Spirito di pietà e 'Il Giovane Provveduto'.
del 02 novembre 2006
 Mentre il nemico del genere umano, quegli che fu omicida fin da principio, smaniava per scristianeggiare il mondo, D. Bosco proseguiva a lavorare a tutt'uomo, formando un popolo di giovanetti, amante coll'opera la Religione di Gesù Cristo, e studiando il modo di guidarne molti ad una vita perfetta. Ei fondava la loro educazione cristiana sulla preghiera, che egli praticò sempre con sommo fervore, facendosi continuo e salutare esempio ad innumerevoli anime.
Pel succedersi incalzante delle sue occupazioni non gli era dato di poter impiegarvi lunghe ore nel giorno; ma quanto faceva si può dire che raggiungesse la perfezione. Il suo atteggiamento raccolto e devoto palesava la sua fede. Non tralasciava mai di celebrare la santa Messa, eziandio quando era infermiccio. Il breviario lo recitava regolarmente. Più volte al giorno pregava per sè, per le anime che gli erano state affidate, e in specie per i suoi penitenti. Più volte chi entrava in sua camera lo vide col rosario in mano cui egli stava recitando. Allorchè pregava ad alta voce, pronunciava le parole con una specie di vibrazione armoniosa, che dava a conoscere come queste partissero da un cuore infiammato di carità e da un'anima che possedeva il gran dono della sapienza. Talora quando era troppo stanco sospendeva i suoi lavori e si faceva leggere buoni libri. Con tutto ciò non di rado si doleva di non poter dare una più larga parte del suo tempo all'orazione vocale e mentale: e suppliva con molte giaculatorie, il cui suono però non usciva dalle sue labbra. Così affermano i primi allievi dell'Oratorio fra i quali D. Michele Rua e D. Turchi Giovanni. Ricco di questo spirito di orazione, D. Bosco ideò un nuovo manuale devoto, facile e breve, ad - uso dei giovanetti. Innumerevoli erano i libri di pietà che correvano per le mani dei fedeli, ma in generale si prestavano poco ai bisogni dei tempi e della gioventù. Per rimediare a questa lacuna ci si accinse all'opera con alacrità e compose “Il Giovane Provveduto” - per la pratica de' suoi doveri, degli esercizi di Cristiana pietà, e dei principali Vespri dell'anno, coll'aggiunta di una scelta di Laudi sacre.
Presentato il suo manoscritto ai tipografi, Marietti gli fece un preventivo di spesa pel quale ogni copia ben legata ed ornata avrebbe costato 4 lire e 50. Paravia volendo concorrere a quell'opera buona si contentava di 25 centesimi alla copia dando i soli fogli stampati, che D. Bosco avrebbe poi fatti legare a suo piacimento. D. Bosco accettò la proposta di Paravia e non avendo di che far fronte alle spese di stampa, incominciò a prevalersi di uno di quei vari ripieghi, che poscia moltiplicati dal suo genio pratico approdarono così felicemente. Come forse aveva già fatto, nel pubblicare la Storia Ecclesiastica, la Storia sacra ed il Sistema metrico, mandò attorno una circolare annunziando il suo nuovo libro. Quando si fu assicurato che, secondo la convenzione fatta con Speirani, 10.000 copie sarebbero esitate, diede corso alla stampa. Il libro riusciva un 16° di 352 facciate. Fattane la spedizione a coloro che avevano aderito alla circolare, si dovette subito stamparne altri 5000 esemplari per soddisfare alle domande che insistenti pervenivano. D. Bosco allora avvisò Paravia a non disfare la composizione dei caratteri, e ne aveva per risposta: - Ho già capito che questo libro avrà uno spaccio straordinario - Infatti se ne dovettero imprimere ancora nello stesso anno altre 5000 copie. Marietti ebbe l'impresa di coprire con fodera riccamente ornata quelle destinate in dono ai benefattori, o da mettersi in vendita per le persone agiate.
Crescendo, con l'andare del tempo, le continue domande e il bisogno di provvederne gli Oratorii festivi ed i collegi, vivente D. Bosco se ne tirarono oltre a cento ventidue edizioni di circa 53.000 copie ciascuna, come attesta D. Rua Michele; aggiungendosi poi le traduzioni fatte in spagnolo, in francese e in altre lingue, si oltrepassò di molto la cifra di sei milioni di copie, sparse fino ad oggidì nel popolo Cristiano, sicchè si può dire che il “Giovane Provveduto” penetrato in ogni istituto di educazione, in ogni casa di lavoro, in ogni famiglia cristiana, cooperò efficacemente a promuovere la pietà e a conservare la fede tra il popolo.
Nelle prime pagine di questo suo libro D. Bosco stampava nel 1847 un caloroso appello in questi termini:
 
Alla giovent√π.
 
Due sono gli inganni principali con cui il demonio suole allontanare i giovani dalla virtù. Il primo è far loro venire in mente che il servire al Signore consista in una vita melanconica e lontana da ogni divertimento e piacere. Non è così, cari giovani. Io voglio insegnarvi un metodo di vita cristiana, che vi possa nel tempo stesso rendere allegri e contenti e additarvi quali siano i veri divertimenti e i veri piaceri, talchè voi possiate dire col santo profeta Davide: Serviamo al Signore in santa allegria: Servite Domino in laetitia. Tale appunto è lo scopo di questo libretto: insegnare a servire il Signore e a stare sempre allegri.
L'altro inganno è la speranza di una lunga vita, colla comodità di, convertirvi poi nella vecchiaia o in punto di morte. Badate bene, miei figliuoli, che molti in simile guisa furono ingannati. Chi ci assicura di venir vecchi? Uopo sarebbe patteggiare colla morte che ci aspetti fino a quel tempo; ma vita e morte sono nelle mani del Signore, il quale può disporne come a Lui piace.
Che se Iddio vi concedesse lunga vita, udite il grande avviso che Egli vi dà: - Quella strada, che un figlio comincia in gioventù, si continua nella vecchiaia fino alla morte: Adolescens, juxta viam suam, etiam cum senuerit, non recedet abea. E vuol dire: se noi cominciamo una buona vita ora che siamo giovani, buoni saremo negli anni avanzati, buona sarà la nostra morte e principio di un'eterna felicità. Al contrario se i vizi prenderanno possesso di noi in gioventù, per lo più continueranno in ogni età nostra fino alla morte, caparra troppo funesta di una infelicissima eternità. Acciocchè questa disgrazia a voi non accada, vi presento un metodo di vivere, breve e facile, ma sufficiente perchè possiate diventare la consolazione dei vostri parenti, l'onore della patria, buoni cittadini in terra, per essere poi un giorno fortunati abitatori dei Cielo.
Questa operetta è divisa in tre parti. Nella prima voi troverete le cose principali che dovete operare, e quanto dovete fuggire per vivere da buoni cristiani. Nella seconda si raccolgono parecchie pratiche devote, come è d’abitudine usare nelle parrocchie e nelle case di educazione. Nell'ultima si contiene l'Uffizio della B. V., i Vespri dell'anno coll'aggiunta di una scelta di canzoncine spirituali.
Miei cari, io vi amo tutti di cuore, e mi basta sapere che voi siete ancora in tenera età perchè io vi ami assai; e, vi posso accertare che troverete libri propostivi da persone di gran lunga più virtuose e più dotte di me, ma difficilmente potrete trovare chi più di me vi ami in Gesù Cristo e che più desideri la vostra vera felicità. La ragione di questo mio affetto si è che nel vostro cuore voi conservate il tesoro della virtù, il quale possedendo avete tutto; perdendolo, voi divenite i più infelici e sventurati del mondo.
Il Signore sia sempre con voi e faccia sì che, praticando questi pochi suggerimenti, possiate accrescere la gloria di Dio, e giungere a salvare l'anima, fine supremo per cui fummo creati.
Il cielo vi conceda lunghi anni di vita felice, e il santo, timor di Dio sia ognora quella grande ricchezza, che vi colmi di celesti favori nel tempo e nell'eternità.
 
Affezionatissimo in Ges√π Cristo
Sac. Bosco Giovanni
 
 
Quale ardenza di carità in questa prefazione! Qualche frase parrà esagerata, e più tardi la tolse; ma pure bisognava che dal principio della sua missione egli facesse sentire tutta la forza di un amore paterno ad anime fino allora refrattarie e direi selvagge, le quali da altro vincolo non potevano essere tratte e tenute nelle vie del bene se non da un affetto, le cui prove dovevano essere così forti da non temere smentita. E il suo affetto si palesò quasi ad ogni pagina di questo nuovo libro, indirizzandosi egli ai suoi alunni, coll'appellativo di figliuoli. Come parlava, così scriveva. E i giovani convinti di essere amati, arrendevansi a' suoi dolci inviti e si riguardavano come fratelli, sicchè nei primi tre lustri prevalse fra loro l'usanza di chiamarsi a vicenda figli; e accennando ai loro compagni ripetere e scrivere: il figlio tale, il figlio tal altro. Erano infatti i figli dell'Oratorio, i figli di D. Bosco, ma per divenire ed essere figliuoli di Dio.
E tali tendeva a formarli il Giovane Provveduto, poichè le norme che loro dettava per riuscir virtuosi e fuggire le occasioni di peccato non rimanevano lettera morta inefficace. D. Bosco ricordandole ogni giorno in varie circostanze e maniere, procurava che fossero tradotte in atto. Non è qui il luogo di esporre minutamente i tesori celesti di un libro, che è posto nelle mani di tutti, ma non crediamo di dover omettere alcuni intendimenti di D. Bosco nello scriverlo e alcuni punti storici che lo riguardano. In primo luogo, nelle preghiere del mattino e della sera prescrive la recita del simbolo apostolico, degli atti di fede, speranza e carità, dei comandamenti di Dio e della Chiesa, perchè ripetute ogni giorno rimanessero indelebili nella mente dei giovani le verità, che dovevano credere e i precetti ai quali attenersi. Quindi espone il modo di assistere con frutto alla santa Messa; e in questa ben tre volte fa pregare per tutta la Chiesa e pel Sommo Pontefice, invocando pace, concordia e benedizione ad ogni Autorità spirituale e temporale. Con ciò i giovani affermavano la loro gran sorte di appartenere alla Chiesa Cattolica. Queste e le altre orazioni, brevissime e sugose, faceva leggere a voce alternata, nel tempo del Santo Sacrificio alla Domenica. Anche gli allievi dei Fratelli delle Scuole Cristiane le recitavano con piacere avendo i loro Superiori adottato il Giovane Provveduto per le Congregazioni Domenicali. Il loro antico manuale di pietà conteneva orazioni piuttosto prolisse, che li stancavano assai.
Aggiunge eziandio le parti che si cantano nelle Messe solenni festive e in quelle dei defunti, per renderle famigliari a' suoi cantori nelle loro semplici note, e a tutti gli altri giovani che coll'udirne avrebbero facilmente imparato quei canti. Non omette di descrivere la maniera pratica di servire la Messa privata, ponendo egli poi grande cura che fossero in questa bene esercitati quei numerosi giovani che destinava a così santo ufficio.
Oltre a ciò, dopo una istruzione chiara e precisa sul modo di confessarsi bene, che era l'oggetto costante delle sue prediche e delle sue esortazioni, suggeriva i motivi adattati ad eccitare nelle anime un vero dolore delle proprie colpe. Il difetto grave di certi libretti di pietà diffusi allora nel popolo consisteva nel trattar l'argomento della confessione troppo, teologicamente. I giovanetti si lamentavano di non sapere come pentirsi dei loro peccati; e che le preghiere proposte in quei libri erano troppo astruse e prolisse. Quindi non è a dirsi quanto godessero allorchè D. Bosco presentò loro il Giovane Provveduto.
Alle preghiere per il Sacramento della Penitenza facevano seguito altre per la preparazione e il ringraziamento alla santa Comunione. Queste nei giorni di comunione generale si incominciavano a leggere ad alta voce dopo l'elevazione interrompendosi le preci dell'assistenza alla S. Messa e ripetendo la moltitudine con voce spiccata le frasi pronunziate dal lettore. Per coloro i quali per qualsivoglia motivo non potevano accostarsi alla sacra Mensa, D. Bosco stampava: “ Se non potete comunicarvi sacramentalmente fate almeno la comunione spirituale, che consiste in un ardente desiderio di ricevere Gesù nel vostro cuore ”. E questo desiderio, da lui eccitato, conduceva ogni domenica più di un centinaio di quei giovanetti alla santa Comunione.
Non aveva egli dimenticato di presentare una bellissima preghiera per la visita al SS. Sacramento, cui faceva seguire una corona al Sacro Cuor di Gesù, del quale stampava eziandio i vespri per la Festa in suo onore. Questa devozione, osteggiata in quei tempi da molti che erano imbevuti di errori e pregiudizi giansenistici, e che poi per Don Bosco fu causa delle sue più belle glorie, egli incominciava fin d'allora a radicarla nei cuori, e notava come la corona del Sacro Cuor di Gesù, potesse servire per far le novene di tutte le feste di N. S. Gesù Cristo. Chi può numerare le volte che migliaia e migliaia di fanciulli, succedendosi innanzi al santo tabernacolo ripeterono e ripeteranno continuamente queste affettuose preghiere di fede e di riparazione per le offese sopportate dal Cuore Divino nella SS. Eucaristia dagli eretici, dagli infedeli e dai cattivi cristiani! Ricordiamoci che D. Bosco fu eziandio l'Apostolo della visita al SS. Sacramento.
Ma l'amore di Gesù agli uomini dev'essere celebrato coi misteri della sua nascita, della sua passione e morte. E il Giovane Provveduto contiene le cosiddette profezie, i cantici, gli inni, le antifone solenni per la novena del Santo Natale, che dovevano essere cantate con tutta la possibile grandiosità e tenerezza del rito. In quanto alla passione, D. Bosco stesso compilò un modo di praticare la Via Crucis, col quale le quattordici stazioni sono accennate colla massima brevità, ma con una efficacia incomparabile per la riforma dei costumi. Come era stampato, così si eseguiva fin da quest'anno e si eseguisce tuttora. Nei primi venti anni si celebrò in tutti i venerdì quadragesimali di marzo. D. Bosco prima con pochi, e direi in privato e poi quando furono molti i giovani presenti, preceduto dalla croce e da due torce, vestito di rocchetto e, di stola procedeva nella cappella di stazione in stazione leggendo in ginocchio colla sua voce commossa e che gli altri commoveva, le narrazioni, le riflessioni, e i proponimenti nel caro libretto. In questo riportava eziandio in ultimoun piccolo ricordo in latino della passione di Nostro Signore Gesù Cristo, forse perchè venisse recitato al letto dei bambini infermi o agonizzanti.
Colle devozioni al Divin Salvatore non dovevano mancare quelle in onore della Sua Madre SS. D. Bosco scriveva per i suoi giovani: “ Siate intimamente persuasi che tutte le grazie che voi chiederete a Maria SS. vi saranno concesse, purchè non domandiate cose che siano di vostro danno ”. Era suo impegno che il nome di Maria fosse invocato continuamente dai Cristiani. La devozione al sacro Cuore della Vergine benedetta era in uggia a molti dei cosiddetti spiriti forti imbevuti di idee ultramontane; e D. Bosco, nella semplice sua fede, fattosene banditore, terminava la visita al SS. Sacramento e la corona del Sacro Cuore di Gesù coll'orazione al sacratissimo cuore di Maria scritta da S. Bernardo. E così questa diventò la devozione pure quotidiana dei più fervorosi. Insisteva perchè al mattino, alla sera e lungo il giorno si ripetesse: “ Cara madre Vergine Maria, fate che io salvi l'anima mia ”; e prevenendo la definizione dogmatica, insegnava la giaculatoria da recitarsi ogni giorno: “ Sia benedetta la Santa Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria ”. In onore della Madonna, ne stampava l'Ufficio. Voleva trasferite nell'Oratorio le pratiche di pietà, che tanti giovani, della campagna avevano frequentato nelle Confraternite dei propri paesi. Quindi, appena ebbe un numero di alunni interni che poterono leggere in latino, si incominciò a cantare prima il Vespro della B. V. alla sera fra il catechismo e la predica e più tardi a recitarne il Mattutino e le Lodi avanti all'unica Messa, mentre egli confessava. Quando ebbe un altro sacerdote stabilito in casa, il Mattutino e le Lodi si presero a cantare nel tempo della seconda Mesa. L’Ufficio intero riserbavasi per tutti quei giorni nei quali sarebbero, stati dettati gli esercizi spirituali.
Ma soprattutto stava a cuore a D. Bosco il santo Rosario e ond'è che aveva scritto con brevissime contemplazioni i quindici misteri. Una terza parte di Rosario la faceva recitare ogni festa, esortando con gran fervore i suoi giovani a continuare, potendolo, questa pia pratica, ogni giorno della settimana nelle loro case. Egli intanto finchè fu solo ne recitava giornalmente luna terza parte con sua madre e poi, aggiungendosi i giovani ricoverati, col Rosario si assisteva nei giorni feriali alla santa Messa. Dal punto che l'Oratorio fu aperto, in Valdocco fino ai tempi presenti, ad ogni sorgere di aurora il suo caro recinto risuonò impreteribilmente di questa orazione, così cara al cuor di Maria e così efficace nelle angustie della Chiesa. Una sol volta all'anno in cappella nella sera di Ognissanti si recitò sempre intiero il Rosario in suffragio delle anime del purgatorio, e D. Bosco non mancava mai di prendervi parte inginocchiato nel presbitero e guidando sovente egli stesso la preghiera.
A questi atti di pietà in onore della Madre di Dio aveva eziandio uniti i due opuscoletti già dati da lui alla stampa anni prima: “La corona di Maria addolorata”, e “Le sette allegrezze che gode Maria in Cielo”. In tempi di poco posteriori a questi un gruppo di giovanetti più distinti nella pietà andava in cappella, a recitare tutte le Domeniche dopo le funzioni della sera questo secondo ossequio innanzi all'immagine di Maria, e così si continuò fino oltre al 1867. Sovente in mezzo a loro si vedeva D. Bosco, ad animarli col suo esempio.
Come è agevole arguire, tutte le devozioni che D. Bosco suggeriva, avevano l'alto scopo di rendere i giovani simili agli angeli, con una vita immacolata. Erunt sicut Angeli Dei in coelo! Quindi egli aggiungeva al “Giovane Provveduto” altri due opuscoli, da lui separatamente stampati: “L'esercizio di devozione al Santo Angelo custode” e “Le sei Domeniche e la novena di S. Litigi Gonzaga” - Gli Angeli, protettori dei giovani, S. Luigi, loro modello! Le Domeniche dell'angelico giovanetto erano celebrate in cappella fin dai primi tempi e D. Bosco esortava tutti a farne la novena nelle loro case. La Festa era segnalata da una bella processione. Di questo Santo egli cita gli esempi, imitati dal Comollo, e in ogni circostanza lo richiama alla memoria dei giovani e ne suggerisce l'invocazione. - L'obbedienza ai vostri genitori è lo stesso come se fosse prestata a Gesù Cristo, a Maria SS. ed a S. Luigi - Esaminate come vi regolaste pel passato nelle preghiere e procurate d'infervorarvi sempre più, massimamente nel recitare lungo il giorno qualche giaculatoria a Dio e al vostro avvocato S. Luigi. - Se non potete dissipare una tentazione fate il segno della santa croce, baciate qualche medaglia benedetta, invocate Maria, oppure S. Luigi dicendogli: O Luigi santo, fate che io non offenda il mio Dio! - Nell'accostarvi al Sacramento della Penitenza, dite: Vergine SS., S. Luigi Gonzaga, pregate per me, onde possa fare una buona confessione. - Aggiungeva eziandio: Invocate S. Luigi per ottenere di fare una buona comunione e di ricavarne frutti più copiosi. - Al fine della Messa recitate una Salve a Maria SS. e un Pater a S. Luigi affinchè vi aiutino a mantenere i proponimenti fatti, specialmente di evitare i cattivi discorsi. Nel decorso del giorno dite la giaculatoria: Vergine Maria, Madre di Gesù e S. Luigi Gonzaga, fatemi santo. Infine, nelle orazioni da recitarsi al principio ed al fine della giornata, aggiungeva una preghiera per ottenere la protezione di S. Luigi in vita ed in morte.
A questo modo D. Bosco rendeva come visibile agli occhi dei giovani S. Luigi, loro lo metteva al fianco, sicchè continuamente con lui s'intrattenessero, come con un compagno ed amico, con lui vivessero la vita del paradiso, e circondati dal profumo delle sue virtù, sentissero abborrimento grande a tutto ciò che poteva macchiare la purezza della loro anima. Così li preparava eziandio ad ascoltare la voce del Signore, siccome aveva fatto S. Luigi, ed i prescelti potevano con sicurezza abbracciare la vita religiosa della quale è indispensabile sostanziale decoro la castità. Infatti nell'ottavo giorno della novena di S. Luigi aveva stampato: “ Preghiamo altresì il Signore che ci faccia conoscere in quale stato Egli voglia essere servito da noi, affinchè possiamo spendere bene, quel tempo che egli pose in nostro potere e da cui dipende la nostra eterna salvezza ”. E nella meditazione dell'inferno aveva eziandio scritto questo avvertimento: “ Se Dio ti chiama anche a lasciare il mondo, arrenditi presto. Ogni cosa che si fa per scampare da una eternità di pene è poco, è niente. Nulla nimia securitas ubi periclitatur aeternitas (S.Bernardo). Oh! quanti nel fiore di loro età abbandonarono il mondo, la patria, i parenti e andarono a confinarsi nelle grotte e nei deserti, vivendo soltanto a pane ed acqua, anzi talvolta a sole radici d'erba; e tutto questo per evitare l'inferno. E tu che fai? ”.
Quindi, perchè chi possedeva la grazia di Dio non ne facesse lacrimevole getto, e chi l'avesse perduta la riacquistasse il più presto possibile, ecco da lui stabilita un'altra pratica commoventissima, ossia l'Esercizio di Buona Morte.
Badate, ei diceva, che al punto di morte si raccoglie quello che abbiamo seminato nel corso di nostra vita. Se avremo fatte opere buone, beati noi; la morte ci riuscirà di contento; il paradiso sarà aperto per noi. Al contrario guai a noi! Rimorsi di coscienza nel punto di morte e un inferno aperto che ci aspetta: Quae seminaverit homo haec et metet. E ripeteva ancora: Tutta la vita dell'uomo deve essere luna continua preparazione alla morte.
D. Bosco adunque nel 1847 incominciava a fissare la prima Domenica di ogni mese per un così salutare esercizio, invitando tutti ad una comunione generale e raccomandando la confessione come se fosse l'ultima della loro vita. Perchè tale giorno fosse distinto dagli altri con segno di speciale allegrezza preparava loro pane e companatico per colazione. Con ciò egli direttamente intendeva porgere ad essi nuova occasione perchè si avvezzassero sempre più alla frequenza ai sacramenti, e alla sera del sabato e al mattino della Domenica, con una carità e pazienza inalterabile, ascoltava una folla di penitenti che ad ogni ora si rinnovava. Finita la Messa e deposti gli abiti sacri, D. Bosco andava ai pie' dell'altare ove per lui era stato preparato un inginocchiatoio, e là recitava l'affettuosa preghiera per implorare da Dio la grazia di non morire di morte improvvisa, e una supplica a S. Giuseppe per averne l'assistenza negli estremi momenti. Aveva sempre insistito che i suoi giovani, col nome di Maria SS. e di S. Luigi, invocassero eziandio quello del Padre putativo di Gesù. Quindi leggeva con grande compunzione i brevi periodi che ricordano le singole fasi dell'agonia di un cristiano, ad ognuno dei quali i giovani rispondevano: Misericordioso Gesù, abbiate pietà di me i Finiva con una orazione per le anime del Purgatorio. Gli stavano pur molto a cuore queste anime benedette e nel suo manuale inserì il Vespro dei defunti da cantarsi nel giorno di Ognissanti dopo il Vespro della solennità, e i salmi e le preghiere per le esequie dei defunti e per le sepolture. Notava pure le indulgenze largite dai Sommi Pontefici alle suddette pratiche di pietà, tanto pel grande guadagno che avrebbero fatto i giovani coll'acquistarle, quanto pei suffragi coi quali molti di loro avrebbero recato refrigerio ai poveri trapassati.
Vi stampò eziandio la Compieta maggiore per quelle festività della quaresima nelle quali il rito porta che si canti il Vespro prima di mezzogiorno, e che poi modulata dai nostri giovanetti francesi avrebbe formato la delizia di varie Chiese in quella generosa nazione; e insieme colla Compieta i sette Salmi Penitenziali colle Litanie dei Santi, le quali sarebbero recitate dopo la santa Messa nella festa di S. Marco e nei tre giorni delle Rogazioni quando nell'Oratorio abiterebbero alunni interni. In fine ei poneva i salmi, gli inni e i versetti dei Vespri per tutte le Domeniche e le feste dell'anno in onore di Dio, della Madonna, di S. Giuseppe, degli Angioli, degli Apostoli e dei Santi principali. Omise le antifone, perchè oltre ad accrescere di troppo il volume, queste dovevano essere cantate solamente dal coro. Perciò si provvide di un antifonario e con grande pazienza incominciò ad insegnarne le note ad alcuni giovanetti. Turco Giuseppe lo sorprese una sera mentre dava lezione a tre suoi allievi, e tenendo in mano una caramella, promettevala in premio a quegli che avrebbe cantato meglio l'antifona: “Dixit pater familias”.
D. Bosco non poteva chiudere meglio il suo libro che stampando una scelta di Laudi sacre. Fra quelle della Madonna avvenne una del Sacro Cuor di Maria, dono di Silvio Pellico, e altra a Maria Consolatrice, che i giovani cantavano in molte occasioni e specialmente quando si recavano processionalmente due volte all'anno a visitare il vicino famoso Santuario dedicato alla Madonna sotto questo titolo. Sovente le faceva cantare in cortile, ma sempre se ne ripeteva qualche strofa all'entrare ed uscire di chiesa, perchè rimanesse coperto quel rumore sgradevole prodotto dal muoversi di tanti; e Così pure prima delle orazioni della sera, per troncare quel leggiero mormorio cagionato inevitabilmente dall'assembrarsi degli alunni. In tempo della santa Comunione D. Bosco voleva eziandio che si cantasse, perchè coloro i quali non si comunicavano, per la leggerezza dell'età non avrebbero mantenuto un perfetto silenzio. Ed era un incanto ascoltar centinaia di voci giovanili che sembrava ripetessero: - Mihi erant justificationes tuae in loco peregrinationis meae.
Da quanto abbiamo detto si può giudicare dello spirito di pietà che animava D. Bosco e come sapesse trasfonderlo ne' suoi allievi. Nello scriverne in queste pagine abbiamo tenuto conto solamente della prima edizione del Giovane Provveduto. Quando dovremo parlare delle susseguenti edi­zioni, noteremo le aggiunte che egli vi fece secondo che la convenienza o la necessità gli suggerivano. È un fatto però ben meraviglioso come i figli del popolo tenessero questo come il codice che guidava la loro condotta, e come, benchè non avvezzi prima a frequentare la chiesa, ora si assoggettassero non solo calmi, ma entusiasmati all'assistenza di funzioni e alla recita di preghiere, che talora non erano così brevi. L'amore compieva questo miracolo. E D. Bosco servivasi eziandio del Giovane Provveduto per segnare, con una o con parte delle variate sue pratiche di pietà, la penitenza sacramentale e da questo metodo, opportunamente adoperato in tutto il tempo della sua vita, rendeva proficue le soddisfazioni rese alla Divina Giustizia. “Il Giovane Provveduto” fu sempre il veni mecum dei giovani più buoni in ogni circostanza della vita. Di giorno lo custodivano nelle tasche del giubbetto, e anche di notte lo ponevano tra il materasso ed il capezzale, reclinando su di esso il loro capo; molte volte alcuni in punto di morte, non essendo presente un sacerdote, se lo facevano leggere dai circostanti, e altri ordinarono che fosse posto loro sul petto, quando il proprio cadavere fosse chiuso nel feretro. I giovani amavano questo libretto, perchè sentivano che era stato da D. Bosco composto proprio per essi ed ogni massima trovava sempre, un' eco nel loro cuore. Ogni frase, anzi direi ogni parola, era stata da lui pesata perchè corrispondesse ai suoi santi intendimenti. Soprattutto voleva esclusa ogni menoma espressione che non fosse rigorosamente modesta. Non fidandosi però del proprio giudizio nella versione italiana di alcune preghiere nelle quali eragli sembrato potersi modificare qualche parola; e volendo prevenire alcune osservazioni che gli avrebbero potuto fare i Revisori Ecclesiastici su qualche altro punto, compilando il suo libro, presentavasi colle bozze di stampa al Canonico Zappata per udirne il parere.
Egli accoglieva con perfetta deferenza le decisioni del buon canonico, il quale talora scherzando a certe sue minuziose osservazioni e correzioni, gli disse: “ Avete finito di fare lo studio anatomico del vostro libro? ”. E D. Bosco in modo, faceto, a ripigliare: - Non ancora: debbo chiedere licenza di porre un O maiuscolo, alla parola Oriens del cantico di Zaccaria, là dove si legge: - Visitavit nos oriens ex alto. Il termine oriens in questo luogo non è participio, ma invece nome proprio del Divin Salvatore. Ciò è dimostrato dal senso, dal testo Greco, e dall'antifona della novena di Natale colla quale la Chiesa invoca il Messia: “O Oriens”.
Il canonico Zappata gli rispose sorridendo: - Oh! ciò si può cambiare sul vostro libro senza radunare Commissioni. Fate pure.
Abbiamo ricordato questo fatto, perchè si noti come Don. Bosco fosse esatto in tutto e ponesse il medesimo studio nello scrivere lettere, o nel leggere quelle che riceveva: ponderava attentamente ogni frase. La stessa minuziosa diligenza usava nell'esplicare un progetto, nel dare un ordine, nel chiedere una spiegazione, nell'udire un rapporto, nel leggere un libro, nell'affidare un ufficio o un lavoro di qualunque genere fosse. Chi dei suoi parlava o trattava con lui era obbligato a misurare bene le frasi, a ponderare le parole, perchè egli non mancava di fare osservazioni, quantunque cortesi, persino alla pronunzia. Qualche impaziente talora era tentato di giudicarlo importuno; eppure stava in ciò una delle cause per le quali egli eseguiva progetti così grandiosi da far stupire il mondo! Li aveva studiati in ogni anche minima loro parte, ponderando gli ostacoli, i mezzi di esecuzione, i vantaggi e la sicurezza della riuscita. Nulla lasciava al caso, ma tutto si riprometteva dall'aiuto di Dio.
 
 
 
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