suoi giovani educatori.
La violenta colluttazione
          Nell’autunno 1861 la vedova del pittore Agostino Cottolengo, fratello del famoso (san) Benedetto Cottolengo, dovendo collocare i suoi due figli, Giuseppe e Matteo Luigi, nella capitale del neonato Regno d’Italia per motivi di studio, chiese al  cognato, can. Luigi Cottolengo di Chieri, di individuare un collegio adatto. Questi suggerì l’oratorio di don Bosco e così il 23 ottobre i due fratelli, accompagnati da un altro zio, Ignazio Cottolengo, frate domenicano, entrarono al Valdocco a 50 lire mensili di pensione. Prima di Natale il quattordicenne Matteo Luigi era però già ritornato a casa per motivi di salute, mentre il fratello maggiore Giuseppe, ritornato a Valdocco dopo le vacanze natalizie, un mese dopo fu allontanato per causa di forza maggiore. Che cosa era successo?
          Era successo che il 10 febbraio 1862, Giuseppe, sedicenne, era venuto alle mani con un certo Giuseppe Chicco, di nove anni, nipote del can. Simone Chicco di Carmagnola, che probabilmente ne pagava la pensione. Nella colluttazione, con tanto di bastone, il bambino ovviamente ebbe la peggio, restandone seriamente ferito. Don Bosco si premurò di farlo ricoverare presso la fidatissima famiglia Masera, onde evitare che la notizia dello spiacevole episodio si diffondesse in casa e fuori casa. Il bambino venne visitato da un medico, il quale redasse un referto piuttosto pesante, utile “per chi di ragione”.
L’allontanamento provvisorio del bullo          Per non correre rischi e per ovvi motivi disciplinari don Bosco il 15 febbraio si vide costretto ad allontanare per qualche tempo il giovane Cottolengo, facendolo accompagnare non a Bra a casa della madre che ne avrebbe sofferto troppo, ma a Chieri, dallo zio canonico. Questi, due settimane dopo, chiese a don Bosco delle condizioni di salute del Chicco e delle spese mediche sostenute, onde risarcirle di tasca propria. Gli chiese altresì se era disposto a riaccettare a Valdocco il nipote. Don Bosco gli rispose che il fanciullo ferito era ormai quasi completamente guarito e che per le spese mediche non c’era in alcun modo da preoccuparsi perché “abbiamo da fare con onesta gente”. Quanto a riaccettargli il nipote, “s’immagini se mi ci posso rifiutare”, scriveva. Però a due condizioni: che il ragazzo riconoscesse il suo torto e che il can. Cottolengo scrivesse al can. Chicco, onde chiedergli scusa a nome del nipote e pregarlo di “dire una semplice parola” a don Bosco perché riaccogliesse a Valdocco il giovane. Don Bosco gli garantiva che il can. Chicco non solo avrebbe accolto le scuse – gli aveva già scritto al riguardo – ma aveva già fatto ricoverare il nipotino “in casa di un parente per impedire ogni pubblicità”.
          A metà marzo entrambi i fratelli Cottolengo venivano riaccolti a Valdocco “in modo gentile”. Matteo Luigi vi rimase però solo fino a Pasqua per i soliti disturbi di salute, mentre Giuseppe fino al termine degli studi.
Un’amicizia consolidata e un piccolo guadagno           Non ancora contento che la vicenda si fosse conclusa con comune soddisfazione, l’anno successivo il can. Cottolengo insistette nuovamente con don Bosco per pagare le spese del medico e delle medicine del bambino ferito. Il can. Chicco, interpellato da don Bosco, rispose che la spesa complessiva era stata di 100 lire, che però lui e la famiglia del bambino non chiedevano nulla; ma se il Cottolengo insisteva nel voler saldare il conto, devolvesse tale somma “a favore dell’Oratorio di S. Francesco di Sales”. Così dovette avvenire.
          Dunque un episodio di bullismo si era risolto in modo brillante ed educativo: il colpevole si era ravveduto, la “vittima” era stata ben assistita, gli zii si erano uniti per il bene dei loro nipoti, le mamme non ne avevano sofferto, don Bosco e l’opera di Valdoccco, dopo aver corso qualche rischio, avevano guadagnato in amicizie, simpatie… e, cosa sempre gradita in quel collegio di ragazzi poveri, un piccolo contributo economico.
Far nascere il bene dal male non è da tutti, don Bosco ci è riuscito. C’è da imparare.
Francesco Motto
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