Notizie di Roma: Parole di Pio IX alla gendarmeria ed ai Zuavi consegnando le bandiere: sua fiducia nella Madonna - I destini della chiesa di Valdocco - L'interno della chiesa - I quadri di Maria SS. Ausiliatrice e di S. Giuseppe - Nessuna disgrazia agli operai negli anni della costruzione - Continui favori della Madonna a coloro che concorrevano alla fabbrica della chiesa - Stupori di quelli che non credevano o dubitavano della riuscita di Don Bosco in questa impresa - Parole del Teologo Margotti - Gli aiuti divini bisogna meritarli - Don Bosco insegna ai giovani come debbano regolarsi nella novena di Maria Ausiliatrice - La benedizione delle campane: loro iscrizioni: sono collocate sul campanile - Il cancello di ferro innanzi alla chiesa - La Piazza di Maria Ausiliatrice e un monumento - Compra di terreni - Risposta di Don Bosco al Rettore del Seminario: gli espone il motivo pel quale non poté pagare al Seminario una dovuta annualità, che sarà versata al più presto: lo ringrazia di un'offerta: lo prega a riguardare come suoi anche i chierici dell'Oratorio: gli domanda il favore di essere avvertito schiettamente quando vi fossero osservazioni da fare sopra il suo conto o su quello dell'Oratorio - Il Papa concede indulgenza Plenaria ai fedeli che visiteranno la chiesa di Maria Ausiliatrice nella lesta della consacrazione o in uno dei sette giorni immediatamente seguenti: e ad septennium indulgenza plenaria in occasione della lesta titolare o in uno dei giorni della Novena.
del 04 dicembre 2006
Nel mese di maggio lettere da Roma annunziavano all'Oratorio quanto accadeva nella salita città: “ Qui per ora siamo quietissimi. Moti Garibaldini sono impossibili ora; guerra grossa sì. Ma non si vede che osino incominciare. I Francesi pare che vengano sempre e non vengono mai. Certo è che sono preparati alloggi e letti per cinque mila. Il Santo Padre sta benone. Egli con gran solennità, nel pontificio giardino vaticano, benediceva il 5 maggio e consegnava alla Gendarmeria e al Corpo dei Zuavi due magnifiche bandiere ricamate, una dalle Dame degli Stati Uniti d'America, l'altra da quelle di Barcellona. Quindi indirizzava la sua parola alle milizie. Ricordando come quel giorno fosse consecrato alla memoria di Pio V, notava che i soldati da lui armati contro il Mussulmano ne avevano con strepitosa vittoria fiaccato l'orgoglio, allontanando dall'Europa il giogo che volevasi imporle. Protestava essere suo dovere difendere i diritti della Chiesa e di avere riposta nel cuore piena fiducia nel provato valore dei suoi soldati. A questi rammentava la gloria di aver sostenuta la causa della religione e del diritto e il guiderdone che ne riceverebbero da Dio nell'altra vita. Alludendo ai fatti d'armi dell'anno scorso, esclamava: Quello che è passato non fu che un preludio, un principio: ma non perdiamo il coraggio, che la Chiesa, come sempre, trionferà: e colla Chiesa lo Stato. Come Pio V, io pure son principe di pace, ma anche guerriero ”.
Così l'8 maggio scriveva al Cav. Oreglia, ritornato nell'Oratorio, il Conte Connestabile della Staffa.
Pio IX riponeva intera la sua speranza nella Madonna, la quale nel tempo fissato dal volere di Dio, si sarebbe immancabilmente mossa in aiuto del Vicario del suo Divin Figliuolo: Terribilis ut castrorum acies ordinata.
In quei giorni a Torino si terminavano i lavori della chiesa Maria Auxilium Christianorum, destinata ad avere una fama mondiale e a propagare lo stesso titolo e la stessa devozione in tutte le nazioni della terra; e dalla quale sarebbero scaturiti fonti innumerevoli di grazie. Era un monumento preparato pel giorno delle vittorie. Inde gloria mea! aveva letto Don Bosco sulle sue mura in una visione memorabile. Il Sommo Pontefice, conoscendo l'opportunità di quest'opera, si era dato sollecitudine a concorrervi con favori materiali e spirituali.
Noi, nei volumi precedenti, abbiamo detto dell'esterno di questa chiesa; ora faremo cenno dell'interno, come era in que' tempi, e come fu allora descritto da Don Bosco.
Entrando dalla porta maggiore, capo lavoro dell'artista Ottone, Torinese, disegnato dal Cav. Antonio Spezia, si vedono due colonne di marmo, il cui piedestallo è lavorato in modo che serve anche come pila per l'acqua santa. Esse sostengono l'orchestra capace di un trecento musici, a due piani, cioè di orchestra e di controrchestra con eco, ossia doppio pavimento. Questa era dono e lavoro del mastro falegname Giuseppe Gabotti di Locarno, abitante in Torino.
Le pareti sono semplicemente imbiancate senza pittura pel timore che la recente costruzione possa contraffare la specie dei colori. I basamenti, i legami e i cornicioni sono di granito; e su questi tutt'intorno e sulla base della cupola corrono ringhiere in ferro, per assicurare quelli che dovessero ivi eseguire qualche lavoro.
Il pulpito di noce, assai maestoso, disegno del Cav. Spezia, è posto nel gran pilastro di destra presso la balaustra dell'altar maggiore in modo che da qualunque angolo della chiesa si può vedere il predicatore. La scoltura e tutti gli altri lavori furono opera dei giovanetti dell'Oratorio di San Francesco di Sales, a spese di una patrizia Torinese la quale se volle che si tacesse il suo nome, desiderava però che tutti sapessero essere un'oblazione per grazia ricevuta e perciò vi si legge a caratteri d'oro: Omaggio a Maria Ausiliatrice Per grazia ricevuta.
Tutto il pavimento è alla veneziana, e quelli dei presbiteri dei singoli altari sembrano altrettanti mosaici. Il pavimento dell'altar maggiore non avrebbe bisogno di tappeto per far degna comparsa nelle più belle solennità.
Gli altari sono cinque; tutti in marmo lavorato, e quattro con disegni e con fregi diversi del Cav. Gussone Torinese che fece in marmo anche le balaustre. Il quinto altare posto nella prima cappella laterale a destra entrando primeggia sugli altri per preziosità di marmi, contenendo verde antico, rosso di Spagna, alabastro orientale e del malachita. È quello che sarà dedicato a S. Anna ed è lavoro dell'artista Luigi Medici a spese di un patrizio bolognese.
Le due crociere hanno due porte caduna, di modo che nei grandi concorsi dei fedeli si possa avere facile entrata ed uscita; e da due di quelle si ha l'accesso a due sagrestie che fiancheggiano dai due lati il presbiterio dell'altar maggiore.
Nella crociera di destra è l'altare che sarà dedicato a San Pietro, offerto a Maria SS. da una matrona romana, per grazia ricevuta.
Nella crociera a sinistra avvi l'altare che sarà dedicato a S. Giuseppe; ma il quadro non era ancora al suo posto, l'artista Tommaso Lorenzoni lavorava a dipingerlo. Esso avrebbe rappresentata la Sacra Famiglia. La composizione era simbolica ed eccone il disegno. S. Giuseppe è in piedi sopra una nuvola, portando sul braccio sinistro il Bambino Gesù, il quale tiene sulle ginocchia un panierino pieno di rose. Il Bambino piglia le rose e le dà a S. Giuseppe e questi inali mano le fa piovere sulla chiesa di Maria Ausiliatrice che vedesi di sotto ed ha per sfondo le colline di Superga. L'atteggiamento del Bambino è di una grazia singolare, perché, rivolto al suo caro padre putativo, sorride a lui con infinita dolcezza. A quel divino sorriso sembra imparadisarsi il santo Patriarca e si direbbe che la celeste letizia del Divino Infante si raddoppi col riflettersi in quell'amato volto. A compiere questo delizioso gruppo sta a lato del Bambino Gesù, ritta in piedi ed in bella movenza, colle mani giunte, la sua santissima Madre, Maria, la quale in atto divotissimo, e tutta rapita nella contemplazione di quel dolce scambio di ineffabile amorevolezza tra il suo divin Figlio e il suo purissimo Sposo, sembra fuori di sé per l'infinita gioia che le inonda il cuore. Tre angioli, a mani giunte, stanno a fianchi della S. Famiglia sospesi sulle loro ali; uno di questi porta la verga fiorita. Sulla cima del quadro due altri angioletti tengono per le estremità una fascia sulla quale sta scritto: Ite ad Joseph. L'altezza del dipinto è di metri quattro per due di larghezza. L'angiolo della verga ha le fattezze di una cara bimba, figlia della Marchesa Fassati, morta ustionata anni prima. Graziosa idea di Don Bosco che commosse profondamente la mamma.
Così descrisse il quadro lo stesso Don Bosco che ne aveva dato il disegno
Ma il pi√π glorioso monumento di questa chiesa era l'ancona, ossia il gran dipinto sovrastante all'altar maggiore, alto oltre sette metri e largo quattro con una magnifica cornice dorata. Il Lorenzone poteva essere ben contento dell'opera sua.
La Vergine campeggia in un mare di luce e di maestà, sii di un trono di nubi. Dalle spalle le scende un manto regale che avvolge i suoi fianchi. Il suo capo è coronato di stelle e d'un diadema con cui è proclamata regina del cielo e della terra. Colla destra stringe lo scettro che è simbolo della sua potenza, quasi alludendo alle parole da Lei proferite nella casa di Santa Elisabetta: Fecit mihi magna qui potens est; colla sinistra tiene il Bambino, esso pure incoronato, che ha le braccia aperte, offerendo così le sue grazie e la sua misericordia a chi fa ricorso all'augusta sua Genitrice. Dietro a Lei si apre come un lembo di cielo, intorno al quale si vedono cori di graziosi angioletti che le porgono ossequio come a loro Regina.
Nell'alto del quadro coll'occhio simbolico è rappresentato Iddio Padre e alquanto più sotto lo Spirito Santo in forma di colomba; di là piovono raggi di luce che vanno a posarsi sul capo e tutto intorno alla Vergine, quasi per dirle: Ave, Maria: Virtus Altissimi obumbrabit tibi.
In basso, divisi in due ali, si vedono disposti per gradi gli apostoli e gli evangelisti in figura alquanto maggiore del naturale. Essi trasportati da dolce estasi, rimirano attoniti la loro regina: Regina Apostolorum, ora pro nobis. San Pietro e San Paolo campeggiano nel mezzo. Fra loro si apre lui varco dal quale si vede in fondo il Santuario di Valdocco e l'Oratorio, coi caseggiati che li circondavano a quel tempo e le colline di Superga. È il punto dal quale i divoti ringraziano la Salita Vergine dei benefizii ricevuti e la supplicano a continuare a mostrarsi madre di misericordia nei gravi pericoli della presente vita.
Pregio singolare del quadro è l'idea religiosa che genera una divota impressione nel cuore di chiunque lo rimiri.
Nell'erezione di questa chiesa si notò che non accadde disgrazia alcuna agli operai, e si disse essere un miracolo. Il solo Don Angelo Savio, che vigilava per l'esatta esecuzione dei disegni, stando sui ponti all'altezza della cupola pose il piede sull'estremità di un asse che fece leva, ma egli non cadde, perchè poté afferrarsi ad un'antenna. Ciò non dee far meraviglia, dovendosi asserire che ogni mattone del sacro edifizio ricorda una grazia ottenuta dall'Augusta Regina del Cielo. Un sesto della spesa, che fu di circa un milione, venne coperto con generose offerte di persone divote; il rimanente furono tutte piccole oblazioni di coloro che erano stati beneficati da Maria nella sanità, nelle sostanze, nelle famiglie o altrimenti. Così consta da un registro regolarmente tenuto, e dall'affermazione di Don Bosco.
Apparve con evidenza la protezione di Maria SS. nel tempo che infieriva il coléra - morbus. Don Bosco scriveva “ fra gli altri ” di “una madre che vedendo l'unico figliuolo strozzato dalla violenza del male, lo invitò a fare ricorso a Maria SS. Aiuto dei Cristiani. Nell'eccesso del dolore egli profferì queste parole: Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis. Col più vivo affetto del cuore la madre ripeté la medesima giaculatoria. In quel momento si mitigò la violenza del morbo, l'infermo diede in un copioso sudore a segno che in poche ore restò fuori di ogni pericolo e quasi interamente guarito. La notizia di questo fatto si dilatò, altri e poi altri si raccomandarono con fede in Dio onnipotente e nella potenza di Maria Ausiliatrice con promessa di fare qualche offerta per continuare la costruzione della sua chiesa. Non si sa che alcuno abbia in questo modo ricorso a Maria senza essere stato esaudito. Avverandosi così il detto di S. Bernardo, che non si è mai udito al mondo che alcuno sia con fiducia ricorso invano a Maria. Mentre scrivo, (maggio 1868) ricevo un'offerta con una relazione di persona di molta autorità, che mi annunzia come un paese intiero fu in modo straordinario liberato dall'infestazione del colera mercé la medaglia, il ricorso e la preghiera fatta a Maria Ausiliatrice. In questa guisa sopravvennero oblazioni da tutte le parti; oblazioni, è vero, di piccola entità, ma che messe insieme bastarono al bisogno ”
Torino stupiva nel veder ultimato il sacro edifizio, specialmente quelli che avevano ricordate, con un po' d'ironia, le parole del Vangelo:
 - Chi di voi, volendo fabbricar una torre, non fa prima a tavolino i conti delle spese che vi vorranno e se abbia con che finirla, affinchè dopo gettate le fondamenta non potendo egli terminarla, non comincino tutti quei che veggono a burlarsi di lui dicendo: “ Costui ha cominciato a fabbricare e non ha potuto finire? ” (Luc. XIV).
E Don Bosco aveva incominciato non solo senza fare i conti, ma senza avere i mezzi: ed era naturale che più d'uno lo accusasse d'imprudenza. Un prete aveva detto a Don Bosco, mentre si gettavano le fondamenta della chiesa, esser pronto a mangiar un cane, se riusciva a vederla giungere al tetto. Ebbene di quei giorni si recò a visitare il Servo di Dio e a portargli la sua offerta, chiedendogli, sorridendo, che lo dispensasse dal voto che aveva fatto.
Il Teol. Giacomo Margotti, sedendo a mensa nell'Oratorio con alcuni forestieri, pronunciava un brindisi a Don Bosco:
- Dicono che Don Bosco ha scienza, ed io non ci bado, anzi gliela getto in faccia. Affermano che Don Bosco è un santo, ed io me ne rido. Dicono che Don Bosco fa dei miracoli, ed io non discuto. Ma c'è un miracolo che io sfido chiunque a negare: ed è questa chiesa di Maria Ausiliatrice, venuta su in tre anni e senza mezzi; una chiesa che costa un milione!
Ma questo miracolo e tanti altri che formano il complesso di tutte le istituzioni di Don Bosco, e le grazie concessegli dalla Madonna, sono argomenti che provano la santità del Servo di Dio, e dimostrano che era in lui una fede che trasporta le montagne, congiunta ad uno spirito di sacrifizio incondizionato per obbedire al volere del Signore.
Infatti la Divina Provvidenza è pronta a porgere un necessario soccorso, a patto che dall'uomo si impieghino tutte le industrie, col chiedere consiglio, con implorare l'altrui aiuto, con adoperare come meglio può i suoi pensieri, la sua vigilanza, la sua opera. La Provvidenza non è per gli infingardi. I Santi erano sicuri che Dio vegliava su loro e per loro; tuttavia operarono sempre con tali cautele, con tali misure, con tale attenzione che più non avrebbero fatto, se Dio li avesse abbandonati alle sole loro forze. Pure non vi fu cosa così ardua, così malagevole, così penosa che non imprendessero trattandosi della gloria del Signore. Confidavano che egli, visti esauriti i mezzi umani, muoverebbe in loro soccorso: Aiutati che io li aiuterò. Così fece Don Bosco. Non risparmiò viaggi, veglie, fatiche, sudori, stenti, sollecitudini, affronti, persecuzioni, umiliazioni per soccorrere i poveri giovani, come se dall'industria sua e non dalla protezione divina dovesse sperar il felice esito delle sue eroiche imprese, persuaso che bisognava che si meritasse coi proprii sacrifizi la protezione celeste: Dominus regit me et nihil mihi deerit (Ps. XXII, vers. I).
Don Bosco intanto distribuiva in gran numero a personaggi distinti copia del libretto intitolato: Meraviglie della Madre di Dio, invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice: e noi fra le lettere di ringraziamento abbiam trovato il seguente biglietto di visita: “Mons. Luigi Marchese di Canossa, Vescovo di Verona, con mille ringraziamenti, anche pel recente dono del bel libretto Maria Ausiliatrice. ”
Non passava giorno che il Servo di Dio non scrivesse qualche linea, o nelle lettere, o sopra immagini, in onore della Beata Vergine, per ispirare divozione verso di Lei, e metteva in serbo le narrazioni di grazie da Lei ottenute per formarne de' libretti affinchè Maria SS. fosse sempre meglio onorata ed amata.
Il 14 maggio così insegnava agli alunni come dovessero fare la novena di Maria Ausiliatrice.
Ho da darvi una buona notizia: domani incomincia la novena di Maria Ausiliatrice. Quest'anno non potremo compierla ancora nella chiesa nuova, ma un altr'anno speriamo di celebrarla con grande solennità. In questa novena non faremo nient'altro che ciò che si praticava pel mese di maggio negli anni passati, ma dobbiamo farlo bene. Far bene tutti quei fioretti che si leggono alla sera. Lungo il giorno ciascuno si eserciti in qualche pratica di pietà. Ciascuno dica tre Pater, Ave e Gloria a Gesù Sacramentato e tre Salve Regina alla Madonna. La Madonna vuol farci delle grazie. Ciascuno domandi alla Madonna quella grazia di cui più abbisogna. Ad uno sarà necessaria la grazia di vincere certe tentazioni contro la purità, ad un altro di potersi emendare da un difetto, come dall'ira, dal non dire parole aspre, dall'accidia, ecc. Insomma ciascheduno abbia un grande impegno nell'adempiere ai proprii doveri. Se faremo così, avremo 999 gradi di probabilità su 1000 che la Madonna SS. ci farà la grazia della quale abbisognamo. E per me quale grazia domanderò? Per me pregherò affinchè possa salvare tutte le vostre anime.
Il 21 maggio, alle tre pomeridiane, vennero solennemente benedette le cinque campane da collocarsi sul campanile. Erano appese con grosse corde a robusti cavalletti di legno, in mezzo al nuovo santuario. Formavano un concerto in mi bemolle. Era il primo nella città di Torino. Erano state fuse dall'antica fonderia G. B. Mazzola e figli di Valduggia (Valsesia).
Alcuni benemeriti devoti colle loro offerte ne avevano promossa la fusione e pagato il bronzo. Sovra ogni campana furono incisi fregi ed immagini, con due analoghe iscrizioni, dettate da Don Bosco, l'una nella parte superiore e l'altra presso l'orlo.
Sulla prima campana si leggeva: - Uni trinoque Domino sit sempiterna gloria, MDCCCLXVIII. - Dirigat Dominus familiam Viancino. - Auxilium Christianorum, ora Pro ea.
Sulla seconda campana: - Deo provido benedictio et gratiarum actio, MDCCCLXVIII. - Celebrini Cristina e suo figlio Giuseppe ad onore del Beato Odino fanno ossequio a Maria Ausiliatrice.
Sulla terza: - Qui timetis Dominum benedicite eum, MDCCCLXVIII. - O rosa mistica, tu nos ab hoste protege et mortis hora suscipe. Famiglia Mercurelli di Roma.
Sulla quarta: - Ab omni malo libera nos Domine, MDCCCLXVIII. - Laudo Deum, plebem voco, defunctos ploro, Festa decoro. Cambone e sua famiglia.
Sulla quinta: - Sit nomen Domini benedictum, MDCCCLXVIII. - Quando Maria prega, tutto si ottiene, nulla si nega. Totum nos Deus habere voluit per Mariam.
Una di queste fu dedicata al supremo Gerarca della Chiesa Pio IX, di cui vi fu scolpita l'immagine; un'altra all'Arcivescovo Mons. Riccardi, anch'essa col ritratto e lo stemma del venerato Pastore. In due il fonditore abbozzò anche il ritratto di Don Bosco.
La chiesa era piena di giovani e di signori invitati. La banda istrumentale e i cantori per le antifone e numeroso clero stavano in largo circolo intorno alle campane. Mons. Balma, compiuto il sacro rito, aveva pronunciato un interessante discorso intorno all'uso delle campane e che cosa intenda la Chiesa nel benedirle, nel consecrarle e nel farle suonare per convocare i fedeli in chiesa, o per invitarli a pregare nelle loro case.
Abbiamo un abbozzo di relazione di quell'avvenimento.
L'anno del Signore 1868, nel giorno 21 di maggio, sacro all'Ascensione di N. S. Ges√π Cristo, regnando sulla Sede Pontificia S. S. Pio IX, ed essendo Arcivescovo di Torino S. E. Mons. Alessandro dei Conti Riccardi di Netro, vennero da S. E. Rev.ma Mons. Balma, Vescovo di Tolemaide, consecrate le cinque campane da collocarsi sul campanile della nuova chiesa dedicata in Torino a Maria Ausiliatrice, nella regione denominata Valdocco.
Alla maggiore campana, del peso di Mg…... vennero posti i nomi di Carola, Francesca. Padrino era il sig. Conte Viancino e madrina la signora Contessa Viancino.
Alla seconda del peso di Mg …..vennero posti i nomi di Domenica, Maria. Padrino era il sig. Marchese Fassati, madrina la sig. Marchesa Fassati.
Alla terza, del peso di Mg. …..vennero posti i nomi di Teresa, Maria Asella. Padrino era il sig. Marchese Fassati, madrina la signora Contessa De - Maistre.
Alla quarta, del peso di Mg . …..vennero posti i nomi di Delfina, Eugenia. Padrino era il sig. Conte Luigi Riccardo di Castelvecchio, madrina la signora Contessa Delfina Viancino Malaspina.
Alla quinta, del peso di Mg….. vennero posti i nomi di Angela Giovanna. Padrino era il sig. Comm. Dupraz e madrina la signora Madama Dupraz.
Il peso delle campane era il seguente  della prima 875 chilogrammi; della seconda 750; della terza 440; della quarta 375; della quinta 250.
Compiuto il sacro rito, si dié subito un saggio armonico delle nuove campane, e queste immediatamente furono trasportate ai piedi del campanile e cogli argani sollevate al posto destinato. Mentre salivano suonava la musica istrumentale, applaudiva la moltitudine. Per liberare le colonnette della torre dal grave peso, era stato fatto un castelletto in ferro che appoggiandosi sul piano delle finestre doveva sostenerle. A facilitarne il suono, in luogo dei soliti grossi ceppi in legno con lungo braccio, erano munite di piccoli ceppi in getto con larga ruota.
Per suonarle in tutti quei giorni di festa venne da Strevi il sig. Porta, maestro nell'arte campanaria, che le aveva già collaudate in chiesa.
Altre idee preoccupavano Don Bosco per dar sesto ai terreni da lui acquistati innanzi alla chiesa. Uscendo da quella scendevasi in un piccolo piazzale lungo metri 49 e largo 16, già sistemato. Doveva essere difeso da una bella cancellata in ferro e il Municipio il 7 maggio concedeva licenza che fosse messa a posto. Rasente a questa correva la via Cottolengo, e al di là era stata già disegnata fino al viale ora detto di Regina Margherita la piazza, per altro non ancor livellata e piena di forre.
Quivi talvolta recavasi Don Bosco uscendo per andare in città. Un giorno vi andò accompagnato da Don Garino e guardando con viva compiacenza la facciata della chiesa gli diceva:
 - Qui in mezzo mi piacerebbe innalzare un monumento che rappresentasse Mosé in atto di percuotere la rupe e da questa far zampillare una vena d'acqua che venisse raccolta da una vasca.
E girando gli occhi attorno soggiunse che su quella piazza aveva intenzione di costrurre un gran caseggiato che servisse come d'albergo ai preti, ai benefattori, alle benefattrici ed anche ai parenti degli alunni, che venissero in Torino per visitare la chiesa e assistere alle funzioni solenni.
Prima di veder compiti i suoi disegni, era necessario che comprasse ancora certe pezze di terra che appartenevano a diversi proprietari. Il 5 maggio 1868, con atto notarile, rogato Zerboglio, comprò un terreno di ettari 0, 00, 47 dalla Signora C. Polissena Pullini ved. Rocci, dalla figlia Clementina e dai cognati Rocci. Ed era in altre trattative di compera le quali finirono con atto del 29 giugno 1868, rogato Pavesio. Il sig. cav. Tommaso Gamacchio vendeva a Don Bosco are 33 e centiare 90, col diritto all'irrigazione, per il prezzo di lire 5.785. Questo terreno apparteneva al Seminario Arcivescovile di Torino, da cui per la legge 15 agosto 1867 N. 3848, passava al Demanio dello Stato, che con atto d'incanto 5 novembre 1867, rogato Daneo, aveva alienato al nominato Gamacchio.
Ma sul terreno anteriormente comprato pesava qualche debito e D. Bosco rispondeva ad una richiesta di pagamento del Can. Vogliotti.
 
Ill.mo e M. R. Sig. Rettore,
 
Creda, sig. Rettore, che l'unico motivo per cui si è differito a pagare l'annualità dell'interesse dovuto al Seminario derivò dal novello genere di amministrazione dei beni finora dall'autorità ecclesiastica amministrati. Sono già passato in Seminario, e un giorno aspettai buon tratto in Curia per parlare con Lei in questo proposito, ma alcuni congressi cui Ella doveva prendere parte me lo hanno impedito. Ora che dalla sua lettera comprendo il modo e dove debba pagare me ne darò tutta la premura e nel corso della prossima settimana ogni partita sarà aggiustata, compresa la spesa degli esercizi spirituali fatti e da farsi.
La prego, sig. Rettore, di persuadersi che noi versiamo pure in gravissime strettezze, ma qualora avessi avuto intenzione d'invocare un condono, l'avrei fatto non interpretando la sua carità, ma supplicando la pia di Lei volontà, come in altre occasioni ho fatto. Tuttavia io accetto colla più sentita gratitudine la riduzione dei fr. 150 che paga del suo proprio danaro, e prego Dio che la ricompensi degnamente, specialmente concedendole stabile e durabile sanità.
Se mi permette, le fo' una osservazione o meglio una preghiera. Parlando dei nostri chierici dice sempre suoi chierici, chierici dell'Oratorio. Mi farebbe un favore se volesse chiamarli anche suoi, perciocchè Ella sa sono pochi e quei pochi f atti preti vanno per la Diocesi: come sono D. Reviglio, D. Rocchetti, D. Leggero, Rovetti, ecc.; quelli stessi che rimangono qui si può dire che lavorano incessantemente a preparar chierici pel seminario diocesano, o si occupano altrimenti nel predicare, fare catechismi e simili.
Ancora un favore le dimando, ed è che quando ha qualche cosa da osservare, notare su di me, sui chierici o sull'andamento dell'Oratorio torio, me lo volesse sempre dire schiettamente, oppure farmi avvisato per mezzo di qualche chierico che io passerei tosto da Lei.
Offerendole la nostra servit√π in tutto quello che io o questa casa ne saremo capaci, le auguro ogni celeste benedizione e mi professo con pienezza di stima e di venerazione
Di V. S. Ill.ma e M. R.
 
Torino, 22 Maggio 1868,
Obbl.mo Servitore
Sac. GIOVANNI Bosco.
 
Nello stesso giorno il Sommo Pontefice, per animare i fedeli a prender parte alla solenne consacrazione del tempio di Maria SS. Ausiliatrice, apriva i tesori della Chiesa, concedendo una speciale Indulgenza plenaria col Breve seguente:
 
PIO PAPA IX
 
A tutti quei fedeli cristiani che leggeranno le Presenti, salute ed apostolica benedizione.
 
Intenti con pio zelo a promuovere la religione nei fedeli e il bene delle anime coi celesti tesori della Chiesa, a tutti quei fedeli dell'uno e dell'altro sesso, che veramente pentiti e confessati e nutriti della S. Comunione, religiosamente visiteranno la chiesa dedicata in Torino a Maria Vergine Immacolata sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani nel giorno in cui detta chiesa sarà consacrata, o in uno de' sette giorni immediatamente dopo da eleggersi a piacimento di ciascuno, e quivi pregheranno Dio per la concordia fra i principi cristiani, per la estirpazione delle eresie e per la esaltazione di S. Madre Chiesa, in quel giorno dei predetti che ciò faranno concediamo per la misericordia di Dio la Plenaria Indulgenza e remissione di tutti i loro peccati, la quale potranno applicare per modo di suffragio alle anime di quei fedeli che congiunte a Dio in carità passarono da questa vita.
La presente è valevole soltanto per una volta.
Dato in Roma, presso S. Pietro, sotto l'anello pescatorio addì 22 maggio 1868. Del nostro Pontificato anno vigesimo secondo.
 
Per l'Em.mo PARACCIANI CLARELLI
(L. S.)      G. B. BRANCALEONI. Cancell. Sostit.
 
Altra Indulgenza plenaria, e per sette anni, era concessa per la Festa titolare della chiesa, il 24 maggio.
PIUS PP. IX. Universis Christi fidelibus praesentes litteras inspecturis salutem et Apostolicam Benedictionem.
Ad augendam fidelium religionem et animarum salutem, coelestibus Ecclesiae thesauris pro charitate intenti, omnibus utriusque sexus Christi fidelibus vere poenitentibus et confessis ac Sacra Communione refectis, qui Ecclesiam B. M. V. I. dicatam sub titulo Auxilium Christianorum Civitatis Taurin, die quo dieta Ecclesia rite consecratur, vel in uno ex septem diebus continuis immediate subsequentibus, uniuscuiusque Christi fidelis arbitrio sibi eligendo, devote visitaverint et ibi pro Christianorum principum concordia, haeresum extirpatione ac S. Matris Ecclesiae exaltatione pias ad Deum preces effuderint, quo die prefatorum id egerint, pienariam omnium peccatorum suorum indulgentiam et remissionem, quam etiam animabus Christi fidelium, quae Deo in charitate conjunctae ab hac luce migraverint, per modum suffragii applicari possint, misericorditer in Domino concedimus. Praesentibus pro hac vice tantum valituris.
Datum Romae, apud S. Petrum, sub annulo Piscatoris, die XXII Maii MDCCCLXVIII, Pontificatus nostri anno vigesimo secundo.
 
Pro D.no Card. PARACCIANI CLARELLI
Jo. B. BRANCALEONI, Cancell. Subst.
Il Prov. Gen. Mons. Vogliotti ne permetteva la divulgazione e la stampa, in data 28 maggio 1868.
 
PIO PAPA IX
 
A tutti quei fedeli cristiani, che leggeranno la presente, salute ed apostolica Benedizione.
Intenti con pio zelo a promuovere la religione nei fedeli e il bene delle anime coi celesti tesori della Chiesa, a tutti quei fedeli dell'uno e dell'altro sesso che veramente pentiti e confessati, e nutriti della S. Comunione religiosamente visiteranno la Chiesa dedicata in Torino alla Beata Vergine Maria Immacolata sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani, nel giorno della festa titolare, o in uno dei nove giorni precedenti da eleggersi a piacimento di ciascuno, e quivi pregheranno Dio per la concordia fra i Principi Cristiani, per la estirpazione delle eresie, e per la esaltazione di S. Madre Chiesa, in quel giorno dei predetti che ciò faranno concediamo per la misericordia di Dio la plenaria Indulgenza e remissione di tutti i loro peccati, la quale potranno eziandio applicare per modo di suffragio alle anime di quei fedeli che congiunte a Dio in carità passarono da questa vita.
La presente è valevole soltanto per un settennio.
Dato in Roma, presso S. Pietro, sotto l'anello pescatorio, addì 22 maggio 1868.
Del Nostro Pontificato anno vigesimo secondo.
 
Per l'Em.mo Card. PARACCIANI CLARELLI
(L. S.)           Gio. BATT. BRANCALEONI Cancell. Sostit..
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