La morte della nonna - Giovanni è ammesso alla prima Comunione - Suoi propositi - Le prediche della missione - Incontro con D. Calosso - Memoria portentosa di Giovanni - Sue liete speranze per gli studi.
del 06 ottobre 2006
Sta scritto nel libro dell'Ecclesiastico, al capo III commentato da Mons. Martini: “Figliuolo, prendi cura della vecchiezza del padre tuo e nol contristare nella sua vita; e se egli rimbambisce, compatiscilo e nol disprezzare, perchè tu sei più valente: perocchè la benevolenza usata al padre non sarà posta in oblio (dal Signore). Pei mancamenti poi della madre (le debolezze, le miserie della sua cadente età da te sopportate con pazienza ed amore) avrai tu del bene per mercede. E la giustizia (da te usata verso i tuoi parenti) sarà il fondamento dell'edifizio tuo (della tua famiglia), e nel giorno della tribolazione si avrà memoria di te, e i tuoi peccati si discioglieranno come fa il ghiaccio ai dì sereni”. Tale fu la condotta tenuta da Margherita inverso della vecchia suocera; tali io penso siano state pure le benedizioni piovute sopra di lei e dell'avventurata sua famiglia.
Siamo all'anno 1826. Margherita Bosco, la madre di Francesco, la nonna di Antonio, di Giuseppe e di Giovanni, aveva oltrepassati gli ottant'anni di sua vita, e aggravandosi le sue abituali infermità, vide appressarsi con occhio sereno il termine de’ suoi giorni. Mamma Margherita, quando intese che la suocera non si sarebbe più alzata dal letto, non distaccossi più dal suo fianco. Di giorno e di notte la serviva con tale attenzione e premura, quale maggiore non avrebbe potuto esercitare una suora di carità. Non guardò a spese in medici, medicine e comodità, sicchè coloro, che abitavano nei dintorni, presero a mormorarne e finirono con rimproverarla più di una volta di tanto spreco: - Se spendete tutto il fatto vostro per quella vecchia, che cosa rimarrà per voi e per i vostri figliuoli? Non vedete che sono tutte cure inutili, perchè è impossibile che sopravviva? A quell'età è bella e spedita. - Ma la buona Margherita rispondeva sempre: - È la madre di mio marito e perciò madre mia. Io debbo rispettarla e servirla. L'ho promesso al mio povero Francesco, prima che morisse. Se tutte le spese che io faccio, bastassero a prolungarle la vita anche di un solo minuto, io ne sarei troppo contenta. - E Giovanni coadiuvava del continuo la madre il meglio che poteva, sia nell'assistenza, sia negli apprestamenti necessari, in modo da non essere da meno di qualsivoglia più diligente infermiere.
Intanto il parroco avea amministrato alla buona vecchia gli ultimi Sacramenti. Essa ripetutamente avea detto ai nipotini nei giorni precedenti: - Ricordatevi che la vostra felicità e tutte le benedizioni del Signore dipenderanno dal rispetto e dalla benevolenza che userete a vostra madre. - Ma un giorno li volle avere tutti e tre insieme per dar loro gli estremi avvisi. Loro raccomandò che fossero obbedienti alla madre e che ne imitassero l'esempio, trattandola sempre come essa avea trattato la loro povera nonna, alla quale in tanti anni non avea dato il più piccolo dispiacere: la loro madre, per assistere ed aiutare lei, non aveva voluto uscir di casa e cambiar stato, malgrado gli inviti e le proposte di vita comoda ed agiata: per amor della nonna si era condannata ad una vita di grande sacrifizio, conoscendo ella stessa di averle fatto sopportare molte sofferenze ed esercitare in sommo grado la pazienza; perciò si adoperassero tutti quanti nel dare alla loro mamma quelle consolazioni, onde essa aveva con tanto impegno cercato d’infiorare tutto il corso della vita della nonna.
Il giorno 11 febbraio fu l'ultimo di sua esistenza. Intorno al suo letto stavano Margherita ed i nipoti. La nonna, facendo uno sforzo, loro disse queste parole: - Io parto per la mia eternità; raccomando l'anima mia alle vostre preghiere. Perdonatemi se qualche volta mi sono mostrata severa verso di voi, ma ciò fu tutto pel vostro bene. Ringrazio poi voi, o Margherita, di quanto avete fatto per me. - Così dicendo, la strinse al seno e la baciò con queste parole: - Vi bacio nel tempo per l'ultima volta, ma spero di vedervi tutti assai più felici nella beata eternità. - I nipoti, che piangevano dirottamente, furono condotti nella casa di un vicino e, dopo un'ora circa di penosa agonia, la buona vecchia rendeva l'anima sua al Creatore.
Giovanni intanto, raggiunta l'età di anni dieci, desiderava fare la prima Comunione. Egli però non era conosciuto dal parroco, per la lontananza della borgata. Per ascoltare una predica, o per assistere al catechismo quadragesimale, doveasi percorrere circa dieci chilometri tra andata e ritorno, o a Castelnuovo, o a Buttigliera. La cappella di S. Pietro a Morialdo era pure alquanto lontana dai Becchi, e allora mancava da parecchio tempo di cappellano. Questo difetto di chiesa o cappella, ove recarsi a pregare o a cantare coi compagni, dava grave pensiero al piccolo Giovanni, ed era pure il motivo per cui si veniva volentieri ad ascoltare le prediche del piccolo giocoliere. Quindi Giovanni dovea quasi esclusivamente limitarsi all'istruzione religiosa che impartivagli la buona genitrice, dalla quale però aveva appreso tutto il piccolo catechismo.
Per lo più nessun fanciullo era promosso alla Comunione, se non ai dodici o quattordici anni. Il prevosto D. Sismondo, sebbene ottimo e zelante pastore, imbevuto anch'egli di massime piuttosto rigide riguardo ai Sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia, non s'allontanava da questa usanza seguita generalmente dagli altri parroci. Lo stesso giovane Giuseppe Cafasso, del quale avremo a parlare più innanzi, a tredici anni non era ancora ammesso alla Comunione, non ostante la sua vita angelica e la non comune religiosa istruzione. La madre di Giovanni tuttavia, desiderando di non lasciar andare più avanti nell'età suo figlio senza fargli praticare questo grande atto di nostra santa Religione, si adoperò ella stessa a prepararlo il meglio che poteva e sapeva; come già aveva fatto cogli altri due fratelli Antonio e Giuseppe. Lungo la quaresima poi di quell'anno lo inviò ogni giorno al catechismo in parrocchia, ove fu il modello di tutti col suo buon esempio. Assiduo alle lezioni, udita una o due volte dal curato una risposta anche lunga del catechismo, la riteneva a memoria e la recitava in tutta fretta. Ciò destava meraviglia nei compagni, i quali sempre più a lui si affezionavano, e fu pel curato una buona raccomandazione per l'esame che si diede in sul finir della quaresima.
La Pasqua di Risurrezione in quell'anno 1826 cadeva ai 26 di marzo. Per le lodevoli referenze avute e per il modo, col quale Giovanni aveva risposto all'esame, il prevosto si decise a fare per lui un'eccezione alla regola generale, e lo promosse alla S. Comunione, da farsi nel giorno fissato per la Pasqua di tutti i fanciulli.
In mezzo alla moltitudine era impossibile evitare la dissipazione. E però Margherita volle assistere ella stessa ed apparecchiare con ogni diligenza al grande atto il suo caro Giovanni. Tre volte lo condusse a confessarsi. Lungo la quaresima gli aveva ripetutamente detto: - Giovanni mio, Dio ti appresta un gran dono; ma procura di prepararti bene, di confessarti devotamente, di non tacere cosa alcuna in confessione. Confessa tutto, sii pentito di tutto e prometti a Dio di farti più buono in avvenire. - “Tutto promisi, nota D. Bosco nelle sue memorie: se poi sia stato fedele, Dio lo sa”. A casa lo faceva pregare, gli dava a leggere un buon libro e gli suggeriva quei consigli, che una madre industriosa sa trovare opportuni per i suoi figliuoli.
Al mattino della prima Comunione non lo lasciò parlare con nessuno, lo accompagnò alla chiesa ed alla sacra Mensa, e fece con lui la preparazione ed il ringraziamento, che il vicario foraneo D. Sismondo con molto zelo faceva a tutti con voce alta ed alternata. In quel giorno non volle che si occupasse in nessun lavoro materiale, ma tutto l'adoperasse a leggere e a pregare. E fra le molte cose dettegli sono memorabili queste, che la pia genitrice gli ripetè più volte: - O caro figlio, fu questo per te un gran giorno. Sono persuasa che Dio ha veramente preso possesso del tuo cuore. Ora promettigli di fare quanto puoi per conservarti buono fino alla fine della tua vita. Per l'avvenire va sovente a comunicarti, ma guárdati bene dal fare dei sacrilegi. Di' sempre tutto in confessione; sii sempre obbediente; va volontieri al catechismo ed alle prediche; ma, per amor dei Signore, fuggi come la peste coloro che fanno cattivi discorsi. - E D. Bosco lasciò scritto: “Ritenni e procurai di praticare gli avvisi della pia genitrice, e mi pare che da quel giorno vi sia stato qualche miglioramento nella mia vita, specialmente nell'obbedienza e nella sottomissione agli altri, al che provava prima grande ripugnanza, volendo sempre fare i miei fanciulleschi riflessi a chi mi comandava o mi dava buoni consigli”.
La buona mamma Margherita non poteva frattanto togliersi dal cuore il vivo desiderio di accontentare Giovanni e metterlo agli studi. L'inclinazione del figlio a questi era ben spiegata; d'altronde egli aveale più volte confidato come si sentisse grande volontà di abbracciare lo stato ecclesiastico. Ella adunque pregava il Signore, acciocchè le mostrasse il modo di vincere le ripugnanze di Antonio, che per altro non volea disgustare maggiormente. Non andò molto che fu consolata da un avvenimento inaspettato.
Il Santo Padre Leone XII, nel 1825, aveva pubblicato in Roma il gran giubileo e ben 400.000 pellegrini erano andati a far le loro divozioni nell'eterna città. Nel 1826 lo estendeva anche alle chiese fuori di Roma. Mons. Colombano Chiaverotti decretava che per l'archidiocesi Torinese dovesse aver luogo dal 12 marzo al 12 settembre. Mirabile fu il concorso dei fedeli a compiere le opere stabilite per l'acquisto dell'indulgenza plenaria, non solo nelle piccole borgate, ma in tutte le città più popolose e anche in Torino. Quivi il Vescovo di Pinerolo predicò gli esercizi spirituali al Re, alla sua Corte e ai Nobili; e si vide la Casa Reale e l'Accademia militare, accompagnata dal Genio e dal fiore dei cittadini, procedere in processione per la città alla visita delle quattro chiese, cantando divotamente le Litanie dei Santi, come gli altri del popolo.
Gli stessi spettacoli di fede si videro nelle provincie. Alcune settimane dopo la prima Comunione di Giovanni, una solenne missione ebbe luogo nel paese di Buttigliera, limitrofo alla borgata di Morialdo. La rinomanza dei predicatori traeva gente da tutte parti, e Giovanni vi andava con molti altri della sua borgata. Fatta un'istruzione ed una meditazione al mattino prima di giorno e in sulla sera, lasciavansi liberi gli uditori di recarsi alle case loro. Una di quelle sere di aprile, Giovanni ritornava a casa in mezzo alla moltitudine. Fra quella eravi un certo D. Giuseppe Calosso di Chieri, uomo assai pio, il quale, sebbene curvo per gli anni, faceva quel lungo tratto di via di circa quattro chilometri, per recarsi ad ascoltare i missionari. Egli era dottore in teologia, già prevosto di Bruino, ed allora erasi ritirato a fare da cappellano a Morialdo. Il vedere un fanciullo di piccola statura, col capo scoperto, coi capelli irti e inanellati, camminare in gran silenzio in mezzo agli altri, trasse il suo sguardo sopra Giovanni. Si conoscea chiaramente che quel contegno era volontario e non naturale, e che in altri momenti non vi sarebbe stato albero per quanto alto, del quale l'arditello non tentasse raggiungere la cima, nè fosso per quanto profondo, nel quale non fosse pronto a gettarsi entro. Il prete lo chiamò a sè e prese a così parlargli: - Figlio mio, di che borgata sei?
- Sono dei Becchi!
- Donde vieni? Sei forse andato anche tu alla missione?
- Sì, signore, sono andato alla predica dei missionari.
- Che cosa avrai tu mai potuto capire? Forse tua mamma ti avrebbe fatto qualche predica più opportuna, non è vero?
- È vero; mia madre mi fa sovente delle buone prediche, ma vado anche assai volentieri ad ascoltare quelle dei missionari, e mi sembra di averle capite.
- Ne hai inteso proprio molto?
- Ho inteso tutto!
- Su! se tu sai dirmi quattro parole delle prediche di quest'oggi, io ti do quattro soldi. Eccoli qui! - E glieli mostrò.
- Mi dica soltanto se desidera che io le parli della prima o della seconda predica!
- Come più ti piace, purchè tu mi dica quattro parole. Ti ricordi di che cosa si trattò nella prima predica?
- Nella prima predica si parlò della necessità di darsi a Dio per tempo e non differire la conversione.
- E che cosa fu detto in quella predica? - soggiunse il venerando vecchio alquanto meravigliato.
- Vuole che le reciti la prima parte, la seconda, ovvero la terza?
- Quel che tu vuoi!
- Me ne ricordo assai bene, e se vuole gliela recito tutta. - E senz'altro attendere, cominciò ad esporre l'esordio, poi i tre punti, cioè che colui, il quale differisce la sua conversione, corre gran pericolo che gli manchi il tempo, la grazia, o la volontà. Il buon prete lasciollo continuare per oltre mezz’ora. Tutta la gente si era fatta intorno al prete per udire, mentre si continuava la strada.
- Ora dimmi della seconda predica.
- Tutta o in parte?
- Due parole solo.
- Se ne vuole qualche brano glielo dirò subito. Ecco: mi fece molto colpo quel tratto, quando il predicatore descrisse l'incontro dell'anima del dannato col suo corpo al suono dell'angelica tromba, quando staranno per unirsi ed andare al giudizio, l'orrore che proverà l'anima nel congiungersi a quel corpo così schifoso e sì brutto che le fu strumento d'iniquità. - E recitò tutto un lungo dialogo dell'anima col corpo come lo aveva esposto il predicatore, continuando così a discorrere ancora per dieci minuti. Dipoi quel buon sacerdote, sempre più stupito e colle lagrime agli occhi per la commozione, si fece ad interrogarlo: - Come è il tuo nome? I tuoi parenti? Hai fatte molte scuole?
- Il mio nome è Giovanni Bosco, mio padre morì quando io era ancor bambino. Mia madre è vedova con cinque creature da mantenere. Ho imparato a leggere e un poco a scrivere.
- Non hai studiato il Donato o la grammatica?
- Non so che cosa siano.
- Ameresti di studiare?
- Assai, assai.
- Che cosa t'’impedisce?
- Mio fratello Antonio.
- Perchè Antonio non vuole lasciarti studiare?
- Dice che a studiare si perde il tempo e vuole che io lavori alla campagna. Ma se io potessi andare a scuola, sì che studierei e non perderei tempo.
- Per qual motivo desidereresti di studiare?
- Per abbracciare lo stato ecclesiastico.
- E per qual motivo vorresti abbracciare questo stato? - Per avvicinarmi, parlare, istruire nella religione tanti miei compagni, che non sono cattivi, ma diventano tali perchè niuno ha cura di loro.  - Questo schietto e risoluto parlare del fanciullo fece grande impressione sovra di quel santo sacerdote, che, mentre Giovanni parlava, non gli tolse mai di dosso lo sguardo. Venuti intanto ad un punto di strada, dove era mestieri separarsi, lo lasciò con queste parole: - Sai tu servire la santa Messa?
- Sì, un poco.
- Vieni domani a trovarmi in casa mia. Ho qualche cosa a dirti. - E così lo lasciò.
Giovanni puntualmente si recò a S. Pietro, a casa del cappellano, e gli servì Messa. D. Calosso poi lo condusse in sua camera, ove appena giunto gli disse: - Oh! bene! adesso ho bisogno di scrivere la predica fatta dal missionario. Ti sentiresti di dettarmela?
- Sì, senza difficoltà; ma io non so le parole italiane.
- Non importa, detta come sai.
- Se è così, si metta pure a scrivere, disse Giovanni. - Il cappellano sedette al tavolino, e Giovanni gli dettò una predica intiera dall'esordio alla perorazione, sì da far maggiormente stupire il buon prete di così sorprendente memoria. Giovanni divenuto poi sacerdote fece più volte questa medesima predica e la ricordò interamente fino agli ultimi suoi giorni. In fine il cappellano gli disse: - Sta di buon animo, io penserò a te ed al tuo studio. Di' a tua madre che domenica sera venga qui un momento con te a parlarmi, e conchiuderemo tutto.
Si può immaginare quale contentezza provò Margherita a questa notizia! La domenica seguente andò col figlio a visitare D. Calosso. Quando il cappellano la vide: - E non sapete, le disse, che vostro figlio è un portento di memoria? Bisogna farlo studiare.
- Avrei bensì piacere che studiasse, rispose Margherita, ma trovo molte e gravi difficoltà. Deve sapere che sono tre fratelli ed egli è il minore. Il più vecchio assolutamente non vuole e metterebbe sossopra la casa.
- Ciò non importa! concluse il buon prete; accomoderemo ogni cosa. Fate quel che potete e sapete, ma mettete questo giovinetto agli studi, perchè tale è il volere di Dio.
- Ed io l’assicuro che farò il mio possibile per appagare questo suo e mio vivo desiderio - concluse ringraziando Margherita. E si convenne che egli stesso, D. Calosso, farebbe scuola una volta al giorno a Giovanni, il quale avrebbe impiegato il rimanente della giornata a lavorare in campagna per accontentare il fratello Antonio. Ma questi, appena seppe che la madre aveva presa una simile deliberazione, sdegnossi fortemente e solo si acchetò quando venne assicurato che la scuola si sarebbe incominciata dopo l'estate, allorchè i lavori campestri non dánno più gran pensiero.
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