D. Bosco annunzia che due alunni saranno chiamati all'eternità prima che facciano un'altra volta l'esercizio della Buona Morte - Parole di D. Bosco: È da preferirsi la compagnia dei giovani più trascurati dagli altri: necessità di un manuale pei confessori dei giovanetti: conferenza sulla povertà religiosa: non dare incomodo ai cucinieri col ritardo nel venire a mensa: un alunno in angoscia per avere abbandonato l'Oratorio - D. Bosco oppresso dalla stanchezza confessa in camera un vecchio operaio - Supplica al S. Padre che risponde con un suo autografo - I Chierici dell'Oratorio nella Settimana Santa servono in Cattedrale e in altre Chiese Il Ch. Leggero guarisce dall'epilessia per la benedizione di D. Bosco - Prudenti parole di D. Bosco per far cessare un disgustoso malumore nella Comunità - A Mirabello si fabbrica il collegio - D. Bosco in Asti - Sua lettera al Vicario Capitolare che gli raccomanda i chierici e i giovani astigiani accolti nell'Oratorio, divenuto per essi un piccolo Seminario.
del 01 dicembre 2006
XLa sicurezza tranquilla di D. Bosco, come di persona che sa quel che dice, si trasfondeva nell'animo di quanti lo aiutavano nell'Oratorio. Per motivi che non conosciamo e probabilmente per l'assenza straordinaria di D. Bosco negli ultimi giorni di Carnevale, non si era fatto, almeno in tutta forma, il solito esercizio della buona morte. Perciò rientrato in Casa il Servo di Dio nel giorno delle Sacre Ceneri, stabiliva che gli artigiani facessero quell'esercizio il giorno 22 febbraio, prima Domenica di Quaresima.
Leggiamo nella cronaca di D. Bonetti: “ 18 febbraio: - D. Bosco raccomandando agli artigiani che facessero bene l'esercizio di buona morte, soggiunse: - Tanto più che vi è un giovane il quale non lo farà più un'altra volta. Io so chi è e potrei nominarlo, ma non lo nomino. Perciò ciascuno di voi si prepari.
” Ora staremo a vedere se come le altre volte egli indovina ”.
E D. Bosco indovinò. Noi leggiamo infatti nelle tavole   necrologiche dell'Oratorio. “ Il 23 marzo muore a casa sua       Negro Giovanni Battista da Frassinetto Po in età di 15 anni ”.
Per gli studenti si era deciso che l'esercizio di buona morte avesse luogo il giovedì 5 marzo e D. Bosco lo annunziava nella seconda Domenica di quaresima.
D. Ruffino scrisse nella sua cronaca - “ I° di Marzo: D. Bosco annunzia in pubblico alla sera agli studenti esservi nella Casa un giovane il quale farà solamente più un esercizio della buona morte ”.
Ed il nostro necrologio riporta “ Il giorno 3 del mese di Aprile passava all'eternità in sua patria, il giovane Scaglietti Giuseppe di Camagna in età di 13 anni ”.
Mentre gli alunni attendevano l'avveramento delle previsioni di D. Bosco, questi, come se l'Oratorio non fosse minacciato da nessun avversario, non tralasciava le ordina rie sue occupazioni.
La cronaca di D. Bonetti racconta con grande semplicità:
“ I° Marzo. In una conferenza tenuta da D. Bosco in questa domenica a tutti i chierici, venendo egli a parlare della sollecitudine che dobbiamo avere per far del bene alla gioventù, con grande effusione di cuore, ci esortò a cercare di preferenza que' fanciulli che ci paiono più abbandonati dagli altri per i loro difetti; e che non ricusassimo di trattenerci con quelli la cui compagnia possa recarci noia e fastidio. Uscì in fine con queste parole: - Anche costoro hanno un'anima che dobbiamo ad ogni costo salvare.
” Rimasto io solo una sera nella camera con D. Bosco, presi a parlare della buona accoglienza che si faceva da tutti alla sua Storia d'Italia, e dissi: - D. Cafasso ha pensato bene quando le diede il consiglio di scrivere la Storia d'Italia, piuttostochè il manuale che lei intendeva comporre sulla maniera di confessare i giovani.
” D. Bosco mi rispose: - Ho seguito il consiglio del mio venerato maestro. E pure anche questo manuale è necessario. Povero me! Io trovo che le confessioni di molti giovani non possono reggere colle norme date dalla Teologia. Per lo più non si fa conto di quei mancamenti commessi dagli otto ai dodici anni; e se un confessore non va propriamente a cercare, ad interrogarli, essi ci passano sopra e vanno avanti fabbricando così su falso terreno ”.
D. Ruffino prosegue: “ 5 marzo. Si fece la conferenza della Pia Società. Lette prima alcune regole, si domandò a D. Bosco se uno entrando in Società può ritenersi la proprietà di alcuna cosa che abbia seco portata. D. Bosco rispose: - Di quelle cose che non furono poste in società, sì: di quelle che furono messe in comunità già s'intende che no. Bisogna che colui il quale di queste vuole servirsi, ritenendole come sue, ne parli al Superiore, il quale difficilmente ne concederà licenza, essendo ciò gravoso alla casa.
” Si domandò pure se un prete potrebbe applicare qualche messa per i suoi parenti senza ricevere l'elemosina. D. Bosco rispose che no, se non chiede il permesso al Superiore.
” Parlandosi poi di alcuni della Casa che coll'andare a predica al mattino nelle chiese della città in tempo di quaresima recavano incomodo agli uomini della cucina, venendo in ritardo al pranzo della Comunità, D. Bosco rispose: - Se fosse sopra di me questo incomodo, vada pure, lo porterei volentieri; ma sopra i cuochi nol posso permettere; il loro lavoro è già troppo gravoso ”.
“ 7 marzo, sabato. - Presso le 10 di sera, terminate le confessioni che avevano durato circa quattro ore, D. Bosco ad alcuni chierici e preti, che lo avevano aspettato per fargli compagnia in tempo di cena, raccontava secondo il solito qualche cosa che potesse istruirli e giovare alla salute delle anime. Il suo discorso era caduto a caso sopra un giovane che, partito dall'Oratorio per capriccio, trovavasi in Toscana. Ci narrò come pentito quel giovane del suo passo imprudente, scrivessegli lettere di dolore e di disperazione per essersi allontanato da chi poteva salvarlo dai pericoli del mondo. Oh!, soggiunse D. Bosco, io prevedeva tutto ciò, e per trattenerlo gli aveva concesso quanto poteva desiderare; ho fatto ogni tentativo perchè non partisse dall'Oratorio, ma volle andarsene. Ed eccolo tutto angosciato significarmi quanto io già prevedeva ”.
“ 8 marzo, Domenica. - Lo zelo di D. Bosco si manifesta in ogni sua azione. Stanco dalle confessioni del mattino protratte sino verso le 9, benchè con molta difficoltà riuscisse a parlare, alle 10 era sul pulpito per continuare la narrazione della vita dei Papi, che con tanta maestria espone a' suoi giovani. Terminava quell'istruzione presso le 10 e ¾  ed era appena entrato nella camera, dalla quale scendevasi al pulpito, che cadeva privo di forze sopra una sedia. Dopo brevissimo riposo, senza proferir lamento, si portava nella sua stanza, e non potendo reggersi sulla persona e nello stesso tempo volendo lavorare, si mise sul letto e prese a correggere bozze di stampa. Suonavano le II e ½ e sentendo bussare alla porta scende ad aprire, ma è costretto a riporsi sul letto che è molto basso. Era un vecchio operaio che desiderava confes­sarsi. D. Bosco, commosso, lo ascoltò volentieri e lo rimandò consolato ”.
Alla sera di questo stesso giorno da alcuni suoi sacerdoti egli faceva indirizzare al Papa la seguente supplica.
 
Beatissimo Padre,
 
I Sacerdoti Savio Angelo, Rua Michele, Cagliero Giovanni, Francesia Giovanni, Fusero Bartolomeo e Bongiovanni Giuseppe della Diocesi di Torino (Piemonte) nel desiderio di poter adoperarsi maggiormente nel sacro Ministero per la gloria di Dio e la salute delle anime, prostrati al bacio del S.to Piede, umilmente implorano dalla Santità Vostra di poter celebrare un'ora prima dall'aurora ed una dopo il mezzogiorno, concorrendovi una giusta e ragionevole causa.
Parimenti nel desiderio di promuovere lo spirito di divozione nei fedeli, i suddetti Sacerdoti in un col Sacerdote Alasonatti Vittorio, che è pure della Diocesi di Torino, implorano dalla Santità Vostra la facoltà di benedire corone del SS. Rosario, croci, medaglie, immagini e simili. Stante poi la difficoltà delle comunicazioni dimanderebbero la suddetta facoltà ad septennium.
Che della grazia
 
Torino, li 8 Marzo 1863.
 
Questa supplica procurava, a D. Bosco una delle più sentite consolazioni, poichè il sommo Pontefice, la firmava di proprio pugno, come si può vedere presso l'Ill.mo sig. Bosco di Ruffino Alerame, che domandò ed ottenne il prezioso autografo.
 
         Die 26 aprilis 1863­
Pro gratia, juxta petita
 
Pius Pp. IX.
 
D. Bosco in quel mentre aveva fatto pratiche, perchè il suo chierico Pietro Leggero venisse ammesso agli ordini sacri, e dalla Curia Arcivescovile gli si mandava risposta:
 
 
Torino, 9 Marzo 1863,
 
Molto Reverendo Signor mio,
 
Debbo partecipare a V. S. che il Sig. Vicario Generale, dopo aver attentamente considerato l'affare dei Chierico Leggero, e tenuto conto delle informazioni da cui risulta, che nella linea della di Lui parentela materna avvi casi di epilessia, ha creduto dover prescindere dallo scrivere alla S. R. Congregazione; poichè esponendo la cosa in tutta la sua estensione, ne verrebbe certamente una risposta in senso negativo, cioè non doversi ordinare, conte soggetto a probabile ricaduta nella epilessia, e perciò irregolare. È  adunque necessario, che V. S. con belle maniere e buone ragioni, persuada detto chierico ad intraprendere qualche altra carriera a lui più conveniente. Io ne sono dolentissimo; tuttavia non posso a meno che associarmi al giudizio dei Sig. Vicario Gen. - e sono dello stesso avviso.
Prego V. S. di tener memoria di destinare conte negli anni precedenti due dei suoi Chierici per servire alle sacre funzioni della settimana santa nella Metropolitana, e desidero che sieno dei pi√π esperti nelle cerimonie.
Prego pure V. S. a nome del Monastero del B. Pastore di destinare due e se potesse anche tre Chierici pel servizio della stessa settimana santa, come già fece (per due) negli anni precedenti, osservandole che siccome le funzioni ivi si fanno di buon'ora, i detti Chierici potranno più tardi arrivare in soccorso a qualche altra Chiesa.
Le rammento che Mercoledì a sera cominciano gli esercizi per tutti i Chierici di Torino; procuri che anche i suoi allievi vi intervengano nel maggior numero possibile, giacchè si dà vacanza a questo fine.
Le sono intanto con distinta stinta
 
Dev.mo Obbl.mo Servitore
AL. VOGLIOTTI, Prov. Generale.
 
PS. - Ho deliberato di concorrere per qualche dozzina di mattoni alla Chiesa ad onore di Maria SS. Auxilium Christianorum, e ciò quando sia cominciata.
 
Riportiamo questa lettera perchè ci ricorda una delle tante guarigioni repentine operate dalla benedizione di. D. Bosco. Sul fine dei 1861 era venuto nell'Oratorio dal Seminario di Bra il Chierico Pietro Leggero. Colpito da epilessia per un grande spavento cagionatogli dalla caduta dei fulmine, aveva dovuto abbandonare gli studi per la frequenza degli accessi di quel brutto male. Egli tuttavia nutriva ancora in animo una viva fiducia che il Signore venisse in suo aiuto, e di poter essere liberato dal suo male in modo da riprendere gli studii. Presentatosi al Servo di Dio, questi lo accettò in casa e gli disse: - Facciamo insieme una novena; prega tu e pregherò ancor io e vedrai che Maria SS. ci farà la grazia. - Quindi lo benedisse. Da quel punto il buon chierico incominciò a migliorare, in modo che in poco tempo fu libero e per tutto un anno non diede più segni della grave malattia.
D. Bosco era certo che la Madonna aveva concessa una grazia duratura e gli ottenne dalla Curia la facoltà di poter riprendere gli studi teologici. Quindi non ostante la suddetta risposta negativa del Provicario, prevedendo ciò che sarebbe riuscito a fare nel campo evangelico questo buon chierico, tanto si adoperò che finalmente lo vide ordinato prete. E riusciva un sacerdote pio e dotto. Fu prima parroco a Candiolo. Leone XIII voleva nominarlo Vescovo, ma si arrese alle ragioni addotte dal Leggero per essere dispensato da quell'onore di troppa responsabilità. Finalmente nel 1887 fu scelto a Canonico Curato della Metropolitana di Torino e sedeva negli stalli del coro collo stesso Canonico Vogliotti. Ci attesta il Can. Anfossi: - Di questo fatto io stesso ne fui testimonio e mi venne confermato dal Rev.mo Leggero, il quale riconosceva essere stata la sua guarigione un vero miracolo del Servo di Dio: e mi soggiungeva: - D. Bosco fu per me un secondo padre!
In questi giorni D. Bosco alle prove di sua bontà, aggiungeva quelle della sua prudenza e giustizia. Ei non tollerava le mancanze di rispetto a chi era investito di autorità. Avvenne adunque che un assistente, non visto bene dai giovani, fosse da alcuni di questi schernito e che irritato alzasse le mani. Quella violenza aveva suscitato un gran fermento nella Comunità, non assuefatta a tali repressioni. Nei giovani quella sera eravi una viva aspettazione di ciò che avrebbe detto D. Bosco, il quale dopo aver ammonito in privato l'assistente, salì la cattedra. Molto serio in volto ei prese a dire come tutti conoscessero quanto a lui recasse disgusto non solo il sapere che un giovane avesse ricevuta qualche percossa, ma anche che fosse stato ripreso con severità eccessiva. Egli vietare assolutamente simili maniere. Quindi passò ad osservare come certe irriverenze e certi schemi avessero irritato un povero chierico e che da lui non si poteva pretendere, anche se avesse torto, una sopportazione, che doveva essere frutto di virtù quasi eroica. D'altra parte gli atti e le parole di qualche alunno doversi giudicare come una vera insubordinazione, che in altre circostanze non avrebbe potuto rimanere impunita. Tuttavia essere meglio rimediare pacificamente quel disordine. Quindi da una parte non vi siano mai più villanie, dall'altra mai più violenze. - A questo punto sospese il discorso: il suo viso si rischiarò e col suo affabile sorriso ripigliava: - Vorrei per l'affetto che porto a tutti fare anche l'impossibile....
.................... Mi rincresce delle botte che avete prese, ma non ve le posso levare. - A questa conclusione tutti risero, si dissipò quel malumore, e si può dire che: justitia et pax osculatae sunt.
Questo fatto che in sè non ha molto importanza, noi qui lo abbiamo inserito per affermare una volta di più, come queste centinaia di testimonii della vita di D. Bosco fossero svegliati, arditi, non sofferenti di soprusi, compresi del rispetto che loro era dovuto. All'Oratorio non potea esservi altro mezzo di governo, che una parola dominante che persuadesse.
Intanto a Mirabello sorgeva il vasto edifizio ad uso collegio convitto, o piccolo Seminario per la Diocesi di Casale, che D. Bosco aveva designato. Nell'autunno del 1862 si eran incominciati a fare gli scavi e gettare le prime fondamenta: e nel marzo di quest'anno il capo mastro Giosuè Buzzetti metteva mano ad erigere le mura per terminare le costruzioni nel mese di agosto. La spesa doveva ammontare a più di 100,000 lire. Ma D. Bosco si era abbandonato nelle braccia della divina Provvidenza. A qualche spesa provvedeva la famiglia Provera, mentre con generose elemosine la Contessa Callori gli veniva in aiuto.
 D. Bosco, che era stato da quelle parti, scendeva in Asti a perorare la causa dei giovanetti e chierici dell'Oratorio, appartenenti a quella diocesi, presso Mons. Sossi Vicario generale Capitolate, al quale poi scriveva:
 
Carissimo Sig. Vicario,
 
Desiderava di poter in quel giorno parlare con V. S. Car.ma, ma la coincidenza di dover Ella venire a Torino, nel punto stesso del mio arrivo, me l'ha impedito in gran parte. Sono eziandio passato più volte per parlare al Sig. Teol. Magnone, ma non ho avuto il piacere di trovarlo in casa, laonde Le comunico qui per iscritto quanto è più essenziale, riguardo ai nostri interessi.
Con lettera di Lei in ottobre 1861 concedeva al Chierico F……la pensione intera in fr. 40; ai due fratelli P……25 caduno.
Nello scorso autunno, non so se per lettera o verbalmente era concessa anche l'intera pensione a questi due ultimi. Riguardo al Preda tutto come fu notato dal Sig. Teol. Magnone. Avvi eziandio il parroco di Tigliole che mi scrisse lettera in cui mi dice, che, dietro a colloquio avuto con Lei, Ella avrebbe fatto a questa casa l'offerta di Fr. 100 annui pel giovanetto Gay Domenico di quel paese, e studente di 2a latina nelle nostre classi.
Riguardo a costoro credo che siamo stati intesi in quel poco di tempo che ebbi l'onore di poterle parlare, che per quest'anno non si fanno cangiamenti; perchè io non potrei a metà dell'anno far nuove intelligenze co' parenti dei giovani. Negli anni successivi il Seminario d'Asti farà quello che può, ed io mi presterà anche fin dove giungeranno le sempre esauste mie finanze.
Oltre ai giovanetti mentovati ne ho ancora 32 Astesi tutti di buone speranze; di essi la maggior parte sono gratis: alcuni pagano parte di pensione, niuno la paga intera. Era mio scopo di pregare Lei a venire in aiuto di questi giovanetti che fanno di loro sperare assai bene; ma stante le finanze ristrette in cui mi accennò trovarsi l'amministrazione del Seminario, non ne ho più fatta parola. Proporrei soltanto il giovane Prete Luigi di Agliano studente di 2° Rettorica, bramosissimo, di vestire al più presto l'abito clericale. Gli anni addietro i parenti pagarono una tal quale pensione; in quest'anno i parenti vennero per
ritirarlo e condurlo a casa, perchè non potevano più pagare nulla; io scrissi una lettera e poi un'altra a V. S. esponendo il caso e dimandando pel medesimo appoggio e protezione, ma mi si dice che tali lettere non Le siano pervenute; credo che questa la perverrà e con essa glielo raccomando.
L'anno venturo 1863 - 64 aprendo Ella un piccolo Seminario potrà aggiustare le cose iversamente, ed io farò pure i miei calcoli quid valeant humeri: - che se il Sig. Teol. Magnone potesse per ora saldare la nota, che gli ho fatto trasmettere dal Sig. Can.co Ballario, lui farà speciale favore attesi i bisogni, in cui attualmente versa questa casa.
Dio Le doni sanità e grazia e mi creda quale con pienezza di stima .e di affetto ho l'onore di professarmi
Di V. S. Car.ma
 
Torino, 30 marzo 1863­
 
Aff.mo Servo ed Amico
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
L'Oratorio era dunque da tre anni piccolo Seminario per la Diocesi di Asti.
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