«A te levo i miei occhi, a te che abiti nei cieli. Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni, come gli occhi della schiava alla mano della sua padrona, così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio».
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2. MARIA ICONA DEL NOSTRO PELLEGRINARE.
Se è vero che il giorno si conosce dal mattino, oggi sentiamo che questo inizio è davvero il preludio d'una splendida giornata che vivremo insieme. Anzi, mi è parso di cogliere anche in alcuni segni della natura uno stimolo perché i nostri occhi si rivolgano al Signore. Prima di arrivare a Toulouse, abbiamo visto dei campi sterminati di papaveri, con le loro corolle orientate verso il sole. Allora mi sono ricordato del Salmo:
«A te levo i miei occhi, a te che abiti nei cieli. Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni, come gli occhi della schiava alla mano della sua padrona, così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio».
È bello questo orientarci verso il Signore Gesù, che nell'inno delle Lodi (memoria di santa Brigida) abbiamo invocato oggi in diversi modi: «Cibo, bevanda di vita, balsamo, veste, dimora, forza, rifugio, conforto».
La Vergine del cammino.
In questo nostro andare, che dura da parecchie ore - e per me che vengo dal Sud dell'Italia è ancora più lungo - mi è parso di leggere come la ripetizione di quel che ha fatto Maria. Noi stiamo andando a cercare lei, ma la Vergine santa è per noi «l'icona dell'itineranza», di questo andare, della transumanza, del nostro passare da una terra all'altra - trans humus - cambiare territorio.
Maria è la Vergine del cammino e noi siamo in cammino, stiamo andando a cercare proprio lei, la Vergine del cammino, la Vergine dalle mete sicure, la Vergine che non ha speso inutilmente i suoi passi, la Vergine che sapeva in vita dove veramente andare. A me piace moltissimo invocare Maria come la Madonna della strada, la Madonna del cammino.
Se i personaggi del Vangelo avessero avuto un contachilometri incorporato, penso che la classifica dei camminatori più infaticabili l'avrebbe vinta lei, Maria. Gesù naturalmente è fuori concorso, perché egli si identificò addirittura con la strada, a tal punto che, ai discepoli chiamati alla sua sequela, confidava: «Io sono la Via». Gesù è la Via, non un viandante; Gesù è la Via, i viandanti siamo noi.
Così a capeggiare la graduatoria delle peregrinazioni evangeliche, la prima dopo Gesù è indiscutibilmente Maria. La troviamo sempre in cammino da un punto all'altro della Palestina, con uno sconfinamento anche all'estero: viaggio di andata e ritorno da Nazaret ai monti di Giuda per trovare la cugina Elisabetta, con una specie di supplemento rapido, menzionato da san Luca con l'affermazione: «Raggiunse in fretta una città». Poi il viaggio da Nazaret a Betlemme, e di qui a Gerusalemme per la presentazione al tempio. Quindi l'espatrio clandestino in Egitto e il ritorno guardingo attraverso la Giudea, con il... foglio di via rilasciato dall'angelo del Signore, fino a Nazaret. Ancora, il pellegrinaggio a Gerusalemme, con sconto comitiva, quando Gesù aveva 12 anni, poi raddoppio del percorso con escursione in tutta la città alla ricerca di Gesù tra la folla; e nuova traversata fino a Nazaret. Poi diversi viaggi per incontrare Gesù, errante tra i villaggi della Galilea, a cominciare da Cana, forse con la mezza idea di invitarlo a tornare a casa. Finalmente sul sentiero del Calvario, fino ai piedi della croce, dove la meraviglia espressa dall'evangelista Giovanni con la parola stabat, più che la pietrificazione del dolore per una corsa fallita, esprime l'immobilità statuaria di chi attende sul podio il premio della vittoria.
Maria è l'icona del «cammina, cammina»: la troviamo seduta solo al banchetto del primo miracolo, seduta ma non ferma. Maria non sa rimanersene quieta: a Cana non corre col corpo ma precorre con l'anima. E se non va lei verso l'ora di Gesù, fa venire quell'ora verso di lei, spostandone indietro le lancette, perché la gioia pasquale possa irrompere sulla mensa degli uomini.
Sempre in cammino, sempre in salita.
Maria è sempre in cammino, e per giunta sempre in salita. Da quando si mise in viaggio «verso la montagna», fino al venerdì del Golgota, anzi fino al crepuscolo del giorno dell'ascensione, quando anche lei con gli apostoli «salirono al piano superiore» in attesa dello Spirito, i passi di Maria sono sempre scanditi dall'affanno delle alture.
Avrà fatto anche lei le sue discese, ma il Vangelo ne ricorda una sola, quando dice che Gesù, dopo le nozze di Cana, «discese a Cafarnao insieme con sua madre». Ma l'insistenza con cui il Vangelo accompagna con il verbo salire i suoi viaggi a Gerusalemme, più che alludere all'ansimare del petto o al gonfiore dei piedi, sta a dire che la peregrinazione terrena di Maria simboleggia tutta la fatica di un esigente itinerario spirituale.
Non vi sembra, carissimi confratelli e amici, che la Vergine Maria, più che la meta del nostro andare, sia proprio l'icona di quello che deve essere il nostro peregrinare, il nostro camminare; l'icona di un peregrinare che non sia un errare, non sia un andare allo sbando; l'icona del nostro essere pellegrini, anche noi svelti, «senza bisaccia, né denaro nella borsa, né tuniche, né bastone, ma soltanto con i calzari ai piedi», come dice il Vangelo? I calzari ai piedi sono il simbolo del viandante.
Mentre ci avviciniamo a Lourdes, a conclusione di questo rapido pensiero, vorrei elevare una preghiera alla Vergine santa a nome di tutti voi. Voi siete sacerdoti e volete bene al Signore; ci sono parecchi laici tra noi, anch'essi vogliono bene a Gesù e vogliono bene a Maria. Ma è molto facile che, nonostante la nostra tensione verso il Signore, qualche volta ci siano delle sbandate nella nostra vita; è facile che si cammini ma non si sappia bene dove andare, e che, lungo la strada, non si disponga di quei rifornimenti che ci vengono assicurati durante il nostro viaggio in treno. La sollecitudine di coloro che sovrintendono al servizio per assicurarci i confort necessari per un cammino spedito, e il bisogno di nutrirci che avvertiamo, da parte nostra, all'ora del pranzo, della cena o della colazione, bisogna saperlo trasferire anche nel viaggio della vita, in quel «cammina, cammina» che non è scandito dai biglietti del treno o dalle prenotazioni.
Preghiera alla Vergine della strada.
Vorrei rivolgere a nome di tutti una preghiera alla Vergine del cammino, della itineranza, della transumanza, alla Vergine dell'esodo e del deserto:
Santa Maria, Vergine della strada, come vorremmo somigliarti nelle nostre corse trafelate, ma noi non abbiamo sempre traguardi. Siamo pellegrini come te, ma senza santuari verso cui andare. Sì, oggi noi andiamo a Lourdes, come tante volte si va ai santuari di Santiago, di Czestochowa, di Loreto, ma i veri santuari non sono quelli dei viaggi organizzati ma quelli della vita, i santuari ultimi, che qualche volta ci sfuggono.
Siamo più veloci di te, ma il deserto ingoia i nostri passi. Camminiamo sull'asfalto, ma il bitume fa svanire le nostre orme. Siamo i forzati del «cammina, cammina», ci manca nella bisaccia da viandanti la carta stradale che dia senso alle nostre itineranze. Nonostante i raccordi anulari che abbiamo a disposizione, spesso la nostra vita non si raccorda con nessuno svincolo costruttivo. Così le nostre ruote girano a vuoto sugli anelli dell'assurdo, e ci ritroviamo inesorabilmente a contemplare gli stessi squallori.
E se questa non è proprio la nostra esperienza personale, quante volte ci è dato di coglierla nell'esperienza dei nostri parrocchiani, di tante persone che sono state affidate alla nostra cura pastorale. Quanto andare avanti senza traguardi, quanto girare a vuoto, quanta incapacità di raccordarsi con gli svincoli degli altri fratelli.
Madonna della strada, dona il gusto della vita a noi e a tutti i nostri amici: facci assaporare l'ebbrezza delle cose, offri risposte materne alle domande di significato circa il nostro interminabile andare. Se, sotto i nostri pneumatici violenti - come un tempo sotto i tuoi piedi nudi - non spuntano pi√π i fiori, fa' che rallentiamo almeno le nostre frenetiche corse, per goderne il profumo e ammirarne la bellezza.
Santa Maria, Donna del cammino, fa' che i nostri sentieri siano, come lo erano i tuoi, strumento di comunicazione con la gente, strumento di comunicazione e non nastri isolanti entro cui assicuriamo la nostra aristocratica solitudine.
Liberaci dall'ansia della metropoli e donaci l'impazienza di Dio, che ci fa allungare il passo per raggiungere i compagni di strada. L'ansia della metropoli invece ci rende specialisti del sorpasso. L'impazienza di Dio ci fa allungare il passo, l'ansia della metropoli ci fa diventare i progettisti, gli specialisti, gli esecutori spericolati del sorpasso. Siamo affetti da questa ansia della metropoli - che ci fa guadagnar tempo, ma ci fa perdere il fratello che cammina accanto a noi - anche noi sacerdoti: con il nostro correre di qua e di là, per rispondere a centomila interpellanze, non tutte di pari grado, a volte diventiamo girandole dell'affanno delle cose. L'ansia della metropoli ci mette nelle vene la frenesia della velocità, ma svuota di tenerezza i nostri giorni. Ci fa premere sull'acceleratore, ma la nostra fretta è vuota. Tu raggiungesti in fretta una città di Giuda, ma la tua fretta aveva i sapori dell'amore, i sapori della carità. L'ansia della metropoli comprime nelle sigle persino i sentimenti, ma ci priva della gioia di quelle relazioni corte che per essere veramente umane hanno bisogno del gaudio di cento parole.
Santa Maria, Donna del cammino, segno di sicura speranza e di consolazione per il peregrinante popolo di Dio, come dice la Lumen Gentium parlando di te.
Facci capire come dobbiamo cercare, più sulle tavole della storia che sulle mappe della geografia, le carovaniere dei nostri pellegrinaggi. È su questi itinerari che crescerà la nostra fede. Con le cartine geografiche è facile raggiungere i luoghi della nostra meta, del nostro andare; è più difficile, invece, ricercare i sentieri e le mete della nostra itineranza, sulle tavole della storia.
Prendici per mano allora e facci scorgere la presenza sacramentale di Dio, sotto il filo dei giorni, negli accadimenti del tempo: ecco la storia, ecco le cartine della storia. Facci scorgere la presenza sacramentale di Dio nel volgere delle stagioni umane, nei tramonti delle onnipotenze terrene, nei crepuscoli mattutini di popoli nuovi, nelle attese di solidarietà che si colgono nell'aria. Sono questi i nuovi santuari che dobbiamo visitare.
Rimettici in cammino, restituisci sapori di ricerca interiore ai nostri sussulti da turisti senza meta. E se ci vedi allo sbando sul ciglio della strada, fermati, Samaritana dolcissima, per versare sulle nostre ferite l'olio della consolazione e il vino della speranza.
Dalle nebbie di questa valle di lacrime facci “alzare gli occhi verso i monti, da dove ci verrà l'aiuto», come abbiamo ripetuto rievocando il Salmo 120.
Allora sulle nostre strade fiorirà l'esultanza del Magnificat, come avvenne in quella lontana primavera, sulle alture della Giudea, quando ci salisti tu.
Amen.
Tonino Bello.
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