Secondo giorno dell'ottavario - Disposizione perpetua di preghiere e di una messa quotidiana per i benefattori - La comunione generale e un fervorino del Vescovo di Mondovì, tutte le mattine di questi santi giorni - Pontifica il Vescovo di Casale - Un padre scioglie il suo voto per la guarigione ottenuta di un unico figlio - Guarigione di un male gravissimo agli occhi - Don Bosco dispone che i giovani, dopo il pranzo, abbiano svago con passeggiate o con qualche svariato divertimento - Pontifica ai Vespri il Vescovo di Mondovì: fa la predica il Vescovo di Casale che rivolge una preghiera a Maria SS. chiedendo che interceda le più ricche benedizioni su Don Bosco - Terzo giorno dell'ottavario - Affluenza continua del popolo in sagrestia: tutti vogliono narrare le grazie ottenute da Maria Ausiliatrice - Una guarigione portentosa - Un'accademia in onore di Maria SS.: marcia trionfale, cantata con musica di Devecchi: canzone recitata dal Sac. Giuseppe Elice di Loano: distribuzione dei premii ai giovani distinti per la buona condotta: alcune farse in musica - Il Vescovo di Mondovì pontifica ai vespri: predica Mons. Balma.
del 04 dicembre 2006
Il mercoledì 10 giugno, 2° giorno dell'Ottavario, alle 6 1/2 del mattino gli alunni entrarono nella nuova chiesa, e coi fedeli che numerosi erano accorsi recitarono le solite orazioni e il santo Rosario per tutti i benemeriti oblatori di quel sacro edifizio e dell'Oratorio. La pia pratica, cominciata allora, continua ininterrotta tuttodì per disposizione di Don Bosco medesimo: “ Io - scriveva agli oblatori - serberò di voi incancellabile gratitudine, e finchè vivrò non cesserò mai d'invocare le benedizioni del Cielo sopra di voi, sopra i vostri parenti ed amici. Ciò farò ogni giorno specialmente nel sacrifizio della Santa Messa. Dio vi colmi dei suoi tesori celesti, o gloriosi oblatori, e vi conceda lunghi anni di vita felice; vi conceda il prezioso dono della perseveranza nel bene e vi accolga tutti un giorno nella Beata Eternità. Affinchè poi questi auguri siano accolti dalla misericordia del Signore, fu stabilito un servizio religioso da farsi ogni giorno dell'anno per tutti coloro che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare la Chiesa o lo stabilimento annesso. Questo esercizio consiste in una serie di preghiere, della corona del Rosario della S. Vergine Maria, comunione sacramentale o spirituale, secondo che uno è preparato, celebrazione ed applicazione della Santa Messa. Ciò avrà luogo ogni mattina nella nuova Chiesa con tutti i giovanetti dello stabilimento e con tatti quei fedeli che giudicheranno intervenire a prendervi parte. ”
Quella mattina Mons. Tommaso Ghilardi, Vescovo di Mondovì, giunto la sera prima e accolto con grande festa, pronunziava al pulpito un fervoroso sermoncino in preparazione alla S. Comunione, dimostrando la necessità della frequente Comunione, sia per rendere omaggio alla presenza reale di Gesù Cristo nella S. Eucarestia, sia per tener viva la nostra fede in Gesù Cristo, che è il più saldo sostegno contro i nemici di Dio e della Chiesa e la più soave consolazione nei giorni del dolore.
Quindi celebrò la S. Messa, mentre nel presbitero assisteva il piccolo clero e al suono dell'armonio i cantori eseguivano soavi mottetti di celebri autori. Infra missam si ebbe una
lunga schiera di comunicanti. Don Bosco confessava in sacrestia e varii altri sacerdoti ne' confessionali in chiesa.
Questo fu l'ordine della prima funzione mattutina ogni giorno dell'Ottavario, in cui Mons. Ghilardi tenne sempre il sermoncino. Il numero de' sacerdoti che ne' giorni feriali venne a celebrare fu tale, che dalle 4 alle 11 gli altari laterali erano sempre occupati.
Alle ore 10 pontificò il Vescovo di Casale, assistito dai Canonici della SS. Trinità, rappresentati dai canonici Marchisio, Giustetti, Talucchi, Berteu; e dal direttore del Collegio di Lanzo che suppliva il canonico Zorniotti. I cantori eseguirono la messa di Giovanni De - Vecchi, maestro di musica istrumentale nell'Oratorio. Nell'orchestra i soli violini eccedevano il numero di trenta. La composizione e l'esecuzione di quella messa si poteva chiamare un capo d'opera.
Al mezzo tocco avvenne un fatto che sembra degno di essere raccontato. Portato da una carrozza era giunto tiri uomo di signorile aspetto che dimandò di fare la sua confessione; di poi tutto commosso e con esemplare raccoglimento si accostò alla S. Comunione. Fatto l'opportuno ringraziamento va in sacrestia, fa un'offerta dicendo:
 - Pregate per me e raccontate per tutto il mondo le meraviglie del Signore mercé la intercessione della S. Vergine.
 - Si può sapere chi lei sia e quale cosa l'abbia condotto qui? disse Don Bosco che l'ascoltava.
 - Io, rispose, vengo da Faenza; aveva un bambino, unico oggetto delle mie speranze. Caduto ammalato a quattro anni d'età non gli si dava più speranza di vita e lo piangeva inconsolabilmente come morto. Un amico, per consolarmi, mi suggerì di fare una novena a Maria, Aiuto dei Cristiani, con promessa di fare qualche oblazione per questa chiesa. Promisi tutto e vi aggiunsi ancora di venire personalmente a fare la mia offerta accostandomi qui ai SS. Sacramenti se otteneva la grazia. Dio mi esaudì. Alla metà della novena mio figlio era fuori di pericolo ed ora gode ottima salute. Egli non sarà più mio, ma lo chiamerò per sempre figlio di Maria. Ho viaggiato due giorni: avendo ora compiuta la mia obbligazione riparto consolato e benedirò sempre la Madre delle Misericordie, Maria Ausiliatrice.
In quello stesso momento giunse una madre con una sua figliuola di circa 13 anni.
 - Eccomi, ella prese a dire, sono venuta a fare la mia obbligazione.
 - Chi siete voi? le chiese Don Bosco.
 - Io sono Teresa Gambone, madre di questa fanciulla di nome Rosa.
 - Donde venite?
 - Veniamo da Loggia di Carignano,
 - Per qual motivo siete qua venute e perchè questa vostra figlia dimostra tanta gioia in volto?
 - Ah! non si ricorda più? Questa mia figlia fu condotta qua poco tempo addietro come cieca. Pativa male agli occhi da quattro anni. I medici la giudicavano cieca ed ella stentava a discernere la luce dalle tenebre. Essa si fece dare la benedizione, praticò alcune preghiere da lei suggerite in onore di Maria per un tempo stabilito, cioè da Pasqua all'Ascensione del Signore. Quel giorno la mia Rosa era perfettamente guarita. Ora siamo venute a farne ringraziamento con una tenue offerta. Noi siamo poveri braccianti di campagna e non possiamo fare di più; ma conserveremo, per sempre la memoria di così grande benefizio.
Alle 5 dopo il pranzo gli alunni rientravano nell'Oratorio dopo aver fatta una bella passeggiata. Don Bosco aveva stabilito che tutti que' giorni andassero a passeggio, quando non vi fosse special ragione da trattenerli in casa, per dar loro uno svago, per toglierli di mezzo alla confusione di gente che andava e veniva, e per aver contezza di essi radunandoli sotto gli occhi degli assistenti. E gli uni erano condotti alla collina, gli altri a visitare la città e il magnifico camposanto, questi lungo i viali fuori delle mura, quelli a percorrere le sponde le Po. I più adulti del Collegio di Lanzo chiesero ed ebbero licenza di barcheggiare su quel fiume.
Don Bosco aveva anche disposto che, nei giorni seguenti, nel tempo non impedito dalle sacre funzioni fossero rallegrati con qualche trattenimento accademico, ginnastico, musicale ed anche drammatico.
Alle 6 di sera Mons. Ghilardi pontificò ai vespri cantati in musica, dopo cui il Vescovo di Casale montava in pulpito e cominciava il suo secondo discorso intorno alla necessità dell'insegnamento cattolico nelle scuole. Dimostrò come tale insegnamento deve avere per base la dipendenza dall'infallibile magistero della Chiesa; ed anche questa volta finiva col rivolgere una commovente preghiera a Maria SS.:
“ Umanissimi ascoltatori, preghiamo fervidamente Maria SS. Ausiliatrice, ad onore della quale fu innalzato questo nuovo splendidissimo Tempio, onde ci ottenga dal Signore un tanto beneficio. Sì, o gran Vergine, impetrate le più ricche benedizioni sul Rev. Fondatore della Pia Società dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, il quale diede appunto opera indefessa all'erezione di questo solenne monumento di religione per accrescere decoro e dare maggior vita al suo istituto, tutto rivolto alla cristiana istruzione e santa educazione della cattolica gioventù. Fate, o gloriosissima Madre della Sapienza, che il di Lui esempio sia salutevole lezione e potente eccitamento a tutti i pubblici e privati maestri ed educatori, affinché, ripudiate le false massime del secolo, porgano una istruzione ed una educazione informata dalle verità e dallo spirito di nostra Religion sacrosanta. O Celeste Regina, amorosissima nostra Ausiliatrice, siate larga del vostro soccorso non meno ai maestri che ai discepoli, onde quelli impartendo e questi ricevendo una istruzione ed educazione veramente cattolica formino insieme quaggiù in terra il Tempio vivo dello Spirito Santo. O immacolata Madre di Dio e Madre nostra, proteggeteci tutti, perchè aderendo costantemente alle massime apprese dal cattolico insegnamento, e corrispondendo sempre alle medesime coll'affetto e coll'opera possiamo dopo compiuta la mortale carriera essere ammessi a far parte con Voi della beata e gloriosa Gerusalemme per tutti i secoli dei secoli. Così sia ”.
Grazie senza numero aveva già concesse Maria ai suoi devoti ed agli oblatori per la costruzione della sua chiesa in Valdocco, e in quei giorni non solo effondeva più largamente i suoi tesori inesauribili, ma evidentemente qual madre tenerissima prese in modo più manifesto a glorificare il suo Servo e ad unire il nome di lui al suo; i fedeli intravvidero questo mistero e chiamarono Maria SS. Ausiliatrice la Madonna di Don Bosco.
Entra una paralitica portata sopra un carretto tirato da un asino. Il conduttore avea un bel gridare per avvicinarsi a Don Bosco. La gente non voleva lasciarlo passare; spingeva indietro l'asino, e quasi veniva a pugni col conduttore. L'inferma che da tanto tempo non poteva muoversi, impaziente di quell'indugio e vedendo essere impossibile l'avanzarsi del carro, senza avvedersene salta giù dal carro per farsi avanti, si avvicina a Don Bosco fra la folla, e solo quando è al suo cospetto si avvede di essere guarita. Il suo grido di meraviglia è ripetuto dagli altri. I parenti, piangendo per la commozione, vogliono condurla via:
 - Son guarita! son guarita! continuava essa a ripetere.
 - Lo vediamo, essi rispondevano. Vieni a casa!
 - No, replicava la figlia, prima voglio andare a ringraziar la Madonna. - Ed entrava in chiesa.
Simili scene si rinnovarono non solo nei giorni seguenti ma molte altre volte nel corso della vita del Venerabile.
Giovedì 11 giugno, 3° giorno dell'Ottavario e solennità del Corpus Domini, fin dal buon mattino si manifesta grande intervento di forestieri.
Mons. Vescovo di Mondovì fa la solita funzione del mattino con analogo sermoncino, in cui dimostra la frequente comunione essere sorgente inesauribile di celesti favori. Dopo molte ragioni porta l'esempio di S. Caterina da Siena, la quale, non sapendo né leggere, né scrivere, attinse dal SS. Sacramento una scienza straordinaria sparsa nei quattro grossi volumi delle sue opere.
“ È la Santa Eucarestia, disse fra le altre cose, che illuminò la mente a tanti sacerdoti e infuse nei loro cuori coraggio di affrontare i più gravi pericoli in mezzo al mondo: che fortificò i martiri nei loro tormenti, che rese costanti nel divino servizio tante vergini le quali rinunziando al mondo andarono a chiudersi nei chiostri per consacrarsi totalmente al Signore. ”
La S. Comunione fu assai pi√π numerosa dei giorni antecedenti. Alla sola Comunione Generale parteciparono pi√π di mille devoti.
Quel giorno, a motivo della solenne processione alla Metropolitana, non avendo più luogo alcuna religiosa funzione dalle 9 del mattino alle 6 della sera, Don Bosco ebbe maggiore comodità di parlare con parecchi forestieri che venivano per ringraziare Iddio de' benefizi ricevuti o per supplicare la Santa Vergine che venisse loro in aiuto nelle desolazioni da cui erano travagliati. La sagrestia fu sempre piena zeppa di persone. Narreremo alcuni dei molti fatti che condussero i divoti a quelle solennità.
Alle 10 di quel mattino si presenta in sagrestia Luigi Costamagna, fratello di Don Giacomo.
 - O mio buon amico, gli disse Don Bosco; ebbene?
 - Vengo da Caramagna con mia moglie, per ringraziare la S. Vergine Ausiliatrice di un gran favore a sua intercessione ricevuto.
 - Si può sapere quale sia stato questo favore?
 - Sì che si può sapere e glielo racconto volentieri. Mia moglie era ammalata da lungo tempo, e malgrado ogni cura dell'arte medica ella trovavasi all'estremo della vita. Una sera circa alle 11 di notte pareva dovesse mandare l'ultimo respiro. Non sapendo più né che dire, né che fare, le indirizzai queste parole: “ Fatti coraggio, raccomandiamoci a Maria. Se tu guarisci, andremo poi a fare le nostre divozioni nella nuova chiesa che si sta facendo in Torino, e porteremo qualche offerta ”. L'inferma senza parlare chinò il capo per indicare che approvava la mia proposta. Maraviglia a dirsi! Pochi minuti dopo mia moglie riacquistò la loquela, poi entrò in tale miglioramento, che in pochi giorni si trovò perfettamente guarita. Ora noi siamo venuti a Torino unicamente per compiere la nostra obbligazione, cioè accostarci alla S. Comunione nella nuova chiesa e fare un'offerta compatibile al nostro stato.
 - Potreste darmi per iscritto quello che mi avete raccontato?
 - Ecco lo scritto che teneva preparato. Qui sono esposte le varie particolarità della malattia; se ne serva pure per dare qualunque pubblicità a questo fatto nel modo che lei giudicherà meglio per la gloria di Dio e per onore della Beata Vergine Maria.
Mentre Costamagna parlava a Don Bosco, si presentò al Venerabile un uomo di povera condizione che teneva per mano un ragazzo e senza preamboli gli disse:
 - Io sono venuto da Bra per ringraziare la S. Vergine Ausiliatrice. Un mio figlio avea pressochè perduta la vista, i più valenti medici non sapevano più che cosa suggerirmi; ho fatto la novena con promessa di venire a fare le mie divozioni in questa chiesa, e adesso sono venuto a compiere la mia obbligazione, perciocchè mio figlio guarì perfettamente. Lo guardi come sta bene e come son puliti gli occhi suoi!
Questi venne interrotto da una signora milanese che prese a dire così:
 - Sia lodato Iddio e benedetta la S. Vergine. Mio figlio, da più anni travagliato da un'orribile cancrena ad una mano, è guarito perfettamente. I medici avevano poca speranza di guarigione eziandio coll'amputazione del braccio. Fu da lei benedetto, fu fatta novena a Maria Ausiliatrice ed ora lo osservi. Si vedono le profonde cicatrici che attestano
la gravità del suo male, ma è perfettamente sano. Con me son venute anche altre persone unicamente per attestare la nostra gratitudine alla Beata Vergine Maria.
In questo momento succedette un po' di tafferuglio. Da diverse parti si voleva parlare, e Don Bosco poté solamente raccogliere le asserzioni di alcuni.
 - Io, diceva uno di nome Fea..., vengo da Carignano per tendere grazie per la guarigione inaspettata di mia madre.
Un'altra, di nome Lucia Berruto, lo interruppe dicendo: - Io vengo da Chieri e ho meco la relazione scritta con piccole oblazioni di varie persone che riconoscono da Maria Ausiliatrice la guarigione de' malanni da cui erano miseramente travagliate. Io era affetta da una pericolosa enfiagione ai piedi, e, fatta la novena a Maria Ausiliatrice, ne fui perfettamente guarita.
 - Io pure, soggiunse un'altra giovane, sono venuta da Chieri pel medesimo motivo. Il mio nome è Adelaide e fui liberata da acuto mal di capo e da gastricismo, che mi portò sull'orlo della tomba; vissi quindici giorni a sola acqua. Maria Ausiliatrice è quella che mi ha ottenuto la guarigione.
Mentre succedevano tali cose avvenne un fatto che interruppe ogni altro ragionamento. Un'infelice giovanetta in sui vent'anni veniva là condotta nella speranza di guarire da una paralisia, per cui aveva come morto un braccio colla metà del corpo. Da un fratello e dalla genitrice fu trasportata in una camera vicina, dove, come meglio poté, si mise ginocchioni invocando colla voce e col pianto l'aiuto di Colei che la S. Chiesa proclama Aiuto dei Cristiani. Si fecero parecchie preghiere cogli astanti, Don Bosco le diede la benedizione, quindi si rinnovarono le preghiere. Mentre tutti pieni di fede invocano grazia e misericordia, la paralitica comincia a muovere la mano, di poi il braccio. Ella ne rimase talmente commossa che gridando: - Io sono guarita! - cadde svenuta. La madre e il fratello la sostennero, le fecero animo, le porsero una bibita. La paralitica riacquistò l'uso dei sensi e restò perfettamente guarita dal male che da quattro anni la rendeva immobile. Ognuno può immaginarsi le voci d'ammirazione e di ringraziamento che s'innalzavano da tutte parti.
Senza più nulla dire i parenti della malata andarono in chiesa e dopo alquante preghiere uscirono; la fortunata giovane montò allegramente da sé sulla carrozzella, e co' suoi parenti ripartì.
In quel momento si aumentò la confusione: da tutte parti si dimandava a Don Bosco una speciale benedizione mentre altri gli volevano raccontare cose loro avvenute e fare offerte per grazie ricevute.
Per questo motivo non si poté più prendere memoria di molti fatti, e nemmeno notare il nome delle persone a cui questi si riferivano.
Alle 4 della sera si tenne un'accademia in onore di Maria Ausiliatrice, presenti moltissimi invitati. Il trattenimento si aperse con una marcia trionfale per banda composta dal M° De - Vecchi, sulle parole di un inno intitolato: Rimembranza della vittoria di Lepanto, che eseguirono con entusiasmo gli alunni dei Collegi di Mirabello e Lanzo. Dopo l'inno si lessero e si declamarono parecchie composizioni di opportunità che si conservano negli archivi, degne di essere stampate, e ci rincresce di non poterle riprodurre per non riuscire troppo prolissi. Ci limitiamo a presentare ai lettori la canzone recitata dal Sac. Giuseppe Elice di Loano, famoso improvvisatore.
 
 
A MARIA AUSILIATRICE.
 
I.
 
A Te, Donna del Ciel, che sei potente
Della cristiana gente
Ausiliatrice, e saldo firmamento
Della Chiesa di Dio, questo pregiato
Per disegno e per arte monumento
A Te si vuol sacrato:
Ed oggi, che al divin culto, ai Misteri
Della Fe' si dischiude, infra i devoti
Inneggiamenti, e i sacri canti, e i voti
Della pietà sinceri,
Fra la solenne maestà del rito,
Che dal mitrato almo Pastor compito
Fatto è più augusto e santo,
Oh come caro! oh quanto
Il Nome tuo risuona,
Con qual serto di laudi s'incorona!
 
II.
 
E tal d'animo grato è a Te dovuto,
O Vergine, tributo;
Ché se qui sorge la mirabil mole,
Per cui la tua Torin plaude giuliva,
A Quegli sol che puote ciò che vuole,
E a Te, Maria, s'ascriva;
Tu nell'idea del Figlio onnipotente
Il disegno n'hai scorto, e ne traesti
Copia fedel che poi da un angiol festi
Alto scolpire in mente
Di Lui, che d'onorarte ha sì bran brama,
E riamato t'ama,
Dentro al cui cuor si viva arde la face
Di carità verace,
E cui pur la delira
Turba de' tristi al clero ostile ammira.
 
III.
 
Chiunque ignora il tuo poter,
Maria, Vera chiamò follia
Impresa tal, per cui d'oro e d'argento
Troppo ingente tesor si richiedea;
E v'ebbe pur tra' pii chi un ardimento
Inutil la dicea:
In sì miseri tempi e in tal distretta
Di mezzi e di fortune, in tanto accesa
Guerra contro di Cristo e la sua Chiesa,
Come l'idea concetta
Di sì grand'opra effettuar?
Lo puote Un umil sacerdote?
Che vale avere cuor generoso in seno
Quando il poter vien meno?
Senza un miracol vero
Non fia che arrivi al fatto il gran pensiero.
 
IV.
 
E Tu, cui Dio lo suo poter largiva,
Immacolata Diva,
Il gran prodigio Tu lo festi e il grida
Il credente fedele, ed il profano,
Che sol nell'uomo, e nell'oprar confida
Del senno e della mano.
L'arida selce un dì fu produttrice
Di preziosa limpidissim'onda,
E germinaron fior dall'infeconda
Terra di bronchi altrice.
Or ben rinnova questo Tempio augusto
Il miracol vetusto:
Sorto quasi dal nulla ecco torreggia
Pari a mirabil reggia
E mostra ormai perfetto
Del tuo Servo fedele il gran concetto.
 
V.
 
      Quegli che in Vaticano ha reggia e sede
Maestro della Fede,
Di carità portento e di fortezza,
La sacra e generosa man distese
A benedire, a largheggiare avvezza,
Ché il tuo volere intese.
Già di tua gloria tanto amor lo vinse,
Che a farla pi√π spiccata e radiosa
Della gemma pi√π bella e preziosa
Il serto tuo precinse,
Quando non tócco da veleno immondo
Annunziava al mondo
Il tuo Concepimento, e alto gioia
Allor che tutto udìa
L'universo plaudir pieno di zelo
Al gran decreto, che dettògli il Cielo.
 
VI.
 
Quest'opra dunque al Nome tuo dicata,
O Madre Immacolata,
Ei benedì, promosse: - e fu la fiamma,
Che vasto incendio a caritade apriva.
Cuor generosi, cui lo fuoco infiamma
Di Fede salda e viva,
Anime santamente innamorate
Dell'onor tuo liberalmente apriro
Gli scrigni, ed auro a piena man largiro.
Dagli Angioli notate
n pagine immortali a Te davante
Le oblazioni sante,
Maria, si stanno, e ten compiaci e ai fidi
Tuoi amatori arridi,
E nel materno cuore
N'hai scolpito col nome il vivo amore
 
VII.
 
Né l'obolo mancò del poverello;
Ché nell’umile ostello,
Qual nella Reggia e nel palazzo aurato,
L'annunzio penetrò del pio disegno.
Quindi una nobil gara, un infrenato
Di concorrenza impegno
È parve, che disdor troppo sarìa
Per chi dicesse: Mentre ognun lo volle,
lo la mia pietra non portava, ahi folle,
Al Tempio di Maria!
Miracol d'unità nei sentimenti!
Onde stupir le genti,
E per tutto gridóssi: Eppur non cede
Ancor l'antica Fede,
Ma dell'inferme porte
Le furie irride e ognor si fa pi√π forte.
 
VIII.
 
O Vergine divina, or non è questo
Trionfo manifesto
Del tuo poter, che schiaccia il capo al tristo
Antiquo serpe, e i figli suoi, che in guerra
Disfidano l'Eterno ed il suo Cristo,
Persegue, batte, atterra?
Oh! segui, o Madre, la mission celeste;
Ed il Regno di Dio, che sol del vero
Bene è la fonte, avrà sempre l'impero
Invidiato in queste
Contrade a Te dilette; e qual si plaude
Con inneggiante laude
Oggi al tuo Nome in questo loco santo,
E così fia che il canto
Magnifico solenne
Sacro alla gloria tua duri perenne.
 
 
IX.
 
E Tu dal Ciel sarai propizia ognora
A chi ti cole e onora;
Ché “in Te misericordia, in Te pietate,
“ In Te magnificenza, in Te s'aduna
“ Quantunque in creatura è di bontate,
Né mai sarà digiuna
De' tuoi favori alma qual sia, che segga
All'ombra del tuo manto, e a Te s'affidi,
Insin che accolta negli eterei lidi
Teco, o Maria, si vegga.
Ma versa i doni tuoi pi√π preziosi
In capo ai generosi
Che quest'opera eccelsa han favorito,
E fa' che sia compito
Il santo lor desìo,
Che al vero bene intende, al Cielo, a Dio.
 
X.
 
Il manto protettor su questi oh! Spandi
Prelati venerandi,
Cui tanto zel della tua gloria incende,
E cui s'ascrive se di tanta luce
Questa solennità s'abbella e splende.
Tu contro all'odio truce,
Onde l'episcopal infula abborre
Ed irride beffardo il secol tristo
Al Signore nemico ed al suo Cristo,
Saldi li fa' qual torre
Che mai non crolla per furiar di venti.
I vetusti portenti
Madre, rinnova, e sii Tu pure in questa
Era alla Fede infesta
L'ausilio e la difesa
Del popolo cristiano e della Chiesa.
 
XI.
 
E a Lui, che stima ottiene ed alto amore
Ovunque batte un cuore
Sensibile nel petto, e cui dovuta
È laude somma, se credente e pia
Tanta veggiamo giovent√π cresciuta
In un'età sì ria,
A Lui, che il bel disegno concepiva
Del sacro monumento, e sì diretta
V'ebbe ogni cura sua, che oggi perfetta
mente il gran fin sortiva,
Pietosissima guarda e benedici;
Ampia dei benefici,
Ond'ei Società vantaggia e Fede
Abbia per Te mercede,
E sia di quella un pegno
Che gli prepari nell'eterno Regno.
 
Dopo queste letture, a stimolo di maggiore emulazione, vi fu solenne distribuzione dei premii ai pi√π distinti nella condotta morale fra i giovanetti dell'Oratorio di Torino e del collegi di Lanzo e Mirabello. Chiudevasi il trattenimento con alcune amene rappresentazioni musicali e drammatiche, composte da Don Giacomo Costamagna.
Alle 6 il Vescovo di Mondovì pontificava ai vespri e Mons. Balma, vescovo di Tolemaide, pronunciava un dotto ed interessante e commovente ragionamento su Maria SS. Parlò della grandezza sua, adombrata da moltissime figure dell'antico Testamento e disse com'Ella in tutti i secoli fu sempre presso i cristiani soggetto di conforto e di venerazione. Mons. Ghilardi dava in fine la benedizione col Santissimo.
Versione app: 3.26.4 (097816f)