Bulli e pupe ma non è un film

Era il titolo di un film con Frank Sinatra degli anni Cinquanta. Oggi le «pupe» si sono perse, rimangono solo i «bulli», una categoria trasversale nel mondo giovanile, che coinvolge ragazzini delle medie come quelli delle superiori. Il fenomeno preoccupa gli adulti sia nei paesi piccoli che nelle città di provincia che nelle periferie delle grandi città.

Bulli e pupe ma non è un film

da L'autore

del 14 gennaio 2008

Era il titolo di un film con Frank Sinatra degli anni Cinquanta. Oggi le «pupe» si sono perse, rimangono solo i «bulli», una categoria trasversale nel mondo giovanile, che coinvolge ragazzini delle medie come quelli delle superiori.

Il fenomeno preoccupa gli adulti sia nei paesi piccoli che nelle città di provincia che nelle periferie delle grandi città.

Un mese fa, all’Università Cattolica si è tenuto un convegno sul tema, gli incontri e i seminari si moltiplicano, crescono gli interventi degli esperti, ma il fenomeno non tende a diminuire. Un’indagine nella Provincia di Trento afferma che nelle «superiori», un ragazzo su due ha subito ripetuti episodi di violenza verbale, psicologica e fisica: parolacce, prese in giro, percosse, piccole o gravi estorsioni, danni alle cose.

Non saprei dire se sono pi√π gravi le violenze verbali o quelle fisiche. Le verbali sono certamente pi√π ricorrenti e fanno star male, quando vengono presi di mira gli aspetti fisici: difetti del corpo o tic nervosi.

Il bullismo esplode soprattutto nella scuola, a volte in oratorio, per le strade di periferia e non sempre gli insegnanti o gli educatori sono in grado di intervenire in modo efficace, anche perché non sono rare le volte in cui «il bullo» gode della protezione dei genitori e di qualche insegnante più debole, che ha paura delle sue ritorsioni: «Non voglio che mi righi la macchina!»; «Ha minacciato di picchiare mia figlia, che è in classe con lui!»; «Sono stato denunciato perché l’ho preso per i capelli allo scopo di dividerlo dal compagno che stava picchiando!»; «Se non dice niente suo padre, perché devo farmi il fegato io!».

Il bullo si scatena di fronte a chi è debole, ragazzo o insegnante che sia, si diverte a insultarlo, a mettere le mani addosso, a prendere in giro, si accanisce anche quando l’altro piange, soffre, prega di risparmiarlo...

È un comportamento da vigliacchi, che ha l’appoggio di compagni che sostengono il bullo o non intervengono, mentre pari appoggio o difesa non lo gode «la vittima», isolata dal gruppo e presa dalla paura di riferire a qualcuno la violenza subita.

Sono vittime che rischiano di perdere la stima in se stesse e che spesso, crescendo fisicamente, fanno pagare ad altri deboli le violenze subite.

Come intervenire? Chi deve intervenire? Tocca a tutti: insegnanti, genitori, gli stessi compagni di scuola o d’oratorio! Sono esperienze negative da bloccare, da risparmiare ai più deboli: non si possono chiudere gli occhi o ridurre tutto ad una ragazzata. Potrebbe essere, se il tutto si riduce ad un litigio o discussione accesa, che si conclude nel giro di poco tempo. Caratteristica del bullismo è invece il ripetersi degli episodi, la loro intensità e la mancanza di compassione, l’accanimento contro la vittima, che è sempre la stessa.

Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano

don Vittorio Chiari

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