Visita illustre e visita storica: un Cardinale francese e un futuro Papa.
del 07 dicembre 2006
Dal 1875 dopo il Beraldi più nessun Cardinale aveva  visitato l’Oratorio, finchè nel 1883, ci venne l’eminentissimo Enrico De Bonnechore, Arcivescovo di Rouen. Oggi col viavai continuo di alti personaggi è difficile comprendere quanta e quale impressione producesse allora in tutti la presenza di un Principe della Chiesa nella casa di Don Bosco. Il 4 ottobre quel venerando Porporato, di ritorno da Roma, si volle fermare a Torino, perchè desiderava di vedere Don Bosco e l'Oratorio. Disgraziatamente Don Bosco era fuori con tutti i membri del suo Capitolo; poichè, mentre presiedeva in S. Benigno un corso d'esercizi spirituali, teneva adunanze con i suoi consiglieri per l'assetto delle case nel nuovo anno scolastico, nè bastava il tempo perchè, avvisato telegraficamente, accorresse per fare gli onori di casa all'eminente visitatore. Dall'Oratorio mancavano pure gli studenti, che dovevano tornare a giorni dalle loro vacanze. Tuttavia il prefetto e gli altri confratelli prepararono in breve un ricevimento decoroso; per il che non ebbero a fare se non quanto avevano veduto praticarsi più volte in casi analoghi. Giovò anche il trovarsi presente un giovane sacerdote salesiano di nazionalità francese.
Sua Eminenza consentì di salire al primo piano, dove s'intrattenne a conversai e con i nostri sacerdoti che lo accom­pagnavano, informandosi di cento cose con vivo interesse. Poi, affacciatosi dal ballatoio, disse agli artigiani radunati nel cortile sottostante: - Miei cari giovani, ero venuto con l'intenzione di visitare Don Bosco e discorrere con lui; ma i suoi doveri lo tengono lontano di qui. Non potendo salutare il padre, godo di vederlo rispecchiato nei figli. Vi benedico tutti con il massimo affetto e prego Dio che vi colmi delle sue grazie e dia prosperità a questa casa e alle opere salesiane.
Per lasciarvi poi un ricordo del mio passaggio, vi dò una giornata di vacanza, rallegrata possibilmente da una gita. Così pure, poichè anche voi siete uomini e taluni potrebbero aver commesso qualche mancamento, io vi accordo amnistia completa, cancellando tutti i punti neri e condonando tutti i castighi. - I superiori prontamente assentirono e promisero di eseguire. Il Cardinale aggiunse ancora: - Metto però una condizione, o giovani, ed è che ognuno di voi dica secondo le mie intenzioni un Pater e un'Ave. - Acclamazioni e applausi accolsero le sue parole. Dall'alto egli benedisse i ragazzi; quindi scese, passò in mezzo a loro dando l'anello a baciare ed entrò nella chiesa. Uscendo disse che egli aveva in diocesi un antico santuario dedicato a Maria sotto il titolo di Auxilium Christianorum e che era una sorgente perenne di grazie spiri­tuali e temporali. Appresso visitò la tipografia, installata da poco nei locali di recente costruzione. Vi si stampava la gram­matica greca di Don Garino, della quale esaminò le bozze ; pose anche molta attenzione al funzionamento delle macchine e al lavoro dei piccoli operai.
Prima di lasciare la casa si compiacque d'indugiarsi ancora un poco nel parlatorio, continuando a chiedere informazioni su varie particolarità e mostrandosi da ultimo così soddisfatto, che gradì assai il diploma offertogli di Cooperatore Salesiano. Nell'atto di accomiatarsi promise che un'altra volta, ripassando per Torino, avrebbe preavvisato Don Bosco e raccomandò di dire a Don Bosco che egli pure, ritornando a Parigi, ne lo facesse avvertito. Ma il Cardinale aveva ottantatrè anni e il Servo di Dio non doveva più rivedere la capitale della Francia .
In quell'autunno vi fu un'altra visita che non fece alcun rumore in casa, ma che doveva avere conseguenze di altissimo valore. Quella volta Don Bosco c'era. Si presentò a lui un giovane sacerdote, slanciato della persona, dalla fronte ampia, dall'aria riflessiva, ponderato nel parlare e riverente nei modi. Dopo una conversazione che non andò solamente in convenevoli, il Servo di Dio disse al suo visitatore: - Ora lei, caro Don Achille, è padrone di casa. Mi rincresce di non poterlo accompagnare io, perchè sono molto occupato; non so neppure chi darle per guida, essendo anche tutti gli altri occupati. Lei vada, venga, veda tutto quello che vuole.
Don Achille Ratti che faceva le sue prime prove alla biblioteca Ambrosiana di Milano sotto la scorta del dottissimo monsignor Ceriani, desiderava di conoscere specialmente come fosse organizzata la scuola tipografica dell'Oratorio e in generale come funzionassero le scuole professionali. La tipografia con i suoi annessi e connessi, come la fonderia dei caratteri e la legatoria, lo interessò moltissimo. Quando rivide Don Bosco nel refettorio, interrogato da lui che cosa avesse veduto di bello, rispose: Vidi mirabilia hodie.
Era il tempo, in cui i Direttori della singole case si recavano alla casa madre per conferire con Don Bosco, esporgli le loro condizioni e i loro desiderata e riceverne consigli e conforti. Il Santo li riceveva alla buona là nel refettorio subito dopo il pranzo. Non appena l'ospite, che Don Bosco fermò a prendere il caffè, s'accorse che cominciavano tali udienze, mostrò premura di allontanarsi; ma Don Bosco: - No, no, gli disse, stia, stia pure. - Primo a entrare in colloquio fu un Direttore di Francia. Don Bosco stava in piedi, appoggiato alla tavola. Non erano tutte liete le cose che di mano in mano formavano l'argomento della conversazione; ma dall'aspetto di Don Bosco nessuno, come disse poi il suo ospite, avrebbe potuto indovinare, quando egli udisse buone o cattive notizie, tanta calma e serenità gli si leggevano sempre sul volto.
Succedette al francese un Direttore italiano, proveniente dalla Sicilia. Era certamente Don Guidazio, che da quattro anni dirigeva il collegio di Randazzo, l'unico esistente allora nell'isola. Bersagliato non poco dalle autorità scolastiche per motivi settari, egli descriveva drammaticamente nel suo pittoresco linguaggio soprattutto le vessazioni di un provveditore agli studi. Don Bosco, ascoltata ogni cosa, prese a dargli opportuni suggerimenti sulla condotta da tenere.
E se tutto questo non bastasse, conchiuse, digli pure che Don Bosco ha le mani lunghe e che può arrivare fino a lui.
Cosi Don Ratti, da buon osservatore, assisteva alla serie di quei rendiconti, fissando però la sua attenzione in special modo sul contegno di Don Bosco dinanzi a tanta varietà d'individui e di argomenti.
Nè siffatta confidenza accordata a un ospite sconosciuto si limitò a quel caso; ma per tutti i due giorni che quegli rimase nell'Oratorio, Don Bosco lo ammise nell'intimità della famiglia, trattandolo come uno de' suoi e lasciandolo libero di girare per la casa a osservare l'andamento e a prendere contezza di tutto quello che gli piacesse. Il che non mancò di produrre in lui un senso tal quale di stupore. Due cose intanto sono certe: che un sì breve spazio di tempo fu sufficiente al suo occhio sagace per misurare la personalità di Don Bosco e la portata della sua missione, e che le parole allora udite e le impressioni riportate non si cancellarono più dalla mente del futuro Pontefice, come ne fanno fede. Le sue reiterate testimonianze tanto in private che in pubbliche udienze.
Di parole udite non ne conosciamo molte, ma ne abbiamo a sufficienza per formare una bella collana. Don Ratti aveva un rammarico nel cuore: un giovane artigiano da lui raccomandato alcune settimane prima a Don Bosco, preso da nostalgia, se n'era fuggito dall'Oratorio. - Quanto mi rincresce, diss'egli, che il mio raccomandato mi abbia fatto fare una così brutta figura! C'è però la scusa che è un ragazzo poco intelligente. - Ma Don Bosco volle subito riabilitare il suo raccomandato e gli rispose sorridendo: - In quella circostanza diede la sua prima prova d'ingegno. Vedrà che nella vita saprà cavarsela e farsi strada. - La realtà confermò il pronostico; ma lì per lì Don Ratti non fece caso di quella ipotetica eventualità. Gli era piaciuta e l'aveva commosso la caritatevole prontezza delle sue prime parole e il gioviale commento, con cui tanto serenamente egli aveva messo il suggello all'episodio, pigliando motivo dalla scappata stessa per non disperare di quel giovane .
Amante della cultura, Don Ratti si rallegrava con Don Bosco del sapiente e ardimentoso sviluppo dato da lui all'arte tipografica nel suo Oratorio “mediante tutti i ritrovati più completi e moderni della meccanica ”. Il “caro ” Santo “ con quella sorridente bonomia e con quell'arguzia che tutti notavano sempre in lui ” gli rispose: - In queste cose Don Bosco vuol essere sempre all'avanguardia del progresso. E intendeva dire che nelle opere di propaganda tipografica e libraria non la voleva cedere a nessuno. Queste invero, afferma oggi il Pontefice, “furon proprio le opere della sua predilezione ” e formarono “ il suo nobile orgoglio ” .
Confidò pure al suo gradito ospite, che in un primo tempo egli si era sentito sospingere verso il lavoro scientifico e letterario o, come il Papa si esprime, “ nella direzione delle grandi comprensioni ideali ”. L'incontro con un uomo di libri e di biblioteca gli aveva fatto dire ancor più esplicitamente che egli da prima “ aveva un vasto piano di studi, un vasto piano anche di storiografia ecclesiastica; - ma poi, soggiungeva, ho visto che il Signore mi chiamava per altra via: mi mancava forse l'attrezzamento di spirito, d'intelligenza, di memoria - ”. Ma è opinione di Pio XI che egli fosse una di quelle anime che “ per qualunque via si fosse messa, avrebbe certamente lasciato grande traccia di sè ” .
Il Santo, che non si lasciava sfuggire occasione di parlare de' suoi Cooperatori, li chiamò in presenza di lui la sua longa manus, dicendo “con umile compiacenza ”, ma come fa chi “ vuol dare importanza ad altri ” anzichè a se stesso, che grazie appunto alla “ mirabile legione ”dei Cooperatori egli aveva “ le mani abbastanza lunghe da poter arrivare a tutto ” .
Dalle sue labbra il Papa attinse pure allora quanto stesse in cima ai suoi pensieri e agli affetti del suo cuore la composizione del deplorato dissidio che divideva in Italia lo Stato dalla Chiesa. La questione romana in quei mesi era tornata, come suol dirsi, di attualità. Pullulavano articoli e opuscoli con proposte più o meno strampalate sul modo di risolverla o pieni di astiose polemiche. Anche dagli Stati Uniti il New York Herald aveva incaricato un suo corrispondente in Italia di visitare i più illustri personaggi delle due Rome, studiare la reciproca posizione del Quirinale e del Vaticano e riferire. Ne venne così una lunghissima corrispondenza riassunta subito su parecchi giornali italiani ed esteri. Al grosso dibattito aveva dato origine una lettera aperta di Emilio Rendu, già Ispettore generale delle Università francesi, all'onorevole Ruggero Bonghi sopra lo scottante argomento .
Orbene Don Ratti vide in tale circostanza come Don Bosco vagheggiasse “non una conciliazione come che fosse, così come molti erano andati per molto tempo almanaccando, arruffando e confondendo, ma in modo tale che innanzi tutto si assicurasse l'onore di Dio, l'onore della Chiesa, il bene delle anime ” . Infatti lo udì deplorare certi avvenimenti, “ deplorare tanta manomissione dei diritti della Chiesa e della Santa Sede, deplorare che quelli che allora reggevano le sorti del paese non fossero rifuggiti da cammini che non si potevano percorrere se non calpestando i più sacri diritti”; onde implorava “ da Dio e dagli uomini qualche possibile rimedio a tanti guai, una qualche possibile sistemazione di cose, sicchè tornasse a splendere col sole della giustizia la serenità della pace negli spiriti ” . Perciò nell'Enciclica Quinquagesimo ante anno del 23 dicembre 1929, enumerando le consolazioni arrecatagli dall'anno giubilare della sua sacerdotale consacrazione scriveva: “Durante quella visita alla basilica di S. Pietro [la visita del 2 giugno nella beatificazione di Don Bosco] ci veniva in niente come per una speciale provvidenza dell'Autore di tutti i beni fosse avvenuto che il primo a cui decretammo gli onori celesti dopo che  avevamo concluso il patto della desideratissima pace con il Regno d'Italia, fosse Giovanni Bosco, il quale deplorando fortemente i violati diritti della Sede Apostolica, più volte si era adoperato, perchè, reintegrati tali diritti, si componesse amichevolmente il dolorosissimo dissidio pel quale l'Italia era stata strappata al paterno amplesso ”.
Passando ora alle impressioni ricevute dal giovane levita in quell'unico incontro col Servo di Dio, dobbiamo riconoscere che dovettero essere delle più profonde, se a tanta distanza di tempo gliene torna così vivo e tenero il ricordo. “Sono ormai quarantasei anni, diceva nel 1929 , e ci pale ieri, anzi oggi, di vederlo ancora così come allora lo abbiamo veduto e lo abbiamo ascoltato, sotto lo stesso tetto alla stessa mensa, ed avendo più volte la gioia di poterci trattenere lungamente con lui, pur nella ressa indescrivibile delle occupazioni ”. Più che passeggera conoscenza, egli chiama antica amicizia la sua relazione con Don Bosco, amicizia che glielo fa rivivere nel cuore con tutta la letizia, la giocondità, l'edificazione della sua memoria 3 . Si compiace pertanto il Santo Padre di essere non solo fra gli ammiratori di Don Bosco, ma di essere stato “ tra i suoi conoscitori personali, tra quelli che ebbero da lui stesso vivi e paterni segni di benevolenza e di paterna amicizia, come poteva esservi tra un veterano glorioso del sacerdozio e dell'apostolato cattolico ed un giovane sacerdote ” .
Non basta. Nel 1922, dopo rievocata la “ fortuna ” di aver non pure passato con Don Bosco poche ore, ma di essergli stato ospite per due giorni “partecipando alla sua, mensa penitente più che povera e giovandosi soprattutto della sua ispirata parola ”, aveva detto che godeva di sentirsi per questo in certo modo parte della sua grande famiglia . E diciassette giorni dopo aveva ripetuto : “Noi siamo con profonda compiacenza tra i più antichi amici personali del Venerabile Don Bosco. Lo abbiamo visto, questo vostro glorioso Padre e Benefattore, lo abbiamo visto con gli occhi nostri. Siamo stati cuore a cuore vicino a lui. É stato tra noi non breve e non volgare scambio di idee, di pensieri, di considerazioni. Lo abbiamo visto questo grande propugnatore dell'educazione cristiana, lo abbiamo osservato in quel modesto posto che egli si dava tra i suoi e che era pure un così eminente posto di comando, vasto come il mondo, e quanto vasto altrettanto benefico. Siamo perciò ammiratori entusiasti dell'opera di Don Bosco e siamo felici di averlo conosciuto e di aver potuto aiutare per divina grazia' col modestissimo nostro concorso l'opera sua ”. Onde non è da stupire che nel discorso dell'II maggio 1930 salutasse i due giorni trascorsi con Don Bosco corre “ giorni di gioia e di consolazione che solo può valutare chi ebbe quella divina ventura ”.
Che se poi dall'impressione generale scendiamo a impressioni particolari, troviamo che all'accorto osservatore nessuna sfuggì delle qualità caratteristiche nel nostro Santo. Sebbene infatti lo vedesse aggirarsi per casa “come l'ultimo venuto, come l'ultimo degli ospiti”, tuttavia al primo approccio egli aveva ravvisato in lui una “figura di gran lunga dominante e trascinante, una figura completa ” . Ne notò “l'energia di lavoro, l'indomabile resistenza alla fatica, fatica quotidiana e di tutte le ore da mane a sera, da sera a mane, quando occorreva ” ; “una vita di lavoro colossale che dava l'impressione dell'oppressione anche solo a vedere ” . Ne notò una delle più belle doti, vale a dire “l'esser presente a tutto ”, benchè “ affaccendato in una ressa continua, assillante di affanni, tra una folla di richieste e consultazioni” e intanto “ avere lo spirito sempre altrove, dove la calma era sempre dominatrice e sempre sovrana ” ; giacchè era una delle sue qualità più impressionanti “ una calma somma, una padronanza del tempo da fargli ascoltare tutti quelli che a lui accorrevano, con tanta tranquillità come se non avesse null'altro da fare* . Nel che lo vide assistito da “ una pazienza inalterabile, inesauribile ” e da “ vera e propria carità, sì da aver sempre egli un resto della propria persona, della mente, del cuore, per l'ultimo venuto e in qualunque ora fosse arrivato e dopo qualunque lavoro ” .
Ammirò poi in lui il “grande, fedele e veramente sensato servo della Chiesa Romana, della Santa Sede Romana ” . Sì, questa “fedeltà generosa ed animosa a Gesù Cristo, alla sua santa Fede, alla santa Chiesa, alla Santa Sede fu il privilegio ” esemplare che il Santo Padre potè “ leggere e sentire nel suo cuore ”, constatando “ come al disopra di ogni gloria egli poneva quella di essere fedele servitore di Gesù Cristo, della sua Chiesa, del suo Vicario ” .
Altra “impressione ancor viva nell'anima ” del Pontefice è ch'ei parve fin d'allora “un uomo invincibile, insuperabile,  perchè fermamente, solidamente fondato in una fiducia piena, assoluta nella divina fedeltà ” .
Lo colpì inoltre l'avere scorto in Don Bosco un abito sacerdotale, che era frutto di una perfetta preparazione. Parlando agli alunni dei pontifici seminari romani maggiore e minore il 17 giugno 1932, dopo aver accennato alla duplice preparazione che essi dovevano premettere al sacerdozio, preparazione cioè morale ed intellettuale, arrecò l'esempio di Don Bosco dicendo: “ Noi abbiamo potuto vedere molto da vicino il Beato, edificarci proprio in presenza dell'una e dell'altra preparazione e vedere tutto quello che non tutti ebbero il piacere di vedere anche tra i suoi figli. Giacchè la sua preparazione di santità, la preparazione di virtù, la preparazione di pietà, da tutti era vista, perchè era tutta la vita di Don Bosco: la sua vita di tutti i momenti era un'immolazione continua di carità, un continuo raccoglimento di preghiera; è questa l'impressione che si aveva più viva della sua conversazione: un uomo che era attento a tutto quello che accadeva dinanzi a lui. C'era gente che veniva da tutte le parti [ …..] ed egli in piedi, su due piedi, come se fosse cosa di un mo­mento, sentiva tutto, afferrava tutto, rispondeva a tutto e sempre in alto raccoglimento. Si sarebbe detto che non attendeva a niente di quello che si diceva intorno a lui: si sarebbe detto che il suo pensiero era altrove, ed era veramente così; era altrove: era con Dio in spirito di unione. Ma poi eccolo a rispondere a tutti, e aveva la parola esatta per tutto e per se stesso, così proprio da meravigliale: prima infatti sorpren­deva e poi meravigliava. Questa la vita di santità e di racco­glimento, di assiduità alla preghiera che il Beato menava nelle ore notturne e fra tutte le occupazioni continue e impla­cabili delle ore diurne. Ma sfuggì a molti quella che fu la preparazione della sua intelligenza, la preparazione della scienza, la preparazione dello studio, e sono moltissimi quelli che non hanno l'idea di quello che Don Bosco diede e consacrò allo studio. Aveva studiato moltissimo, continuò per molto tempo a studiare vastissimamente ”.
Finalmente, nel rievocare con tanta insistenza quella fortunata congiuntura, un'impressione dominante del Santo Padre è che fosse là un tratto della “ divina Bontà ”  e una “ mirabile disposizione di Dio ” , cosicchè fra “ le grazie più grandi della sua vita sacerdotale ” egli non esita ad annoverare il suo “incontro ” con Don Bosco . Nulla dunque vieta di ritenere che l'indimenticabile incontro non sia stato meramente fortuito o dovuto a circostanze puramente umane, ma predisposto ne' suoi arcani consigli dalla Provvidenza divina. Degni di nota sono un tratto cortese e una cortese espressione usati con lui dal Servo di Dio, quando si separarono per non mai più rivedersi.
Sul punto di prendere commiato, l'ospite voleva manifestare la propria soddisfazione anche col rimettere a Don Bosco una sua offerta; ma il Santo, cosa insolita, la ricusò dicendo: - Lei potrà essere utile in altro modo alla nostra Congregazione. - Non è nostro intendimento di attribuire a queste parole un significato che superi il valore di una squisita cortesia; nulla però ci vieta di conchiudere con un riflesso. Colui che aveva affidato all'umile sacerdote piemontese una missione di bene vasta quanto la Chiesa, guidò gli avvenimenti in guisa che quello de' suoi Vicari, a cui sarebbe toccato il cómpito di apporre a detta missione il suggello del supremo riconoscimento, scoprisse per tempo e valutasse da vicino i tesori di grazia versatigli dallo Spirito Santo in seno.
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