Capitolo 20

Letture Cattoliche - Consolazione di D. Bosco pel ritorno di alcuni giovani alla vera religione e pel battesimo di un israelita e di un valdese - Savio Domenico prega per la conversione dei protestanti, e indica a D. Bosco la morte imminente di un apostala - D. Bosco insegna ai giovani il modo di farsi santi nel loro stato - Industrie di Savio per fare del bene alle anime - Il suo amico Massaglia Giovanni - Il Ch. Rua emette i tre voli per un anno - La Madonna di Taggia - Gli esercizi spirituali nel tempo pasquale.

Capitolo 20

da Memorie Biografiche

del 28 novembre 2006

 E le  Letture Cattoliche? Incominciavano strenuamente il loro terzo anno. Le riscossioni del prezzo degli abbonamenti erano fatte dagli incaricati del Vescovo d'Ivrea. D. Bosco lavorava specialmente intorno alle stampe. I due fascicoli del mese di marzo, stampati da Paravia, erano la seconda edizione di una operetta edita alcuni anni prima: Maniera facile per imparare la storia sacra ad uso del popolo Cristiano, con una carta di geografia della Terra Santa per cura del Sac. Bosco Giovanni. Con domande e risposte brevissime, ma scultorie, ei svolge in trentun capitolo il suo argomento. Aveavi aggiunto la geografia comparata dei nomi che trovavansi in quella storia, e la cronologia dei Patriarchi, Giudici, Re e Pontefici del popolo Ebreo.

  Accennando agli insegnamenti di Gesù Cristo alle turbe, notava ciò che Egli disse sugli onori, sul buon uso delle ricchezze, sulla fuga dei piaceri della terra, sulla virtù della castità, sulla temperanza, contro l'invidia, la collera e l'accidia, e conchiudeva il suo libro: “ Per quelli che vivono fuori della Chiesa Cattolica, dobbiamo pregare Iddio che infonda tanta grazia ne' loro cuori, sicchè, superando ogni umano rispetto, entrino nella Chiesa Cattolica, per appagare il vivo desiderio di Gesù Cristo, che amorosamente chiama a sè tutti gli uomini del mondo per formare un solo ovile con un solo pastore in terra, e dare a tutti poi una ricompensa eterna in cielo ”.

Nell'ultima pagina esponeva alcune massime morali ricavate dalla Santa Scrittura; la prima era questa: “ A chi ama Iddio riusciranno bene tutte le cose ” (Sap. III). E noi vedremo avverarsi in D. Bosco questa grande promessa, specialmente nel raggiungere il suo fine principale: la salvezza delle anime.

  Ne porge una prova l'Armonia nel suo numero del 7 marzo 1855 col titolo: Conversioni al Cattolicismo nell'Oratorio di S. Francesco di Sales.

    Non avvi cosa più consolante pei cattolici quanto il vedere ogni giorno crescere il numero dei figli della luce. Noi abbiamo già più volte accennato, come parecchi cattolici incautamente strascinati all'errore, mercè la frequenza agli oratorii per la gioventù di questa città, siano entrati in loro stessi, ed abbiano fatto ritorno alla Religione Cattolica. Sono appena tre mesi, che un giovane israelita, allievo di quest'Oratorio, abbandonava l'ebraismo, e diveniva cristiano.

  Un mese e mezzo addietro pubblicavamo come un certo Michele Trombotti, lusingato dai doni e dalle promesse dei protestanti, aveva dato il suo nome a questa setta. Frequentò qualche tempo l'Oratorio di S. Francesco di Sales, i raggi della grazia divina penetrarono nel cuore di lui e trionfarono. Ora vive da buon cristiano, da fervoroso cattolico.

  Due domeniche fa abbiamo con vera compiacenza veduto ivi due giovanetti, che avevano cessato di frequentare le scuole protestanti (a cui erano allettati da offerte quotidiane), e con cuore pieno di giubilo cominciarono nuovamente a frequentare le pratiche religiose dei Cattolici. Domenica scorsa (4 marzo) abbiamo assistito al battesimo di un valdese.

  Questo giovane, di nome Avandetto, era nato a Torre di Luserna. I suoi genitori il lasciarono crescere nell'abbandono e nel totale oblio della religione e della moralità, affinchè, dicevano essi, giunto all'età competente, scegliesse o si facesse quella religione, che più gli sarebbe gradita. Nella fatale invasione del coléra vennero colpiti ambi i suoi genitori, ed egli rimase orfano, abbandonato, esposto ai pericoli, cui va purtroppo soggetto un giovane di quindici anni senza educazione e senza religione. La divina Provvidenza, però, che veglia sul destino degli uomini, dispose che egli fosse ricoverato nella casa dell'Oratorio di San Francesco di Sales. Ivi ebbe alloggio, vitto, vestito, istruzione. Interrogato quale religione intendesse abbracciare, rispondeva - Io desidero di abbracciare quella religione, che mi può salvare. - Dopo quattro mesi di catechismo apparve abbastanza istruito per ricevere il Battesimo, ed essere ricevuto in grembo, alla Chiesa Cattolica.

  Domenica pertanto, alle tre e mezzo pomeridiane, Monsignor Giovanni Pietro Losana, Vescovo di Biella, si recava all'Oratorio di S. Francesco di Sales per fare la pia funzione. Non sappiamo, se sia più degna d'ammirazione la grande allegrezza che inondava il cuore del catecumeno, o la gioia che traspariva in volto a numerosa schiera di giovanetti che lo circondavano. Padrino fu il cavaliere Marco Gonella, madrina la signora Angela Gonella nata Piacenza, ambedue membri di quella famiglia, la quale si trova sempre dovunque avvi un'opera di beneficenza, un atto, di cristiana pietà da esercitare.

  Compiuta la sacra funzione, Monsignore pronunciò un breve discorso, in cui dimostrò quanto esultasse il suo cuore nel rimirare in questi giorni tanti figliuoli delle tenebre abbandonare l'errore per venire a riposare in seno alla Chiesa Cattolica. Deplorò poi con viva commozione come tanti figliuoli della luce, lasciandosi pazzamente trascinare all'errore, e abbagliati dall'idea di novità, abbracciano una religione senza autorità, senza Sacramenti, abbandonata al capriccio di ciascuno.

  Miei cari figli, diceva con forza, credetemi; il protestantesimo è una religione senza Credo, senza Simbolo, perchè ciascun protestante crede quello che vuole, e nel modo che vuole. Non si possono avere due paesi protestanti, nemmeno due famiglie, anzi neppure due individui della medesima famiglia, i quali credano le medesime cose in fatto di religione. Può darsi che ci siano cattolici così privi di senno, che giungano ad abbandonare la loro religione santissima, per tener dietro ad un fantasma religioso, che da ogni lato non presenta altro che capriccio, vanità e disordine?

Conchiuse poi coll'ammonire il neofito a farsi ulteriormente istruire nella religione abbracciata, adoperandosi con diligenza, e coraggio a mantenersi fermo nella fede fino alla morte. Volse infine un'apostrofe agli astanti animandoli tutti a vivere da buoni cattolici, per dimostrare colle opere e colle parole che noi professiamo una religione santissima, religione divina, quale si è la Cattolica, Romana, Apostolica, fuori di cui niuno può salvarsi.

  Finalmente il buon prelato, fra concenti musicali eseguiti dai giovani addetti a questo Oratorio, impartiva la benedizione col Santissimo Sacramento.

  Così possiamo annumerare un cattolico di più, e speriamo che vivrà in modo da essere un giorno abitatore del cielo.

    Le preghiere e le comunioni che si facevano nell'Oratorio avevano gran parte nel togliere gli ostacoli a questi trionfi della grazia. Perciò non si può dire quanto fosse piena la consolazione di Mamma Margherita nel vedere un giovanetto che pregasse bene. Un giorno diceva a D. Bosco: - Tu hai tanti giovani buoni, ma nessuno supera la bellezza del cuore e dell'anima di Savio Domenico. - D. Bosco le chiese perchè dicesse questo, ed ella rispose: - Lo vedo sempre pregare, restando in Chiesa dopo gli altri, finite le funzioni comuni; e sovente con un gruppo di compagni raccolti intorno all'altare della. Beata Vergine, recitar il Rosario. Ogni giorno si toglie dalla ricreazione per andare a far visita al SS. Sacramento; più volte, dimentico di recarsi cogli altri a prender cibo, resta innanzi all'altare in orazione e come fuori di sè. Sta in chiesa come un angelo che dimori in paradiso.

  Savio Domenico dunque pregava e molto, ma specialmente per la conversione d  ei protestanti. Più volte fu udito esclamare: - Quante anime aspettano il nostra aiuto in Inghilterra; oh, se avessi forza e virtù, vorrei andarvi sul momento, e colle prediche e col buon esempio vorrei guadagnarle tutte al Signore! - E la sua preghiera era efficace, come lo prova il seguente fatto raccontato da D. Bosco.

“ Un giorno Savio entrava nella mia camera, dicendomi: - Presto, venga con me: c'è una bell'opera da fare. - Dove vuoi condurmi? gli chiesi. - Faccia presto, soggiunse egli, faccia presto. - Io esitava tuttora, ma stando egli, ed avendo già provato altre volte l'importanza di questi inviti, prendo il cappello e lo seguo. Savio esce di casa con passo piuttosto accelerato e s'inoltra di contrada in contrada senza mai fermarsi e senza pronunciar parola. Infine prende la via delle Orfane, entra in una porta, sale una scala, monta al terzo piano e tira con forza il campanello. - È qua, egli mi dice, che deve entrare; e tosto se ne parte, ritornando a casa.

” Una donna apre l'uscio, ed - Oh! presto, mi dice, presto, altrimenti non è più a tempo. Mio marito ebbe la disgrazia di farsi protestante; adesso è in punto di morte e domanda per pietà di poter morire da buon cattolico. Io mi recai tosto al letto di quell'infermo che mostrava viva ansietà di acconciarsi dell'anima. Aggiustate le partite della coscienza colla massima prestezza, giunge il curato della parrocchia di S. Agostino, che già prima era stato chiamato. Esso potè appena amministrargli il Sacramento dell'Olio Santo con una sola unzione, poichè il moribondo diveniva cadavere. Alcun tempo dopo volli domandare a Savio, come mai avesse egli saputo che in quella casa vi fosse un infermo ridotto a quello stato; ed egli mi guardò con aria di dolore, di poi si mise a piangere. Io allora non cercai più altro, ricordando quelle parole della Sacra Scrittura che dice: “ È  cosa buona tenere nascosto il segreto del Re: Sacramentum regis abscondere bonum est ” e che alle anime sante riesce più penoso lo svelare i doni che Iddio fa loro, che non i peccati commessi ”.

In mezzo a queste misericordie di Dio erano incominciati nei tre Oratorii festivi i catechismi quadragesimali. D. Bosco in una di quelle domeniche faceva una predica sul modo di farsi santi e si fermò specialmente a sviluppare tre pensieri: è volontà di Dio che ci facciamo tutti santi: è assai facile di riuscirvi: è preparato un grande premio in cielo a chi si fa santo. Queste parole fecero una grande impressione sull'animo umile di Savio, il quale diceva poi a D. Bosco: - Mi sento un desiderio, un bisogno di farmi santo; io non pensava di potermi far santo con tanta facilità; ma ora che ho capito potersi ciò effettuare anche stando allegro, voglio assolutamente farmi santo.

D. Bosco lo confortò nel suo proposito, gli indicò come Dio volesse da lui per prima cosa una costante e moderata allegria; e consigliandolo ad essere perseverante nell'adempimento de' suoi doveri di pietà e di studio, gli raccomandò dì prendere sempre parte alla ricreazione co' suoi compagni. Nello stesso tempo gli proibì ogni rigida penitenza e le preghiere troppo prolungate, perchè non compatibili colla sua età e sanità, e colle sue occupazioni.

Savio obbedì, ma un giorno D. Bosco lo incontrò tutto afflitto, che andava esclamando: - Povero me! Io sono veramente imbrogliato. Il Signore dice che se non fo penitenza, non andrò in paradiso; ed a me è proibito dì farne. Quale dunque sarà il mio paradiso?

La penitenza che il Signore vuole da te, gli disse D. Bosco, è l'ubbidienza. Ubbidisci e a te basta.

    - Non potrebbe permettermi qualche altra penitenza? - Sì; ti si permettono le penitenze di sopportare pazientemente le ingiurie, qualora te ne venissero fatte; tollerare con rassegnazione il caldo, il freddo, il vento, la pioggia, la stanchezza, e tutti gli incomodi di salute, che a Dio piacerà di mandarti.

     - Ma questo si soffre per necessità.

     - Ciò che dovresti soffrire per necessità, offrilo a Dio, e così diventa virtù e merito per l'anima tua.

     - E niente altro?

     - Adoperati nel guadagnare anime al Signore.

     - Ho capito! - Da quel punto si accese sempre più in Domenico un tale zelo per la salvezza delle anime, da farlo apparire un vero, benchè piccolo apostolo. Per imparare il modo di vie più riuscire bene nel santo esercizio di giovare al prossimo, egli leggeva volentieri la vita di quei santi che avevano lavorato in modo speciale per la salute delle anime, come la vita di S. Filippo Neri, di S. Francesco Zaverio, di S. Francesco di Sales, e simili. Parlava volentieri dei Missionari, che faticano alla conversione degli infedeli e degli eretici, pregava per essi, e ne invidiava la sorte. Più volte fu udito ad esclamare: - Quante anime non vanno mai perdute, perchè non vi ha chi predichi loro la parola di Dio! Quanti poveri fanciulli forse andranno alla perdizione per mancanza di chi li istruisca nella fede!

Nè egli si contentava dei desideri, ma veniva ai fatti. Per quanto lo comportava la sua età e la sua istruzione, si prestava con indicibile piacere a fare il catechismo ai piccoli nella chiesa dell'Oratorio; anzi, se alcuno ne mostrava maggior bisogno, egli si assumeva di buonissima voglia l'incarico di fargli scuola di religione, in qualunque giorno della settimana, e in qualunque ora del giorno. Tutto gli riusciva dolce, quando pensava di cooperare a salvare un'anima.

Erano veramente mirabili le industrie, che in tempo di ricreazione egli usava per meglio conseguire il nobile fine. Se aveva un confetto, un frutto, una croce, una medaglia, una immagine o simili, egli la riserbava a quest'uopo. - Chi la vuole? chi la vuole? andava dicendo. - Io, io, - da tutti si gridava, correndogli incontro. Adagio, egli soggiungeva allora; io la darò a chi meglio risponderà ad una domanda di catechismo. - Intanto il santo giovane interrogava solo i più discoletti, ed appena essi davano una risposta alquanto soddisfacente, egli faceva loro quel regaluccio. In questo modo e in poco tempo si guadagnava l'animo di tutti gli scapatelli, dai quali era quasi sempre circondato.

Nè solamente di questa sorta di fanciulli egli cercava la compagnia, ma di un'altra non meno degna di amorevoli sollecitudini. Fra i giovanetti che stavano nell'Ospizio e fra i molti che frequentavano l'Oratorio festivo, alcuni ve n'erano alquanto rozzi, ignoranti e meno educati, i quali per lo più erano dai loro compagni lasciati in disparte. Ora questi erano i più ambiti e più ricercati dal caro Domenico. Egli con uno spirito ed un'intuizione che diremo soprannaturale, non si curava punto delle apparenze, nè secondava le simpatie; ma, avendo in mira unicamente l'anima, si avvicinava a costoro, li ricreava col racconto di qualche esempio, li invitava a passeggiare con lui, li faceva discorrere, li toglieva insomma dall'avvilimento, consolandoli con ogni miglior conforto.

Una sua industria merita di essere qui rilevata in modo particolare. Quando si accorgeva che taluno da qualche tempo più non si accostava alla Confessione, lo zelante giovanetto usava così: in bel modo procurava di associarsi con lui, si metteva a discorrere o a giocare insieme e vi tirava innanzi per un po' di tempo; ma ad un tratto rompeva il filo del discorso, sospendeva la partita e diceva all'amico: - Vorresti farmi un piacere? Sì, sì, e quale? - Domenica io vorrei andarmi a confessare; verresti tu a farmi compagnia? - Generalmente il compagno per compiacerlo rispondeva di sì. Domenico ne aveva abbastanza, e riattaccava il filo del suo discorso, o proseguiva il suo trastullo. Al domani praticava il medesimo con un altro; così che al sabato sera o alla domenica mattina era cosa che edificava il vederlo appiè del confessore con due, tre, e talora persino con sette od otto giovanetti de' più restii agli esercizi di pietà, da lui attirati a quella pratica di religione. Questi fatti erano molto frequenti, e tornavano di grande vantaggio ai compagni, e di dolce consolazione a D. Bosco, il quale perciò soleva dire che Domenico Savio gli tirava più pesci nella rete co' suoi trastulli, che non i predicatori colle loro prediche.

Savio non era però solo in queste sante imprese; fra gli altri se ne notava uno, l'ottimo giovanetto Massaglia Giovanni, suo vicino di paese, venuto contemporaneamente con lui all'Oratorio e come lui desideroso di abbracciare lo stato ecclesiastico con vero desiderio di farsi santo. - Non basta, un giorno Domenico diceva al suo amico, non basta il dire che vogliamo farci ecclesiastici, ma bisogna che ci adoperiamo per acquistare le virtù che a questo stato sono necessarie.

- È  vero, rispondeva l'amico; ma se facciamo quello che possiamo dal canto nostro, Dio non mancherà di darci grazia e forza per meritarci un favore così grande quale si è diventar ministri di Gesù Cristo.

Nel fiorire di tante virtù nell'Oratorio, D. Bosco vedeva la mano della Vergine benedetta che le coltivava, sentiva l'efficacia della sua materna, protezione, mentre egli da parte sua cercava di corrisponderle col più ardente impegno. Ecco il movente ed il segreto da cui fu indotto alla prima prova di quello che fu poi la più grande sua opera: l'inizio cioè di quella Pia Società, alla quale aveva sempre rivolti i suoi desideri. A questo fine dopo aver parlato lungamente in conferenze, ad alcuni suoi chierici più fidi, delle tre virtù che sono oggetto di voto in Religione, invitò il Ch. Rua, che allora percorreva il secondo corso di filosofia, ad emettere questi voti per un anno. Nulla però disse del suo gran disegno. Il buon chierico acconsentì, persuaso che si trattasse solamente di abitare con D. Bosco, e di aiutarlo con maggior effi­cacia nell'Opera degli Oratorii colla pratica di quelle virtù.

Il Ch. Rua dunque, alla sera della festa della Annunciazione di Maria SS., nella camera di D. Bosco, senza alcun testimonio, assistito dal buon servo di Dio, in semplice veste talare, inginocchiato innanzi ad un crocifisso emise i primi voti annuali; imitato poco dopo da Don Alasonatti, il quale certamente doveva conoscere qualcosa pi√π dei disegni del santo suo amico.

In que' giorni, 25, 26, 27, 28 marzo, coll'intervento dell'Arcivescovo di Chambery e dei Vescovi di Mondovì e Casale, nel Santuario della Consolata celebravansi le feste solennissime della definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione.

Ma i sacri riti in Chiesa, la processione e la generale illuminazione in città erano stati rallegrati eziandio dalla fama di un grande miracolo accaduto a Taggia in occasione che ivi festeggiavasi lo stesso glorioso avvenimento. Una statua di Maria SS. in plastica, di composizione durissima, alta circa un metro, colla veste color di rosa ed il manto azzurro, e reggente nella destra un cuore, veneravasi nella chiesa parrocchiale. I suoi occhi vivissimi erano rivolti dolcemente a destra. Ed ecco, l'11 marzo, quegli occhi si mossero fissando amorevolmente una fanciulletta inginocchiata innanzi all'altare. Quindi più volte le pupille si portarono sensibilmente da destra a sinistra ritornando poi alla loro posizione normale; ovvero si sollevavano fino a nascondersi quasi per intero sotto le palpebre superiori, e dopo si abbassavano. Questi moti accadevano ora lentamente, ora con assai celerità, e talora gli occhi si fissavano con insistenza su coloro che avevano davanti. Talvolta spiravano affetto, tal altra maestà. Talora il volto benedetto della Vergine, deposta la naturale dolcezza, atteggiavasi a dolore o mestizia, e svanito il suo colore vermiglio, coprivasi di un pallore sensibilissimo per circa due minuti. Erano frequentissimi questi cangiamenti di fisionomia. Più frequentemente offrivano l'aspetto di una persona assorta in profondi pensieri.

All'eseguirsi delle movenze, oltre la turgidezza degli occhi, l'increspamento delle palpebre, si osservava animarsi lo sguardo in modo che sulla cornea, pi√π brillante e pi√π morbida dell'ordinario, appariva come l'umore cristallino di un occhio naturale. La fronte e il collo pareva trasudassero; sulle guance si scorgevano come dei moti muscolari; queste variazioni erano ancora pi√π sensibili che non le stesse movenze delle pupille.

Fanciulli e pie donne furono i primi a constatare il portento, e tosto tutta la città accorreva a contemplare commossa, lagrimando, le meraviglie di Maria Immacolata. Il fatto era evidente, e si ripetè prima quasi tutti i giorni fino al 25 marzo, e si rinnovò molte volte interpolatamente nei mesi di aprile, maggio e giugno. Un severo processo dell'autorità ecclesiastica, istituito sul luogo nell'atto stesso dell'azione miracolosa, dichiarò doversi quella attribuire solamente ad una grazia del cielo, mentre 120 testimoni giurati attestavano la realtà di tanta meraviglia. D. Bosco se ne fece mandar relazione, che noi conserviamo, ne parlò ai giovani magnificando la bontà di Maria e il suo aiuto offerto ai popoli in tempi così calamitosi. Il Teol. Bellasio poi, ritornato da Taggia, ove era stato spettatore del miracolo, confermava entusiasmato nell'Oratorio quanto .aveva già annunciato D. Bosco.

Così gli alunni dell'Oratorio di Valdocco colla mente e col cuore pieno del pensiero di Maria SS. si preparavano a celebrare la Pasqua, che ricorreva l'8 aprile, e presero parte ai sacri riti della settimana santa, che in quest'anno si incominciò a celebrare con qualche regolarità. Degli esercizi spirituali ai quali assistettero, Don Bosco ne tenne memoria, così scrivendo di Savio Domenico e di Garigliano:

“ Venuto il tempo pasquale, furono assidui cogli altri giovani agli spirituali esercizi con molta esemplarità. Terminati gli esercizi, Domenico disse al compagno: - Voglio che noi siamo veri amici per le cose dell'anima; perciò desidero che d'ora in avanti siamo l'uno monitore dell'altro in tutto ciò che può contribuire al bene spirituale. Quindi se tu scorgerai in me qualche difetto, dimmelo tosto, affinchè me ne possa emendare; oppure se scorgerai qualche cosa di bene che io possa fare, non mancar di suggerirmelo.

     - Lo farò volentieri per te, sebbene non ne abbisogni; ma tu lo devi fare assai più verso di me, che, come ben sai, per età, studio e scuola mi trovo esposto a maggiori pericoli.

     - Lasciamo i complimenti da parte ed aiutiamoci vicendevolmente a farci del bene per l'anima.

     E mantennero con fedeltà la parola.

 

 

 

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