D. Bosco a Cozzano Presso il Vescovo di Novara: il pane della Provvidenza: una volontà irresoluta - Lettera di D. Bosco: chierici che si preparano agli esami di Belle Lettere: timori del colera: egli andrà a Vignale - Visita ad un monastero in discordia col Vescovo - D. Provera è mandato da Lanzo a Mirabello: restano i soli chierici alla direzione dei Collegio - Il colera in Ancona - D. Bosco scrive al Ministero dell'Interno e al Card. Antonucci, offrendosi a dar ricovero a molti giovani rimasti orfani - Dal Ministero si chiede a D. Bosco con quali condizioni intenda offrire il ricovero - Il Prefetto di Ancona telegrafa ringraziando e accettando l'offerta di D. Bosco - Lettera di ringraziamento a Don Bosco della Commissione di Pubblico Soccorso - Lettera del Cardinale Antonucci - Oblazione di un Siciliano a D. Bosco per gli orfani d'Ancona.
del 06 dicembre 2006
 Distribuiti solennemente i premii agli alunni, D. Bosco si affrettò ad intraprendere alcuni viaggi per facilitare lo spaccio dei biglietti della lotteria e per altri affari.
Il 2 agosto partiva per Gozzano, senza darne preavviso al Vescovo di Novara, Mons. Giacomo Filippo de' Marchesi Gentile, che avealo più volte invitato a fargli visita in quella sua villeggiatura. Monsignore voleva discutere e deliberare col Servo di Dio il modo di promuovere efficacemente le vocazioni ecclesiastiche, poichè in diocesi aveva pochissimi chierici; e D. Bosco si era mosso per rispettosa condiscendenza al Prelato. Aveva fatto calcolo di arrivare per l'ora del pranzo, ma, disceso a Novara, per un contrattempo perdeva la coincidenza. Colla solita tranquillità si recò a fare alcune visite e quindi partì.
Giunse a Gozzano verso le 10 ½ di sera e senz'altro andò a battere alla porta del Vescovo. La sua comparsa inaspettata ebbe festose accoglienze, ma gettò il Prelato in un grand'imbarazzo. Questi non teneva in casa alcuna provvista di cibarie, ma giorno per giorno faceva comprare quel tanto che era necessario per sè e per i famigliari. Invitando qualcuno alla sua mensa soleva dire:
- Vi invito a mangiare, ma non v'invito a pranzo.
In quella sera nulla era avanzato della cena; e nella cucina e nella dispensa non si trovava che un po' d'olio e qualche bottiglia di vino. Non una bricciola di pane. A quell'ora anche gli spacci erano chiusi e il Vescovo non aveva coraggio di chiedere al Servo di Dio se avesse bisogno di qualche ristoro; ma il teologo Reina, suo segretario, da lui pregato, lo tolse d'impaccio e chiese a D. Bosco:
- Lei avrà ancora da cenare!
- Che dice? gli rispose D. Bosco; dica pure che ho da pranzare. Il convoglio e gli affari mi hanno tradito.
A questa risposta l'imbroglio si fece maggiore, e il segretario espose francamente a lui, che sorrideva, il loro imbarazzo.
Ed ecco proprio in quel momento entrare in quella sala D. Cacciano, missionario apostolico, il quale non di rado era ospite del Vescovo. Sentendo che non vi era pi√π pane, il nuovo arrivato trasse fuori da un involto due pagnotelle, dicendo:
- Sul far della notte, venendo a Gozzano da un paese vicino e camminando in mezzo alla strada, urtai col piede in queste due pagnotte perdute. Non vedendo alcuno per la via, le raccolsi perchè non voleva che andasse a male questa grazia di Dio. Non pare un tratto ammirabile della Divina Provvidenza per sfamare D. Bosco?
Tuttavia il Vescovo si alzò per ritirarsi in camera, e a Don Reina che lo accompagnava, disse:
- Andate voi a far compagnia a D. Bosco e cercate di preparargli un po' di cena. Io non posso restare, perchè ne avrei troppo rossore.
- Andrò, rispose il Segretario; ma vede, Eccellenza, - osò aggiungere -che cosa si guadagna col far le provviste giorno per giorno?!
Il nobile e ricco Prelato era tutto carità per i poverelli.
Insieme con quei due pani vennero poste sulla tavola due uova chieste ad una buona vicina, ed una bottiglia di vino scelto mandata dal Vescovo. I segretarii D. Reina e D. Delvecchio assistettero a quella cena, frammezzata dalle esclamazioni di D. Bosco, il quale, sempre gioviale e contento, andava ripetendo che da lungo tempo non aveva più fatto un pasto così buono e che non gli era mai parso così gustoso, come quella sera, il pane della Divina Provvidenza.
Il domani il buon Vescovo diede un pranzo sontuoso con inviti in onore di D. Bosco, e da solo a solo tenne con lui una lunga conferenza.
Si trattava di studiare il modo per accrescere in diocesi il numero del vocazioni ecclesiastiche, poichè molte parrocchie erano senza parroco. Non mancavano i seminarii, oltre il maggiore, destinato per i chierici studenti di Teologia. Il seminario di Gozzano riceveva gli alunni di Filosofia, quello del Monte di S. Carlo sopra Arona i corsi di prima e seconda rettorica; quello nell'isola di S. Giulio presso Orta due classi di grammatica latina; quello di Masino la prima ginnasiale e due classi elementari. Ma era chiaro che ad un'educazione data successivamente in quattro seminarii doveva mancare quell'unità di spirito e continuità di direzione, che può riuscire a formare buoni candidati al sacerdozio. Quindi pareva conveniente che almeno gli studenti del ginnasio fossero radunati in un medesimo istituto: ma chi era capace di assumerne la direzione e farsi garante che dando un nuovo indirizzo agli studii e maggior impulso alle pratiche di pietà, si potessero avere i frutti desiderati? D'altra parte l'affidare una simile direzione a D. Bosco e a’ suoi Salesiani non avrebbe destato gelosie e recriminazioni nel clero della Diocesi? Ed era possibile togliere subito d'ufficio e dare un compenso onorevole a que' superiori e maestri, che da anni si trovavano in un seminario che sarebbe venuto a mancare? Ed era prudente mutare uno stato di cose che durava da tanto tempo, e seminare il malcontento fra quelle popolazioni che, colla soppressione di un seminario, avrebbero veduto danneggiati i loro interessi? Non era meglio che, conservandosi i seminari, D. Bosco fondasse in diocesi un collegio con classi elementari e ginnasiali, regolato coi suoi sistemi? Quest'ultimo parve forse il progetto migliore. Ma i mezzi?
Lungo fu il colloquio che il Venerabile tenne col Vescovo il quale, trovando dubbi e difficoltà ad ogni proposta, non prese alcuna decisione e conchiuse:
- Basta, vedremo; se ne parlerà un'altra volta.
Il Servo di Dio, quando uscì dalla stanza del Vescovo, disse a D. Reina, che ansioso pel bene della diocesi aspettava in anticamera:
- Non ne faremo nulla!
Lo stesso D. Reina, che aveva indotto il Prelato a chiedere quell'abboccamento con D. Bosco, ci raccontò quanto abbiamo esposto, e ci aggiunse che Don Bosco fu invitato altre volte dal Vescovo a recarsi presso di lui per conferire su quell'importante argomento; ma il Servo di Dio ritenne che non era possibile venire ad una soluzione nelle accennate trattative.
Da Gozzano D. Bosco scriveva alla Contessa Callori:
 
 
 
Ill.ma Signora Contessa,
 
Spero di poter andare fra breve a farle una visita forse nella prossima settimana da Montemagno.
In quanto ai chierici che Ella con bontà accoglierebbe per fare campagna, non posso averli in libertà, perchè ai dodici del prossimo settembre vi sono esami di belle lettere e di grammatica cui parecchi si preparano. Qua tra chi impara, chi insegna, e chi deve supplire, sono tutti sopraccarichi di fisse occupazioni.
Di quante cose vorrei parlarle, Signora Contessa! Preghi per questa casa, che da una parte ha molte benedizioni, dall'altra molte croci. In ogni cosa sia fatta la volontà del Signore.
Io non mancherò di pregare eziandio per Lei e domanderò costantemente due cose: che Ella e la sua famiglia non abbia a patire danno di sorta nell'attuale minaccia del colera; e che la Santa Vergine tenga a tutti preparata una bella camera in Paradiso.
Qualora non andassi da Montemagno a Vignale, le farei sapere il giorno in cui io potrà trovarmi a Felizzano.
Abbia la bontà di riverire da parte mia il signor di Lei marito e tutta la rispettabile di Lei famiglia.
La Santa Vergine ci conservi tutti suoi e sempre suoi. Amen.
Con gratitudine mi professo
Di V. S. Benemerita
Torino, 3 agosto 1865,
Gozzano (soltanto per oggi),
Obbl.mo Servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
Abbandonando Gozzano, D. Bosco recavasi in una città di altra diocesi, ove era un convento di religiose terziarie in rotta aperta col Vescovo da cui erano dipendenti; e non v'era modo di piegarle all'obbedienza. Volevano abbracciare la stretta regola dell'Ordine del quale erano terziarie, dichiarandosi indipendenti. Appena seppero dell'arrivo di D. Bosco mandarono ad invitarlo che volesse far loro una visita. Il Vescovo, avuta notizia di quell'invito, disse a Don Bosco, che era suo ospite, che v'andasse liberamente ma si tenesse riguardoso, poichè con quella comunità egli aveva già dovuto ricorrere a pene canoniche.
D. Bosco vi andò: e fu introdotto nel parlatorio con ogni onore e segno di stima. Tutte le monache erano in ginocchio, e in ginocchio si metteva qualunque di esse si accostasse alla grata per parlargli. Finalmente la Superiora lo invitò a dir loro due parole. D. Bosco si schermì, ma l'altra insisteva.
- Sia pure come desiderate; disse egli: avete voi stima di D. Bosco?
- S'immagini! Noi abbiamo stima di D. Bosco, come di un santo.
- Dunque ascolterete quello che sono per dirvi?... - aggiunse il Venerabile sorridendo di cuore.
- Tanto volentieri.
- Ebbene: Voi sapete che sta scritto: Oboedite praepositis vestris... Or dunque.....
Ma la Superiora, udita l'antifona, l'interruppe:
- Queste cose non riguardano nè la predicazione, nè la perfezione. Sono cose di confessione, che solo col direttore spirituale si debbono trattare.
- Avete detto che tenete D. Bosco in conto di santo e poi non lo volete ascoltare?
- Lei, mi perdoni, non ci deve entrare in tali questioni; sono cose alle quali pensiamo noi.
- Va bene, ma spero...
E non potè proseguire, chè gli chiusero la cortina in faccia, e dovette ritirarsi.
Tornò all'indomani ed ebbe di bel nuovo ogni più cortese accoglienza. Il Servo di Dio voleva far ancora una prova per tentare di ridurle a buoni sentimenti. Quindi ad un certo punto disse: - Voglio parlarvi come un padre, come un amico.
- Dica, D. Bosco, desidera una tazza di caffè?
- No, grazie. Piuttosto pensate bene... le vostre dissensioni col Vescovo...
- Amerebbe meglio una limonata fresca?
- Lasciatemi dire: voi non riflettete alle conseguenze...
- A queste cose, D. Bosco, dobbiamo pensarci noi! Lei non deve entrarci. Sono cose di spirito, di coscienza; non ci pensi.
E gli interruppero il discorso e la sua caritatevole intenzione non riuscì a nulla.
Il Vescovo dovè finire la questione col sopprimere la casa e disperdere le monache. Due di quelle vennero poi a visitare D. Bosco, ma sempre ostinate nelle loro idee contro il Vescovo.
“ Quando negli spiriti, ammoniva D. Bosco i suoi Salesiani, entra e si radica tanta ingiusta ostinazione, in qual modo potrebbe fiorirvi la santità? Dove regna invece l'umile obbedienza, ivi è il trionfo della grazia ”.
Di ritorno da questo breve giro, sentendo come a Lanzo la sanità di D. Provera non migliorasse, il Venerabile prese un provvedimento che sperava gli avrebbe giovato, mandandolo all'aria nativa.
 
Carissimo D. Provera,
 
Credo bene che ti prepari e ti disponga per fare una gita a Mirabello; ti fermerai qualche giorno qui e concerteremo tutto il da farsi. Intanto:
1° Ultima bene i tuoi conti e metti a giorno di ogni cosa Sala e Bodratto;
2° Di' loro che l'amministrazione del Collegio è momentaneamente lasciata nelle loro mani, si parlino molto spesso e vadano d'accordo per promuovere la maggior gloria di Dio;
3° Il sig. avv. D. Arrò continuerà ad aver cura delle anime de' nostri giovani, finchè si possa trovare qualcuno che possa surrogarlo;
4° Lascia il danaro necessario; se vedi poter avere qualche cosa d'avanzo, portalo giù e faremo provviste pel Collegio.
Tu puoi venire venerdì prossimo, oppure giovedì della seguente settimana. Ma in ogni caso scrivi prima per andarti a prendere con una vettura al discendere dall'omnibus.
Dio ti benedica, mio caro, e arrivederci pel resto. Partendo credo bene che tu non dica se ritornerai o no, perchè questo lo tratteremo poi a Mirabello con papà.
Saluta tutta la famiglia e credimi in Domino
Torino, 8 Agosto 1865.
Aff.mo
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
 
Partito D. Provera, il collegio di Lanzo rimase affidato ai soli chierici, i quali però con mirabile unità di voleri da circa due mesi cooperavano al suo buon andamento. “ Eravamo senza preti, scrisse molti anni dopo D. Antonio Sala; pure si mantenne l'ordine in collegio fino al termine dell'anno. D. Arrò e qualche altro sacerdote del paese venivano a celebrare la S. Messa, a confessare e a predicare. Oh! mi ricordo ancora come lavoravamo in quel tempo, perchè le cose procedessero bene. Non volevamo mica che fosse mai detto il collegio andar male perchè v'eravamo solamente noi chierici ”.
Intanto era confermata la notizia della micidiale comparsa del colera in Italia. Il morbo s'era sviluppato tra i 200.000 Mussulmani recatisi in pellegrinaggio alla Mecca, causa il vizio e il loro stomachevole sudiciume. Nel ritorno ai loro paesi, molte centinaia giunsero ad Alessandria d'Egitto, ove ben presto l'epidemia comparve. Un gran numero di cittadini, specialmente gli Europei, cercarono scampo trasmigrando altrove; oltre mille si indirizzarono ad Ancona, e l'8 luglio scoppiava il colera anche in questa città. Sul principio parve assai mite; ma non tardò a crescere d'intensità nei primi di agosto. Dal principio dell'infezione al 9 agosto più di mille persone erano colpite e più di 500 perdevano la vita. Il 21 i morti ascendevano a 1130. Circa 16.000 persone abbandonavano la città, rifugiandosi altrove.
Alla notizia di tante sventure, D. Bosco si sentì commosso per la sorte dei poveri giovani che rimanevano orfani non solo in Ancona, ma anche in varie altre provincie nelle quali, benchè leggermente, l'epidemia incominciava a far le sue vittime. Quindi il 9 di agosto scriveva al Cardinale Antonucci, Vescovo di Ancona, una lettera, della quale non ci rimane copia, offrendosi a lui per venire in soccorso de' suoi orfanelli; e nello stesso giorno ne spediva un'altra al Ministro dell'Interno, Giovanni Lanza, facendogli una cordiale esibizione.
 
 
 
Torino, 9 Agosto 1865.
 
Eccellenza,
 
Le tristi notizie del colera pervenute in questa città hanno commosso tutti i buoni; ed io stesso nel vivo desiderio di venire anche in minima parte in sussidio alla comune sciagura mi offro di ricoverare in questa casa quel numero di giovinetti che fatti orfani o ridotti alla miseria per questa sciagura, volessero essere qui indirizzati. Io procurerò di tenere preparato posto per un centinaio che 1° siano tra dodici e diciotto anni di età; 2° sani e disposti della persona; 3° abbiano fatto una ferma, che garentisca la loro esenzione dal male che imperversa nella rispettiva loro patria.
Mi voglia credere colla massima stima e gratitudine,
Di V. E.
Obbl.mo Servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
Alla lettera consegnata agli uffici del Ministero dell'Interno in Torino era fatta la seguente risposta:
 
REGNO D'ITALIA
MINISTERO DELL'INTERNO
Divisione VI - Sezione II.
N.- 5087
Riscontro al foglio 9 corrente.
OGGETTO:
 
Esibizione del Direttore dell'Oratorio di S. Francesco di Sales pei derelitti in causa del colera.
 
Torino, 16 Agosto 1865.
 
La filantropica di Lei offerta per ricoverare sino a cento giovani orfani o resi miserabili dalla calamità, che attualmente affligge Ancona e qualche altra città del Regno, è degna di encomio.
In cosa di tanto momento però dovendosi necessariamente informare il sig. Ministro in Firenze, il sottoscritto crede che più completa sarà l'informazione e più facile il mandare ad effetto il suo nobile divisamento, ove fin d'ora si conoscano le condizioni alle quali la S. V. è disposta ad eseguire cotale beneficenza, e cioè se l'accettazione ed il mantenimento dei giovanetti debba seguire gratuitamente, ovvero se Ella chiegga una pensione (che la S. V. sa per altro non potersi corrispondere dallo Stato) o infine se Ella pensa di ricevere una sovvenzione per una volta tanto, ed in quale misura e da chi.
Spero che Ella pure troverà necessari cotali schiarimenti, che perciò si compiacerà di aggiungerli al suo pregiato foglio 9 corrente, pervenuto solo in oggi a questa Direzione Generale e che allo scopo Le si rende per essere riformato.
Vorrà ciò fare con tutta sollecitudine, onde non si tardi la buona novella alle vedove ed agli infelici di quella sgraziata città che ne proveranno un grande sollievo.
Il Direttore Generale
G. BOSCHI.
 
Non conosciamo quale sia stata la risposta di D. Bosco, ma certamente fu pronta e dovette essere conforme alla generosità del suo cuore. Anche il Ministero non tardò a trasmettere al Prefetto di Ancona l'offerta di Don Bosco di ricoverare nell'Oratorio venti o anche trenta giovani rimasti orfani in quella città.
E quello stesso giorno D. Bosco riceveva un altro plico della Prefettura di Torino:
 
PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI TORINO.
Torino, 16 agosto 1865.
 
Ill.mo e Molto Rev. Signore,
 
Compio con vera soddisfazione allo speciale incarico affidatomi da questo Sig. Prefetto, di comunicare alla S. V. stimabilissima il testo letterale nel dispaccio telegrafico ricevuto in questo momento (ore 5 pom.) di provenienza da Ancona, firmato dal Prefetto Torre di quella Provincia.
“Ancona -Prefetto, Torino. A nome mio e della Commissione di soccorso prego partecipare al Sacerdote Giovanni Bosco dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in cotesta città i vivi ringraziamenti di questo popolo desolato, commosso per generosa offerta che si accetta, di ricevere suo stabilimento venti, ed anche trenta giovani fatti orfani dal colera. Commissione scrive posta Sacerdote Bosco. Il Prefetto Torre”.
Ed ho l'onore di dirmi con perfetta osservanza
Suo dev.mo ed obb.mo Servo,
Il Consigliere incaricato
G. DOGLIOTTI.
 
 
 
 
Al telegramma faceva seguito una lettera indirizzata a D. Bosco.
 
COMMISSIONE DI PUBBLICO SOCCORSO
pei danneggiati dal colera in Ancona.
N. 31.
Accettazione di offerta e ringraziamenti.
Ancona, 17 Agosto 1865
 
L'onorevole membro di questa Commissione, Sig. Conte Carlo Torre, Prefetto della Provincia, ci ha partecipato la egregia offerta, colla quale la S. S. Ill.ma si propone pietosamente di accogliere in cotesto suo stabilimento, alle condizioni ivi indicate, da venti a trenta giovanetti, fatti orfani in questa luttuosa circostanza.
A noi mancano le parole, egregio e M. R. Signore, per esprimerle la commozione dell'animo nostro per un'offerta così generosa, dettata da un pensiero ancor più delicato; tanto più quanto da cotesto nobile paese e dalla sua illustre metropoli ci giungono, d'ora in ora, tratti di carità, in cui è difficile poter dire se più magnifico il dono, o delicato il pensiero, o gentile il modo.
Come ne avrà avuto notizia da un telegramma del Sig. Prefetto al Prefetto di Torino, la Commissione accetta la sua generosa offerta e mentre si riserva di mettersi ulteriormente in corrispondenza colla S. V. Ill.ma man mano che le necessità del momento gliene impongono il bisogno, Essa la prega di gradire i più vivi atti di gratitudine, e di farsi interprete presso i suoi concittadini delle benedizioni di questo popolo desolato, che, nelle sue sciagure, attinge conforto dai singolari tratti di carità che gli giungono da tutte parti d'Italia.
Il Comitato permanente:
Marinelli Cav. Avv. Clemente, Presidente.
Castagnoli Ing. Alessandro.
Giovanelli Cav. Conte Luigi.
Montemerli Conte Lorenzo.
Decio Passarini.
Ing. Viviani Alessandro.
Il Segretario
Ferraris Cav. Avv. Bernardo.
 
 
D. Bosco aveva scritto per la seconda volta eziandio al Cardinale Arcivescovo di Ancona, il quale così rispondevagli:
 
 
Ancona, 18 Agosto 1865
 
Carissimo Don Bosco,
 
A quest'ora la risposta del mio Vicario Generale alla sua cara lettera le sarà già giunta. Tutta volta aggiungo due righe onde rispondere all'altra del 16 corrente. Io sono intenerito per l'affetto che Ella conserva di me, e ne la ringrazio con tutto il cuore.
Resta poi inteso di quanto mi dice riguardo ai miei orfanelli, e sono penetrato di riconoscenza per tanta bontà ed interesse veramente evangelico ch'Ella ne prende.
Continui a pregare per me e mi creda sempre con vera stima e sincero attaccamento, dopo di averla benedetta cordialmente,
Di Lei, carissimo D. Bosco,
Aff.mo nel Signore
A..B. Card. ANTONUCCI
Arc.-Vescovo.
 
Gli orfani non furono per allora mandati, temendosi che qualcuno portasse l'infezione a Torino; ma alcuni mesi dopo, appena svanito ogni sospetto di pericolo, fu decisa la loro partenza per l'Oratorio.
Nell'Unità Cattolica del 5 ottobre 1865 leggiamo queste linee:
“ BENEFICENZA. - Un cattolico di Palermo desiderando di concorrere al sollievo dei poveri colerosi di Ancona, e leggendo nell'Unità Cattolica come l'egregio D. Bosco siasi offerto di ricevere nel suo Istituto alquanti orfanelli anconitani, ci spediva un vaglia di L 30 in favore di detto D. Bosco, perchè se ne servisse in detta caritatevole opera - Il vaglia fu consegnato. ”
In quest'anno furono infette in Italia 34 provincie, e 357 comuni; i casi salirono a 21.520 e i morti a 10.975. Così le statistiche ufficiali.
 
 
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