Trattenimenti di Giovanni coi fanciulli - I racconti - Le serate d'inverno Il piccolo saltimbanco e il suo primo Oratorio festivo - Col canto, coi giuochi e colle prove acrobatiche impedisce l'offesa di Dio.
del 04 ottobre 2006
Nell’andare ai mercati colla madre, Giovanni aveva fatto conoscenza con alcuni giovanetti delle diverse borgate; molti più poi strinsero con lui relazione, quando incominciò a recarsi in parrocchia pel catechismo. Tutti erano attirati a lui, come da una specie di misteriosa calamita, da ogni parte dei dintorni. Ancor piccolino, quasi senza avvedersene, egli aveva già incominciato a studiare il carattere de’ singoli suoi compagni, e fissando taluno in faccia, di leggieri ne scorgeva i progetti del cuore. Fatto più grandicello, la riflessione e i confronti lo resero sempre più perspicace. Sapeva perciò, con infantile ingenuità, prevenire un'interrogazione, dare ciò che non era stato chiesto, fare un rimbrotto a tempo opportuno di una mancanza da altri non avvertita, approvare una deliberazione presa e non ancora manifestata. Per questo i suoi coetanei molto lo amavano e assai lo temevano. Era un altro dono che avevagli fatto il Signore: “Come nelle acque risplendono le faccie di quelli che vi si mirano, così i cuori degli uomini sono manifesti ai sapienti”.
Dal canto suo però Giovanni era sempre pronto a fare del bene a chi poteva, del male a nessuno. I compagni ne ambivano assai l'amicizia, affinchè in caso di rissa prendesse le loro difese; perciocchè, sebbene fosse più piccolo di statura, possedeva forza e coraggio da incutere rispetto a coloro che erano di lui per età maggiori. A segno che, nelle varie questioni o diverbi di qualunque genere, nascendo brighe o risse fra i compagni, Giovanni era sempre chiamato dai litiganti come giudice arbitro, e da tutti si protestava che avrebbero accettato di buon grado la sentenza che fosse per proferire. Eziandio coloro, che già avevano quindici o sedici anni, a lui accorrevano per esporre i loro dubbi, domandargli consiglio e chiederne il parere. Fra i compagni bastava che si dicesse: - Giovanni ha detto questo, Giovanni ha così deciso! - la parola di Giovanni faceva testo.
Ma ciò che raccoglieva i fanciulli attorno al piccolo Giovanni e li allettava fino alla follia, erano i fatterelli e le istorie che loro raccontava. Gli esempi uditi nelle prediche e nei catechismi, la lettura dei Reali di Francia, del Guerrin Meschino, di Bertoldo e Bertoldino gli somministravano molta materia. Egli infatti leggeva quanti libri gli capitavano fra le mani, e questi soli e non altri poteva trovare nelle case dei contadini. Talora si appigliava a leggende ancora più strane, come a quella di colui che udiva l'erba a nascere a dieci miglia di distanza. Dai fatti però e dalle favole sapea sempre trarre la morale conveniente. Appena i suoi compagni lo vedevano, correvano affollati per farsi narrare qualche cosa da lui, che a stento cominciava a capire quello che leggeva. A costoro poco per volta s'aggiungevano degli adulti; sicchè sovente avveniva che nell'andare o venire da Castelnuovo, talora in un campo, tal'altra in un prato, Giovanni si vedeva circondare da centinaia di persone accorse per ascoltare un povero fanciullo che quantunque, fuori di un po' di memoria, fosse digiuno nella scienza, tuttavia tra di loro compariva come un gran dottore. Egli stesso a questo punto nota nelle sue memorie: - In regno caecorum monoculus rex. - Talvolta, mentre stava in mezzo alla turba dei ragazzi come dominatore e capopopolo, la gente delle altre borgate, passando per la via, si fermava quasi estatica a contemplare quel giovanetto così sicuro di sè e al quale gli altri professavano tanta sottomissione, ed interrogava: - Ma chi è costui? - e sentivasi rispondere: - È il figlio di Margherita!
Nella stagione invernale si andava a gara per averlo nelle stalle e udirlo raccontare qualche storiella. Colà raccoglievasi gente di ogni età e condizione, e tutti godevano di poter passare le serate di cinque ed anche sei ore ascoltando immobili la lettura dei Reali di Francia, che il giovanetto esponeva ritto sopra una panca, affinchè fosse da tutti udito e veduto. Siccome però dicevano che venivano ad ascoltare la predica, così prima e dopo i suoi racconti facevano tutti il segno della santa Croce colla recita dell'Ave Maria. Eravamo nell'anno 1826. Una vicina, certa Catterina Agagliati, era talmente assidua nell'ascoltare il piccolo oratore, che in qualunque luogo e in qualunque tempo le fosse giunta notizia doversi tenere questo trattenimento, lasciava qualsiasi occupazione per accorrervi. Costei un giorno, fuori di sè per la meraviglia delle cose udite, diceva a mamma Margherita: - Il Signore aiuterà vostro figlio a divenire uomo di molta importanza. Sarebbe peccato che tanta scienza andasse perduta. - E Margherita rispondeva - Sarà quello che il Signore vorrà!
Nella bella stagione poi, specialmente al dopo pranzo dei giorni festivi, si radunavano quelli del vicinato e non pochi forestieri. Non solo venivano i giovani, ma eziandio gli uomini fatti e quelli dai capelli bianchi. Qui la cosa prendeva aspetto assai pi√π serio. Giovanni dava a tutti trattenimento con alcuni di quei giuochi, che aveva imparato dai ciarlatani sulle fiere.
Ai Becchi havvi un prato, dove esistevano diverse piante, fra le quali un pero martinello. A quest'albero Giovanni attaccava una fune, che andava a rannodarsi ad altro albero a qualche distanza: di poi preparava un tavolino colla bisaccia: in fine collocava una sedia e stendeva un tappeto a terra per farvi sopra i salti. Quando ogni cosa era preparata nel bel mezzo del circolo formato dalla moltitudine ed ognuno stava ansioso di ammirare novità, allora Giovanni li invitava tutti a recitare la terza parte del rosario, quindi faceva cantare una laude sacra, finita la quale, saliva sopra la sedia, e: - Adesso, diceva, sentite la predica che ha fatto stamattina il cappellano di Morialdo.
Alcuni facevano smorfie ed atti d'impazienza, altri brontolavano sottovoce dicendo che non volevano saperne di prediche, altri si disponevano ad allontanarsi per quel momento. Giovanni sopra la sua sedia era come un re sopra il suo trono, e comandava così risolutamente da costringere all'obbedienza eziandio i vecchi di sessant'anni. - Ah! è così? gridava a quegli impazienti; partite pure di qua, ma ricordatevi che, se ritornerete quando farò i giuochi, io vi scaccierò e vi assicuro che non porterete più i piedi nel mio cortile. - A questa minaccia tutti si acquetavano e immobili stavano attenti alle sue parole. Egli allora incominciava la predica, o meglio ripeteva quanto si ricordava della spiegazione del Vangelo udita al mattino in chiesa, oppure raccontava fatti od esempi uditi o letti in qualche libro. Di tanto in tanto gli uditori uscivano in queste esclamazioni: - Dice bene; sa bene! - Ed erano tutti contenti. Terminata la predica, si faceva breve preghiera e tosto si dava principio ai divertimenti. L'oratore diveniva giuocoliere di professione. Fare la rondinella, il salto mortale, camminare sulle mani col corpo alto; poi cingersi la bisaccia; mangiare gli scudi per andarli a ripigliare sulla punta del naso dell'uno o dell'altro; poi moltiplicare le pallottole, le uova; cangiare l'acqua in vino, uccidere un pollo e poi farlo risuscitare e cantare meglio di prima, erano gli ordinarii trattenimenti. Sulla corda poi camminava come per un sentiero; saltava, danzava, si appendeva ora per un piede ora per due; talora con ambe le mani, talora con una sola. Anche il fratello Antonio andava a vedere i giuochi, ma non si metteva mai tra le prime file, sibbene si nascondeva per metà dietro ad un albero o a qualche pilastro, sicchè ora compariva ed ora scompariva la sua faccia beffarda, e rideva cogli altri o scherniva il piccolo giocatore: - Grande imbecille che sei; talora dicevagli, farti burlare da tutti in questa maniera! - Ma gli spettatori non gli badavano, e ridevano a crepapelle ai giuochi, ai frizzi, alle burle di Giovanni e gli battevano le mani. Talora mentre tutti stavano intenti a bocca aperta, in aspettativa di qualche nuovo strano prestigio, di un colpo Giovanni sospendeva i giuochi, e faceva loro cantare le litanie o dire il rosario, quando non si era recitato prima. Diceva loro: - Adesso vi sono ancora molte belle cose da vedere, ma prima di terminare, voglio che recitiamo - tutti insieme una preghiera. - Coglieva questo tempo intermedio; poichè se avesse aspettato a far l'invito al fine del trattenimento, sarebbero tutti fuggiti.
Dopo alcune ore di questa ricreazione, in sul far della notte, allorchè il piccolo giuocatore era ben stanco, cessava ogni trastullo, facevasi altra breve preghiera, ed ognuno se ne andava pe’ fatti suoi. Da queste radunanze erano esclusi tutti quelli che avessero bestemmiato, fatti cattivi discorsi, o si fossero rifiutati di prendere parte alle pratiche religiose.
Qualcuno dei nostri lettori farà una domanda: - Per andare alle fiere ed ai mercati ad assistere ai ciarlatani, come si è esposto in un dei capi precedenti; per provvedere quanto occorreva per questi divertimenti, erano necessari danari; e questi dove si prendevano? - A ciò in più modi poteva provvedere Giovanni. Tutti i soldi che sua madre e gli altri parenti gli davano per i suoi minuti piaceri e per le ghiottonerie, le piccole mance, i regali, tutto era messo in serbo per questo bisogno. Di più egli, peritissimo ad uccellare colla trappola, colla gabbia, col vischio, coi lacci e praticissimo delle nidiate, fatta raccolta sufficiente di uccelli, sapeva venderli assai bene. Inoltre fabbricava cappelli di paglia, che vendeva ai contadini sui mercati; come pure gabbie di canna a modo di trappola, specialmente per i passeri, coi richiami addestrati. I funghi, l'erba tintoria, il treppio erano per lui fonte di guadagno. Aveva pure imparato ed era abilissimo nel filare stoppa, cotone, lino, fiorotto, fiorone di bozzoli di seta, sì da dare lezione di quest'arte ai vicini che a lui si raccomandavano. Riusciva anche molto bene a fare le calze a maglia sui ferri; sicchè, quando fu all'Oratorio, da per sè rinnovava talora gli scappini stracciati. Eziandio la caccia alle serpi gli era fonte di qualche lucro. Quando se ne scopriva qualcuna in un campo, si andava da lui, ed egli correva e con una pietra bene assestata colpiva il rettile; ma se mai questo fuggendo, riusciva a porre il capo in un foro delle macerie o sotto qualche radice, allora egli afferravalo per la coda, e girandolo rapidamente per aria, così continuava finchè, venuto presso ad un albero, contro quello lo sbatteva, facendogli in un sol colpo saltare la testa.
Un'altra osservazione, alla quale risponderemo colle parole stesse di D. Bosco. “Voi qui, dice egli nel suo manoscritto, mi chiederete: - E la mia madre era contenta che tenessi una vita cotanto dissipata, e spendessi il tempo a fare il ciarlatano? - Vi dirò che mia madre mi voleva molto bene; ed io le aveva confidenza illimitata, e senza il suo consenso non avrei mosso un piede. Ella sapeva tutto, osservava tutto e mi lasciava fare. Anzi occorrendomi qualche cosa, me la somministrava assai volentieri. Gli stessi miei compagni e in generale tutti gli spettatori mi davano con piacere quanto mi fosse stato necessario per procacciare loro quegli ambiti passatempi”.
Così mamma Margherita, col suo buon senso e molto più con quell'intuito naturale in un'anima che vive dell'amor di Dio, senza sapere bene il perchè, coadiuvava nel suo Giovanni lo sviluppo della vocazione straordinaria, alla quale era chiamato per i tempi nuovi che andavano maturandosi. La virtù infatti non trovava ostacoli nella madre, la quale, sapendo quanto importasse che i fanciulli crescessero nell'umiltà, non smiracolava mai per le geste del figlio, non vantavalo mai in sua presenza, ma pregava il Signore per lui, come pure lo pregava per gli altri suoi figliuoli. Ella osservava, taceva e pensava. Infatti un ragazzetto, un contadinello che a dieci anni s'impone ai fanciulli maggiori di lui, che parla in pubblico con franchezza, che si addestra a far ciò che piace alla folla, per costringerla a pregare e ad udire la ripetizione di una predica, non è cosa che si veda con molta frequenza.
Un giorno, mentre Giovanni avea teso la corda per giuocare innanzi alla folla radunata nel cortile di sua casa, la madre sopra pensieri lo contemplava quasi senza trarre respiro. A un tratto giunge la Catterina Agagliati e salutandola: - Ebbene, Margherita? - Margherita come scossa dal sonno si volse alla sua interlocutrice e sottovoce, ma con fuoco, le chiese: - Che cosa credete che ne verrà di mio figlio? - E l'altra: - È certamente destinato a fare qualche grande diavolío nel mondo!
Giovanni in quelle assemblee domenicali godeva mezzo mondo; il disegno di vivere sempre in mezzo ai giovani, radunarli, far loro il catechismo, gli era brillato nella mente fin dall'età di appena cinque anni. Ciò formava il suo più vivo desiderio, ciò sembravagli l'unica cosa che far dovesse su questa terra. Tale propensione era pure segnale della sua vocazione.
Nel 1825 adunque Giovanni incominciò quella specie di Oratorio festivo, facendo quanto era compatibile coll'età sua e colla sua istruzione; e lo continuò per parecchi anni, riuscendo sempre meglio fruttuose le sue parole, quanto più cresceva il suo corredo di cognizioni religiose. A tal uopo metteva un impegno singolare nel raccogliere dai catechismi, dalle prediche, dalle letture fatte, narrazioni edificanti, per istillare in quanti l'udivano l'amore alla virtù.
Ma non i soli racconti, i soli giuochi e le belle maniere erano l'incanto che legava a lui i cuori di tanti giovani. Dal suo sguardo, dal suo volto doveva allora trasparire la purezza dell'anima sua, come sempre trasparì fino agli ultimi suoi giorni. Incontrarlo, stargli vicino cagionava una gioia, una pace, un diletto, una brama di farsi migliore, che non può avere la sua sorgente in affezione puramente umana. Ciò provarono migliaia di fanciulli, ciò attestarono migliaia de’ suoi cooperatori, che, conosciutolo, più da lui non sapevano distaccarsi, e mai più poterono dimenticare quel fascino di attraimento così sorprendente. La spiegazione di ciò viene pôrta dal libro della Sapienza: - “O quanto è bella la generazione casta con gloria (delle vinte tentazioni)! La memoria di lei è immortale, perchè ella è conosciuta dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini. La imitano quand'ella è presente; e la desiderano quando ella è partita; e coronata trionfa nell'eternità, vinto il premio dei casti combattimenti”.
Ma che il campo di azione, destinato dalla Provvidenza al piccolo figlio di Margherita, fosse pi√π esteso di quello che parer potesse in principio, ben fu dimostrato fin d'allora da varie circostanze, nelle quali sembra impossibile che un fanciullo abbia avuto tanta sicurezza d'azione. Valgano, fra gli altri, i fatti seguenti.
Quando era sugli 11 o 12 anni, in occasione di una festa, ebbe luogo il ballo pubblico sulla piazza di Morialdo. Era il tempo delle sacre funzioni vespertine, e Giovanni, desiderando che cessasse quello scandalo, si portò sulla piazza, e mischiatosi tra la folla, composta in parte di suoi conoscenti, cercava di persuader la gente a desistere dal ballo e ad andare in chiesa ai vespri. - Guarda qui un fanciullo, quasi ancora a balia, che viene a darci legge! - diceva uno.
- Chi ti ha data questa graziosa missione di venirci a fare il predicatore, il padre spirituale? - replicava un altro.
- Ci vuole il tuo muso per venirci a disturbare nel pi√π bello del nostro divertimento! - soggiungeva un terzo.
- Va pei fatti tuoi, e non intrigarti in ciò che non ti spetta! - brontolava bruscamente un quarto. E gli ghignavano in faccia. Giovanni allora si mise a cantare una canzone religiosa, popolare, ma con una voce così bella e così armoniosa, che a poco a poco tutti corsero a lui d'attorno. Egli, dopo qualche istante, si mosse verso la chiesa: gli altri tutti lo seguirono come incantati dalla sua voce, finchè entrato egli in chiesa, vi entrarono essi pure.
Appressandosi la notte, Giovanni ritornò in mezzo al ballo, che era stato ripreso con pazza frenesia. L'aria si faceva sempre più scura, e Giovanni diceva alle persone che gli sembravano più assennate - È tempo d'andar via: il ballo diventa pericoloso. - Ma, badandogli nessuno, si mise a cantare come aveva fatto poche ore prima. Al suono dolce e direi magico della sua voce, cessarono le danze e rimase sgombero il luogo del ballo. Tutti corsero intorno a lui per udirlo, e quando ebbe finito gli offersero non pochi doni perchè ricominciasse. Riprese il suo canto, ma non volle accettare doni. I rettori del ballo, che vedevano col cessare delle danze cessare eziandio il loro guadagno, gli si avvicinarono e offrendogli del danaro gli dissero: - Ecco; o tu accetti questo danaro e te ne vai, o sono busse che ti prendi, quali non hai mai sentite.
- Oeh! rispose Giovanni, che parlare è il vostro? Qui son forse in vostra casa per obbedirvi? Non sono libero di fare ciò che più mi talenta? Io ho qui parenti, che sono attesi alle loro case: se vengo a chiamarli, vi faccio torto? Le famiglie temono che succeda qualche disgrazia, qualche rissa, qualche ferimento: non è giusto che siano tolte dall'ansietà? A quest'ora specialmente, voi che avete giudizio, e siete brave persone, dovete intendere che non è impossibile che succedano disordini, dei quali poi vi resterebbe rimorso. Se io desidero l'ordine, gli è che la nostra borgata ebbe sempre un nome onorato presso gli altri paesi. Con questo forse vi manco di rispetto? - Queste ed altre simili ragioni, dette da un fanciullo, fecero stupire, e convinsero molti ad abbandonare il ballo. I più fanatici per le danze stettero ancora qualche istante; ma, essendo più in pochi, si determinarono essi pure di ritirarsi.
Si narra che in questa stagione gli sia accaduto un fatto singolare, che per altro si ripetè poi ancora in varie occasioni: sfidare cioè con giuochi di destrezza que’ ciarlatani, che disturbavano le funzioni di chiesa.
Nella cappella di una borgata vicina ai Becchi una sera vi doveva essere predica. La casa di Dio era mediocremente piena, ma la piazza innanzi a questa era tutta ingombra di uomini, che facevano udire a coloro, che già erano dove il dovere religioso li chiamava, il loro confuso mormorio. Quand'ecco all'improvviso s'aggiunge sulla piazza il suono della tromba. Nessuno più potè rattenere i ragazzi, i quali scattarono dai banchi e si precipitarono alla porta della chiesa. Le ragazze tenner dietro ai giovani; e dopo queste anche le donne spinte da curiosità si mossero. Il piccolo Bosco a tal vista corse egli pure sulla piazza, e fattosi largo tra la folla, si presentò in prima linea. Il comparire del giovanetto, noto per i suoi divertimenti così abilmente condotti, fece volgere a lui gli sguardi di tutti. Col capo e colle mani gli accennavano il cerretano, quasi per dirgli che avea trovato un competitore. Giovanni, che era uscito di chiesa, non per curiosità, ma per effettuare un suo disegno, si avanzò nel mezzo del circolo e sfidò il ciarlatano a far prova chi meglio fra loro due sapesse dar saggio di destrezza. Il ciarlatano guardò dall'alto in basso il fanciullo con aria di scherno, ma gli applausi del popolo alla proposta del giovanetto gli fecero capire che non era suo onore rifiutare la sfida. Da tutte parti si gridava: - Bravo, bene; sì, fa vedere la tua abilità! - Venne di comune accordo proposto non so quale giuoco. - Accettato, concluse Giovanni, ed ora veniamo alle condizioni: queste le propongo io: se voi vincete, io vi darò uno scudo: se vinco io, voi uscirete immediatamente dal territorio di questo paese, e non ci riporterete mai più piede in tempo delle sacre funzioni. - Tutta la gente avida di quel nuovo spettacolo: - Sì, sì - gridava. - Accetto - rispose il ciarlatano, sicuro della sua vittoria. Ma questa all'atto pratico fu di Giovanni, e il ciarlatano, raccolti i suoi arnesi, dovette mantenere la parola, e partire all'istante. Allora Giovanni disse alla turba: - E noi in chiesa! - e precedendola entrava nella casa di Dio.
Altra volta una persona straniera alla borgata, con lazzi poco verecondi, discorreva in mezzo a un numeroso crocchio di uomini e fanciulli, infiorando eziandio i suoi ragionamenti con motti che sapevano di bestemmia. Giovanni, addolorato per quello scandalo, e vedendo che non era possibile impor silenzio all'uno e troncare le risa sguaiate degli altri, che cosa pensò di fare? In quel luogo vi erano due alberi poco distanti uno dall'altro: egli, presa una corda e fattole un nodo alle estremità, queste una dopo l'altra lanciò ad un ramo di ciascun dei due alberi, sì da rimanere strettamente allacciate e che la corda stesa fosse fortemente assicurata da non cedere. In due colpi l'operazione fu eseguita. La folla, accortasi di quella così abile manovra, lasciò il maldicente e venne a fargli corona. Giovanni allora spiccò un salto tanto alto da aggrapparsi alla corda; vi si assise sopra; quindi lasciò penzolare la testa, rimanendo attaccato solo pei piedi, poi si rizzò e prese a camminare su e giù, come se fosse in solido sentiero. Il giuoco durò fino a tanto che, venuta la sera, tutti si dispersero per ritornare ai propri casolari.
Così il giovanetto Bosco incominciava le prime prove della sua missione con quei mezzi che la divina Provvidenza aveagli forniti. E quel Dio, che secondo l'espressione del libro dei Proverbi scherza continuamente nell'universo colla sua onnipotenza creatrice e conservatrice, e pone le sue delizie nello stare coi figliuoli degli uomini, in certo modo cominciava a presentare al mondo l'istrumento, del quale voleva servirsi per la sua gloria. “Le cose stolte del mondo elesse Dio per confondere i sapienti; e le cose deboli per confondere le forti; e le ignobili e le spregevoli e quelle che non sono per distruggere quelle che sono; affinchè nessun uomo si dia vanto dinanzi a lui e chi si gloria, si glorii nel Signore”.
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