D. Bosco compie cinquant'anni a Montemagno e combina un triduo di predicazione - I Protestanti e il Servo di Dio - Suo dolore per una apostasia - Giovinetti strappati agli eretici - La strage degli innocenti - Lettere di un Parroco di Sassari a D. Bosco, il quale lo avvisava delle trame de' Valdesi in Sardegna, suggerendogli i mezzi per combatterli - Pulizia e igiene nell'Oratorio - Ispezioni dei delegati dell'ufficio sanitario - Relazione deplorevole alla Commissione Municipale - Il Sindaco trasmette a D. Bosco le deliberazioni della Commissione sanitaria che limita il numero dei giovanetti ricoverandi - Causa dell'astio settario contro D. Bosco - L'Unità Cattolica in sua difesa - L'Oratorio, cessate le opposizioni, cresce di numero.
del 04 dicembre 2006
Il 16 agosto D. Bosco aveva compiuto il suo cinquantesimo anno. Come aveva detto qualche anno prima, pareva dovesse essere quello l'ultimo di sua vita. Infatti era stato più volte molto abbattuto di sanità, ma le preghiere che si fecero per lui nell'Oratorio, nel piccolo Seminario di Mirabello, nel Collegio di Lanzo, molteplici e pressanti, avevano ottenuto grazia presso Dio; e D. Bosco si era riavuto. Il suo compleanno venne festeggiato a Montemagno, ove, secondo il consueto, aspettavalo il Marchese Fassati. Vi si fermò appena due giorni e d'accordo col parroco si combinò un triduo di prediche alla popolazione in apparecchio della festa della Natività di Maria SS.
Il Servo di Dio era sempre pronto ad esercitare il sacro Ministero e a spezzare il pane della divina parola alle popolazioni; ma questo suo zelo per la salvezza eterna delle anime appariva instancabile, e in modo speciale, anche nell'opporsi ai protestanti sventando colle armi della carità le loro insidie.
Di quei giorni aveva fatto ristampare a migliaia di copie l'opuscolo: Chi è D. Ambrogio? poichè questo prete disgraziato continuava a spianare la via agli eretici colle sue concioni blasfeme e calunniose sulle piazze delle città e delle borgate. E purtroppo un certo numero d'incauti e di viziosi cadevano nelle reti dei nemici della Chiesa Cattolica.
Il dolore che provava D. Bosco alla notizia di un'apostasia era indicibile. Ci raccontava Giuseppe Buzzetti, che un giorno il Venerabile era in camera discorrendo affabilmente con lui e con altre persone, quand'ecco ad un tratto diventa serio, impallidisce, trema in tutta la persona e rimane cogli occhi fissi ed immobili, come fuori di sè, per alcuni minuti. Spaventati, i circostanti credevano che ciò fosse effetto di uno svenimento, ma ritornato nello stato normale egli disse:
- Ecco: ho veduto la fiammella di un candelotto a spegnersi; è un giovane dell'Oratorio festivo che si è fatto protestante.
Perciò non cessava dal salvare dall'empietà i giovanetti. In quest'anno aveva ricoverati nell'Oratorio molti fanciulli, che era riuscito a far togliere dalle scuole valdesi. Accoglieva due ragazzetti di un ufficiale ungherese protestante, che li aveva raccomandati alla carità dei cattolici. Beneficava i tre figli del famigerato apostata De Achillis, e li toglieva dalla miseria. Mutato ad essi per debiti riguardi nome e cognome, li tenne per molto tempo con sè nell'Oratorio, li mise nella categoria degli studenti, e li istruì nella cattolica religione. Noi li abbiamo conosciuti, convivendo con essi.
Conserviamo anche la domanda fatta da un altro giovanetto a Don Bosco per essere ricevuto in seno alla vera Religione.
” Io Giovanelli Avventino Francesco, nato da genitori apostati, fui battezzato nella Chiesa Valdese di Torino, nel mese di Luglio dell'anno 1855, dal Dottore Meille.
” Poco dopo i miei genitori mi trasportarono in Marsiglia, ove mi fecero educare in una scuola protestante per lo spazio di circa 8 anni, inviandomi quasi ogni giorno alla Dottrina Protestante nel tempio di detta città.
” Ora, per grazia di Dio, son venuto a conoscere l'errore in cui ho vissuto; desidero di abiurare il Protestantismo per affigliarmi alla Chiesa Cattolica che è l'unica vera ”.
Continue erano le conquiste dello zelo di D. Bosco sui protestanti, i quali, vedendosi a poco a poco abbandonati da molti dei loro adepti, ricorrevano anche a mezzi scellerati, come consta da una relazione in iscritto, che D. Bosco riceveva da persona bene informata.
“ I Valdesi fanno attualmente unica propaganda fra i teneri fanciulli. Ricevono riguardevoli somme dall'Inghilterra per raccogliere orfanelli e figli di povere famiglie cattoliche lattanti ancora, e li mandano nelle Valli, onde siano allevati nel protestantesimo. Alle famiglie Valdesi cui sono consegnati questi figli, la Commissione di evangelizzazione, composta di pastori tutti Valdesi, presieduta dal Pastore Revel, residente in Firenze, passa lire 17 al mese sino a che il bambino abbia raggiunto l'età di anni otto. Dopo contribuisce solamente lire nove. I Valdesi hanno con ciò due scopi: - provvedere alle famiglie dei contadini Valdesi, essendo tutti costoro per natura avarissimi ed avidi di denaro; una famiglia che d'ordinario si ciba di soli pomi di terra considera come una gran risorsa 17 lire mensili: - poter dare tutti gli anni un lungo catalogo di nomi, alla Commissione di propaganda in Londra, di fanciulli tolti ai Cattolici per allevarli nella religione valdese: con ciò dànno ragione del come venga impiegato il danaro che da Londra è spedito in Italia.
” Quindi farebbe moltissimo bene un sacerdote zelante posto nella parrocchia di Torre Pellice, il quale con oculatezza s'informasse dalle famiglie valdesi, quali fanciulli allevino, di quali paesi sieno e di quali genitori, e quindi scrivere ai rispettivi parroci onde s'interessino per levarli e collocarli in stabilimenti cattolici. La Pia Società della Santa Infanzia per la China potrebbe interessarsi a strappare quelle povere anime dalle mani degli eretici ”.
 Mentre studiava in qual modo si sarebbe potuto impedire la strage spirituale di tanti innocenti, giungeva al Servo di Dio un'altra penosa notizia. Un buon parroco di Sassari in Sardegna, il quale in una sua venuta a Torino era stato ospite dell'Oratorio e si era lungamente trattenuto con Don Bosco, pregato dal Venerabile a spacciare un certo numero di biglietti della lotteria, gli scriveva:
 
Molto Rev. Signore e Padre Col.mo,
 
Or son pochi giorni che dal sig. Sindaco di questa città mi venne consegnato un pacco contenente dieci decine di biglietti per la lotteria a benefizio degli Oratorii maschili di Valdocco, di Porta Nuova e di Vanchiglia, ed essendo la S. V. Direttore dei medesimi, colgo con piacere questa circostanza per scrivere questa mia lettera assicurandola che userò tutta la mia sollecitudine, tanto per la distribuzione dei biglietti, come ancora per la raccolta di doni che persone caritatevoli potranno fare.
Prima d'ora avrei avuto desiderio di scriverle, ma il riflesso che la S. V. è sempre occupata a gloria di Dio ed a sollievo dei poveri, me ne ha distolto, ed aspettava appunto una propizia occasione per averne il motivo.
In Sassari siamo sempre al solito, e non poi tanto male in materia di religione; fa ora due mesi è penetrato in questa città un ministro Evangelico, o dirò meglio antievangelico, il quale fa le sue istruzioni in una sala a pochi proseliti; nel principio vi andarono molti curiosi, ma ora il numero è ristretto, e noi Parroci facciamo di tutto per allontanarne il popolo e metterlo in avvertenza. È la prima volta che l'eresia penetra in Sardegna, e la Vergine Immacolata guarderà questo popolo a Lei tanto devoto.
Se il Signore mi presentasse la circostanza di poter essere in qualche modo utile all'Oratorio di S. Francesco di Sales, io mi riputerei fortunato; sono in un paese dove i poveri trovansi in gran numero dopo la strage del colera, ma ella sa quali possano esser i disegni della Provvidenza. Da parte mia non trascuro niente e tengo sempre presente quel colloquio ch'Ella ebbe tanta bontà di accordarmi; nè posso dimenticare i tratti gentili che da tutti mi furono usati.
Termino questa lunga lettera raccomandandomi alle sue preghiere in un modo particolare, e raccomando ancora la mia Parrocchia; io indegnamente prego per la preziosa salute della S. V. e per il progresso materiale e morale del suo Stabilimento.
Gradisca i miei saluti, e pi√π ancora gli atti dei mio distinto rispetto. Mi onori de' suoi graditissimi comandi; non mi dimentichi nel santo Sacrifizio; e mi creda qual ho l'onore di segnarmi
Della S. V. Ill.ma
Umil.mo Dev.mo Oss.mo Servitore
Teol. FILIPPO CANEPUS,
Canonico Parroco di Sassari (Sardegna).
 
Sassari, 28 Agosto 1865.
 
P.S. -Faccio le mie congratulazioni per l'atto caritatevole della S. V. nell'accettare trenta orfani nell'Oratorio.
 
D. Bosco gli rispose suggerendo l'erezione di un Oratorio festivo, la diffusione delle Letture Cattoliche e la frequente predicazione, quali mezzi potenti a combattere il Protestantesimo. E il buon Parroco così ne lo ringraziava:
 
Molto Rev. Padre Col.mo,
 
Ringrazio prima di tutto la S. V. per la compiacenza di avermi risposto con una lettera piena di affezione e gentilezza. Io mi sono adoperato per la distribuzione dei biglietti, e siccome in questa città ci sono molti poveri, segnatamente ciechi e paralitici, non è facile trovare persone che vogliano farne acquisto, essendo di più tutte le famiglie gravate dell'imposta sulla ricchezza mobile: se mi sarà fattibile di poterne distribuire in qualche numero, la renderò avvertita per mandarmene degli altri.
I mezzi che Ella ci ha suggeriti per allontanare da questo paese il flagello dell'eresia li abbiamo in gran parte adottati; le Letture Cattoliche sono qui diffuse; la predicazione è frequente, e il ministro protestante non ha da essere molto contento, essendo scarso l'uditorio, e poco numeroso il concorso di persone, le quali anche prima, posso dirlo, non aveano alcuna religione. Il mezzo più potente di cui egli dispone è il danaro, essendo qui eccessivo il numero degli operai ai bisogni del paese, per cui molti si trovano senza lavoro: e la miseria spinge ad ogni eccesso. A fronte di tutto ciò nutro fiducia che questa mal'erba non attecchirà in Sardegna ove non è mai stata l'eresia; e giacchè la S. V. si esibisce pronta a somministrarci i mezzi che sono in suo potere per combatterla, io a nome ancora dei miei colleghi non lascierò di recarle qualche disturbo, contentandomi per il momento d'una sua preghiera a questo riguardo.
Sulla fiducia che non mi dimenticherà nelle sue orazioni, coi sensi di rispettosa stima, passo al bene di raffermarmi
Della S. V. molto Rev.da
Dev.mo Oss.mo Servitore
Teol. FILIPPO CANEPUS,
Canonico Parroco di Sassari.
 
Sassari, 17 settembre 1865.
 
In quei mesi attendeva il Servo di Dio anche una leggera ma noiosa tribolazione.
Amantissimo della pulizia egli desiderava e raccomandava che fosse mantenuta anche dai giovani e nei locali dell'Oratorio. Tutti i giorni si scopavano i pavimenti, le scale e i vasti cortili della ricreazione, posti a mezzogiorno; ogni sabbato si assestavano i laboratorii; e nel giovedì ciascun allievo doveva in ora appositamente fissata ripulire più diligentemente i propri abiti e il proprio letto. Di pari passo andava la nettezza delle persone e la decenza dei vestiti anche nei giorni feriali. Nelle feste poi e in ogni caso di uscita, benchè non avessero alcuna divisa oltre il berretto, tutti gli alunni vestivano convenientemente: e non si faceva distinzione fra studenti e artigiani, fra quelli che pagavano un po' di pensione e quelli che godevano il loro posto gratuitamente; fra quelli che erano provvisti dai parenti e quelli cui l'Oratorio somministrava ogni cosa. Ed era una gioia vedere alla domenica tutti i giovani in aspetto così lindo.
Ma l'Ospizio non era un palazzo di signori, sibbene una dimora di poverelli, benchè nell'edificarlo D. Bosco avesse preso prudenti precauzioni per la pulizia e l'igiene. Al nord un lungo e stretto cortile separava il caseggiato civile da una fila di basse costruzioni per le stalle, il lavatoio, la legnaia e il deposito delle spazzature. Quivi pure si innalzavano a conveniente distanza l'una dall'altra tre torri per gli agiamenti, ai quali davano passaggio lunghi ballatoi ad ogni piano. Era quella, diremmo, la parte rustica dell'Oratorio, il
quale però, essendo in piena campagna, aveva da ogni parte il beneficio di una libera ventilazione.
Le sale di scuola e le camerate non avevano certamente pavimenti di marmo, ma come quasi tutte le case della città pianelle di terra cotta, le quali, per altro, per quanto si scopassero producevano sempre nuova polvere al ripetuto passaggio quotidiano di centinaia di ragazzi. Solo il salone dello studio era pavimentato di asfalto.
Tale era l'ordinaria condizione dell'Oratorio, quando il 19 agosto vi giunse improvvisamente una Commissione inviata dall'ufficio dell'Ispettore sanitario, incaricata della visita dei pubblici stabilimenti della città, per esaminarne le condizioni igieniche, in vista dell'estendersi minaccioso del colera.
Quella visita non preveduta avveniva nel tempo delle vacanze autunnali, quando era assente più della metà degli alunni. Era quindi facile trovare impolverato il pavimento nei dormitorii vacanti ed anche le lettiere in parte smontate e i pagliericci asportati per rinnovarne le foglie e lavarne le tele, facendosi appunto la solita pulizia autunnale. Anche nel salone dello studio tavole e panche accatastate aspettavano i riattamenti dai falegnami. Erano lavori che richiedevano più settimane, dopo i quali doveva essere imbiancata la casa. Questo tramestio, richiesto dalla pulitezza e dall'igiene, non poteva non recare momentaneamente le sue conseguenze anche in altri siti, come le strette scale e i pianerottoli; e si può comprendere l'aspetto che viene ad assumere qualsivoglia casa in tempo d'una pulizia generale.
Ma non lo compresero i signori incaricati di visitare l'Oratorio, e ne fecero all'ufficio dell'Ispettore Sanitario una relazione deplorevole: sporchi i locali destinati allo studio e ai dormitori, e in essi i giovani agglomerati; poco ventilati i cortili; i cessi tenuti in generale in cattivo stato; troppo vicino alla cucina e al refettorio il deposito della spazzatura; e varie altre osservazioni, tutte con mal animo esagerate, alcune destituite di fondamento.
Il Municipio dava ordine a D. Bosco di provvedere subito ad una continua sorveglianza sulla pulizia di tutta la casa e gl'ingiungeva alcune dispendiose prescrizioni, e di “ non accettare nuovi alunni, finchè la Commissione Municipale di sanità in seguito a nuova visita non avrà stabilito il numero di giovani, di cui sono capaci le sale dello Stabilimento ”.
Difatti, trascorsa una settimana, la Commissione Sanitaria tornò a Valdocco, e dietro sua relazione al Municipio il Sindaco Rorà comunicava a Don Bosco aver la Commissione limitato il numero dei ricoverandi a 500, e stabilito che nel grande studio al piano superiore non si potessero radunare più di 200 alunni.
E' da notarsi che fra i Commissari eravi qualche scrittore di giornali anticlericali, i quali furono ben lieti di potersi servire delle giuste misure ordinate dall'autorità cittadina ad impedire la propagazione del morbo, per denigrare Don Bosco.
Il chierico Francesco Dalmazzo il 22 agosto scriveva da Torino a D. Rua in Mirabello: “ L'Oratorio fu importunato da visite sanitarie che fecero le più odiose relazioni riguardo all'igiene e ciò perchè ha D. Bosco proposto al Sindaco di Ancona di mandargli giovani rimasti orfani pel colera. I settarii aveano giudicato esser quell'offerta uno scorno per tutta la città di Torino che si vantava di prestare in particolar modo soccorso ai miseri Anconitani. Dall'annesso biglietto che le invia Buzzetti Giuseppe giudichi le infamie che ha pubblicate la Gazzetta del Popolo.... ”.
Questa infatti, dopo aver narrato con spirito apertamente settario quanto abbiamo già riferito, conchiudeva in tono di trionfo: “ Dopo ciò che cosa significhi l'offerta di D. Bosco di ricevere trenta orfani anconitani, lo dica il pubblico! Il bravo Sindaco di Ancona assuma per carità informazioni presso la Commissione Sanitaria di Torino, per non essere poi maledetto dagli orfani stessi! ”.
Tutti gli onesti non le prestarono fede e noi stessi udimmo alcuni popolani esclamare:
- Questo è troppo! Se può, faccia quel giornalista quello che sa fare D. Bosco!
Il 30 agosto, anche il Teol. Margotti, dalle colonne dell'Unità Cattolica, entrava in campo a dare il suo giudizio, scrivendo in difesa di D. Bosco:
D. Bosco e l'Oratorio di S. Francesco di Sales. - Da qualche tempo alcuni giornali, appoggiati ad una asserzione della Gazzetta del Popolo, si sono occupati e s'occupano a sparlare intorno allo stato d'igiene, di nettezza e di troppa agglomerazione di giovanetti nell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Noi siamo stati più volte a visitar questo stabilimento, e non ci fu mai dato di notare alcuno di sì fatti sconci. Anzi sappiamo che poco fa vi andò il Principe Amedeo accompagnato dal Sindaco di Torino, dal Prefetto e da altri autorevoli cittadini, i quali, dopo aver visitato lo stabilimento, ne diedero i più cordiali segni di soddisfazione, e noi ne eravamo intimamente persuasi, imperocchè ogni anno v'è una visita medica; nè il Ministero, la Questura, il medesimo Municipio di Torino invierebbero colà ragazzi, come sappiamo aver fatto, se vi fossero inconvenienti a temersi.
Tuttavia, spinti dalla diceria, abbiamo voluto portarci sul luogo e visitare questo stabilimento sotto l'aspetto sanitario, numerico e di nettezza, ed abbiamo avuto il piacere di poter confermare di presenza quello di cui prima eravamo già persuasi, vale a dire:
1° Essere ottimo lo stato di sanità di quei giovanetti, mentre consta che nonostante il numero di circa ottocento, passano cinque ed anche sei mesi senza che un fanciullo vada per male in infermeria, se si eccettua il male dell'appetito che è grandissimo;
2° Abbiamo osservato i grandi sforzi per provvedere alle cose necessarie e nulla havvi a desiderare per la nettezza per quanto è possibile per una casa che vive di beneficenza;
3° In quanto al numero è vero che è grande, mentre in via ordinaria va circa agli ottocento, ma il locale ci sembra competente.
Tuttavia dobbiamo lodare la preveggenza di D. Bosco, che appena cominciarono a farsi sentire i tristi effetti del colera in paesi a noi vicini, egli sul finire dello scorso mese di luglio collocò altrove una vistosa parte de' suoi ricoverati, a segno che il loro numero da ottocento venne ora ridotto a trecento.
Da ciò noi possiamo arguire che coloro che hanno propagato notizie ostili a questo stabilimento o furono male informati e dovrebbero rettificarle, o furono di quei calunniatori cui gode l'animo quando loro è dato di poter comprimere qualunque opera che non torni di loro gusto.
Costoro dovrebbero almeno riflettere che è un'opera dove sono raccolti a centinaia i poveri figli del popolo. Qui, mercè i continui sacrifici di D. Bosco e de' suoi colleghi, imparano a vivere da buoni cristiani ed apprendono un'arte con cui possono a suo tempo guadagnarsi il pane della vita coll'onesto lavoro delle loro mani.
Opere di questa fatta, da chi ha un cuore in petto, devono essere aiutate, promosse, e solamente i nemici del vero bene sono capaci di deprimerle e di calunniarle.
Il Servo di Dio fu arrendevole ad alcune esigenze dell'Ufficio sanitario e fece affrettare il compimento degli accennati lavori di riparazione e di ripulimento dei locali; si scusò di non obbedire ad ingiunzioni impossibili che lo avrebbero costretto a spese troppo gravose, ed imperturbabile, pur mantenendo il numero de' giovani ricoverati senza diminuirlo di un solo, preparò il posto per quelli resi orfani dal colera. E il numero degli alunni ascese a 900.
Dopo queste ispezioni, l'Oratorio non ebbe pi√π noie per causa d'igiene, e il Governo, i Municipii e la Commissione di Ancona non si ristettero dall'affidargli i giovani rimasti senza parenti. Proprio di quei giorni il Comm. Bona, Senatore del Regno, dal Ministero dei lavori Pubblici, Direzione delle strade ferrate, non curando le diatribe dei giornali, raccomandava all'Oratorio il giovane Cerruti Carlo di Torino, che vi era accettato.
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