Capitolo 27

Secondo Capitolo Generale, fondazioni e ricordi delle Figlie di M. A.

Capitolo 27

da Memorie Biografiche

del 07 dicembre 2006

Nel 1880 la Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice e le sue Capitolari scadevano d'uffizio, compiendosi i sei anni assegnati dalle Regole per la durata delle rispettive cariche; onde per procedere all'elezione delle nuove Superiore fu indetto il secondo Capitolo Gene­rale . Diciotto suore avevano diritto al voto, cioè le Madri del Capitolo Superiore e le direttrici delle singole case. Udito dunque Don Bosco, si adunarono. Il 20 agosto nella casa di Nizza Monferrato, fecero gli esercizi e poi vennero all'ele­zione. Per delegazione del Beato vi presiedette Don Cagliero, direttore dell'Istituto, assistito da Don Lemoyne, direttore locale. A pieni voti fu rieletta Superiora Generale Suor Maria Mazzarello, e a maggioranza di voti risultarono elette le seguenti: Suor Caterina Daghero, Vicaria; Suor Giovanna Ferettino, Economa; Suor Emilia Mosca, la Assistente; Suor Enrichetta Sorbone, 2a Assistente.

Perchè l'elezione avesse pieno effetto e le uffiziali scelte potessero entrare in carica, ci voleva il visto del Superiore Maggiore, che lo appose al verbale della seduta il I° settembre, pregando Dio che in tutte infondesse lo spirito di carità e di fervore, affinchè l'umile Congregazione crescesse in numero e si dilatasse in tanti altri paesi, dove le Figlie di Maria Ausiliatrice, salvando se stesse, guadagnassero a Dio molte anime . Madre Mazzarello, bramosa di vedersi esonerata della carica, addusse a Don Bosco parecchi motivi, che egli ascoltò in silenzio; solo quando essa tirò fuori la sopravvenutale sordità all'orecchio sinistro: - Tanto meglio, rispose; così non sentirete parole inutili.

In quest'anno le suore raggiunsero il numero di 167. Chiusa definitivamente la casa di Mornese e posta in vendita, ben otto di nuove ne vennero aperte. In gennaio, quella di Patagónes nell'Argentina, come dicevamo nel capo precedente. In febbraio da Nizza Monferrato partirono le prime tre suore destinate alla Sicilia. Le aveva chiamate a Catania la duchessa Cárcaci, fondatrice di un orfanotrofio, di cui volle affidar loro la direzione . Ve le accompagnò Don Dalmazzo, che da un mese risedeva a Tor de' Specchi come Procuratore Generale dei Salesiani. Sette anni soltanto rimasero colà, dopo i quali dovettero ritirarsi a causa dì estranee ingerenze, che ne inceppavano l'azione; ma le aspettavano in città opere di maggior rilievo.

Tre altre suore, con a capo la Caterina Daghero, si spinsero in aprile verso una direzione opposta, andando a prendere la direzione dell'orfanotrofio di Saint-Cyx. Colà si trovarono in un bell'impiccio. L'abate Vincent, al quale Don Bosco aveva consentito di restare ivi Direttore, accomunò con le Figlie di Maria Ausiliatrice sei suore da lui istituite. Preconcetti di nazionalità minacciarono tosto di guastare per sempre la buona armonia; inoltre il carattere del vecchio abate lo portava a frequenti e clamorosi rimproveri alle nuove venute. Ma non per nulla Don Bosco vi aveva mandato una suor Daghero, la religiosa di finissimo tatto, dotata di rara prudenza e ricca di carità, che era destinata a diventare ben presto la Madre Generale.

Seguendo. l'ordine cronologico, viene in settembre l'asilo di Borgomasino nella diocesi d'Ivrea, con oratorio festivo e appresso anche con le scuole comunali.

Ben quattro case si apersero nel mese di ottobre, tre delle quali nella festa di Santa Teresa: le case di Este e di Penango, dove le suore, mentre accudivano alla cucina e alla biancheria dei locali collegi Salesiani, attendevano all'oratorio festivo femminile, e la casa di Melazzo, nella diocesi di Acqui. In questo paesello il ricco e caritatevole parroco Don Chiabrera commise alle Figlie di Maria Ausiliatrice asilo, laboratorio e orfanotrofio; ma nell'opera buona fu coadiuvato assai dal marchese Scati. Questo nobile Signore sotto Natale, recatosi da Don Bosco per ringraziarlo d'aver mandato a Melazzo le suore, potè riferirgli che le sue Figlie facevano ottimamente, magnificandone soprattutto lo zelo per l'oratorio festivo.

- Le riunioni domenicali, gli osservò Don Bosco , sono cagione di bene immenso, come già le dissi altra volta. Il laboratorio ed anche l'asilo producono vantaggi grandi, ma limitati; le riunioni della domenica hanno un'influenza assai più estesa e impediscono molto male, togliendo le figlie adulte dalle occasioni e dalle lusinghe dei giovani scapestrati, che specialmente nei giorni festivi hanno agio di corteggiarle e di corromperle. Veda, qua alla domenica pochi anni or sono era uno spettacolo orribile; ragazze e giovanotti si assiepavano attorno agli organetti e davano esempio di oggi sconcezza d'atti e di parole. S'incominciarono a levar via tutti i giovani, attirandoli e trattenendoli all'Oratorio; poi vennero anche le figlie, ed ora fanno ressa nella chiesa, si accalcano sulla porta e stanno talvolta ore ed ore alla pioggia per la speranza di udire qualche brano della parola di Dio.

- É questo dovuto, interruppe il Marchese, alla grazia ed all'aiuto divino in modo visibile, poichè umanamente ciò non sembrerebbe altrimenti possibile.

- Sì, all'aiuto di Dio; ma questo non manca, se si lavora davvero e con fiducia. - E qui narrò l'episodio della visita di un Ministro inglese all'Oratorio .

Finalmente nella seconda metà di ottobre vi fu l'apertura del collegio Santa Maria a Bronte, grosso borgo sulle falde dell'Etna, a non molta distanza da Randazzo. Presero le scuole elementari femminili e la direzione dell'ospedale. Non senza meraviglia noi vediamo le Figlie di Maria Ausiliatrice, nate e cresciute in ambienti ristretti e avvezze a una vita casalinga, spiccare il volo per paesi lontani e d'altra lingua, massime allora, che i lunghi viaggi non si facevano nè con la frequenza nè con la facilità dei giorni nostri. Tanto poteva l'ascendente di Don Bosco sulle anime loro da spingerle a qualunque sacrifizio per andar a fare del bene. Don Bosco tuttavia non le avventurava per il mondo da sole: così, a Bronte le fece accompagnare da Don Cagliero, che per Roma, Messina e Catania le condusse fino alla loro residenza.

Arrivarono il 22 dopo otto giorni di viaggio. I Brontesi uscirono in folla a dar loro il saluto augurale. Le autorità religiose e civili avevano preparato un dignitoso ricevimento. La mattina dopo nella chiesa matrice, piena di popolo, Don Cagliero, pregato di dire due parole, mostrò che cosa fosse la suora di carità, che cosa l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e quale il loro programma nella cristiana educazione delle fanciulle. Trattò nei due giorni successivi col Municipio e con la Congregazione di Carità di più cose riguardanti il buon andamento e la stabilità del nuovo convitto femminile, che doveva aprirsi al più presto.

Nel ritorno passò da Randazzo, dove trovò che il collegio Salesiano progrediva rapidamente. Fu di nuovo a Catania, poi a Caltanisetta, a Siracusa, a Noto, ad Acireale, a Messina, accolto dappertutto con vero trasporto da quei zelanti Pastori, impazienti di avere nelle loro diocesi i figli di Don Bosco .

Fra le maestre mandate a Bronte vi era Suor Carolina Sorbone, sorella di Enrichetta ; a lei Don Bosco fece due profezie un paio di mesi prima che partisse per la Sicilia. Due pene la angustiavano: il desiderio di andare in America anzichè in Sicilia e il timore che un suo fratello, fattosi Salesiano, non perseverasse. Quella volta dunque ebbe la fortuna di parlare da sola pressochè un'ora “ con quel caro e dolce Padre”, com'ella si esprime . Don Bosco, dettole di star quieta, perchè egli leggeva nel suo cuore come in un libro aperto, soggiunse: -Per ora dell'America fatene un sacrifizio a Dio e preparatevi ad andare in Sicilia. Colà soffrirete molto e incontrerete molte contrarietà interne ed esterne, ma la benedizione che vi dò, vi renderà forte contro di esse. - Infatti tutto si avverò. La suora confessa che soltanto la forza di quella benedizione potè trattenerla da un eccesso nelle sue lotte spirituali, che le si fecero spaventose. Quanto al fratello Carlo, essa temeva che, avvezzo da nove anni alla vita militare, non perseverasse nella Congregazione Salesiana, di cui era entrato da poco a far parte. Chiese dunque al Servo di Dio se Carlo avrebbe perseverato. - Sì, le disse, state tranquilla che persevererà nella Congregazione Salesiana sino alla fine della sua vita. - Il fratello, reduce da Randazzo, si trovava allora nella casa di Magliano; ma pareva proprio che fosse già sulla soglia per abbandonare la vita religiosa. Se non che poco dopo il suo arrivo colà una grave malattia lo colse, che lo portò alla tomba. In sull'avvicinarsi della sua ultima ora ritornò agli antichi propositi, facendo una morte edificante e da buon figlio della Congregazione.

Nell'archivio della Casa Madre le Suore hanno messo insieme un centone di notizie spicciolate, provenienti da consorelle che conobbero Don Bosco ed ebbero con lui qualche incontro; spigoleremo in quella miscellanea alcune cose che si riferiscono al 1880. Sono motti, sono tratti, sono sguardi nel futuro, che ci richiamano qualche lato caratteristico del Servo di Dio.

Madre Petronilla Mazzarello si trovò presente, mentre il Beato, imbattutosi a Nizza per il corridoio della casa in una suora non abbastanza osservante, le domandò con la sua solita dolcezza paterna come stesse. - Di salute sto bene, rispose la suora, ma di anima... - A cui Don Bosco: - Guardate, disse, la salute del corpo sta nelle mani di Dio, quella dell'anima sta nelle nostre mani.

Suor Vincenza Bessone fu accettata da lui come postulante; nella qual circostanza le pose lievemente la mano sul capo, chiedendole: -Capelli d'oro; e il cuore è anche d'oro? - Poi soggiunse: - Aspetta ancora un anno e verrai. La giovane osservò fedelmente la consegna.

Suor Angiolina Demartini rammenta di aver veduto Don Bosco a Lu nel 1880, quando, bambina di nove anni, frequentava la scuola delle suore. Il Beato entrò nella classe e, passando paternamente la mano sulla testa delle allieve, chiedeva loro il nome; quelle poi, fatte adulte, si ritrovarono per buona parte suore, nè poterono mai deporre il pensiero che ciò fosse effetto della visita e della benedizione del Beato.

Suor Sofia Miotti scrive che una volta essa e alcune consorelle, non avendo ancora mai veduto nè udito Don Bosco, avevano pregato il Direttore di condurle a Torino e che egli mandò a rispondere: - Di' alle suore che non siamo fatti per vederci nè per parlarci in questo mondo, ma per stare sempre insieme lassù in cielo.

  Le suore Teresina Germano e Giacinta Morzoni rife­riscono due di quei fatti che rivelano in Don Bosco l'uomo della carità. Narra la prima un episodio avvenuto a Nizza nell'agosto del 1880. Essendo ancora postulante, si trovò casualmente presso il gruppo delle Madri sotto il porticato che dava all'antico refettorio della comunità. Quella volta la mensa doveva essere benedetta da Don, Bosco, che difatti vi si recò accompagnato da Don Cagliero. Le professe, le novizie e le postulanti erano già dentro. Don Bosco avan­zatosi diede la benedizione, poi girò lo sguardo attorno e sorridendo disse a Don Cagliero: - Sono già in bel numero! Verrà, tempo che le Superiore non si troveranno più fra queste suore di Nizza, ma dovranno essere a Torino, più vicine ai Superiori. - La postulante portò scolpite nella memoria quelle parole, chiedendosi spesso se tal cosa sarebbe mai avvenuta, tanto a lei e a tutte sembrava che fosse remota da ogni possibilità; ora invece quel trasferimento è un fatto compiuto. Dopo il Servo di Dio domandò alla Madre Assistente: - Si può vedere la porzione della vo­stra minestra e pietanza? - L'interrogata fece il possibile per mostrargli qualche piatto meglio guernito; ma egli disse: - Madre, che cosa fate? Queste suore hanno molto lavoro; nutritele bene: fate come noi, che abbiamo due piatti. - La Madre, aiutata dalle altre Madri, voleva far capire che esse si contentavano di meno e che non abbisognavano di tanto come gli uomini, e che lavoro per lavare i piatti ce n'era già d'avanzo... - Oh, per questo, lasciate andare, inter­ruppe Don Bosco. Unite pure, se volete, carne o pesce od altro e verdura nello stesso piatto; ma più abbondante, più abbondante! Avete tanto da lavorare! -

L'altra delle due suore suddette racconta questo aneddoto. Da postulante udiva spesso ripetere che chi non aveva salute, doveva far ritorno alla propria casa. Ora essa, che era di debole complessione e aveva una gran paura che toccasse anche a lei quella triste sorte, desiderava manifestare a Don Bosco il suo timore per chiedergli consiglio. Persuasa che fosse un santo, come tutte dicevano, era sicura che la sua parola sarebbe stata infallibile; quindi nell'agosto del 1880 studiava il modo di avvicinarlo. La naturale timidezza però la ratteneva sempre dal presentarsi a lui, finchè, inteso che egli era sulle mosse per andarsene, afferrò il coraggio con ambe le mani, si diresse verso la casa dove abitavano i sacerdoti e, non avendo mai messo piede colà, fu senza saperlo davanti all'uscio della stanza, dov'egli soleva ricevere. Alcune suore che ivi attendevano, le dissero di tornarsene, perchè Don Bosco aveva fretta di partire. In quella ecco Don Bosco affacciarsi col cappello in testa e la borsa da viaggio in mano; mancava poco all'arrivo del treno che doveva portarlo a Torino. La postulante, appena lo vide, alzatasi sulla punta dei piedi dietro le suore, disse forte: - Padre, io ho una cosa da dirle. - Don Bosco le fece far largo perchè potesse venire avanti; poi con tutta calma si volse, rientrò, la ricevette, si pose a sedere, disse a lei di sedersi e con voce lenta e tranquilla le domandò che cosa desiderava. - Padre, gli rispose, il Signore mi darà la sanità necessaria per rimanere nella Congregazione? - Ed egli: - Il Signore vi darà sanità e santità. - E poichè ella non aveva altro da chiedergli, il Beato si alzò, la salutò e senza scomporsi s'avviò alla stazione. Nel 1919 la suora scriveva: “Son già passati trentanove anni dopo quel felice incontro e sebbene di complessione gracilissima, ho sempre potuto fare la mia scuola; eppure mi si pronosticavano due anni di vita o poco più. Quanto alla seconda parte della predizione, è un altro par di maniche ”.

Suor Orsolina Rinaldi non sapeva decidersi a entrare tra le Figlie di Maria Ausiliatrice. Aveva al piede destro un male ribelle ad ogni cura. Come avrebbe potuto fare la vita di attività e di moto che vedeva menarsi dalle suore? Consigliata d'interpellare Don Bosco, si recò una mattina nella chiesa di Maria Ausiliatrice ed entrata in sacrestia, lo vide che confessava dei giovani. Attese che terminasse; poi, avvicinatasi, gli espose il suo desiderio e i suoi timori. Egli la guardò e disse che ella aveva bisogno di maggior energia e di volontà più risoluta; il suo malanno essere cosa da nulla, andar egli in cerca di buone suore da mandare lontano lontano. Quindi fattala inginocchiare, disse con lei l'Ave Maria e le diede la benedizione di Maria Ausiliatrice. Infine le ingiunse di presentarsi a Madre Mazzarello e dirle a nome suo che l'accettasse fra le postulanti. Fu accettata nel novembre del 1880 nè ebbe mai più a risentirsi del piede, nonostante lunghe camminate e gravi fatiche.

Anche a Suor Giacinta Laureri toccò da novizia alcun che di simile per un mal d'occhi che le tolse di botto il vedere quasi alla vigilia della professione. Venuto Don Bosco a Nizza nel giugno del 1880, Madre Mazzarello le disse di andare da lui a chiedergli la benedizione ed a pregarlo che la guarisse, per poter fare i voti. Obbedì la novizia. Il Beato, come se non avesse capito, le domandò con accento di sorpresa: - Oh! quando la Madonna vi vorrà in Paradiso, non vorrete andarci?

- Oh sì, Padre, rispose ella, in Paradiso ci voglio andare; ma il mio timore adesso è che mi mandino via dalla Congregazione per causa di questo mal d'occhi... Sarei disgraziata per tutta la vita!

- No, no, state tranquilla, ripigliò Don Bosco. É la Madonna che vi ha chiamata qui; essa vi vuole qui; la Madonna vuole che facciate tanto bene qui e che vi facciate santa... Ora vi dò la benedizione di Maria Ausiliatrice; domani pregherò per voi nella santa Messa; prendete questa medaglia di Maria Ausiliatrice, fate una novena alla Madonna e state tranquilla. Andate a domandare la professione, domandatela adesso, domandatela sempre.

Pregò molto; finalmente. un bel giorno si sentì guarita, con la sua vista chiara e limpida come se mai non avesse avuto alcun male; tant'è che negli esercizi fu ammessa senza difficoltà alla professione religiosa.

Suor Luigia Boccalatte ricorda due predizioni ben poco allegre, fatte da Don Bosco in quella sua andata a Nizza per gli esercizi delle Signore. Al suo arrivo gli si era fatta una festicciuola con canti e suoni. Finito il trattenimento, le cantanti scesero dalla pedana per andargli a baciare la mano. Egli le guardò bonariamente e disse: - Preparatevi a cantare meglio in Paradiso. Quattro di voi vi andran quest'anno. Morirono infatti le suore Luigina Arecco, Maria Mazzarello, Clotilde Turco, Tersilla Ginepro, che erano là presenti e che, a detta anche delle Madri, furono rimirato con occhio speciale dal Servo di Dio, mentre gli baciavano la mano. Sul tardi poi alle Signore esercitande ripetè: -Anche quattro di voi dovranno presentarsi al tribunale di Dio. -Costernate a tali parole, le Signore non volevano andar a dormire; onde la Madre Assistente si recò da Don Bosco e gli disse: - Per carità, Padre, non dica più di queste cose, perchè noi non riusciamo più a quietarle! - E Don Bosco: - Io debbo fare la, volontà di Dio. Se il Signore mi manda di queste ispirazioni, io sono obbligato di parlarne.

É di quest'anno l'epilogo d'un fatto dello stesso genere che i precedenti, ma pervenutoci da altra. fonte. Suor Celestina Torretta era andata a chiedere la benedizione di Don Bosco prima di partire per Nizza come postulante. Don Bosco le aveva detto: - Andate pure, chè da questo giorno la vostra famiglia sarà benedetta in modo speciale. Avete ancora sorelle?

- Ne ho due.

- Ebbene verrà anche la più giovane con voi.

La pi√π giovane si chiamava Felicina. La Celestina non le disse nulla, per vedere se la profezia si avverasse.

Intanto la mamma cadde ammalata. Soffriva da due anni, quando la figlia Felicina le suggerì di venire con lei a Torino per ricevere la benedizione di Don Bosco. La povera donna non aveva requie nè giorno nè notte, non poteva sentir parlare, non voleva gente in camera, fuori dopo alcuni minuti s'infastidiva; spesso la pigliavano svenimenti: nessun'altra persona ella sopportava presso di sè all'infuori della figlia Felicina.

Il 24 maggio del 1878 questa, che aveva 16 anni, accompagnata la madre all'Oratorio (venivano da Buttigliera d'Asti e avevano pernottato a Chieri, perchè l'inferma non avrebbe resistito a fare di seguito tutto il viaggio), la lasciò in porteria, salì nell'anticamera di Don Bosco che trovò stipata di persone, e pregò della carità di concedere la precedenza a sua madre. Tutti acconsentirono. La madre salì e fu introdotta. Don Bosco le domandò donde venisse, le chiese il nome, la interrogò della famiglia e della figlia suora. Qui la madre gli parlò della pena da lei provata a quella partenza della sua primogenita e del proprio rincrescimento di vederla così suora in mezzo al mondo, mentre essa l'avrebbe preferita in clausura, perchè l'aveva sempre conservata gelosamente lontana da ogni pericolo. Don Bosco sorrise, ma non diceva nulla.

Allora la madre gli chiese se potesse sperare la grazia della guarigione. Il Beato per tre volte guardò in silenzio prima la madre e poi la figlia. Costei, che conosceva la santità di Don Bosco, temette che egli le vedesse nell'anima qualche cosa fuori di posto, com'ella si esprimeva narrando il fatto, e si nascose dietro le spalle della genitrice. Don Bosco disse quindi alla madre: - Ecco, voi guarirete, quando lascerete che quest'altra vostra figlia vada a farsi suora. All'udir ciò, due lacrime le caddero dagli occhi, ma non rispose nulla.

Nel medesimo istante Don Bosco, voltosi a Felicina, disse: - P, vero? sei contenta? - La giovane, che fin da bambina sentiva quella propensione, ma non l'aveva mai palesata a nessuno, tanto meno alla madre, perchè sapeva quanto avesse sofferto alla partenza dell'altra, udite quelle parole e convinta che Don Bosco le avesse letto nel cuore, standosene là dietro, dov'era, giunse le mani in silenzio e alzò gli occhi al cielo. Il Beato vide e capì. Poco dopo benedisse la madre e le ripetè: - Voi guarirete, quando lascerete che anche quest'altra vada a farsi suora.

Passarono ancora due anni. La povera donna andava di male in peggio; eppure nemmeno in casa non parlava mai di questa visita a Don Bosco. Finalmente la Felicina, piena di fede nelle parole del Beato e facendosi violenza da morirne, una sera le disse: - Ti ricordi delle parole di Don Bosco che saresti guarita, quando io fossi andata a farmi suora? Dunque io domattina parto, e Maria Ausiliatrice ti guarirà. - Disse così perchè aveva scritto e s'era intesa con la Madre Generale.

Difatti partì. Tre giorni dopo la madre cominciò a star meglio, finchè guarì del tutto. Don Lemoyne, che raccolse dalla suora stessa e consegnò nelle sue note il racconto, scrisse: “Vive ancora nel 1907 e ha 78 anni ”. Solamente quando vide sua sorella a Nizza, la Celestina le svelò la profezia fattale da Don Bosco quattro anni avanti.

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