Don Bosco fa stampare in fascicoli una scelta di classici latini purgati - I Vocabolarii Greci e latini dai quali vengono tolte le frasi e le parole oscene - Edizione di opere dei Santi Padri e, per le prime, alcune di S. Gerolamo - Nuovo vocabolario italiano - Pericoli per i giovani nei classici italiani non purgati - Don Bosco si accinge a scongiurare questi pericoli con una piccola Biblioteca per la gioventù - Suoi collaboratori in questa salutare impresa - L'Unità Cattolica ne dà l'annunzio - Don Bosco ne pubblica il programma - Come questo programma è accolto da un nobile amico - La Superiora di Tor de' Specchi procura la diffusione dei libri stampati nell'Oratorio - Altre nobili Signore promuovono associazioni alla Biblioteca - Numerosi associati: spaccio grande di que' volumi - La prefazione del Galantuomo.
del 05 dicembre 2006
Profondo conoscitore de' suoi tempi D. Bosco aveva visto le rovine della mente e del cuore che si accumulavano per l'influenza settaria ed eretica della libera stampa e aveva provveduto colle Letture Cattoliche ad una salutare e larga opera di restaurazione, in mezzo al popolo. In que' fascicoli, con ampiezza di vedute, egli sapeva raccogliere quanto di splendido, di commovente, di edificante si trovava sparso nella storia della Chiesa e delle nazioni, nelle biografie dei santi e dei grandi uomini; e quanto di incantevoli ed umili virt√π egli era testimone nella vita dei suoi fanciulli.
Non v'era principio dogmatico e morale su cui lo spirito volterriano del secolo lasciasse cadere il disprezzo e la derisione, senza che egli, o per sé, o per altri popolarissimi scrittori, non sorgesse a difenderlo, dissipando l'immensa colluvie di calunnie e pregiudizii, insinuati nelle anime a danno della Chiesa e della Società.
Oltre le Letture Cattoliche, com'ebbe una tipografia fornita di tutto l'occorrente, anche di caratteri greci, aveva deciso di provvedere al grave bisogno di impedire il guasto che producevano nelle classi ginnasiali, pubbliche e private, la traduzione e lo studio degli autori classici latini, dei quali si mettevano in mano ai giovani le opere intere, conforme all'originale. Ed incaricava Don Francesia ed altri dottori in Belle Lettere, di togliere ai libri pagani più usati tutto ciò che contenevano di turpe e ne faceva stampare una scelta in molti fascicoli: Selecta ex latinis scriptoribus.
Nello stesso tempo, riboccando i vocabolari di parole e frasi oscene, egli pensò di farne compilare de' nuovi, purgati da tutto ciò che poteva nuocere al buon costume ed assegnava il lungo e grave lavoro del dizionario greco - italiano e italiano - greco al Prof. Teol. Marco Pechenino, dandogli per amanuense un chierico dell'Oratorio: e in pari tempo affidava i dizionari latino - italiano e italiano - latino al prof. D. Celestino Durando, il quale dalla sua opera maggiore estrasse poi un dizionario minore per le classi inferiori del ginnasio. Ambidue eseguirono con grande amore e diligenza il loro compito.
Ma ciò non bastava a Don Bosco. Egli voleva correggere e neutralizzare le idee pagane con le idee cristiane, e perciò meditava la pubblicazione de' classici latini cristiani, vale a dire dei santi Padri e d'altri scrittori ecclesiastici, rivendicando la bellezza della lingua e la magnificenza dello stile di molte loro pagine, per molti lati non inferiori a quelle dell'età aurea degli scrittori pagani. Li avrebbe fatti adottare nelle sue scuole, fissandone una lezione per settimana; e incominciò dalle Opere di S. Girolamo, come vedremo. Egli così intendeva di promuovere la glorificazione della Chiesa Cattolica e insieme far sì che la gioventù studiosa avesse anche nei testi qualche argomento di vita cristiana.
Per tutti questi disegni il Venerabile dovette incontrare una spesa non leggera per la stampa. Eppure se si trattava di preservar le anime dal peccato e impedire che ristagnassero nei loro cuori false massime, egli si sobbarcava a qualsivoglia sacrificio.
Ma il faticoso lavoro di purgare i libri di letteratura latina sarebbe stato incompleto, ove D. Bosco non avesse pensato di estenderlo ai classici italiani. E, fin dal 1868 dava l'incarico al dottor Don Francesco Cerruti di comporre un vocabolario italiano, perchè vi eliminasse tutte le espressioni men che delicate in fatto di onestà; e Don Cerruti obbedì e fece un'opera pregiatissima per ogni lato.
Certo il pericolo di corruzione più grave è dai classici italiani, perchè pur troppo fra i più celebrati nostri scrittori ve ne furono alcuni, che dimentichi talora dei precetti della morale, misero a rischio di far perdere il massimo dei beni a tanti giovani incauti. Per questo, già da tempo, Don Bosco andava studiando la pubblicazione di una piccola biblioteca per la gioventù studiosa, levando da quei volumi ogni passo che potesse nuocere alla santità dei pensieri e dei costumi, imitando in ciò il prudente giardiniere che, prima d'introdurre un bambino innocente tra le aiuole fiorite, ne sbarbica le erbe velenose.
Egli sapeva che certi insegnanti, col pretesto o in nome dell'arte, avrebbero gridato contro questa, detta da essi, barbara mutilazione, e conservato in scuola i testi non purgati; ma Don Bosco non si curava delle critiche, le quali anzi dimostravano quanto fosse saggia e necessaria siffatta revisione dei classici.
Pertanto, consultato più volte il prof. D. Matteo Picco, aveva incominciato egli stesso da mesi a far la scelta degli autori e a distribuirli per la correzione e per il commento a' questo o a quell'altro professore che insegnavano nei ginnasii e nei licei, governativi e municipali, e qualcuno nelle Università; e ben presto ebbe intorno a sé un'accolta di elettissimi ingegni, pronti a cooperare a quella saggia impresa.
Don Bosco li teneva carissimi: e tutti furono stretti con lui da vera amicizia. Convenivano alle feste famigliari e a quando a quando si adunavano per deliberare sulla scelta dei libri. Il Venerabile non avrebbe voluto pubblicare certi classici, come il Macchiavelli e il Leopardi, perchè difficilissimi a correggersi, e perciò sempre pericolosi, ma i programmi governativi l'esigevano: quindi raccomandò che di questi autori fossero scelti i passi meno nocevoli, e questi diligentemente purgati, e suggerì anche norme perchè nello spiegarli si eliminasse ogni pericolo e si mettesse sempre in piena luce la verità, cui si opponevano i loro errori. Egli inculcava sempre, che i classici fossero spiegati secondo il concetto cristiano.
I primi benemeriti collaboratori del Venerabile in quest'opera furono il Cav. Carlo Bacchialoni, dott. aggr. in Lett., il Teol. Cav. Giovanni Bosco, dott. in Lett. e Fil., il Sac. Celestino Durando, professore, il Sac. Giovanni Francesia, dottore in Lettere, il Cav. Agostino Lace, professore, il sig. Carlo Enrico Melanotte, dottore, il Teol. Marco Pechenino, professore, il Sac. Pietro Peinetti, Teol. Coll. della R. Università, il Sac. Matteo Picco, professore.
Preparato un sufficiente materiale, l'Unità Cattolica del 18 novembre 1868 annunziava il sorgere della nuova pubblicazione periodica.
 
 
LA BIBLIOTECA DELLA GIOVENTU' ITALIANA.
 
Dalla stamperia editrice di Don Bosco, all'Oratorio di San Francesco di Sales, si darà principio alla pubblicazione di una Biblioteca della Gioventù Italiana, destinata a raccogliere in circa cento volumi i migliori classici italiani, ridotti all'ortografia moderna, e purgati all'uso della Gioventù.
Ogni volume di 250 pagine costa centesimi 50 agli associati. Ne esce uno al mese: l'associazione è obbligatoria per un anno.
 
Alla sua volta Don Bosco pubblicava il seguente programma:
 
 
BIBLIOTECA DELLA GIOVENT√ô ITALIANA.
 
Il bisogno universalmente sentito di istruire la studiosa giovent√π nella lingua italiana deve animare tutti i cultori di questa nobile nostra favella ad usare quei mezzi che sono in loro potere per agevolare lo studio e la cognizione.
Egli è con questo intendimento che si è ideata la biblioteca della Gioventù Italiana. Suo scopo è di pubblicare quei testi di lingua antichi e moderni che più da vicino possono interessare la colta gioventù. Per riuscire in questa impresa fu instituita una società di benemeriti celebri professori e dottori in lettere, i quali si propongono;
1° Di raccogliere e pubblicare i migliori classici della nostra lingua italiana ridotti all'ortografia moderna, affinchè si possano meglio leggere e comprendere dal giovane lettore;
2° Trascegliere quelli che per amenità di materia e purezza di lingua gioveranno meglio allo scopo;
3° Nei commenti, ove ne sia caso, si faranno soltanto brevi annotazioni che servano a dilucidare il senso letterale; nel che si seguiranno le interpretazioni de' più accreditati commentatori;
4° Noi giudichiamo bene di omettere in parte ed anche affatto quegli autori comunque accreditati, i quali contengono materie offensive alla religione o alla moralità;
5° Sarà usata massima cura affinchè la parte tipografica lasci niente a desiderare per la nitidezza dei caratteri, bontà della carta e per la esattezza della stampa.
Ciò posto noi ci accingiamo all'opera raccomandandone il buon esito agli educatori della gioventù e a tutti gli amanti della gloria dell'italiana favella e del maggior bene della gioventù.
 
 
Condizioni di associazione.
 
1° La Biblioteca della Gioventù sarà composta di circa cento volumetti; in complesso di pagine 200 caduno.
2° L'associazione è obbligatoria per un anno e si pubblicherà ogni mese un volume; ma in modo che in ciascun anno si abbiano le opere complete.
3° Il prezzo d'associazione è di 6 lire all'anno da pagarsi anticipatamente. I volumi sono franchi per la posta nell'interno. All'estero aumento proporzionato.
4° Chi procura dieci associati avrà una copia gratuita. Le case di educazione od altri che si associno per copie So ne riceveranno 60.
5° I pagamenti si fanno ai corrispondenti presso cui si è preso l'abbonamento, o in persona, o con vaglia postale ed anche con francobolli.
6° L'uffizio centrale è in Torino; ogni piego, lettera o qualsiasi altra corrispondenza deve essere franca di posta.
L'indirizzo sarà semplicemente:
Al Direttore della Biblioteca della Giovent√π Italiana.
Oratorio S. Francesco di Sales
Torino.
 
Gli amici corrisposero subito all'appello di Don Bosco. Uno di questi scriveva al Cav. Oreglia.
 
 
Roma, 15, 11, 1868.
 
Pregiatissimo Conte ed amico,
 
.....Baciamo la mano a Don Bosco, chiediamo la sua benedizione sacerdotale e l'assistenza della sua preghiera. L'operosità di questo sacerdote, e di chi lo coadiuva, è veramente evangelica, ammirabile per contribuire al bene della gioventù, arrestarne la rovina, la perdizione, scopo a cui pur troppo tendono tutti gli assalti nemici. Sia cogli Istituti aperti, sui quali è visibile la mano della Provvidenza, sia colla pubblicazione delle opere, veramente si fa di tutto per raggiungere lo scopo. Io ho procurato, e procurerò per quanto posso, associati alla Biblioteca dei classici Italiani .....
 
SCIPIONE CONESTABILE DELLA STAFFA.
 
Lo stesso, in una seconda lettera, manifestava quanto amore portasse all'Oratorio.
 
 
Roma, 21, 12, 1868.
 
Pregiatissimo Conte ed amico,
 
....Accetto con tutta l'effusione del mio animo e il pensiero e le espressioni da lei usate in proprio nome, del rispettabile Don Bosco, di tutto il Convitto dei giovanetti; ringrazio e contraccambio centuplicati i voti, gli augurii, le felicitazioni, desidero a tutti salute, sviluppo progressivo del loro istituto, ogni bene spirituale e temporale; mentre ho tutta fiducia nelle loro orazioni e mi raccomando che siano continuate .Non può credere quanta interna soavità mi apportino le sue parole e quelle di Don Bosco, e loro dico che non mi neghino, ma mi procurino spesso questo conforto, che come lenimento agli affanni mi è necessario, indispensabile. Dimando a Don Bosco la benedizione sacerdotale e bacio la mano ed ossequio ed esprimo questi sentimenti, come le congratulazioni su enunciate in proprio nome, di mia moglie e figli, pei quali preghino assai .....
SCIPIONE CONESTABILE DELLA STAFFA.
 
Lettere piene di affetto e di promesse giungevano a Don Bosco ogni giorno. Una di queste era scritta dalla Galleffi, presidente di Tor de' Specchi. Avendo ella moltissime attinenze con tutti gli istituti religiosi di Roma e colle case patrizie, da tempo teneva nel suo monastero un deposito di tutti i libri che si stampavano nell'Oratorio, e a questi avrebbe ora aggiunta la Biblioteca della Gioventù, e ne divulgava i programmi. I libri con medaglie e fotografie di Maria Ausiliatrice, rosarii, crocifissi, ed altri svariati oggetti di pietà, erano esposti in bella mostra in una sala, ove li presentava ai molti suoi visitatori e li invitava a comperarli, mandandone all'Oratorio l'importo. Questa generosa signora, modello delle Cooperatrici salesiane, che si adoperò in tale smercio finchè visse, aveva dato a se stessa il nome di mercantina. Il Cav. Oreglia le scriveva in data 23 novembre 1868.
Mi valgo dell'occasione che Lei esce fresca fresca dagli esercizii, cioè bollente d'amor di Dio e del prossimo, per fare una improvvisata maiuscola alla buona nostra mercantina. Chissà quale sarà questa improvvisata! dica pure che è di quelle superlative. Eccola: fra un momento le arriverà per posta un grosso pacco di libri tutti variati di materia, di volume, di legatura, ma tutti eleganti e degni di essere presentati a chicchessia. Quando arriverà questo pacco Lei avrà la santa pazienza di esporli tutti in bell'ordine sulla tavola della sala dove riceve le visite e poi dal Sig. Guidi si faccia scrivere a parole grosse un cartello dove metterà queste parole: Regali per Capo d'anno, befana e simili: vendita a favore di un'opera pia. Io di questi libri le unisco nota con il prezzo di ciascuno, e vedrà che faremo degli affaroni .....
 
Oltre la Presidente Galleffi erano propagatrici della Biblioteca della Gioventù Italiana a Roma la Marchesa Villarios, a Firenze la Marchesa Uguccioni e altre nobili dame in altre città.
Il 9 gennaio 1869 venne pubblicato il primo volume della Biblioteca della gioventù. Conteneva la Storia della Letteratura italiana del Maffei. Questa collana terminò col 1885, dopo aver pubblicato in 204 volumetti le opere migliori dei classici italiani. Circa 3000 furono annualmente gli associati; e oltre i volumi ad essi spediti, se ne spacciarono durante la vita di Don Bosco più di 570.000 in tutta Italia, nelle scuole e ne' collegi con grande vantaggio morale dei giovani. Anche dopo la morte di Don Bosco si continuò ogni anno a stamparne parecchie migliaia di copie. Il Marchese Giacomo Della Chiesa, oggi Papa Benedetto XV, fu, come disse egli stesso a Don Francesco Cerruti, uno degli abbonati.
Chiudiamo questo capitolo che dice, coll'eloquenza dei fatti, qual fosse lo zelo di Don Bosco per la buona stampa, col riferire la prefazione del Galantuomo pel 1869, destinato agli associati delle Letture Cattoliche. Essa è una prova di più dell'amore di Don Bosco per la Chiesa Cattolica e per l'ortodossia della Fede.
 
 
Cari Lettori,
 
Quest'anno io Galantuomo sarò meno ciarliero degli anni scorsi e lascierò parlare gli altri. Vi darò racconti che ho copiati, delle poesie che non sono mie, e sentenze morali che ho raccolte da libri vecchi e nuovi. Siccome spero di avere avuto buon senso nella raccolta, così spero pure che me ne avrete gratitudine, e mi farete leggere da molti e molti assai. Avrei desiderato di volgere un occhio alle cose del giorno, di narrar gli avvenimenti succeduti l'anno 1867 e 68, ma l'animo non mi regge, e forse non potrei esporli con quella calma che mi è tanto cara e famigliare. Di ciò dunque silenzio perfettissimo, neppure una parola.
Delle astuzie dei protestanti per poter rapire la fede ai cattolici, e delle umiliazioni che quelli ebbero a soffrire in varie città d'Italia nell'anno di grazia 1868, siamo stati tutti testimoni, e spero che qualcheduno de' miei confratelli che ha questa speciale missione non se ne dimenticherà. Sia lode a quei prodi difensori della fede, e grazie a Dio di aver umiliato i nemici della sua Chiesa.
A chi cerca di protestantizzare l'Italia dirò che un uomo, che partì da questo mondo colpito dalla giustizia di Dio in modo spaventoso, aveva scritto una bella sentenza che va bene per loro. Io ve la stampo qui per intero, e per conforto nostro e per desolazione dei tristi. A stoltezza storica e politica, è un delirio da fanciulli distruggere il cattolicismo in Italia. L'Italia, il ripeto, è cattolica, e non v'è altro cattolicismo che il Romano.
Così il ministro Carlo Luigi Farini, che ebbe poi a soffrire la più terribile disgrazia, qual è quella di perdere il senno.
E un altro: Stimerei l'ultima delle sventure per l'Italia, se si venisse ei turbare la sua unità religiosa che le è rimasta.
E un terzo: Il cielo d'Italia non comporta il crepuscolo della Riforma Protestante.
Parmi che il trionfo sperato dalla Chiesa sia già cominciato e che fra breve lo vedremo compito. Preghiamo e speriamo. Ricevete il solito cordialissimo saluto
dal vostro amico
IL GALANTUOMO.
 
Il trionfo della Chiesa doveva essere il Concilio Vaticano e la proclamazione dogmatica dell'Infallibilità Pontificia.
 
Torino, 9 novembre 1868,
Obbl.mo servitore
Sac. GIOVANNI Bosco.
 
Da questa lettera, da altre già riferite e da molte altre che più tardi riporteremo, si vede che non a sole parole si limitava la sua riconoscenza. Oltre le preghiere continue, le benedizioni, le guarigioni, le visite agli infermi, era sempre pronto a secondare le domande e i desideri de' benefattori nei loro vari bisogni. Talvolta si adoperava per far cessare discordie in famiglia, riconciliare persone che si avversavano, provvedere istitutori o pedagoghi, far ricerca di buone persone di servizio, agevolare la vendita di un podere, procurare un imprestito a oneste condizioni; e tal altra a dar consigli di economia domestica, fare una raccomandazione sul conseguimento d'impieghi, o una supplica per ottener grazia ad un condannato. Sarebbe troppo lungo l'accennare gli svariatissimi servizii da lui resi a coloro che lo beneficavano.
Ecco una risposta fattagli dal Ministero della Casa Reale che rivela la premurosa sua domanda.
 
MINISTERO DELLA CASA DI S. M.
 
Firenze, 9 novembre 1868.
 
Questo Ministero ha presa conoscenza della istanza della S. V. Rev.da perchè fosse accordato dalla Reale Munificenza un posto gratuito nel Collegio Carlo Alberto di Moncalieri a favore di un figlio del Cav. Comacchio, Regio tesoriere della Provincia di Genova.
Il sottoscritto, mentre apprezza i diversi titoli a cui si appoggiano le di lei commendatizie, deve suo malgrado farle osservare che la casa di Sua Maestà non dispone di alcun posto gratuito nell'Istituto suddetto, come in nessun altro collegio del Regno, ma sono soddisfatte con fondi della cassetta privata del Re quelle pensioni che vengono accordate dalla Generosità Sovrana.
Chi scrive, deve pure soggiungerle che stante le numerose concessioni state fatte da S. M., non solo non vi rimane alcuna somma disponibile, ma resta ancora da provvedersi a diverse domande state prese in nota, d'ordine della M. S., per avervi riguardo alla prima occasione.
E ciò senza tener conto delle mutate condizioni della lista civile che più non permetterebbe tutti quelli atti di semplice liberalità Sovrana, che erano possibili prima della generosa rinuncia fatta dal Re a quattro milioni della dotazione della Corona.
La S. V. vede pertanto come non sia possibile di secondare i di lei desiderii, i quali sarebbero stati raccomandazione sufficiente, senza che questo Ministero avesse dovuto assumere altre informazioni sui meriti del Cav. Comacchio.
Il Ministro
GUALTIERI.
 
Don Bosco trasmetteva copia di questa lettera al signor Comacchio col seguente biglietto.
Ho fatto quanto ho potuto e non ci sono riuscito. Pazienza. Se in altro potrò servirla, si valga di me e mi creda di V. S. Preg.ma
Torino, 12 novembre 1868
Obbl.mo servitore
Sac. G. Bosco.
 
Questo far proprii gli interessi altrui raddoppiava i vincoli della carità, e nello stesso tempo due persone n'erano reciprocamente avvinte: beneficato e benefattore. Di qui quell'affetto che traspare così gentile nelle loro corrispondenze. Il Comm. Visone, sopraintendente generale del patrimonio particolare di Sua Maestà, Deputato al parlamento nazionale e poi Senatore del Regno, scriveva a Don Bosco:
 
Torino, 13 novembre 1868.
 
Pregiatissimo Signore.
 
Qualche tempo fa sono venuto per trovare la S. V. Pregiatissima e pregarla a voler accettare nel suo convitto il giovane Pescarmona Luigi di Costigliole d'Asti, d'anni 16, desideroso d'imparare un mestiere: non ho avuto il bene di trovarla, ma parlai con uno dei suoi segretari, che fu gentilissimo, e mi disse, che se il Pescarmona, orfano, ma possidente, si obbligava pagare per tre mesi lire 24 al mese, oltre il letto, vestiario, sarebbe stato accettato, salvo fargli quelle maggiori facilitazioni secondo li suoi comportamenti, dopo scaduto il 1° trimestre.
Ora il detto giovane è qui in Torino, ed io non potendo venire personalmente, mi permetto di presentarlo con questa mia alla S. V. con preghiera di volerlo accettare alle condizioni predette, persuaso che farà buona riuscita. Chi lo accompagna è il Forno suo cognato, e figlio del suo tutore. Mi riserbo di venire a ringraziarla, e frattanto la prego a gradire li sensi della mia perfetta stima.
Di V. S. Preg.ma,
Devotissimo servitore
VISONE.
 
Il Comm. Visone, benefattore dell'Oratorio, aveva raccomandati altri giovanetti a Don Bosco e veniva sovente a visitare il Venerabile nella sua umile stanza, trattenendovisi per lunghe ore.
Il Commendator Cova, primo uffiziale della Regia Segreteria del Gran Magistero dell'Ordine Mauriziano e consigliere alla Corte d'Appello, era con lui in intima famigliarità. Andato a Lanzo per inaugurar nuove sale dell'Ospedale Mauriziano, volle dar pubblica testimonianza della stima che aveva per Don Bosco e difatti, nel partire, avviandosi alla stazione circondato e seguito da tutte le autorità del paese e da un gran numero di uffiziali dell'Ordine, invitò alla sua destra il Direttore del Collegio, recatosi ad ossequiarlo. Al padre era diretto l'onore fatto ad uno dei figli.
Quando il cav. Bartolomeo Bona era Ministro dei Lavori Pubblici, Don Bosco era andato per averne udienza, e l'usciere con varii pretesti ritardava d'introdurlo. Venuto un signore e visto quell'inconveniente, dopo cordiali saluti lo introdusse, e narrò a S. E. come Don Bosco fosse stato trattato in sala d'aspetto.
Bona, amico e benefattore, accolse Don Bosco con grande cordialità, s'intrattenne a lungo con lui, e lo pregò di accettare una busta che racchiudeva 1000 lire. Don Bosco lo ringraziava di quella generosità così opportuna pei bisogni dell'Oratorio, ma Bona gli rispose: - Oh! non è Don Bosco che abbia bisogno del Governo! È il Governo che ha bisogno di Don Bosco! - Quindi si alzò dicendo: - Ed ora ci vuole una riparazione dell'affronto fatto a lei dall'usciere. - E lo prese per mano, e così attraversò con lui la sala d'aspetto, e lo accompagnò fino al primo gradino dello scalone, con meraviglia di tutti i presenti.
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