Morte di un buon fanciullo - La commemorazione dei fedeli defunti e l'apparizione dell'anima di un padre a un figlio irreligioso - L'abate Scolari direttore dell'Oratorio di San Luigi - Il nuovo Oratorio di S. Giuseppe a S. Salvario in Torino - Supplica di D. Bosco al Ministro di Grazia, Giustizia e Culti per ottenere un sussidio agli Oratorii festivi - Lettera dello stesso al Vicario Capitolare: scrive per la riabilitazione di un prete: D. Bonetti è destinato direttore a Lanzo - D. Bosco e i sacerdoti traviati - Funerali di trigesima in suffragio di D. Alasonatti - Diffusione dei biglietti di Lotteria e delle Letture Cattoliche - Numero de' membri della Pia Società che han fatto i voti triennali ne' tre anni precedenti - Come D. Bosco mettesse a prova la vocazione degli adulti ascritti alla Pia Società - Lettera del ch. Bodrato a D. Bosco - I primi voti perpetui - Altre professioni perpetue e triennali.
del 04 dicembre 2006
Il 27 ottobre 1865 moriva a casa sua il giovane Scotti Giuseppe in Vallo di Caluso in età di 12 anni. Scrisse D. Rua sul necrologio: “Rapito dalla morte sul fior degli anni, si può dire di lui: Raptus est ne malitia mutaret intellectum eius. Morì pel grippe lo stesso giorno che era andato a casa. ”
Con questo funebre annunzio Don Bosco preparava gli alunni alla vicina solenne commemorazione di tutti i fedeli defunti, e in altra sera narrava loro l'apparizione dell'anima di un padre al figlio irreligioso.
Un uomo sui trentacinque anni, vedovo, padre di due figli, abita in Torino con la sua vecchia e buona madre. La sua vita era tutt'altro che quella di un cristiano: era irreligioso, bestemmiatore. Avvicinandosi la commemorazione dei morti, sua madre gli disse: -Ricordati del tuo povero padre morto già da varii anni e prega per lui!
Il figlio stizzito per questa raccomandazione, che significava molto pi√π di quel che diceva, rispose:
- Che pregare! Se è all'inferno o in paradiso non ha più bisogno delle nostre preghiere; se è in purgatorio a suo tempo ne uscirà.
La povera madre ferita da questa brutale espressione non osò replicare, sia temendo che non uscisse in parole ancor più cattive, sia perchè mantenuta da lui e di naturale timido non osava far rimostranze a chi facilmente andava sulle furie.
Venne la sera e nella notte parve alla madre di udire qualche strano rumore nella camera del figlio. Al mattino lo aspettò in sala mentre era per uscir di casa. Ei apparve con viso stravolto come uno che abbia passato una mala notte. La madre gli disse: - Stanotte mi parve di udire un certo rumore nella tua camera...
- Che rumore! rispose il figlio, voi altre donne siete piene di superstizioni delle quali i preti vi riempiono la testa.
E preso il cappello andò bruscamente fuori di casa. La madre si persuase che in quella notte il figlio realmente aveva passato qualche pauroso momento. All'avvicinarsi della sera questi si era fatto oscuro in volto e stava soprappensiero. All'ora solita si ritirò in camera e si chiuse. Aveva egli pure udito quel rumore misterioso nella notte antecedente e presentiva qualche cosa di peggio.
Egli aveva un animo non facilmente accessibile alla paura, perciò determinossi a star pronto ad ogni evento. Tuttavia prima di mettersi in letto esaminò accuratamente ogni angolo della sua stanza, tolse e rimise i mobili al loro posto, guardò sotto il letto e così assicuratosi che nulla era in camera che potesse produrre rumore, salì in letto. Dapprima stette con esitanza qualche istante, ma vergognandosi di quel suo sgomento spense il lume.
Dinanzi alla sua finestra vi era un lungo poggiuolo che dava accesso ad altre stanze. La luna rischiarava il poggiuolo. Il suo letto era posto in faccia alla finestra. A un tratto ode un passo: era lo stesso strisciar dei piedi di suo padre quando passeggiava per casa colle pantofole, accompagnato dal colpo monotono del bastone col quale era solito sorreggersi. Si alza a sedere sul letto e cogli occhi sbarrati osserva il poggiuolo dal quale veniva il rumore dei passi, che si avvicinava.
Ed ecco al di là della finestra passar l'ombra di suo padre: proprio lui, il suo vestito, la sua statura, il suo modo di camminare. L'ombra procedette oltre e poi ripassò d'innanzi alla finestra ritornando indietro. Quel povero figlio non osava neppur respirare. Il rumore dei passi che erasi allontanato di bel nuovo si udiva vicino. Ed ecco che l'ombra si ferma dinanzi all'invetriata e dopo qualche momento benchè quella rimanesse chiusa, penetra nella stanza e si mette a passeggiare su e giù ai piedi del letto.
Quell'uomo non sapeva pi√π in che mondo fosse, pure riprese gli spiriti, e:
- Padre, esclamò: avete bisogno di qualche cosa da me!
Il padre non rispose e continuò a passeggiare.
- Padre, riprese dopo qualche istante, se avete bisogno di preghiere, ditemelo.
- lo ho bisogno di nulla, rispose il padre con voce fioca, e si fermò fissando il figlio.
- Ma dunque perchè siete venuto? si azzardò a domandare.
- Son venuto per dirti che è tempo di finirla cogli scandali che dài ai tuoi figliuoli, a quelle anime semplici che tu avresti dovuto conservare innocenti. Quei poveretti impararono da te, dal padre loro, intendi! la bestemmia, l'irreligione, il disprezzo alla Chiesa ed ai suoi ministri, il vivere scostumato. Son venuto per dirti che Dio è stanco di te e che, se tu non ti emendi, saprai fra poco quanto pesino i suoi castighi.
Così dicendo si allontanava andando verso la finestra.
- Padre! esclamò ancora una volta quell'uomo.
L'ombra si volse:
- Muta vita! gli disse e disparve.
Al mattino seguente, cioè stamane, la madre conduceva suo figlio in camera mia e raccontavami ciò che vi ho esposto. Il povero figlio era quasi ebete dallo spavento; mi confermò ogni cosa, si confessò, e la madre lo ricondusse a casa sostenendolo, perchè non poteva reggersi in piedi.
Chi scrive queste pagine incontrò madre e figlio mentre uscivano dalla camera di D. Bosco e sentì dirsi dalla madre lagrimante:
- Pregate per questo mio figlio!
Don Bosco era intanto in grave pensiero, poichè all'Oratorio festivo di S. Luigi sul corso del Re doveva dare un nuovo direttore. Il Teol. Leonardo Murialdo aveva dimesso quell'ufficio nell'ottobre di quest'anno 1865, e recavasi a Parigi nel Seminario di S. Sulpizio, ove per un anno voleva attendere al perfezionamento de' suoi studi teologici, ai quali aveva poste larghe e solide basi nell'Università di Torino. Il Servo di Dio si rivolse al dotto e zelante sacerdote Abate Teodoro Scolari di Muggiate, pregandolo di porsi alla testa dei monelli di Porta Nuova. L'Abate accettò volentieri l'importante incarico, e appena potè incominciò con gran cuore quell'apostolato, in cui durò per varii anni con mirabile zelo, finchè avendo D. Bosco un numero ormai discreto di sacerdoti potè incaricare di quell'Oratorio or l'uno or l'altro dei medesimi secondo le circostanze.
Gli altri Oratorii festivi erano già diretti da preti Salesiani; anche quello di S. Giuseppe in Borgo S. Salvario, aperto dalla famiglia Occelletti, dal 1864 aveva per moderatore D. Francesia Giovanni.
Stabilito il personale dirigente dei suoi oratorii, D. Bosco si rivolgeva a Cortese, Ministro di Grazia, Giustizia e Culti per un sussidio.
 
Eccellenza,
 
Negli scorsi anni V. E. degnavasi accordarmi un caritatevole sussidio sopra la cassa dell'Economato a favore degli Oratorii maschili di S. Francesco di Sales in Valdocco, di S. Luigi a Porta Nuova, del Santo Angelo Custode in Vanchiglia, cui si aggiunse da un anno quello di S. Giuseppe a S. Salvario. Questo sussidio era in aiuto delle spese di culto.
Ora e per l'aumento del nuovo Oratorio e per la somma urgenza che quest'anno havvi di provvedere paramentali ed altro mobiglio di chiesa, mi fo animo non solo a rinnovare la domanda, ma caldamente supplicare affinchè V. E. voglia aumentare il sussidio secondo che verrà dalla carità di lei suggerito.
I giovani abbandonati, che numerosi sogliono radunarsi ne' luoghi suddetti, si uniscono con me per invocare le benedizioni del Cielo sopra dell'E. V. e sopra tutti i loro benefattori, mentre a nome di tutti ho l'alto onore di potermi professare con gratitudine
Della E. V.
Torino, 2 novembre 1865,
Umile ricorrente
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
 
Questa supplica venne raccomandata al sig. Comm. Fenoglio, Economo Generale, a Torino.
 
Benemerito sig. Commendatore,
 
I nostri bisogni si vanno rinnovando anzi moltiplicando e perciò anch'io mi trovo nella necessità di fare novellamente ricorso alla provata di lei carità; e con questo pensiero le raccomando la memoria che qui le unisco con preghiera di indirizzarla e farle fare quel corso che sarà del caso, giacchè non sono ancora informato se basti indirizzarla a V. S. B. oppure inviarla a Firenze.
Voglia Ella dare un benigno compatimento alla libertà con cui scrivo; la sua bontà e cortesia mi hanno inspirata la più grande confidenza.
Le auguro dal Cielo sanità e grazia, mentre con pienezza di stima ho il bell'onore di potermi sottoscrivere rispettosamente
Della S. V. B.
Torino, 2 novembre 1865,
Obbl.mo Servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
A Direttore del Collegio di Lanzo era stato costituito Don Giovanni Bonetti di Caramagna, che Don Bosco presentava al Vicario Mons. Zappata con una lettera da cui appare come egli porgesse sempre una mano soccorritrice a quei disgraziati sacerdoti che avevano dimenticato la loro dignità e i loro doveri.
A quando a quando varii Vescovi o Vicari capitolari del Piemonte ed anche di qualche Diocesi della Lombardia, mandavano nell'Oratorio quelli del loro clero, i quali erano incorsi nella sospensione a divinis, perchè quivi, sotto la direzione di D. Bosco, attendessero alla loro riforma morale. Il Servo di Dio prestavasi ben volentieri a quest'opera di carità, quantunque più di una volta venissero deluse le sue speranze. Pareva in quei mesi che i poveretti mutassero vita, e forse la mutavano realmente, ma ecco che riabilitati, allontanatisi da Don Bosco, non tardavano a ritornare alle antiche miserie. Tuttavia non pochi furono coloro che, ravvedutisi, perseverarono.
Il Servo di Dio fu largo per più anni nell'accondiscendere a siffatte preghiere dei Prelati, ma poi giudicò esser meglio di non correr rischio di offrire ai giovani lo spettacolo di persone talvolta poco edificanti, quantunque non ci consti che alcuno sia stato ad altri d'inciampo. Contuttociò anche in seguito continuò a fare qualche eccezione, aprendo nell'Oratorio le porte della misericordia a qualche povero apostata per ricondurlo in seno alla Chiesa.
D. Bonetti si presentava adunque al Vicario Capitolare con questa lettera:
 
Ill.mo e Rev.mo Mons. Vicario,
 
Dopo suggerimento di V. S. Ill.ma e Rev.ma intorno al Sacerdote V ... A... mi sono deliberato di metterlo alla prova in questa casa. Finora le cose vanno bene: prende parte alle pratiche di pietà, fa la sua meditazione, lettura spirituale, si accosta al Sacramento della penitenza e fa le più calde promesse.
Se Ella credesse bene, egli desidera assai di poter celebrare la Santa Messa. Vorrebbe pure poter confessare, ma io crederei bene una cosa per volta.
Il latore della presente lettera è il Sac. Bonetti, professore e Direttore Spirituale a Mirabello, che io mi trovo nel bisogno di mandare a Lanzo per sottentrare al fu D. Ruffino. Le fo pertanto umile preghiera di voler al medesimo confermare la facoltà di confessare. Ha soltanto con sè una dichiarazione del Vescovo di Casale. La sua regolare patente l'ha a Mirabello. Egli aiuterebbe già questa sera qui nell'Oratorio, dove i nostri giovani si preparano a fare l'esercizio della buona morte in suffragio dell'anima del fu compianto D. Alasonatti.
Domani faremo al medesimo un servizio funebre, come vedrà dall'invito che il medesimo D. Bonetti è incaricato di portarle.
Persuaso che voglia continuare la sua benevolenza a questa casa, le auguro ogni bene dal Cielo e mi professo con pienezza di stima
Di V. S. Ill.ma e Rev.ma
Torino, 7 novembre 1865,
Obbl.mo Servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
L'invito al funerale di D. Alasonatti diceva:
 
I sacerdoti, i chierici ed i giovani dell'Oratorio di S. Francesco di Sales partecipano a V. S. che in seguito alla dolorosa perdita fatta nella persona dell'amato sac. D. Alasonatti Vittorio, Prefetto di questa casa, fanno nella loro chiesa un servizio funebre, religioso, nel giorno 8 del corr. mese, che è il trigesimo di sua morte.
ORARIO: Mattino: Ore 71/2 Preghiere pel defunto, messa letta e comunione. - Ore 10. Messa solenne. - Ore 11. Discorso funebre.
Qualora Ella non possa onorarli della sua presenza, le fanno rispettosa preghiera di recitare un De Profundis in suffragio dell'anima di questo zelante collaboratore e benefattore di questa casa.
Obbl.mo Servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
Torino, 6 novembre 1865.
 
L'elogio funebre fu letto dal ch. Antonio Sala, innanzi ad una scelta e numerosa udienza di amici e di benefattori, che insieme cogli alunni prendevano parte alla funzione commovente e decorosa, degna dell'affezione e della riconoscenza che D. Bosco professava per l'indimenticabile suo amico e collaboratore.
Il Cav. Oreglia di S. Stefano doveva fare di quei giorni una gita in alcune città; e il Servo di Dio, ad agevolargli la diffusione delle Letture Cattoliche e lo spaccio dei biglietti della Lotteria, munivalo di questo foglio:
 
Torino, 10 novembre 1865.
Carissimo e Benemerito Sig. Cav. Oreglia,
 
Con piacere ho accolta la notizia con cui mi venne significato che V. S. debba fare una gita in alcune città d'Italia per alcuni suoi affari particolari. In questa occasione io vorrei pregarla di adoperarsi a favore di questa nostra casa, al cui vantaggio Ella da più anni consacra le sue fatiche. Senta il progetto.
La diffusione delle Letture Cattoliche, una lotteria per i nostri poveri giovani, e l'ultimazione di una chiesa di cui havvi somma necessità, sono le cose che presentemente occupano me e tutte le persone addette all'Oratorio di S. Francesco di Sales.
Ora non potrebbe Ella raccomandare la maggior diffusione di queste Letture in que' siti e presso quelle persone cui sembrasse conveniente?
Non potrebbe prendersi un pacco di biglietti ed affidarli a qualche caritatevole persona, che di certo incontrerà, affinchè ci aiuti a spacciarli per amor di Dio ed in onore di Maria Ausiliatrice?
A queste due domande ella mi risponderà dopo il suo ritorno con esito che spero favorevole.
Dio le doni il buon viaggio e mi creda con gratitudine,
Di V. S. carissima,
Obbl.mo Servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
Fra tanti pensieri non cessava di occuparsi dell'incremento della Pia Società di S. Francesco di Sales. Aveva veduto crescere intorno a sè nuove schiere di Salesiani, de' quali un certo numero si era consacrato a Dio coi voti triennali. Nel maggio del 1862, furono ventidue questi generosi, come abbiamo narrato; nel 1863 si aggiunsero a questi sei chierici col sacerdote Bartolomeo Fusero; nel 1864 uno studente, tre coadiutori laici e nove chierici. Erano adunque già quaranta coloro che avevano fatto i voti temporanei, come consta dal libro nel quale son registrate le professioni colla firma del professo e de' testimoni.
Ma essendo stata fin dall'anno precedente collaudata da Roma la Pia Società, D. Bosco aveva deciso che nel mese di novembre si sarebbero emessi i primi voti perpetui, cioè si sarebbero cementate indissolubilmente le pietre già poste nelle fondamenta del suo Istituto.
Tali erano i membri nati della Pia Società, quelli cioè che ancor prima di ogni pubblica approvazione ecclesiastica si erano votati ad aiutarlo nella sua missione.
Da vari anni egli andava mettendo alla prova anche gli altri che domandavano di seguire l'esempio dei primi. Questi potevano dividersi in due classi. La prima, la più numerosa, era composta di quelli che fino dalla prima giovinezza erano stati da lui educati e che egli, conoscendone perfettamente la bontà ed il valore, poteva trattare con piena confidenza. Questi amorevolmente invitava a rimanere con sè, sicuro della loro vocazione, lasciandoli però in piena libertà di corrispondere all'invito, o col rinnovare i voti triennali o col prepararsi a farli perpetui. Molti infatti accettarono la proposta ed altri, terminati i loro studii, si ritirarono e riuscirono buoni preti nelle loro diocesi. L'altra classe era di adulti, laici o sacerdoti, che domandavano di farsi salesiani; e questi senza che quasi si accorgessero del suo proposito, sottometteva ad un probandato, più o meno breve, secondo che parevagli necessario, per assicurarsi della loro virtù e della perseveranza nella presa risoluzione. Altrove abbiamo recato qualche fatto in proposito. Con modi cordiali e cortesi, ma con finezza particolare, ad un professore di filosofia affidava una scuola di prima elementare; ad un oratore di merito la sorveglianza dei famigli; ad un signore distinto l'assistenza di un laboratorio; a questo, che pareva troppo legato alla famiglia, dava l'incarico di un suo mandato nel proprio paese; a quello destinava un posto meno onorevole alla mensa dei superiori. Ma sovratutto osservava come si addattassero alla vita comune e agli incomodi che da questa sono cagionati; e conoscendo che un'occupazione non andava a genio di qualcuno, un bel giorno lo incaricava proprio di questa con un mi faccia il piacere di far la tal cosa, gliene sarò grato!
Ed anche i rimproveri e gli avvisi gli davano norma per giudicare dell'amor proprio di ciascuno. Talora, specialmente col simulare una sottrazione di benevolenza, in varii modi scrutava i sentimenti del cuore e la fermezza nella vocazione. Troviamo in un quaderno di memorie di un Salesiano, entrato già adulto nell'Oratorio e che in quest'anno si preparava a fare i voti, la seguente pagina:
Viveva in una certa aridità di spirito, che non sapeva spiegarmi e mi faceva noiosa la vita. D. Bosco, che mi aveva altre volte ridonata la pace e l'abbondanza di soavità, da qualche giorno pare che non mi osservi. Anche nel dì della sua festa, a' miei versi, che gli declamai con affetto e con intelligenza, non mi guardò, non disse nulla, neppure un semplice bene! come la sua bontà gli fa sempre dire, per incoraggiare il buon volere. Siccome so, che a D. Bosco è spesso noto l'interno dei cuori, ho fatto l'esame di coscienza, per assicurarmi che nulla proprio io abbia fatto di male, che gli possa dispiacere.
Oggi poi Don Bosco mi sottomise ad una gran prova. Venne con un signore a visitare la tipografia, dove mi trovava. Tutti si volsero verso di lui… I compositori, di mano, in mano, che ei passava vicino alla loro cassetta dei caratteri, si muovevano per avvicinarlo con rispetto. Per tutti egli aveva una bella parola, un elogio, una raccomandazione. Sperai che finalmente si sarebbe ricordato di me. Mi passa vicino, anche io baciai la sua mano, fissando gli occhi commosso su lui, con la persuasione che mi avrebbe consolato. Non si accorse di me; e ” non mutò aspetto nè mosse collo, nè piegò sua costa ”, per dirla con un richiamo di scuola; e neppure pronunziando io il suo nome, nel baciargli la mano, come è nostro costume. Dunque è proprio in collera con me, pensai in me stesso, non c'è più alcun dubbio. Che ho fatto?
Vidi che ero il solo trascurato.
Con l'anima ferita più di quanto uno si possa immaginare, con occhio pietoso accompagnai D. Bosco che continuava il suo giro. Laggiù in quell'angolo estremo, s'incontrò ancora con un giovanetto, che, non fo per dire, ma mi pare che sia leggero, sventato, direi anche di più, cattivo. E vedi bontà del destino! D. Bosco si è fermato vicino a lui, lo presentò a quel signore, e sorridendo, raccontò di lui vita, virtù e miracoli. Poi gli dice di andare al suo posto, e, fingendo di non accorgersene, se lo tira indietro per tempo parecchio. Scherza, dicendogli di tornare a lavorare, e poi con mano tenace lo ferma.
M riposi al mio tavolo. Gli occhi correvano sugli stamponi, la mano cercava di fissare la mente, per intendere ciò che leggeva, ma era fatica inutile, io non capiva nulla. Rilessi, e peggio di prima.
La tipografia era a pian terreno e alcune finestre davano nel cortile.
Mentre dunque io stava in così dolorose distrette di mente e di cuore, sentii battere leggermente con le dita sopra il mio capo sui vetri della finestra. Alzo la testa meravigliato... Chi era? Era D. Bosco, che dal di fuori, dove già si trovava, si volle ricordare di me, mettere fine a quella prova e darmi di nuovo un segno di affetto paterno. Rimasi là come sorpreso, sbalordito! - Oh lei? D. Bosco? - esclamai. Ed egli, con sorriso di ineffabile dolcezza, a farmi cenno con la mano e poi come una bella visione di sogno soave scomparire dal mio sguardo. Che poteva io fare che dire? - Grazie, D. Bosco! gridai alzandomi dalla sedia, e spalancando la finestra. - Grazie della sua bontà! - Ma egli non sentì nulla, e solo voltandosi ancora una volta indietro, parmi dicesse; “Addio, sta allegro! ” Fui di nuovo io!
Aveva indovinato il mio bisogno, e con affetto paterno lo volle soddisfare, ed il sorriso con cui l'accompagnò l'ho scritto nella memoria e nel cuore.
 
Un certo numero d'aspiranti veniva meno nelle prove e ritiravasi dall'arringo; ma altri le avevano coraggiosamente superate. Uno di questi scriveva a D. Bosco:
 
Sia lodato Ges√π e Maria!
 
Rev.mo Padre,
 
Il giorno 20 ottobre per me sarà memorabile. Oggi appunto compiè l'anno in cui feci di me, della mia volontà e de' miei cari un intiero sacrificio al Signore. Vi fu un Sacerdote mandato da Dio, il sig. Don Bosco, il quale per un tratto di sua carità lo accettò in nome del Signore. Dall'ora in poi io non mi considerai più altro se non come strumento di D. Bosco per fare in ogni cosa la volontà del mio Dio. Fin qui non cessai di benedire quel faustissimo giorno non cessai di ringraziare il Signore per avermi chiamato ad arruolarmi sotto la bandiera di D. Bosco; ed il sentimento di riconoscenza e di gratitudine verso un tanto Padre crebbe talmente in me che mi sento il coraggio di sostenerne qualunque prova.
Reverendissimo Padre, le rinnovo oggi le mie proteste d'ubbidienza e di sudditanza, sempre fermo e costante di consacrare a Dio quest'ultimo scorcio di vita sotto l'amabile direzione della Rev.ma S. V. e di chi la rappresenterà.
Confido nell'aiuto di Dio, di Maria SS., di S. Giuseppe e di San Francesco di Sales, nostro speciale protettore per mandare ad effetto queste mie proteste; mi aiuti anch'Ella, mi ammonisca, mi benedica e mentre le bacio la sacra destra, colla massima riverenza, la prego ad avermi sempre pel suo
Aff.mo figlio in G. G.
Ch. BODRATO FRANCESCO.
 
D. Bosco adunque, dopo di aver posto alla prova coloro che domandavano di consacrarsi al Signore per tutta la loro vita, ed altri che per quella volta si limitavano a pronunciare i voti triennali, premesse conferenze preparatorie e consultato il Capitolo, accondiscese al desiderio de' suoi cari discepoli. Fu nella sua umile anticamera che egli in pi√π adunanze, degne di eterna memoria, presiedeva alla cara cerimonia dell'emissione dei voti.
Il 10 novembre 1865 dopo radunatisi tutti i confratelli della Pia Società di S. Francesco di Sales, il Sacerdote Lemoyne Giovanni Battista, compiendosi tutte le cerimonie prescritte dal Regolamento, emise innanzi al Rettore Sac. Bosco Giovanni i voti perpetui di castità, povertà ed obbedienza, avendo ai lati i due testimonii Sac. Cagliero Giovanni e Sac. Ghivarello Carlo.
Li 15 novembre dopo essersi radunati tutti i confratelli della Società, premesse le preghiere secondo il regolamento, emisero i voti perpetui innanzi al Rettore Sac. Bosco Giovanni: Rua Michele Sac., Cagliero Giovanni Sac., Francesia Giovanni Sac., Ghivarello Carlo Sac., Bonetti Giovanni Sac., Bonetti Enrico Ch., Racca Pietro ch., Gaia Giuseppe laico, Rossi Domenico laico. Finita la funzione, il Rettore Sac. Bosco Giovanni inculcando ciò che già aveva premesso tenne breve discorso, dicendo specialmente che nessuno facesse i voti per far piacere al Superiore, o per fare i suoi studi, o per qualche interesse o fine umano, nè manco per essere utile alla Società, ma che ciascuno avesse per unico scopo la salvezza dell'anima propria e di quelle del prossimo.
Li 6 dicembre 1865 dopo di essersi radunati tutti i confratelli della Società di S. Francesco di Sales, premessa l'invocazione allo Spirito Santo colle altre preghiere prescritte dalla Regola, innanzi al Rettore Sac. Bosco Giovanni, essendo testimoni il Sac. Rua Michele Prefetto e il Sac. Francesia Giovanni Direttore Spirituale, emisero i voti perpetui il Sac. Durando Celestino di Francesco da Farigliano (Mondovì); Oreglia Federico Cav. S. Stefano, laico, di Bene Vagienna; Jarach Luigi Ch. da Ivrea, Mazzarello Giuseppe Ch. da Mornese, Berto Gioachino Ch. da Villar Almese.
Quindi fecero i voti ad triennium: Savio Angelo Sac. da Castelnuovo d'Asti, Bongiovanni Giuseppe Sac. da Torino, Merlone Secondo Chierico da S. Damiano d'Asti, Tamietti Giovanni da Ferrere Ch., Manassero Giuseppe Ch. da Bene, Rostagno Luigi Ch. da Entraque, Paglia Francesco da Coassolo Canavese, Barberis Giulio Ch. da Mathi Canavese, Ricciardi Chiaffredo Ch. da Villafalletto.
Fin qui dai verbali. Il 29 dicembre all'Oratorio emettevano i voti perpetui anche il Ch. Bodrato Francesco e il Ch. Sala Antonio, e l'II gennaio 1866 pronunciavano pure i voti perpetui in Mirabello, innanzi a D. Rua delegato a riceverli, il Sac. Provera Francesco e il Ch. Cerruti Francesco: e tre chierici con un alunno studente i voti triennali.
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