Capitolo 28

La Commissione dei soccorsi per i danneggiati dal colera in Ancona - Relazione del Segretario - Arrivo dei primi orfani Anconitani nell'Oratorio - Nuovo accordo di Don Bosco colla Commissione - Relazione ed elogi a D. Bosco del Presidente Marinelli - D. Bosco non accetta di sottomettere il suo sistema educativo alla sorveglianza del Comitato - Pratiche presso alcuni Vescovi per l'esenzione di varii suoi chierici dal servizio militare.

Capitolo 28

da Memorie Biografiche

del 06 dicembre 2006

 E gli orfani d'Ancona? Dal giorno che l'offerta generosa di Don Bosco era stata accettata con viva gratitudine dalla Commissione di soccorso pei danneggiati dal colera erano passati più mesi. In questo tempo il Servo di Dio, commosso per la sorte di altri giovanetti rimasti orfani e a lui raccomandati da varii luoghi, li aveva accolti nel suo ospizio, aggravandosi di nuovi e considerevoli spese; e tuttavia non aveva mancato di mandare ad Ancona una sua generosa oblazione, mentre con slancio di carità affluivano i soccorsi da molte parti d'Italia e varii istituti offrivano ricovero ai fanciulli derelitti di quella città.

Nei Rendiconti della Commissione di soccorso poi danneggiati dal colera del 1865 in Ancona (stampati dallo Stabilimento Giuseppe Civelli, piazza Cavour, casa Temi, 1869, Ancona) si legge:

Relazione letto dal Segretario Cav. Avv. Bernardo Ferrari nell'adunanza del 26 dicembre 1865.

- L'ultima proposta da voi approvata nella tornata delli 23 agosto era così concepita: “ La Commissione delibera che sia accolta in massima generale l'idea di aprire, potendo, per gli orfani che non trovino ricovero in altri pubblici istituti italiani uno stabilimento di ricovero e di educazione avvalendosi all'uopo delle risorse private e pubbliche, quante volte per queste le rappresentanze, che ne hanno diritto, non si rifiutino alle condizioni che si possono esigere.

- Al generoso appello, cui precorsero il sacerdote Bosco e la Benemerita Pergola, hanno risposto 57 stabilimenti di beneficenza. I posti concessi sommano a 48 per maschi, non compresi i posti del Bosco, e a 45 per femmine: in totale 93.

 

Intanto a D. Bosco giungeva il seguente avviso:

 

Ancona, 13 gennaio 1866.

 

Conformemente alle prese intelligenze, mi pregio d'inviare alla S. V. i tre orfanelli Berluti Gustavo e fratelli Spazzacampagna Adolfo ed Augusto perchè siano ricoverati nell'Istituto da Lei diretto.

Il sig. Conte Giorgio Pichi che si è gentilmente incaricato di accompagnarli costà, avrà l'onore di consegnare alla S. V. Ill.ma i documenti relativi ai detti orfani, e di rinnovarle ad un tempo i ringraziamenti del Comitato per la generosa offerta fatta a favore dei fanciulli Anconitani resi orfani per causa del colera; per la quale ho lusinga di potere in seguito inviarne altri, allorquando la S. V. avrà la gentilezza di indicarmi che vi siano posti disponibili.

Aggradisca gli atti della pi√π distinta stima.

Il Presidente

C. MARINELLI.

 

Le intelligenze prese avevano modificate le prime esibizioni di D. Bosco. La Commissione di Ancona aveva ricevuto somme abbondanti dalla pubblica carità che sembrava ragionevole dovessero essere devolute anche a vantaggio degli orfani che avrebbe mandati a Torino. Anzi era stato fatto osservare a D. Bosco che altri istituti di beneficenza ne avevano già ricevuto sussidii; quindi egli non potè a meno di far constare che l'Oratorio, non avendo redditi, viveva di questue, confidando nella Divina Provvidenza. Il Venerabile fu sempre pronto a ricoverare gratuitamente giovani poveri, orfani o derelitti; ma se a loro vantaggio vi erano fondi stanziati dai Municipii, o somme raccolte da pubbliche collette o legati di opere pie, per alto sentimento di prudenza e di giustizia non trascurava mai di farne domanda.

La Commissione fece buon viso alle sue ragioni e venne con lui ad un accordo, come si legge nel citato opuscolo “Rendiconti” ecc. stampato dal Civelli.

 

Relazione letta dal Presidente Cav. Avv. Clemente Marinelli nell'adunanza della Commissione tenuta il 25 marzo 1866.

E da ultimo un progetto relativo a questa interessantissima classe di sventurati ci venne da un caritatevole Ecclesiastico, il Bosco di Torino, su cui dobbiamo richiamare tutta la nostra attenzione. Questi, che calcolando più sul cuore che sulle forze avevaci da principio offerto nel suo stabilimento trenta posti gratuiti, non potè darne in realtà che cinque. Nè ciò punto scema in noi il debito di gratitudine, avvegnachè se in uno slancio di carità egli non misurò troppo esattamente la corrispondenza dei mezzi, fu sempre ottima l'intenzione; avemmo pur da lui soccorso non tenue; e da lui sopratutto uscì il primo esempio, cui poscia con santa gara emularono i reggitori di tanti e tanti altri Istituti. Or egli ci propone questo partito. Riceverebbe degli orfani di età non minore di 12 anni, non maggiore di 17 anni. Li manterrebbe per tre in quattro anni; farebbe loro apprendere un mestiere i cui proventi (quando nell'apprenderli abbian fatto qualche progresso) messi a moltiplico andrebbero a loro beneficio nell'uscir dal Convitto. Chiede in corrispettivo L. 600 per ciascuno orfano. La capacità del luogo ci fa opinare che la proposta sarebbe attuabile per dieci fanciulli.

Il progetto dal lato finanziario ci si presenta a prima giunta accettabile, fatta ragione del rapporto fra la somma richiesta, il numero dei fanciulli da mantenersi ed educarsi, e la serie d'anni per cui il proponente s'impegna.

L'Istituto per le informazioni, che con tutta l'accuratezza abbiamo procacciate, son tali che presentano ogni opportuna garanzia di salubrità, di moralità, d'opportunità di metodi; talchè non esitiamo a raccomandare alla Commissione la accettazione della proposta, con questo però che il Comitato debba curare le cautele opportune perchè ove l'Istituto fosse mai per cessare innanzi che l'assunto impegno fosse esaurito, abbia a riversarsi della somma sborsata una quota proporzionale alla parte d'obblighi che rimanesse incompiuta.

D'altronde questa combinazione coll'istituto Bosco ci porgerebbe il destro di soccorrere certe creature, che sebben forse più che altre tapine non riuniscono in sè quelle condizioni, che l'inflessibile rigidità delle discipline di altri stabilimenti richiede per l'ammissione, ed alle quali invece in quelli più sciolti da certi vincoli non si guarderebbe così pel sottile.

Citiamo ad esempio la condizione universalmente richiesta dei non avere vivente il padre, sebbene non siano mancati stabilimenti, che per favore speciale ai nostri orfani ne declinarono; mentre avviene assai spesso che i fanciulli pi√π teneri orbati della loro madre poco o niun sussidio vuoi morale vuoi materiale ritraggono dal padre non di rado impotente, talora mal volonteroso.

D. Bosco aveva adunque promesso e si obbligava in corrispettivo alla somma citata di tenere, alimentare, vestire, istruire ed educare gli orfani avviandoli a qualche arte e mestiere, ed anche agli studii, secondo le regole e gli usi dell'Istituto, per un tempo non minore di tre anni.

I giovanetti già accettati erano stati ammessi allo studio, e n'erano contenti, mentre si occupavano con impegno dei loro doveri. Ma la Commissione di Ancona prima di mandarne altri, aveva creduto doveroso il sottoporre l'Oratorio alla sorveglianza di un Comitato che tutelasse il benessere de' suoi raccomandati.

 

N. 322.

Ancona, 7 aprile 1866.

 

La Commissione di soccorso nella sua adunanza generale del 25 p. p. marzo, dietro proposta del Comitato, approvava il progetto dalla S. V. Ill.ma presentato di ricevere nel suo Istituto 10 orfani per 3 in 4 anni

incaricandosi, dietro lo sborso per parte nostra della somma di L. 6000 (seimila), di mantenerli ed educarli, con che però la S. V. Ill.ma sottometta il suo sistema educativo ed igienico a quella sorveglianza che il Comitato, o chi gli succederà, crederà opportuna, e poste le necessarie garanzie per la restituzione di una proporzionale parte di detta somma nel caso eventuale che tutti o alcuni degli orfani succitati non potessero essere sino alla prescritta età mantenuti nello stabilimento.

Nel comunicarle tale deliberazione, affine di cominciare a darle corso, prego la S. V. a volermi notificare quali garanzie intenda offrire nel caso anzidetto.

Accolga i miei profondi ossequi.

Il Presidente

C. MARINELLI.

 

 

 

Il Venerabile, che non volle mai accettare intromissioni esterne nel regime della Casa, faceva rispondere:

 

Torino, 9 aprite 1866.

 

Chiarissimo Signore,

 

Ricevo dal sig. D. Bosco l'onorevole incarico di rispondere alla pregiatissima sua delli 7 corrente. D. Bosco non è alieno dall'accettare le proposte fattegli; mi lascia solo di farle notare qualche cosa. Ed in primo luogo secondo il nostro sistema educativo abbiamo un unico amministratore e perciò non si potrebbe in questo stabilimento ammettere una sorveglianza esterna. Inoltre siccome lo stabilimento sussiste di pura beneficenza, così non vi può essere un'amministrazione costante ed invariabile; ma il Superiore deve fare variamente a seconda delle circostanze, come vede tornare più utile ai ricoverati medesimi.

La sorveglianza che potrebbesi ammettere sarebbe quella che si limitasse a prendere notizie di moralità, d'igiene, di profitto nello studio o nel lavoro, ecc.

Le fo' osservare in secondo luogo che D. Bosco accettò già molti giovani inviatigli dal Governo, dal Municipio, dalle Società ferroviarie: anzi quando infieriva il colèra nei nostri paesi ne accettò circa una quarantina mandatigli appunto dal Municipio: in conseguenza trovossi e trovasi tutt'ora responsale di somme assai maggiori di lire 6000 che sarebbergli proposte da cotesta onorevole Commissione; ma non gli si chiese mai dal Governo, nè da altri alcuna garanzia; ed anche in questo non vorrebbe cambiar sistema. D'altronde ha qui ed altrove fabbricati di sua proprietà che ponno certamente servire di garanzia per L. 6000 ed anche di più.

Ciò posto, se queste due condizioni sono ommesse, o almeno interpretate nel senso sopra esposto, potrassi tosto venire alle altre intelligenze che rimangono a prendersi rispetto ai giovanetti dalla loro carità raccomandati.

Lieto della favorevole occasione me ne valgo per esprimere anche per D. Bosco i sensi della pi√π alta stima verso della S. V. e tutta la benemerita Commissione, augurare dal Signore a tutti le pi√π elette benedizioni e godere l'onore di professarmi, ecc., ecc.

D. RUA MICHELE.

 

 

La Commissione non insistè sulla deliberazione e il 16 maggio chiedeva al Servo di Dio di collocare nel suo pio Istituto altri otto giovanetti preparati alla partenza.

In questo tempo Don Bosco era in pena, perchè aveva tre chierici che dovevano entrare in servizio nell'esercito e, mentre si andavano già ripetendo voci di guerra, non trovava modo di farli richiamare da qualche Vescovo, secondo il disposto della legge. Ne aveva interessato i loro Ordinari, ma le tre Curie gli avevano risposto aver esse già presentato al Governo la loro lista completa di que' pochi che potevano mandar esenti. Si ripeterono allora le stesse pratiche presso altri Ordinari; e per uno dei chierici, D. Michele Rua scriveva a nome di D. Bosco a Mons. Losanna, Vescovo di Biella.

 

Reverendissimo Monsignore,

 

Fra i giovani che dopo aver compiuto il corso ginnasiale indossarono qui l'abito chiericale, annoverasi certo Bernocco Secondo da Cherasco. Essendo affatto privo di mezzi di fortuna percorse le classi di latinità in questa casa di beneficenza ed anche da chierico vi continua i suoi studi per lo stesso motivo.

Ora è per cadere sotto la leva del 1846 che nel corso di quest'anno sarà pubblicata. Già abbiamo fatto domanda al Rev. Vicario Capitolare affinchè lo volesse richiamare dalla leva, ma non fu più possibile.

Pertanto il sottoscritto si rivolge alla S. V. facendole rispettosa preghiera affinchè lo voglia inscrivere sulla nota dei giovani di codesta diocesi che sono da richiamarsi dalla leva militare, se pure sulla detta nota avvi ancora un po' di margine. Che se anche a Lei non fosse più possibile di richiamarlo, La pregherebbe a farglielo notificare per tempo a fine di potersi ancora rivolgere ad altra diocesi per ottenere il prefato favore.

Per sua norma, questo chierico ha già compiuto il corso di latinità ed ora percorre il primo anno di filosofia. I suoi esami furono soddisfacenti assai, e per moralità ed ingegno è degno di speciale raccomandazione. Pel che si spera che sia per fare buona riuscita nello stato ecclesiastico, cui unicamente aspira.

Si degni di dare benigno compatimento al disturbo che le cagiono e gradisca che le auguri ogni bene dal Cielo, mentre colla pi√π alta stima ho l'onore di professarmi

Di V. S. Ill.ma

Torino, aprile 1866,

Obbl.mo Servitore

per D. Bosco, Sac. RUA MICHELE, Prefetto.

 

 

 

Ma anche il Vescovo di Biella doveva trovarsi nell'impossibilità di esaudire la preghiera di D. Bosco, nè esito più felice dovettero avere le suppliche rivolte ad altri Prelati, poichè il Servo di Dio, dopo un mese, era ancora nelle medesime pratiche. Egli stesso scriveva a Mons. Giacomo Filippo Gentile, Vescovo di Novara.

 

Eccellenza Reverendissima,

 

Da più mesi ambiva il giorno di poter fare una visita a V.E. Rev.ma per riverirla e parlarle di alcuni affari, ma un complesso di cose, minute ma continue, me lo hanno impedito. Ora le fo' umile dimanda per tentare il richiamo di tre chierici dal servizio militare per cui già mi era raccomandato al Sig. Vicario Garga affinchè perorasse presso di V. E.. Io la prego del benefizio qualora abbia ancora margine per richiamare.

In caso affermativo io le farei prontamente pervenire:

1° Remissorie dal proprio Vescovo, con data anteriore all'estrazione del numero di sorte.

2° Fede di nascita, di moralità e data della vestizione.

3° Che fanno i loro studii in questa Casa, e perchè prestano aiuto ai poveri giovanetti della Casa e degli Oratorii festivi, e perchè mancano totalmente di mezzi per fare altrove i loro studii.

Con queste tre dichiarazioni fu sempre soddisfatto il Governo, nè mai ci fece alcuna difficoltà.

Ogni cosa però alla nota di Lei saviezza.

La nostra chiesa, Eccellenza, va avanti; e la cupola si va elevando giorno per giorno. Dia la santa sua benedizione a chi lavora e a chi in qualche modo vi coopera.

Noi ci raccomandiamo tutti alla carità delle sue preghiere, ed augurandole dal Cielo sanità e lunghi anni di vita felice, colla più sentita gratitudine ho l'alto onore di potermi professare,

Di V. E. Rev.ma.

Torino, 24 maggio 1866,

Obbl.mo Servitore,

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

La risposta appagò i suoi voti, sicchè il 29 maggio potè scrivere ai Vicarii di Brugnato, di Alba e a D. Jorio, cappellano del Vescovo di Biella, per avere le remissorie dei tre chierici.

 

 

 

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