Cari giovani, amici e confratelli a conclusione di questa bella giornata provo a dire quello che mi ha aiutato ad arrivare con qualche consapevolezza in più a pronunciare il mio SI definitivo a Dio, sicuro del fatto che è Lui che mi ha condotto fino a questo punto, attraverso diverse mediazioni.
8 dicembre 2020 - giorno della professione perpetua
Cari giovani, amici e confratelli a conclusione di questa bella giornata provo a dire quello che mi ha aiutato ad arrivare con qualche consapevolezza in più a pronunciare il mio SI definitivo a Dio, sicuro del fatto che è Lui che mi ha condotto fino a questo punto, attraverso diverse mediazioni.
La prima di queste è passata attraverso la realtà concreta che stiamo vivendo: il covid. Fino all’ultimo c’è sempre stata una certa incertezza (la data, il luogo, il numero dei partecipanti…). Questo è il tempo che viviamo. Il covid che ha colpito diverse delle nostre case chiudendole in quarantena era prossimo a mettere in lockdown anche la professione perpetua.
Come festeggiare la consacrazione se diversi dei nostri confratelli e delle nostre consorelle stanno soffrendo a causa del covid? Ma il Signore non ha tardato a farsi presente, e lo ha fatto proprio tramite una delle comunità più provate, quella delle FMA di Rosà.
Suor Marcella che a Rosà sta prestando il suo servizio, mandando un audio a Sr Jessica, ci ha chiesto di aver coraggio e di andare avanti: ora più che mai, in un clima dove tutto sembra parlare di morte, c’è bisogno di segni di vita. Sapere che la professione perpetua è un segno di vita ci ha dato tanto coraggio.
La seconda è di padre Giulio, abate di Santa Giustina. Nella meditazione che ci ha offerto in preparazione alla professione perpetua ci ha messo di fronte ad una realtà tanto disarmante: il nostro Dio è il “Dio del minuto dopo”. È un’affermazione tanto forte, quanto vera. Il Padre nostro “entra in gioco” esattamente un minuto dopo che noi perdiamo la speranza nelle nostre sole forze e nelle false sicurezze.
È solo quando ci siamo spogliati di tutto che Lui può iniziare a fare grandi cose attraverso di noi. È quello che don Igino ci ha confermato nell’omelia di martedì: «La consacrazione religiosa è l’atto con il quale si diserta da sé stessi per arruolarsi tra le file dei consegnati e afferrati da Dio».
Ed è quello che chiedo a me stesso per vivere in pienezza la consacrazione: disertare dalle mie false sicurezze, dal mio orgoglio per arruolarmi tra le fila di coloro che hanno offerto e speso la loro vita per Dio.
Infine, è da un po' di giorni che mi gira per la testa l’immagine della croce che ho ricevuto martedì…una croce tanto bella quanto esigente. La croce ha due facce.
Nel fronte, l'immagine del buon pastore, a me molto cara, mi indica come Dio desidera che io viva la consacrazione: essere il buon/bel pastore pronto a dare la vita per le sue pecore (Gv10), disposto a lasciare tutto pur di cercare quella perduta (Mt 18) e di caricarsela sulle proprie spalle una volta ritrovata (Lc 15).
Si, il buon Dio mi sta chiedendo proprio questo: lasciare la logica del mondo, più attenta ai grandi numeri, per spendere la vita nel cercare anche solo una pecora smarrita e saper gioire per essa più che per le 99 rimaste nel recinto.
Sul retro invece, c’è un consiglio da parte del nostro padre don Bosco: «studia di farti amare…piuttosto che farti temere». Come ci ha ricordato nell’omelia don Igino, è «una indicazione che occupa una posizione strategica nello spirito salesiano, Sono parole semplici che indicano il segreto per stare con i giovani» perché chi «è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani» (XVII,111) «è la via privilegiata per vivere in comunità ».
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