Ho pensato di festeggiare il nuovo anno ponendomi davanti cinque propositi o obiettivi o mete o sogni o impegni o per qualcuno anche follie...
del 31 dicembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
Carissima/o,
 
so che la fine dell’anno solare – se non fosse per le vacanze – non è proprio come la fine dell’anno scolastico che si accoglie con maggiore gioia (chissà perché?!), ma nondimeno è un tempo di festa e dunque va celebrato al meglio. Non mancheremo di stare con le persone che amiamo, con chi ci vuole bene, in un luogo piacevole, facendo – spero – quanto ci possa davvero riempire il cuore di gioia. L’anno finisce e, a differenza di quello scolastico (che fortuna!), ne arriva subito un altro; non abbiamo quasi il tempo di chiudere qualcosa che subito se ne apre un’altra, sappiamo cosa abbiamo vissuto, non conosciamo ciò che vivremo, sogniamo per l’immediato futuro. È come leggere un libro che ci appassiona e di cui divoriamo le pagine, o come un film bellissimo che ci stupisce scena per scena, magari come un videogioco nel passaggio da un livello a quello successivo sempre più avvincente.
La vita è così ma allo stesso tempo non lo è, perché se da un lato siamo coinvolti in modo particolare vivendo al massimo ogni momento, dall’altro la vita non è una finzione letteraria, scenica, tecnologica; se giriamo la pagina di un libro mille volte questa sarà sempre la stessa, così vale per le sequenze di un film e per i livelli del videogioco. In tutti casi, però, si cade in piedi perché ciò che conta è il modo in cui affrontiamo la quotidianità e viviamo il presente, allo stesso modo in cui ci lasciamo coinvolgere nella lettura, nella visione, nel giocare. Ci siamo noi là con i sogni, i pensieri, le gioie, i dolori, gli affetti; ci siamo e mettiamo tutto noi stessi perché – se non lo facessimo – non vivremmo veramente, non godremmo, non ci supereremmo, non ci innamoreremmo, a volte forse non respireremmo neanche.
Non esiste un presente che non abbia un passato, non c’è un anno che non abbia salutato quello precedente, non ci sono storie di vita che non nascano da altre storie di vita, non ci sono amori che non siano frutto di un amore più grande. Alla fine di un anno e iniziandone un altro, siamo chiamati a guardare indietro per un attimo, per ripensare a come abbiamo vissuto veramente, a ciò che ci ha aiutato a crescere, ai passi indietro fatti, alle realizzazioni, alle sconfitte, alle questioni aperte, agli amici (non al loro numero!). Non si tratta di azioni malinconiche, né per autocompiacersi o piangersi addosso, ma è un buon modo per ripartire con nuove energie iniziando da quanto si è costruito e, se necessario, persino dalle macerie. Quando camminiamo, in molti sport, nelle scalate c’è un piede che deve essere ben fisso per terra, spesso sta proprio dietro l’altro; così è il passato, un piede stabile o un piede perno per vivere bene il presente e rilanciare verso il futuro. Voi – lo so – siete più proiettati al presente (lo si vede anche nell’uso dei verbi!), vivete l’oggi, spesso l’immediato, in qualche caso cercando di “ammazzare il tempo”. Gli adulti, al contrario, tante volte guardiamo al passato come al miglior tempo possibile, viviamo nel mondo de “ai miei tempi”, del “come eravamo”. Questi atteggiamenti che diventano anche arroccamenti e muri di autodifesa (a volte di autodistruzione) ci tengono lontani, non ci permettono di essere “qui e ora”, né nel passato né nel presente, senza parlare del futuro che per molti non è più un sogno o una speranza, ma un’illusione e un inganno.
Che fare allora? Che farò io per vivere serenamente il nuovo anno? Ho pensato di festeggiare il nuovo anno ponendomi davanti cinque propositi o obiettivi o mete o sogni o impegni o per qualcuno anche follie.
 
Ecco il primo: quando ci sarà il conto alla rovescia, penserò: Ciò che mi ha aiutato a crescere da piccolo è stata la meraviglia delle nuove scoperte, ciò che mi fa imparare da grande è la commozione dinanzi alla realtà, ciò che mi rasserenerà alla fine della vita sarà la gratitudine per quanto ho ricevuto.
 
Il secondo è questo: quando ci sarà l’apertura dello spumante, penserò: Mi lascerò meravigliare da ciò che mi circonda, ancora una volta, almeno una volta, per un attimo, nella libertà, per gustare il vero sapore della realtà, con i piedi per terra e lo sguardo in cielo. Soltanto in quell’istante che sa di eternità, io sarò, saprò, vivrò, piangerò, gioirò, amerò.
 
Il terzo, quando ci saranno i botti, è: Alza gli occhi al cielo, guarda al di là delle nuvole, cerca un bagliore che ti accechi, ti illumini, ti trafigga! Poi con stupore conservalo e con cura donalo.
 
Il quarto lo penserò quando ci scambieremo gli auguri: Crescere è passare dall’emozione alla meraviglia, dalla meraviglia al desiderio, dal desiderio all’affezione, dall’affezione alla comunione, dalla comunione alla amore, dall’amore al dono...e infine non avere paura di ricominciare di nuovo come la prima volta, come ogni volta. 
Il quinto lo riserverò per il momento in cui per un attimo mi apparto, come ogni anno, per una breve preghiera di ringraziamento: Non lasciare scappare i tuoi sogni, non farteli strappare dalla banalità e dall’indifferenza, non abbandonarli per paura o stanchezza, non sotterrarli senza averci almeno provato, non tenerli solo per te ma parlane a chi vuoi bene, a chi può aiutarti e camminare con te. Non dimenticare che i sogni hanno le ali che si muovono col battito del cuore, con la spinta dell’intelligenza, con la leggerezza dell’umiltà, con la dinamicità degli affetti, con la prospettiva della speranza, con il coraggio delle idee, con la certezza della fede.
 
Infine, quando sarò stanco, quando avrò sonno, quando sarò tornato a casa nella notte, pensando che tutto questo è da vivere, che è da vivere insieme agli altri, che è “qui e non ancora”, con un occhio chiuso e uno aperto penserò grato e sorridente: Desidero tutto questo fortemente, abbandonandomi dolcemente.
 
Auguri di cuore!
Marco Pappalardo
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