Capitolo 32

Progetto di Don Bosco di poter ottenere dal Governo Italiano la Chiesa del Santo Sudario in Roma, e le abitazioni annesse - Fini di Don Bosco - Qual fosse la sua politica - Notizie storiche della chiesa del SS. - Sudario Costanza di Don Bosco nel chiedere l'approvazione della Pia Società - Commendatizia di Mons. Galletti - I Vescovi che hanno mandate le commendatizie - Don Bosco supplica i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Torino radunati in conferenza, perchè lo aiutino col loro voto favorevole ad ottenere l'approvazione definitiva della Pia Società - Il Vescovo d'Ivrea non risponde - Mons. Riccardi si dichiara contrario alla domanda.

Capitolo 32

da Memorie Biografiche

del 07 dicembre 2006

 Il Venerabile stava a cuore la classe della povera gioventù romana. Svanita la speranza di avere una sede a Vigna Pia, incominciava a meditare un ardito disegno per raggiungere in altro modo il suo scopo: però, subordinandolo a qualche nuova proposta che avrebbe potuto fargli il Sommo Pontefice, si proponeva di procedere senza premura e con maturità di consiglio.

Nel 1867 egli aveva visitata la Chiesa del S. Sudario, nella quale fin dal 1597 era stata fondata da alcuni pii sudditi degli Stati Sardi, coll'approvazione della Santa Sede, una confraternita che aveva per fine principale l'educazione morale della gioventù di quel rione. Sul principio del secolo XIX la confraternita aveva cessato dal possesso e dall'amministrazione della Chiesa e dall'adempimento degli oneri annessi. Questi diritti però e questi doveri, dopo una serie di anni (1831) erano stati affidati alla Legazione Sarda residente in Roma, poichè i Re Sabaudi avevano avuto sempre quella confraternita sotto la loro speciale protezione. Nel 1868 il tempio era chiuso, perchè bisognava metter mano ad urgenti ristauri.

Don Bosco aveva disegnato di potere avere un casamento annesso a quella chiesa, che facilmente si sarebbe potuto addattare ad ospizio di carità pei giovanetti. Il suo piano era questo: Proporre al Governo di cedergli l'uso e l'amministrazione della Chiesa e della casa, offrendogli la propria cooperazione in danaro per condurre rapidamente a termine i progettati ristauri della chiesa, perchè al più presto si potesse riaprire al culto.

Altro motivo aveva forse Don Bosco nell'affrettare una casa salesiana in Roma. Egli prevedeva inevitabile l'entrata delle truppe italiane in quella città e voleva prendere stanza co' suoi presso la chiesa del SS. Sudario prima di questo avvenimento, perché, mentre nessuno avrebbe trovato allora meritevole di critica la sua posizione in faccia alla Santa Sede, poi anche il nuovo Governo sarebbe stato naturalmente portato a far rispettare coloro che avrebbe riconosciuto come suoi sudditi per doppia causa, coi quali aveva stretto regolare contratto, e perciò non avrebbe mancato di proteggerli e difenderli dai partiti estremi: e una legge d'incameramento non li avrebbe colpiti.

Questa è una nostra supposizione, ma è una realtà che Don Bosco col suo ingegno e colla sua perspicacia studiava tutti gli aspetti di un disegno e ne prevedeva tutte le difficoltà e le conseguenze. Infatti quale era il fine che il Venerabile voleva raggiungere?

Ecco il suo programma, che egli diceva e raccomandava a tutti di far conoscere: “ Far del bene a quanti si può e del male a nessuno. Mi si lasci fare del bene ai ragazzi poveri ed abbandonati, affinchè non vadano a finire in un ergastolo. Ecco la sola mia politica. Io rispetto tutte le autorità costituite come cittadino, e come cattolico e come prete dipendo dal Sommo Pontefice. ”

E questa politica, che altro non era fuorchè la prudenza del serpente unita alla semplicità della colomba, è quella che lo rese così glorioso in faccia a Dio e in faccia agli uomini.

Egli, adunque, scriveva di detto disegno ad un suo grande amico, il cavaliere Carlo Canton, Direttore e Capo di Sezione di seconda classe al Ministero degli affari esteri, a Firenze; e questi gli rispondeva, approvando, incoraggiando, e assicurandolo che lo avrebbe avvertito del momento opportuno per incominciare quella pratica.

Don Bosco intanto faceva copiare negli archivii di Stato un lungo documento, che serve a dar luce alle trattative che durarono vari anni e che egli presentò al Ministero dell'interno con le altre carte relative all'affare. Era un dispaccio della R. Legazione degli Stati Sardi presso la S. Sede in data 10 aprile 1851, contenente lunghi cenni storici sulla Chiesa del Santo Sudario. Questa ebbe origine da una confraternita omonima, composta di antichi sudditi dei Duchi di Savoia, Piemontesi, Nizzardi e Savoiardi, sul cadere del secolo XVI.

Questo disegno non distoglieva il Venerabile dallo spingerne avanti altri urgentissimi e primieramente quello dell'approvazione della Pia Società. Non si era smarrito di animo alla ripulsa della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, anzi era sempre in attesa di rinnovare la sua domanda. Aveva chiesta qualche altra commendatizia, e ne aveva fatte copiare alcune per consegnare a Roma gli originali. Di queste, l'ultima che aveva ricevuto, era quella di Mons. Galletti.

 

 

 

EUGENIUS GALLETTI, DEI ET APOSTOLICAE SEDIS GRATIA, Episcopus ALBENSIS ET COMES.

 

Si semper animus gaudet quotiescumque revelanda et commendanda sunt quae ad maiorem Dei gloriam conferunt: eo magis cum de iis quae vidimus et audivimus verba sunt facienda, sicuti nunc nobis contingit de Societate a Sancto Francisco Salesio dieta.

Haec itaque Societas initium duxit Augustae Taurinorum in Asceterio Salesiano, cuius pars saepe saepius et nos fuimus. Ex hoc Asceterio, tamquam rivuli a fonte, tria alia in eadem urbe asceteria emanarunt. Hic iuvenes pauperiores et derelictores qui diebus festis et profestis per vicos et plateas plerumque vagantur, aliquando centenos, aliquando millenos colligere assuetum est. Ibi Cathechesi, sacris canticis, verbi Dei praedicatione, sacramentorum administratione, ibi parvis munusculis, refectiunculis, aliisque diversis oblectationibus a malis semitis amoti, per viam salutis incedere coeperunt. Inde necessitas prodiit ut viri Ecclesiastici et laici in unum collecti, junctis simul conatibus, tot variisque officiis operam darent: qui unice Dei gloriam et animarum lucrum quaerentes ad.um Rev.um Sacerdotem Ioannem Bosco veluti superiorem ac Patrem prosecuti, Salesianae Societatis fundamenta iecerunt. Hanc vero Congregationem benigno animo prospiciens Ex.mus Archiepiscopus Taurinensis felicis recordationis, Aloysius ex March.us Fransoni, dum eiusdem dux et consiliarius semper extitit, merito et laudabiliter illi praeposuit Rectorem primarium nuper nominatum Sacerdotem, quemadmodum patet ex decreto, quod prae oculis habemus sub die 31 martii 1852.

Interea sensim sine sensu adapertae sunt hac pietatis domus Taurini, Lancei, Mirabelli, in quibus circiter ducenti supra mille iuvenes, gratis aut permodica excipiuntur mercede, atque ad artes vulgares vel ad scientiam instruuntur. Ex his non pauci (testes sunt Dioecaesani nostri plures) singulis annis in albo Clericorum apud proprios loci Episcopos inscribuntur. Nobis itaque multis abhinc annis Congregatio Salesiana nota est sive ob uberes fructus quos refert in recolendis iuvenibus pauperioribus, sive ob verbi Dei praedicationem, sive ob multitudinem librorum ad catholicam religionem spectantium, qui vario modo et tempore exarantur, typis mandantur et evulgantur. Quapropter magno gaudio adfecti fuimus quum Supremus Catholicae Ecclesiae Antistes D. N. Pius Papa IX, quem Deus tamquam solem lucentem in tenebris diutissime sospitem servet, Decreto Sacrae Congregationis Episcoporum et Regularium, Salesianam Societatem laudare et commendare dignatus est, ad instar Congregationis votorum simplicium. Imo, eadem Sanctitas Sua, eodemque Decreto, attentis peculiaribus temporum et locorum circumstantiis, ipsam Societatem solidabat, dum supralaudatum Sacerdotem dignissimum, Ioannem Bosco, Superiorem Generalem ad vitam elegit, vocavitque; licet statutum Sit eius successorum, duodecim tantum annos in officio suo Permanere.

Quae cum ita Sint, aequo ac grato animo Societatem hanc prosequentes, quantum in Nobis est, humillime laudamus, commendamus: atque enixis precibus deprecamur ut definitivam adprobationem consequatur.

Duplici praesertim ratione hoc votum libentissime vovimus: tum quia Societas eiusmodi constituta est, ut neque statuta, neque Socii aut eorum substantiae legibus civilibus exceptionalibus numquam subiaceant: tum etiam quia per definitivam adprobationem, cum pro visum fuerit eius immobilitati ac constantiae, et spiritus et disciplinae unitas secundum constitutiones in praesenti et in futuro sub infallibili tutamento conservabuntur.

Spiritus autem Dei, qui ubi vult spirat, nunc et semper loquatur in corde sanctissimi et recolendissimi Supremi Ecclesiae Antistitis, ut si quae forsan in quibusdam laudatae Congregationis Constitutionibus, complenda et perficienda adhuc essent, omnia compleat atque perficiat quae magis magisque conferre iudicaverit ad maiorem Dei gloriam, in comsummationem sanctorum, et in aedificationem Corporis Christi. Nobis autem magna erit remuneratio, si paterna benevolentia verba nostra exceperit, suamque Apostolicam Benedictionem super nos et super Dioecaesanos nostros impertiri dignatus fuerit.

 

Datum Albae Pompeiae, XII kalendas novembris NIDCCCLXVIII.

 

EUGENIUS, Episcopus.

Felix I. Allaria a Secretis.

 

 

Don Bosco aveva dunque avuto le Commendatizie degli Ordinari di Casale, Alba, Saluzzo, Aosta, Novara, Torino, Fermo, Genova, Pisa, Vigevano, Alessandria, Parma, Reggio Emilia, Ancona, Guastalla, Lucca, Albenga, Mondovì, Asti, e dei Vicari Capitolari di Acqui e Susa.

Non risposero gli Ordinari di Milano, di Cuneo, di Bergamo, Piacenza, Modena, Firenze, Ivrea. Quel di Pinerolo aveva dato voto sfavorevole.

Non contento delle commendatizie individuali, il Venerabile tentò di ottenere un'approvazione collettiva dei Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Torino.

L'Arcivescovo aveva chiamati a sé i suoi suffraganei per trattar delle cose da proporsi al Concilio Ecumenico e di alcune altre a vantaggio delle loro diocesi. Erano questi i Vescovi di Alba, Asti, Cuneo, Ivrea, Mondovì, Pinerolo, Saluzzo e i Vicarii Capitolari di Acqui, Fossano, e Susa. E Don Bosco, dopo averne fatta parola all'Arcivescovo Mons. Riccardi, inoltrò all'assemblea dei suddetti prelati la seguente umilissima supplica.

 

 

Eccellenze Reverendissime,

 

Nella persuasione che le EE. LL. Reverendissime vogliano con bontà ascoltare le deboli mie espressioni, mi fo animo a tosto accennare lo scopo mio che riguarda alla Istituzione, detta comunemente Oratorio di S. Francesco di Sales. Credo che le EE. LL. abbiano già avuto la degnazione di prendere parte a qualche sacra funzione, o almeno visitati o altrimenti beneficati i poveri giovanetti che soglionsi radunare in locali, detti: Oratorii Festivi ed Ospizii della Gioventù.

Affinchè si potessero qui avere Catechisti, maestri ed assistenti fu iniziata una specie di Congregazione, di cui è cenno nella Notitia Brevis, della quale mi sono fatto lecito di inviare copia a ciascuna delle Loro EE. Ogni cosa procedette sempre sotto alla guida e col consiglio di Mons. Fransoni, di felice memoria. Questo benemerito compianto Prelato instava costantemente che fosse studiato un mezzo per dare forma stabile a questa Istituzione, da poter esistere dopo la morte dello scrivente. Con tratto di singolare clemenza a tale fine Egli mi costituiva Direttore Capo degli Oratorii Maschili.

Inoltre, con Lettera Commendatizia, l'anno 1858 mi inviò a Roma. Il Santo Padre ponderata bene ogni cosa conchiuse con queste parole:

“ Affinchè tale istituzione possa sussistere con qualche buon risultato dopo il vostro decesso è necessaria una qualche Congregazione: ma in modo che i Membri di essa siano veri Religiosi in faccia alla Chiesa, e siano altrettanti liberi cittadini davanti alle leggi civili ”.

In altre posteriori udienze il medesimo Santo Padre mi espose il piano di un Regolamento, che io procurai di estendere e formarne tredici capitoli divisi in tanti brevi articoli.

Tale Regolamento fu presentato al sopra lodato Mons. Fransoni che riscontrandomi diceva averlo letto e fatto leggere da persona pratica, e lo rinviava con qualche riflesso pratico che tosto fu introdotto nelle progettate Costituzioni.

Dopo cinque anni di prova, colla Commendatizia del Superiore Ecclesiastico di questa Archidiocesi e di altri Vescovi benemeriti, presentava alla Santa Sede queste Costituzioni, perchè servissero di base ad una Congregazione col nome di Società di S. Francesco di Sales.

La Sacra Congregazione de' Vescovi e Regolari, dopo averle esaminate, emanava il Decreto con cui lodava e commendava questa Società come Congregazione di voti semplici, differendo però a tempo più opportuno la definitiva approvazione dei singoli articoli.

Intanto, come per garanzia della esistenza della Società, costituiva il Superiore a vita e dava norme sulla elezione del Successore.

A questo Decreto erano annesse tredici animadversioni che furono tutte accomodate nelle Costituzioni. Fra le altre quella che i voti dovessero essere riservati alla Santa Sede.

Le Costituzioni di cui ebbi l'onore di presentare copia alle Loro Eccellenze, sono quelle lodate e commendate nel citato Decreto colla inserzione delle fatte osservazioni.

Sul principio dell'anno corrente il Vescovo di Casale approvava questa Congregazione come Diocesana col Decreto e coi favori, di cui mi sono eziandio fatto lecito di offerire copia alle Eccellenze Loro.

In questo stato di cose, vedendo ogni giorno più avvicinarsi il fine di mia vita, nel timore che non lievi inconvenienti siano per avvenire a questa Istituzione, qualora io morissi prima che Essa fosse definitivamente approvata, ho di nuovo umiliato alla Santità di Pio Papa IX le Costituzioni colle Commendatizie di oltre a venti Vescovi, tra cui mi gode l'animo poter annoverare le Eccellenze Loro.

Il Santo Padre ebbe la degnazione di farmi scrivere dal Segretario della prelodata Congregazione de' Vescovi e Regolari che non àvvi difficoltà intorno alla definitiva approvazione delle Costituzioni; ma mi nota essersi fatte delle osservazioni da alcuni Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Torino intorno ai chierici che intendessero di far parte di questa Congregazione.

Ora, essendosi data la propizia occasione che pel bene delle Diocesi le EE. Loro si sono qua raccolte a congresso, io mi sono determinato di esporre Loro lo stato di questa Istituzione e di pregarle quanto so e posso di volermi coadiuvare e consigliare intorno ad alcuni punti di maggior importanza.

1° Se posso sperate un voto favorevole, siccome è notato nella Notitia Brevis di cui sopra, cioè: Episcopi Provinciae Ecclesiasticae Taurinensis definitivam approbationem Societatis Sancti Francisci Salesii postulant.

Credo che a ciò non osti il quesito che si dice fatto dalla Santa Sede pel futuro Concilio Ecumenico: “ Se convenga approvare nuove istituzioni religiose ”, perciocchè trattasi qui soltanto di compiere un'opera lodata e commendata dal Santo Padre; il cui Superiore e Successore sono regolarmente stabiliti, e che fra gli argomenti di sua esistenza ha già la definitiva diocesana approvazione del Vescovo di Casale.

2° Posto questo voto favorevole, stabilire una formola da presentare alla Santa Sede con cui, salva la giurisdizione dei Vescovi, si dica come il Superiore di questa Congregazione possa amministrare, regolare gli individui che appartengono a varie case esistenti in  diverse Diocesi. Per l'accettazione, istruzione degli individui e per la presentazione dei medesimi ai Sacri Ordini, si seguono le consuetudini

praticate nei nostri paesi nelle Congregazioni finora approvate. Le ultime sono gli Ondata di Maria e l'Istituto della Carità (V. Statuta N. 8 ad 12). Qui si noti che secondo le Costituzioni di questa Congregazione i membri si possono considerare come altrettanti Sacerdoti ad nutum Episcopi in tutto ciò che riguarda al Sacro Ministero. A parimenti bene di notare che per membri della Congregazione non si intendono i giovanetti accolti per fare i loro studi secondari, nemmeno i chierici caritatevolmente accolti o altrimenti raccomandati dai Vescovi alle nostre case. Essi sono totalmente ad nutum Proprii Episcopi. Io intendo solamente di parlare di quelli che sono regolarmente inscritti nella Congregazione ed hanno già emessi i voti, i quali, secondo il prescritto della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, sarebbero riservati alla Santa Sede.

Si osservi eziandio che per via ordinaria questi chierici sono giovanetti poveri che fin dalle scuole elementari si dovettero provvedere di vitto, libri, vestito per tutto il tempo de' loro studi. Non pochi di essi appartengono a paesi remoti, come sarebbe Milano, Genova, Sicilia, Inghilterra ed America. I quali, mentre sono liberi di fare quando che sia ritorno ai proprii Vescovi, si può dire che loro torna impossibile di frequentare scuole o Seminarii Diocesani.

Non ignoro l'osservazione scritta da taluno alla prelodata Congregazione dei Vescovi e Regolari, dicendo: Quei chierici non studiano abbastanza. Per l'avvenire si avrà massima cura che non abbiasi a far questo rimprovero. In quanto però al passato bisogna distinguere i Chierici ricoverati, o inviati tra noi per prova, dai Chierici della Congregazione. Dei primi non posso essere responsale, perchè dimorano in modo anormale e transitoriamente nello stabilimento. Dei Chierici che di fatto sono membri della Congregazione credo che non sia così.

Potrei accennare quelli che cuoprono cariche nelle Diocesi, come sono Coadiutori, Parrochi, Vicarii Foranei, Professori nei medesimi, Seminarii Diocesani. Ma credo che basterà quanto può asserire S. E. Rev.ma il Nostro Veneratissimo Arcivescovo, il quale, se giudicasse, potrebbe verificare gli esami di tutti quelli che appartengono a questa Congregazione nello spazio di vent'anni, e non troverebbe un voto scadente.

Altra difficoltà suol farsi nel caso che qualcheduno uscisse di Congregazione. Osservo che questi casi di uscita possono accadere per qualunque Congregazione Religiosa. I Vescovi li avrebbero esaminati de scientia et moribus prima di conferir loro l'Ordinazione. E nel caso di uscita dalla Congregazione, il Vescovo Ordinante li potrebbe accogliere o non accogliere in sua Diocesi secondo che giudica tal cosa opportuna.

In fine, omettendo ogni riflesso ed ogni osservazione, io faccio alle EE. LL. la seguente rispettosa ma calda preghiera.

Le nostre case di educazione, le scuole, e gli Oratorii Festivi furono istituiti a benefizio dei giovanetti più poveri e pericolanti delle varie Diocesi. Ognuna delle EE. LL. ha avuto e forse ha tuttora Chierici e poveri fanciulli diocesani che godono di questa Istituzione. Sono perciò intimamente persuaso essere Loro comune desiderio che tale Istituzione continui.

Dal canto mio desidero ardentemente di essere in buona relazione ed in piena sommissione ai Vescovi, specialmente della Provincia di Torino, perciò prego e supplico le LL. EE. a volermi aiutare e coll'opera e col consiglio, affinchè questa Istituzione sia consolidata con morale garanzia di esistenza dopo il mio decesso, cioè sia definitivamente approvata dalla Santa Sede.

Le ringrazio di tutto cuore della bontà nell'ascoltare questa umile relazione, e pregando il Signore Iddio che tutte Le conservi lungamente pel bene della Chiesa, colla massima gratitudine ho l'alto onore di potermi professare,

Delle LL. EE.

Um.mo Supplicante

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

Presentata questa domanda, pensò di scrivere personalmente al Vescovo di Ivrea desiderando vivamente di riprendere con lui una benevola relazione per dissipare ogni malumore, o almeno provocare una risposta che aprisse la via a spiegazioni.

 

 

Eccellenza Reverendissima,

 

Il nostro veneratissimo Arcivescovo, da me pregato, si è assunto di leggere una breve relazione sullo stato attuale degli Oratori per la povera gioventù e sulla Congregazione di S. Francesco di Sales. La E. V., che li ha sempre protetti in passato, mi fa sperare una parola in favore e a tale oggetto le mando qui alcuni stampati relativi.

Potrei sperare che V. E., dando un benigno compatimento sul passato, venga a fare una visita alla chiesa nuova di Maria Ausiliatrice? Ad ogni modo la prego di gradire i sentimenti della sincera mia gratitudine, con cui mi professo,

Della E. V. Rev.ma,

 

Torino, 11 novembre 1868.

Obbl.mo servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

Mons. Moreno non rispose.

Radunatisi i Vescovi, fu letta la supplica di Don Bosco. Monsignor Ghilardi si dichiarò subito favorevole, e altri con lui. Vi fu chi mosse obbiezioni e si disse contrario. Sorse un po' di discussione. In fine il Vescovo d'Ivrea esclamò:

 - Abbiamo qui il Metropolita: esso decida.

L'Arcivescovo concluse dicendo:

 - Non se ne faccia caso, e sia finita. Abbiamo troppe altre proposte da discutere.

E il can. Berardo, segretario, scrisse a Don Bosco una risposta cortese ma evasiva.

 - Pazienza! disse Don Bosco; sia tutto per amor di Dio e della Santa Vergine. Vedremo di aggiustar le cose a Roma.

 

 

 

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