Capitolo 15

Fonti di questa storia - Un prezioso manoscritto - Il primo sogno - La missione di Giovanni.

Capitolo 15

da Memorie Biografiche

del 04 ottobre 2006

    Entriamo ora in un periodo solenne della vita del nostro Giovanni. Siamo al punto, nel quale il Signore si degna svelargli la sua vocazione. Prima però di proseguire il racconto, egli è d'uopo notare alcune cose necessarie a dimostrare come sia poggiato sulla verità quanto abbiamo scritto e quanto veniamo scrivendo. Per conoscere il meglio si potesse la vita di Giovanni Bosco prima che incominciasse gli studi, D. Secondo Marchisio, Salesiano, nativo di Castelnuovo d'Asti, nel 1888 si recò e stette in patria tre mesi: con agio visitò tutti i villaggi e le borgate, nelle quali il giovanetto Bosco aveva dimorato, interrogò i vecchi, che avevano con lui convissuto, e ne scrisse le risposte, dalle quali risulta un magnifico panegirico delle virtù del nostro amato Fondatore. D. Gioachino Berto, Don Giovambattista Francesia e D. Giovanni Bonetti nel 1889 andarono a Chieri, s'intrattennero con quanti trattarono con lui studente, e anche da questi si ebbero e si scrissero onorevolissime relazioni. Della dimora di Giovanni Bosco in Seminario molti suoi venerandi compagni ci dissero e ci esposero per iscritto cose proprie di un santo. E noi possediamo tutti questi documenti. Per ciò che riguarda mamma Margherita, lo scrivente seppe quanto qui descrive dalla bocca stessa di D. Bosco, avendo goduta la fortuna di avere con lui per sei e più anni giornalmente tutte le sere famigliari colloqui; e benché rarissimamente si ritornasse sulle cose già, raccontate, pure interrogandolo talora di ciò che mi aveva detto anni precedenti e che fedelmente aveva messo in carta, stupiva nell'udirmi ripetere le stesse cose e le medesime parole di sua madre e con tale esattezza da sembrare le leggesse in un libro. Lo stesso posso assicurare di tanti altri fatti, che ebbe la bontà di confidarmi e dei quali io feci tesoro per i miei cari confratelli.

     Altra fonte, da cui si ricavano queste notizie, è un prezioso manoscritto in pochi quaderni dello stesso D. Bosco, nel quale egli espone la sua biografia fino all'anno 1855. Aveva estrema ripugnanza a scrivere di sé, perché ben conosceva l'avviso dello Spirito Santo: “La bocca altrui e non la tua dia lode a te”. Ma nel 1858 il Sommo Pontefice Pio IX lo consigliava a stendere queste pagine, e nel 1869 gliene dava l'ordine, sicché egli verso il 1870 dovette accingersi ad obbedire. Questi scritti, finché visse, li tenne gelosamente nascosti, e solo alla sua morte si trovarono, facendo l'inventario delle sue carte. Sono un monumento mirabile di umiltà. Descrive con semplicità ciò che egli crede provare l'intervento divino nella sua missione e nelle sue opere; si estende a narrare le sue gesta concisamente, prima in mezzo ai fanciulli di Castelnuovo e di Chieri, poi in Torino e nell'Oratorio; nulla dice che possa palesare i suoi atti di virtù, e come Mosè e S. Paolo dà giudizi severissimi di varie sue azioni, in modo da sorprendere il lettore che non lo avesse conosciuto e al quale non fossero pervenute le testimonianze dei contemporanei.

     Nelle prime pagine si legge un sogno, che noi riporteremo fedelmente, come nel progresso della storia ci serviremo eziandio letteralmente in molti luoghi della sua narrazione. Il manoscritto porta in testa il seguente titolo: Memorie dell'Oratorio dal 1835 al 1855. Esclusivamente pei Socii Salesiani. Per la Congregazione Salesiana. Egli stesso nella prefazione manifesta il motivo che lo indusse a scrivere queste memorie.    “ Più volte fui esortato di mandare agli scritti le memorie concernenti l'Oratorio di S. Francesco di Sales, e sebbene non potessi rifiutarmi all'autorità di chi mi consigliava, tuttavia non ho mai potuto risolvermi ad occuparmene, specialmente perché doveva troppo sovente parlare di me stesso. Ora si aggiunse il comando di persona di somma autorità, cui non è permesso porre indugio di sorta; perciò mi fo qui ad esporre le cose minute, confidenziali, che possono servir di lume o tornare di utilità a quella istituzione, che la divina Provvidenza si degnò affidare alla Società di S. Francesco di Sales. Debbo anzitutto premettere che io scrivo pei miei carissimi figli Salesiani, con proibizione di dare pubblicità a queste cose sia prima, sia dopo la mia morte. A che dunque potrà servire questo lavoro? Servirà di norma a superare le difficoltà future, prendendo lezioni dal passato; servirà a far conoscere come Dio abbia egli stesso guidato ogni cosa in ogni tempo; servirà ai miei figli di ameno trattenimento, quando potranno leggere le cose cui prese parte il loro padre, e le leggeranno assai più volentieri, quando, chiamato da Dio a rendere conto delle mie azioni, non sarò più tra loro.     ” Avvenendo di incontrare fatti esposti forse con troppa compiacenza e forse con apparenza di vanagloria, datemene compatimento. È un padre che gode parlare delle cose sue ai suoi amati figli, i quali godono pure nel sapere le piccole avventure di chi li ha cotanto amati, e che nelle cose piccole e grandi ha sempre cercato di operare a loro vantaggio spirituale e temporale.     ” Io espongo queste memorie ripartite in decadi, ossia in periodi di dieci anni, perché in ogni tale spazio di tempo succedette un notabile e sensibile sviluppo della nostra istituzione.     ” Quando poi, o figli miei, leggerete queste memorie dopo la mia morte, ricordatevi che avete avuto un padre affezionato, il quale, prima di abbandonare il mondo, ha lasciato queste memorie come pegno della paterna affezione, e ricordandovene pregate Dio per il riposo eterno dell'anima mia”.     Si noti come D. Bosco fa scomparire la propria personalità, dicendo che Dio non a lui, ma alla Pia Società di S. Francesco di Sales affidava una grande missione.     È costume di Dio, nella sua grande misericordia, palesare con qualche segno la vocazione di quegli uomini, che Egli destina a cose grandi per la salute delle anime. Così fece con Giovanni Bosco, che poi continuò a guidare colla sua mano onnipotente in ogni stadio della sua vita ed in ogni sua impresa. Sta scritto in Joele che, succeduta alla lunga sterilità della Sinagoga la prodigiosa fecondità della nuova Chiesa, Iddio spanderà il suo spirito sopra tutti gli uomini, e i vostri vecchi avranno dei sogni, e i vostri giovani avranno delle visioni. E le ebbe Giovanni Bosco, ed ecco in qual modo egli stesso nelle sue memorie ci narra il suo primo sogno.     “All'età di nove anni circa ho fatto un sogno che mi rimase profondamente impresso per tutta la vita. Nel sonno mi parve di essere vicino a casa, in un cortile assai spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli che si trastullavano. Alcuni ridevano, altri giuocavano, non pochi bestemmiavano. All'udire quelle bestemmie mi sono subito slanciato in mezzo di loro, adoperando pugni e parole per farli tacere. In quel momento apparve un Uomo venerando, in età virile, nobilmente vestito. Un manto bianco gli copriva tutta la persona; ma la sua faccia era così luminosa, che io non poteva rimirarla. Egli mi chiamò per nome, e mi ordinò di pormi alla testa di quei fanciulli, aggiungendo queste parole: - Non colle percosse, ma colla mansuetudine e colla carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti dunque immediatamente a far loro un'istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù. - Confuso e spaventato soggiunsi che io era un povero ed ignorante fanciullo, incapace di parlare di religione a quei giovanetti. In quel momento quei ragazzi cessando dalle risse, dagli schiamazzi e dalle bestemmie, si raccolsero tutti intorno a colui che parlava. Quasi senza sapere che mi dicessi: - Chi siete voi, soggiunsi, che mi comandate cosa impossibile?     ” - Appunto perché tali cose ti sembrano impossibili, devi renderle possibili coll'obbedienza e coll'acquisto della scienza.     ” - Dove, con quali mezzi potrò acquistare la scienza?     ” - Io ti darò la Maestra, sotto alla cui disciplina puoi diventare sapiente, e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza.     ” - Ma chi siete voi che parlate in questo modo?     ” - Io sono il Figlio di Colei che tua madre ti ammaestrò di salutare tre volte al giorno.     ” - Mia madre mi dice di non associarmi con quelli che non conosco, senza suo permesso; perciò ditemi il vostro nome.     ” - Il mio nome domandalo a mia madre.     ” In quel momento vidi accanto a lui una Donna di maestoso aspetto, vestita di un manto che risplendeva da tutte parti, come se ogni punto di quello fosse una fulgidissima stella. Scorgendomi ognor più confuso nelle mie domande e risposte, mi accennò di avvicinarmi a Lei, che presomi con bontà per mano: - Guarda! - mi disse. Guardando mi accorsi che quei fanciulli erano tutti fuggiti, ed in loro vece vidi una moltitudine di capretti, di cani, di gatti, di orsi e di parecchi altri animali. - Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare, continuò a dire quella Signora. Rènditi umile, forte, robusto: e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo pei figli miei.     ” Volsi allora lo sguardo, ed ecco, invece di animali feroci, apparvero altrettanti mansueti agnelli, che tutti saltellando correvano attorno belando, come per far festa a quell'Uomo e a quella Signora.     ” A quel punto, sempre nel sonno, mi misi a piangere, e pregai quella Donna a voler parlare in modo da capire, perciocché io non sapeva quale cosa si volesse significare. Allora Ella mi pose la mano sul capo dicendomi: - A suo tempo tutto comprenderai. – Ciò detto, un rumore mi svegliò, ed ogni cosa disparve. Io rimasi sbalordito. Sembravami di avere le mani che facessero male pei pugni che aveva dato, che la faccia mi dolesse per gli schiaffi ricevuti da que’ monelli; di poi quel Personaggio, quella Donna, le cose dette e quelle udite mi occuparono talmente la mente, che per quella notte non mi fu più possibile prendere sonno.     ” Al mattino ho tosto con premura raccontato quel sogno prima ai miei fratelli, che si misero a ridere, poi a mia madre ed alla nonna. Ognuno dava al medesimo la sua interpretazione. Il fratello Giuseppe diceva: - Tu diventerai guardiano di capre, di pecore o di altri animali. - Mia madre: - Chi sa che non abbi a diventar prete. - Antonio con secco accento: - Forse sarai capo di briganti. - Ma la nonna, che sapeva assai di teologia ed era del tutto analfabeta, diede sentenza definitiva dicendo: - Non bisogna badare ai sogni. - Io era del parere di mia nonna, tuttavia non mi fu mai possibile di togliermi quel sogno dalla mente. Le cose che esporrò in appresso daranno a ciò qualche significato. Io ho sempre taciuto ogni cosa; i miei parenti non ne fecero caso. Ma quando, nel 1858, andai a Roma per trattare col Papa della Congregazione Salesiana, egli sì fece minutamente raccontare tutte le cose che avessero anche solo apparenza di soprannaturale. Raccontai allora la prima volta il sogno fatto in età di nove in dieci anni. Il Papa mi comandò di scriverlo nel suo senso letterale, minuto, e lasciarlo per incoraggiamento ai figli della Congregazione, che formava lo scopo di quella gita a Roma”.     Dopo questo sogno si aumentò in Giovanni il desiderio di studiare per giovare ai giovinetti e divenir sacerdote. Ma gravi difficoltà si opponevano per le strettezze della famiglia ed anche per l'opposizione che faceva il fratellastro Antonio, il quale avrebbe voluto che egli pure, come lui, attendesse ai lavori della campagna. Vedeva di mal occhio che il fratello più giovane si applicasse agli studi.     Di questo sogno, che gli si affacciava e gli si svolgeva innanzi alla mente più e più volte nello spazio di circa diciotto anni, D. Bosco non volle narrare che una minima parte. Affermava però, negli ultimi anni della sua vita, che quantunque il quadro generale di questa apparizione fossesempre lo stesso, pure era accompagnato ogni volta da una svariata quantità di scene accessorie sempre nuove.     Aggiungeva che da quel punto egli conobbe, e poi vide ancor più chiaramente non solo la fondazione dell'Oratorio e l'estensione della sua missione, ma eziandio tutti gli ostacoli che sarebbero sorti per impedirgliene i progressi, tutte le guerre che gli avrebbero mosse i suoi avversari e il modo di vincerle e superarle. E questa essere stata pure la cagione della sua tranquillità costante e della sicurezza di riuscire in quanto intraprendeva.     Non fu questo sogno adunque semplicemente una grazia, ma eziandio una vera missione, un'obbligazione stretta che Dio gli imponeva di obbedire. Ed io lo raffronterei colla visione del giovanetto profeta Geremia. Esso pure aveva risposto al Signore: “Ah, ah, ah, Signore Dio: tu vedi che io non so parlare, perché sono fanciullo”. Ed il Signore gli replicò: “Non dire: io sono un fanciullo: perocchè tu anderai a fare tutte quelle cose, per le quali ti spedirò, e tutto quello che io ti ingiungerò, tu lo dirai. Non temere la faccia di coloro che sono potenti, conciossiachè sono io con te per trarti d'impaccio, dice il Signore.... Faranno a te guerra, ma non la vinceranno, perocchè sono io con te per tua sicurezza...”.     E quale doveva essere la missione di Giovanni Bosco? La fondazione di nuovi sodalizi religiosi, la Pia Società di S. Francesco di Sales e l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice: la salvezza dei giovanetti in tutto il mondo cogli Oratorii Festivi, cogli Ospizi e Laboratori, coi Collegi, colle Colonie agricole: le vocazioni allo stato ecclesiastico, preparando al santuario il fiore della gioventù raccolto da molti paesi e provvedendo di clero le Diocesi che ne difettavano coll'Opera dei figli di Maria Ausiliatrice per le vocazioni degli adulti: l'istituzione di scuole cattoliche senza numero da opporre come contravveleno ad un nugolo di empi maestri, che non avrebbero tardato ad erigere cattedre di errore e di corruzione: la propagazione della buona stampa con numerose tipografie, che diffondessero a milioni a milioni di libri di pietà, di storia, di lettura popolare, difensori delle verità cattoliche e volumi scolastici purgati dalle sconcezze per togliere i lacci tesi all’innocenza, scuotendo pure con tal mezzo potentissimo i cattolici dall'inerzia, in cui si giacevano, col Bollettino Salesiano, pubblicato in 200.000 fascicoli al mese e in varie lingue, facendo noto quanto il Signore e la Vergine Santissima andavano operando: l'Associazione dei Cooperatori Salesiani ormai numerosa di 200 000 membri, i quali, mentre lo dovevano coadiuvare con elemosine, preghiere ed appoggio morale in tutte le sue imprese, fossero vincolo di unione tra il Vescovo e i diocesani, tra il parroco e i parrocchiani in ogni opera di carità spirituale o temporale: stabilimento di Missioni evangeliche nelle diverse parti del mondo, America, Asia, Africa: difesa del Papato in varie e gloriose circostanze: sicchè di Giovanni si potesse dire: Constitui te super gentes et super regna... Dedi te in murum aeneum... regibus... principibus... sacerdotibus et populo terrae. Ecco in tutta l'estensione il significato di questo sogno.

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