Le ultime difficoltà per la comunicazione dei privilegi.
del 12 dicembre 2006
 Fallite le pratiche dirette del 1875 per ottenere dalla Santa Sede la comunicazione dei privilegi, Don Bosco, senza turbarsi né disperare, ma fedele al suo programma di girare le difficoltà che non poteva prendere di fronte, si studiava di raggiungere a poco a poco per diverse vie il suo intento. Col crescere e dilatarsi della Congregazione egli sentiva ognor più quanto importasse metterla nel pieno possesso della sua personalità giuridica. Nelle condizioni d'allora l'esperienza quotidiana gli aveva dimostrato e gli veniva dimostrando quali inconvenienti le derivassero dall'essere così alla mercé degli Ordinari locali: pur con le migliori intenzioni del mondo troppe volte si finiva con incepparne la ragionevole libertà o si tendeva ad alterarne la vera fisionomia. Egli invece aveva bisogno di renderne il corpo sì ben compatto e omogeneo, che, sotto qualunque cielo, essa fosse in grado di esplicare la sua azione non impacciata da pregiudizievoli pastoie e in perfetta uniformità di spirito. Per forza di cose gli doveva dunque sembrare incompleta sua istituzione fino al giorno in cui non le vedesse riconosciuta legittimamente quell'autonomia, che con tanto loro vantaggio godevano le altre grandi famiglie religiose.
E grande fra le grandi a lui si prospettava nell'avvenire la Società Salesiana. Siffatta grandezza, che non era punto un mistero per lui, non balenava ancora alla mente di tutti gli osservatori, e questa fu la causa precipua che rattenne sulle prime le competenti autorità dall'accordare alla Congregazione di Don Bosco il crisma dei privilegi. Che su questa causa abbiano poi agito sinistramente da altre parti anche forze eterogenee, é cosa che non sorprende lo storico, avvezzo a muoversi fra il cozzo incessante di quelle umane debolezze, a cui si dà il nome di passioni, n é tanto meno può sorprendere l'agiografo, il quale non ignora come per multas tribulationes la Provvidenza soglia affinare la virtù de' suoi Santi per condurli alle vittoriose conquiste in servizio del regno di Dio.
Nonostante la sua calma inalterabile, Don Bosco non nascondeva neppure una certa fretta di giungere a capo del suo disegno. Sentendosi venir meno la vita, gli premeva senza dubbio di fare in tempo ad assistere i suoi nei primi esperimenti della totale esenzione canonica. Anche questa considerazione valga a spiegare la tenacia inflessibile, con la quale perseguì il suo scopo, per quante contrarietà si levassero ad attraversargli il cammino. Il fatto poi che, non appena s'infransero le ostilità torinesi, i suoi sforzi furono coronati da trionfale successo, é la prova migliore che mancavano vere ragioni per contrariare la sua causa.
Dopo il rigetto delle prime domande ripetutamente presentate nel 1875, Don Bosco si contentò di ottenere dal sempre benevolo Pio IX favori isolati e temporanei, accordatigli con le minori formalità possibili. Poteva così usare di tre importantissimi privilegi che erano: 1° I diritti parrocchiali, esercitati dai direttori verso i loro sudditi dimoranti nelle rispettive case; 2° l'extra tempus per i chierici salesiani; 3° la dispensa dalle lettere testimoniali dei Vescovi per l'ammissione di postulanti al Noviziato. Queste facoltà erano state concesse nel 1876. Le prime due dovevano durare tre anni nell'Italia e cinque fuori; la terza non aveva limite di tempo. Spirato il triennio di quelle due, era stata fatta domanda di proroga; diciamone subito i risultati. Per l'esercizio dei diritti parrocchiali bisognò insistere a lungo, finché con Breve 21 marzo 1882 fu rinnovata la concessione triennale e quinquennale, come nel 1876. Per l'extra tempus non si ottenne, nulla fino al 1884. Nel 1881 l'Arcivescovo di Messina interpose una sua calorosa raccomandazione, specialmente nell'interesse del collegio di Randazzo; ma fu senza pro.
Per la terza grazia l'affare si complicava, essendo stata revocata quattro anni avanti in modo alquanto drammatico. Ce ne ha lasciato Don Bosco stesso il racconto, scrivendo nel 1882: “Sono cinque anni da che [il sig. Card. Ferrieri] si degnò di ricevermi. D'allora in poi malgrado ogni dimanda, ogni lettera, non ho più potuto ottenere né udienza né risposta per iscritto. In quella unica udienza mi rimproverò l'accusa che faceva l'Arcivescovo di Torino, che non si domandavano le lettere testimoniali nell'accettare in Congregazione. Ho risposto che tali testimoniali si chiedevano sempre; ma quando nascevano difficoltà, lo mi serviva della facoltà concessa dalla Santa Sede di farne a meno.
” - Chi concedette questa facoltà? rispose alquanto incollerito.
” - Il Santo Padre, risposi, il benemerito Pio IX. Tutta la pratica sta ai Vescovi e Regolari, ed io ne ho copia autentica.
” - Da questo momento cessa questa facoltà, e si guardi dal servirsene in avvenire.
”Io non so se un Prefetto di Congregazione abbia la facoltà di sospendere un favore così formalmente concesso. Comunque sia, io mi sono limitato a rispondere che mi rimetteva ai suoi ordini, e non mi sono mai più servito del privilegio mentovato.”
Così stavano le cose, quando nel suo viaggio del 1881 a Roma il Servo di Dio volle rimettersi all'opera per vincere le resistenze che si opponevano alla comunicazione dei privilegi. Vi aveva fatto precedere un lavoro preparatorio. Per mezzo del suo segretario Don Berto, pratico di simili ricerche e compilazioni, aveva compilato e dato alle stampe un opuscolo contenente i documenti dei favori e delle grazie concesse da Pontefici e da Vescovi alla pia Società Salesiana. La raccolta si apre con i primi favori spirituali largiti da Gregorio XVI il 18 aprile 1845, estensibili a cinquanta Collaboratori, e si chiude con le facoltà accordate di fresco dal Vescovo di Fréjus e Tolone e dal Vescovo d'Ivrea ai Salesiani residenti nelle due diocesi. Don Bosco, volendo che il frutto di questa fatica ridondasse anche a vantaggio dei Confratelli, distribuì il libretto alle case, premettendovi la seguente lettera per indicarne l'uso pratico.
 
Figliuoli in G. G. Carissimi,
 
Desideroso di facilitarvi la conoscenza e la pratica dei Favori benignamente concessi dalla S. Sede alla nostra pia Società, giudico opportuno, che tali Concessioni siano qui stampate a comune vantaggio. Questi Favori sono preziosi doni, che la S. Sede largisce agli Istituti religiosi, che può modificarli od ampliarli ogni qualvolta si giudica della maggior gloria di Dio. Perciò dobbiamo valercene dove sia d'uopo, e professare al Capo Supremo della Chiesa la più profonda gratitudine e la più rispettosa venerazione.
Da essi appare, come la nostra Congregazione, nel suo primo decennio, consisteva nella persona del suo Direttore coadiuvato da alcuni sacerdoti e laici. In capo a quel Sacerdote erano fatte le concessioni Diocesane e Pontificie.
Nel 1852 fu costituito il Capo della medesima con tutte le necessarie facoltà.
Nel 1858 cominciò di fatto a prendere aspetto di Congregazione Ecclesiastica, che dopo sedici anni di studio e di prova venne definitivamente approvata nel 1874.
Affinché poi tali privilegi o favori ottengano il loro fine, é bene che ognuno ritenga:
1° Di approfittare dei favori spirituali, senza eccezione, quando questi si riferiscono al vantaggio spirituale dell'anima nostra, come sono le sante indulgenze;
2° Se ne faccia uso moderato e prudente nell'interno delle nostre case e delle nostre Cappelle private;
3° Ma siano usati colla massima parsimonia quando questi si riferiscono all'autorità degli Ordinarii. A questi sia costantemente in ogni cosa prestato ossequio, obbedienza e venerazione.
Questi Rescritti, Decreti e Brevi furono attentamente confrontati coi rispettivi originali e trovati concordi coi medesimi.
La traduzione de' medesimi fu fatta e riveduta da idonei professori della nostra Congregazione.
Ma siccome nella pratica esecuzione di essi possono incontrarsi non lievi difficoltà, così se ne sta preparando la spiegazione intorno al modo più esatto e sicuro, affinché si possa viemeglio conseguire il fine proposto dalla S. Sede, che é la maggior gloria di Dio e il bene delle anime.
Vivete felici e la grazia di N. S. Ges√π Cristo sia sempre con noi.
 
Sac. GIOVANNI Bosco.
 
Che cosa egli abbia fatto di positivo a Roma in riguardo alla comunicazione dei privilegi durante il soggiorno del 1881, a noi non risulta da nessuno dei documenti che abbiamo potuto consultare; ci sembra che in quel primo tempo abbia lavorato soprattutto a guadagnarsi l'animo di prelati influenti per averli poi favorevoli nel momento opportuno. Di certo sappiamo solo che, vicino a muovere dalla Liguria verso Roma, si fece mandare da Torino e portò seco, oltre la pubblicazione suddetta, i documenti originali riferentisi ai tre privilegi or ora mentovati. Dopo quella primavera ci tocca fare un balzo fino all'autunno per trovare notizie sicure. La circostanza che riferiremo, quasi ci commuove, mostrandoci a quali amminicoli si dovesse appoggiare per giungere una buona volta all'appagamento de' suoi voti.
Ricordino i lettori le affannose supplicazioni dell'Arcivescovo di Messina, perché Don Bosco gli rialzasse il seminario. Orbene, quando le istanze del Prelato sembravano proprio scritte con le lacrime, Don Bosco gli pose innanzi un patto: Sua Eccellenza gli ottenesse la comunicazione dei privilegi ed egli avrebbe mandato i Salesiani nella sua città. “Condizione scabrosetta!” rispose l'Arcivescovo, che però soggiunse: “Io farò, metterò Roma sottosopra […]. Abbia intanto la bontà di dirmi chi sia il contrario e l'oppositore in Roma e quali siano i suoi argomenti […]. Si degni dirmelo per mia regola, poiché davvero metterò ogni impegno.”
Andato a Roma in novembre, l'Arcivescovo mantenne la parola. Anzitutto si diede premura d'informarsi come stessero le cose sulla comunicazione dei privilegi alla Congregazione Salesiana; ma purtroppo dovette subito persuadersi, che, opponendosi il Cardinale Prefetto dei Vescovi e Regolari, poco o nulla vi era da sperare. Tuttavia nell'udienza accordatagli dal Santo Padre, condusse bel bello il discorso al punto voluto. Ai suoi elogi sulle benemerenze dei Salesiani il Santo Padre rispose con elogi; udita però la menzione dei privilegi, osservò che gli altri Ordini religiosi li avevano ottenuti dopo secoli di meritorii lavori e che la Congregazione Salesiana, recente com'era, doveva lavorare ancora per ottenerne la partecipazione.
Replicare l'Arcivescovo non poteva; ma Don Bosco gli rimise una supplica, pregandolo che la presentasse egli stesso a Sua Santità.
“Creda pure, gli rispose Monsignore, ch'Ella forse tra i Salesiani soltanto potrebbe trovar persona più impegnata di me in vantaggio suo e del suo insigne Ordine, seppure il mio interessamento sia capace di confronti. Parlo col cuore sulle labbra. Le difficoltà ch'Ella incontra qui, partono da Torino.”
Consigliatosi pertanto, come già la prima volta, col cardinale Nina, se, tornando dal Santo Padre, dovesse rientrare in materia e presentare la supplica, sembra che ne venisse dissuaso e ne ricevesse invece il suggerimento di passare dal cardinale Ferrieri. Andò, ma non lo trovò in casa. Ne fu dolentissimo, perché avrebbe voluto sentire dalla stessa sua bocca qualche cosa, e d'altra parte non poteva fermarsi ulteriormente a Roma; consegnò nondimeno alla segreteria della Sacra Congregazione la supplica di Don Bosco. “Sia compiacente, scrisse quindi a Don Dalmazzo, ossequiare per me il sig. Don Bosco e dirgli quante scale ho salite, quante anticamere ho fatte, quanti andirivieni per servirlo; l'ho fatto con intimo amore, e sono amareggiatissimo di non aver potuto sentir l'esito.”
Lo zelo di monsignor Guarino aveva richiamato l'attenzione sulla facoltà esercitata da Don Bosco di rilasciare le dimissorie ai chierici salesiani per le sacre ordinazioni.
Per qual motivo ci si sia pensato proprio allora, noi non sapremmo dire con precisione; il fatto é che poco dopo la partenza di monsignor Guarino da Roma pervenne a Don Bosco un richiamo.
In data 28 dicembre monsignor Agnozzi, segretario dei Vescovi e Regolari, gli scriveva: “Interessa a questa Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari avere certa notizia del privilegio ed indulto in forza del quale la S. V, rilascia le lettere testimoniali per l'ordinazione in Sacris ed inclusive ad Presbyteratum, dei professi della sua Congregazione. Sarà quindi compiacente di trasmetterne al Sacro Consesso un esemplare”. Sebbene non abbiamo rinvenuti i termini della risposta, il suo tenore non ci può essere dubbio. Il 3 aprile del 1874, con rescritto firmato dal cardinale Bizzarri, allora Prefetto di detta Congregazione, il Santo Padre Pio IX, annuendo a una supplica di Don Bosco, gli aveva benignamente conceduto tale facoltà per un decennio. La cosa non ebbe seguito, forse perché si volle lasciare che spirasse il decennio o perché la ripresa della pratica per i privilegi in genere fece sospendere la decisione sopra un privilegio speciale.
Il Servo di Dio agì direttamente nel 1882 per la comunicazione dei privilegi ad instar, come si dice in linguaggio canonico. Recatosi anche quell'anno a Roma e ricevuto in privata udienza da Leone XIII, perorò a viva voce la sua causa. Il Papa non gli si manifestò contrario, ma gli rispose che andasse da monsignor Masotti, novello segretario dei Vescovi e Regolari, e gli dicesse di parlargliene in una delle ordinarie udienze. Pochi giorni dopo il cardinale Bilio, vescovo di Sabina e tanto benevolo ai Salesiani, rifece presente al Papa il desiderio di Don Bosco, riportandone l'impressione che Sua Santità inclinasse a contentarlo. Un terzo assalto fu dato da Don Bosco medesimo, con una supplica da lui stesa in lingua latina, per suggerimento forse di monsignor Segretario. Il Papa la lesse durante un'udienza al cardinale Nina, lodando il latino, che disse semplice e chiaro, ma insieme pulito. Poi chiese all'Eminentissimo: - Sa Ella chi abbia scritto questo foglio?
- L'ha scritto Don Bosco, rispose il Cardinale.
- Possibile? esclamò il Papa. Ma Don Bosco non ha fatto studi.
- Eppure l'ha scritto lui.
Nel riferire a Don Bosco questo dialogo, il Cardinale gli domandò se avesse studiato belle lettere. - Sì, gli rispose Don Bosco. Ho letto tutti i classici latini e nei migliori commenti. - Quindi prese a tirar giù la filastrocca delle opere e degli autori, finché il Cardinale: - Basta, basta! gli gridò, agitando le braccia. Voglio dirlo al Santo Padre.
Nella sua supplica il santo Fondatore, rappresentato lo sviluppo della Società nei nove anni che seguirono la definitiva approvazione, e dedottane l'urgente necessità di  accordarle la comunicazione dei privilegi, necessità della quale esponeva distintamente le ragioni in un foglio a parte, chiedeva che fossero comunicati quelli concessi da Leone XII il 12 settembre 1826 agli Oblati di Maria Vergine, fondati dall'abate Lanzeri. Tali privilegi erano identici a quelli goduti dai Redentoristi e parevano i più consoni alla natura e al fine della Congregazione Salesiana.
Sollecitamente Don Bosco dopo l'udienza pontificia erasi recato alla Cancelleria per conferire con monsignor Masotti, che trovò molto premuroso e che quasi fu spiacente di essere stato prevenuto, mentre in giornata sarebbe egli stesso passato da lui. Infatti il Papa gli aveva già chiesto se avesse parlato con Don Bosco; e alla sua risposta negativa aveva soggiunto: - Ebbene, ve lo raccomando. Povero Don Bosco! Gli voglio bene. Guardate di consolarlo. - Ciò riferito, Monsignore gli suggerì di non farne motto con nessuno, ma di lasciare il tutto nelle sue mani. Il Servo di Dio si limitò a rispondergli che qualora occorressero spiegazioni o informazioni, le chiedesse pure al cardinale Bilio, il quale conosceva assai bene le cose dei Salesiani. Dal cardinale Nina egli seppe quindi in via confidenziale che il Papa aveva nominata segretamente una Commissione cardinalizia composta degli Eminentissimi Sbarretti, Martinelli e Zigliara per lo studio della questione.
Don Bosco partì da Roma il 9 maggio con buone speranze in cuore; da Torino però sebbene si fosse nella fase più acuta della causa di Don Bonetti, non lasciava raffreddare la pratica. Monsignor Masotti voleva che egli specificasse gl'invocati privilegi in un'esposizione completa e documentata. Non era faccenda che si potesse sbrigare in breve tempo; tuttavia egli rispose abbastanza presto, scrivendo a Don Dalmazzo: “Ecco le carte richieste per la dimanda di privilegi. Porterai ogni cosa al Card. Vicario e poi da Mons. Masotti. Quindi sapere se debbonsi stampare o soltanto alcuni. Tienmi a giorno di tutto e ti dirò come regolarti.”
Fatta da poco questa spedizione, ecco giungergli all'orecchio una musica né nuova né troppo allegra. “Molte pie società, scriveva l'avvocato Leonori, sono state erette in questi ultimi tempi come la sua, tutte di voti semplici, e non tutte hanno tutti i privilegi; anzi, soggiungo che nessuna ha tutti i privilegi […]. Io Le proporrei che prendesse le costituzioni dei Padri Passionisti, i quali a preferenza degli altri istituti godono i privilegi, li esaminasse, e si appropriasse quelli che crede utili per la sua società, e quelli chiedesse […]. Per la concessione di questi privilegi vi è contraria presunzione, e vi sono oppositori tremendi […].”
Don Bosco parve non fare gran caso di queste malinconie; infatti sul finire di luglio scuoteva il suo Procuratore, scrivendogli: “L'affare dei nostri privilegi dorme? Se non si batte il ferro quando é caldo, si lavora inutilmente. Passa da Mons. Masotti, porta i miei sentimenti di ossequio e pregalo a direi che debbo fare o preparare. Se vi sono difficoltà, e quali. Sono le cose promesse dal S. P. e da M. Masotti.
Abbi pazienza. Se fa caldo, prenditi una vettura di ghiaccio e trotta.”
Ma tutto sembrava ormai inutile. Il giorno stesso che Don Bosco spronava così da Torino il Procuratore, questi da Roma gli notificava che la comunicazione dei privilegi ad instar non si concedeva; che perciò spedisse a monsignor Masotti una nota distinta di privilegi desiderati, e la spedisse ben formulata e documentata molto prima che cominciassero le ferie; Monsignore si sarebbe adoperato a tutt'uomo per il conseguimento.
Si vede però che Don Bosco, non aveva ancora perduto ogni speranza. Infatti, non avendo ancora ricevuto partecipazione ufficiale in contrario, il 4 agosto scrisse al cardinale Nina:
 
Eminenza Rev.ma,
 
... Io ho mandato l'esposizione per dimanda della comunicazione dei privilegi, e mi sono tenuto alle formole già vedute dalla E. V. e ripetutamente approvate dal S. Padre. Ma ora Monsig. Masotti disse a Don Dalmazzo che fa d'uopo specificare quali privilegi si vogliano dimandare. Se dimandiamo soltanto alcuni privilegi, noi saremo, come in passato, ad ogni momento incagliati.
Se la S. Sede vuole mettere i Salesiani in uno stato normale e non esporli ad ogni momento negli imbarazzi é indispensabile una comunicazione formale dei privilegi, come furono concessi ai Passionisti, ai Redentoristi, agli Oblati di Maria ed ai Rosminiani e come godono le Congregazioni ecclesiastiche definitivamente approvate dalla S. Chiesa.
Qualora poi fosse deciso di non concedere tale comunicazione, ma solamente alcuni privilegi in particolare, dovrei per forza piegarmi.
Ma in questo caso dovrei formare la mia supplica in altro modo. Spero però che i buoni uffizi di V. E. presso al S. Padre riusciranno ad ottenermi quello che tutte le Congregazioni ecclesiastiche di questi nostri paesi hanno goduto e godono dal tempo della loro definitiva approvazione.
Don Dalmazzo passerà da V. E. e metterà in pratica que' consigli che si degnerà di suggerire al medesimo.
Mi voglia perdonare la mia brutta scrittura. Non posso fare meglio e non desidero passare per terza mano.
Colla massima venerazione ho l'alto onore di inchinarmi e professarmi della E. V. Rd.ma
Obbl.mo servitore
Sac. Gio. Bosco.
 
PS. Della citata mia esposizione avvene soltanto una copia; se é mestieri, mi si dica e la farò stampare.
Poi, pur provvedendo nel senso indicatogli, all'appressarsi della festa di San Gioachino che cade il 19 agosto, scrisse, come se nulla fosse, al Procuratore: “ Mando qui gli augurii nostri pel Santo Padre. Se puoi leggi, e poi o tu stesso, o per mezzo di Mons. Boccali, o del Cardinale Nina falli trasmettere a Stia Santità. In caso estremo si metta tutto alla posta. Desidero molto sapere notizie
di tua sanità e di quella degli altri. Risparmia niente per conservarla. Ho fatto un estratto di alcuni privilegi dall'elenco di quelli dei Liguorini, Passionisti e Lazzaristi, e ciò pel caso che andasse al vento la dimanda ad instar. Avrai tutto entro due giorni. Nota però che il vento anche soffiando, qualche cosa lascia sempre cadere.”
I privilegi così estratti erano novantaquattro. Nell'incartamento qui accennato accluse la seguente lettera per monsignor Masotti.
 
Eccellenza R.ma,
 
Mi fo ardito di scrivere alla E. V. non in modo ufficiale, ma in modo figliale e rispettoso come chi desidera di fare un po' di bene, ma secondo i santi voleri del Sommo Pontefice, che per me sono un precetto. Ella pertanto mi faccia da padre. Nell'ultimo passato aprile in una udienza che Sua Santità degnava concedermi, dopo aver intesi i gravi imbarazzi in cui si trovava l'umile nostra pia società di fronte alle altre Congregazioni e dirimpetto ad alcuni Ordinarii diocesani, Sua Santità mi lasciava sperare la comunicazione dei privilegi ad instar. A tale fine io formolavo rispettosa posizione da umiliarsi alla S. Congregazione dei Vescovi e Regolatori di cui V. E. é sostituto degnissimo. Ma testé mi fu osservato che la communicazione si suole difficilmente concedere dalla Santa Sede; perciò ho estratto quei privilegi e facoltà che mi sembrano indispensabili affinché la nostra Congregazione possa compiere il suo fine e sostenersi nelle diverse diocesi e parrocchie, specialmente nelle estere missioni, che in questo momento formano l'oggetto principale della nostre sollecitudini e che sono caldamente raccomandate dal Santo Padre.
L'Esposizione coi relativi documenti sono stati riuniti e presentati a questa autorevole e sacra Congregazione. Perciò se occorresse qualche schiarimento relativo, la prego a voler indicare al nostro Procuratore Generale Don Dalmazzo che si farà premura di cercarlo o in qualche maniera di provvederlo.
Io metto questa pratica sotto la benevola protezione dell'E. V. La domanda é certamente di urgenza. Le nostre missioni in America si moltiplicano ogni giorno. Vi sono delle case che dalle altre distano quasi due mesi di cammino. Come mai poter stabilire delle norme certe ed invariabili, se prima non sono stabilite e regolate dalla Santa Sede?
Mi perdoni la confidenza con cui Le scrivo.
Come piccolo segno della incancellabile nostra gratitudine, tutti i Salesiani pregheranno tanto per Lei e con noi pregheranno i 150 mila allievi che la Divina Provvidenza ci volle affidare
Mi raccomando alla carità delle sante sue preghiere, mentre ho l'alto onore di potermi professare con profonda venerazione della E. V. Reverendissima.
Torino, 21 agosto 1882.
 
Mandò pure copia della nuova proposta al Cardinale Protettore, con la seguente presentazione.
 
Eminenza Reverendissima,
 
Mi fo dovere di mandare a V. E. R.dma una copia della nuova proposta: dimandare non più ad instar ma “speciatim” dei privilegi più indispensabili. Temo che anche questi pochi trovino difficoltà. Mons. Masotti si mostra assai ben disposto.
Dagli uniti scritti la E. V. ove occorra può vedere quanto siasi fatto. Sono qui nella casa di S. Benigno per una muta di esercizi spirit. pei nostri Sacerdoti.
Tutti facciamo umili preghiere per la E. V. ma ci raccomandiamo per una speciale benedizione mentre con gratitudine profonda mi inchino e mi professo
Della E. V. Rd.ma
S. Benigno Canavese, 3 settembre 1882.
Obbl.mo servitore
Sac. Gio. Bosco.
 
In forma ufficiale Don  Bosco faceva la presentazione dei documenti al Papa con una breve e umile supplica in latino, nella quale non mancava pure un cenno, meno esplicito però che non qui sopra, alla comunicazione ad instar, quasi volesse blandamente mostrare che non dimenticava le buone parole avute nel suo ultimo viaggio a Roma.
Ma anche per i privilegi limitati la risposta della Sacra Congregazione fu un dilata, cioè a miglior tempo. Vi venne inoltre a conoscere da buona fonte avere il cardinale Ferrieri detto al Papa che, invece di concedere ai Salesiani dei privilegi, intendeva di mandare a tutti i loro istituti una visita apostolica; alla quale minaccia essersi risposto dal Papa: - Oh! questo poi non lo permetterò giammai assolutamente!
Del cardinale Ferrieri Don Dalmazzo sperimentò la severità in un'udienza della fine di novembre. Senza mostrar di conoscere il risultato dell'ultima domanda, il Procuratore lo pregò a nome di Don Bosco che gliene dicesse qualche cosa. Il Cardinale gli rispose secco di non saperne niente. Insistette l'altro con dire che monsignor Masotti doveva avergliela presentata. Sua Eminenza replicò: - Io non me ne sono occupato; quando arriverà monsignor Masotti, provi a interrogarlo. - Rimasero muti un istante entrambi. Gli occhi del Cardinale fissavano l'interlocutore con fierezza scrutatrice. Questi, punto intimidito, ripigliò: - Il mio venerato Superiore Don Bosco, non avendo potuto ottenere l'onore di essere ammesso alla presenza dell'Eminenza Vostra, bramerebbe sapere se vi ha qualche cosa a notare sulla nostra Congregazione, ché volentieri ne riceverebbe le osservazioni ed i consigli. - Un'occhiata fulminante fu la risposta. E poi, visto che Don Dalmazzo faceva atto di alzarsi, esclamò ironicamente: - Don Bosco ha trattato cavaliérement! - In così dire lo accompagnava alla porta, mandandogli dietro a voce alta questo saluto: - Don Bosco non ha spirito religioso. Aveva ben ragione monsignor Masotti di dire poco dopo a Don Dalmazzo che trovava il cammino irto di spine e che conveniva andare adagio e che dando tempo al tempo tutto si sarebbe fatto.
Non passò un mese che Don Bosco ricevette dalla Santa Sede un segno di fiducia del quale si valse per ribadire la sua argomentazione in favore dei privilegi. Il Vescovo di Mantova monsignor Berengo, angustiato per non trovar modo di soccorrere a stringenti bisogni spirituali del suo gregge, era pronto a fare qualunque sacrifizio pur di avere a sua disposizione alcuni sacerdoti da mandare dove più forte si sentiva il disagio dai fedeli. Ricorse dunque al Santo Padre per avere un gruppo di religiosi provenienti da vari Ordini o Congregazioni. Non piacque al Papa l'idea di tale miscuglio, ma volle che i desiderati operai fossero tutti Salesiani; nel qual senso fece scrivere a Don Bosco. Eseguì l'incarico monsignor Boccali, usando termini del più alto encomio per la nostra Società e spiegando così il pensiero del Papa: “Il Santo Padre, facendo assegnamento sulla docile deferenza della S. V. anche ai suoi desideri, ritiene per certo che la S. V. si darà tosto premura di secondare questo che io le ho esposto e che é, potrei dire, più che un desiderio di Sua Santità.” Veramente non era cosa che rispondesse allo scopo della Congregazione; ma l'affare si presentava oltremodo delicato. Don Bosco, quando poté trattarne con il suo Capitolo, rispose così a monsignor Boccali:
 
Eccellenza Rev.ma,
 
Con tutta venerazione ho ricevuto la rispettabile lettera con cui V. E. Rev.ma mi manifesta il desiderio di Sua Santità, che vorrebbe fossero inviati alcuni salesiani ad esercitare il Sacro Ministero nella diocesi di Mantova. Prima di deliberare in proposito ho radunato il nostro Capitolo a viemeglio esaminare diligentemente se in qualche casa della Congregazione esistessero soggetti idonei all'importante ufficio cui sarebbero destinati. Tutti siamo mossi dalla più viva brama di accondiscendere alla proposta, ma ci troviamo pur troppo nelle difficoltà per la scarsità di personale nelle singole case dei salesiani. Egli è per questo motivo che in questo anno abbiamo già dovuto sospendere la spedizione di nuovi missionari in America in aiuto delle case aperte ed anche per prendere la direzione di quelle cui niente più manca che il sospirato personale.
Ciò nulladimeno secondo il parere della E. V. ho tosto iniziate pratiche col Vescovo di Mantova e con lui studieremo di fare in modo, che almeno qualche cosa sia cominciata in ossequio ai venerati pensieri del Santo Padre.
Debbo qui confessare che i soggetti disponibili sarebbero in assai maggior numero, se questa nostra Congregazione si trovasse in condizione meno anormale, come prendomi la libertà di notare a parte alla E. V. come a benemerito cooperatore salesiano. Ella potrebbe di ciò dare comunicazione allo stesso S. Padre, se nella illuminata sua prudenza giudica opportuno di farlo.
M permetta poi di raccomandare alla carità di V. E. questa povera Congregazione. Ringrazio Lei e per mezzo di Lei il S. Padre che ha Voluto darci questo segno di stima e di benevolenza, mentre colla più profonda gratitudine ho l'alto onore di professarmi
Della E. V. Rev.ma
Torino, 12 dicembre 1882.
Dev.mo Servitore
Sac. Gio. Bosco.
 
Don Durando con validi argomenti persuase il Vescovo di Mantova ad aspettare che circostanze pi√π propizie permettessero di far paghi i suoi voti.
Conchiudiamo. Per allora di totale o parziale concessione di privilegi non era più da parlare. Quanto all'avvenire, monsignor Segretario della Sacra Congregazione diceva di dar tempo al tempo; l'Eminentissimo Segretario di Stato confermava essere questione di tempo, date le favorevoli disposizioni del Papa. Lo stesso Santo Padre disse a Don Dalmazzo: - Avete nemici e bisogna che camminiate coi calzari di piombo, perché in Roma si dà corpo anche alle ombre.
A dire l'ultima parola sarà proprio il tempo, il quale anche questa volta si mostrerà galantuomo e dopo un corso assai più breve che non si sarebbe mai potuto immaginare.
 
 
 
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