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Capitolo 39

Viva aspettazione delle nobili famiglie Romane - Arrivo di Don Bosco - Accoglienze alla stazione - Dice messa a S. Bernardo - Visita il Card. Vicario ed è ospitato dal Tipografo Marietti - Difficoltà Per Don Bosco di far vita ritirata - Riprende le pratiche per ottenere l'approvazione della Pia Società e le Dimissorie - Seri ostacoli per il conseguimento delle Dimissorie - Il Teol. G. Margotti, interrogato dalla Sacra Congregazione, le manda un ragguaglio intorno all'Oratorio e a Mons. Riccardi - Confidenza di Don Bosco nella Madonna - I suoi alunni in Torino pregano per lui - Don Bosco benedice il nipote del Card. Berardi, gravemente infermo, e il fanciullo guarisce. - Obiezioni sul voto di povertà, inteso secondo le Regole della Pia Società - Il Card. Antonelli, cessati per l'invocazione e la benedizione di Maria Ausiliatrice i dolori della Podagra, va dal Papa a raccomandargli la causa di Don Bosco.


Capitolo 39

da Memorie Biografiche

del 05 dicembre 2006

Colla mente piena de' suoi progetti, accompagnato da Padre Verda, Don Bosco avvicinavasi a Roma.

Le prime signore di questa città e le loro famiglie godevano immensamente al pensiero che avrebbero, anche quest'anno, visto Don Bosco. Furono sempre le donne che promossero in ogni modo le opere di fede e di carità in ogni regione della terra, come ci attestano le storie ecclesiastiche.

È da due mesi le donne romane aspettavano il Servo di Dio.

La Marchesa Vitelleschi l'11 novembre 1868 scriveva al Cav. Oreglia:

“ Ieri sera nel salone si parlava sul nostro tanto gradito e simpatico tema: Don Bosco e Compagno. Che bellezza di avere la sorte di rivedere a gennaio quell'Uomo di Dio. Sto sempre in paura di qualche nuovo ritardo, perchè smanio parlargli. Ne ho tanta necessità ”.

Un'altra signora, che si sottoscrive X…..Maria, in data 2 gennaio 1869, diceva:

“ Ricevo in questo punto un tesoro di lettera del nostro Don Bosco. Scrivo a Lei perchè lo ringrazii tanto da parte mia. Questa lettera me la tengo in tasca, perchè ogni tanto la rileggerò per cercar conforto. Mi era stata annunziata da alcuni giorni ed io l'aspettava, come può figurarsi, con viva impazienza... Si figuri quanto desidero la venuta di Don Bosco ”.

Cornelia Von Millingen, in data 10 del 1869:

“ Sento con piacere che Don Bosco viene presto e spero che vorrà dire la messa nella mia cappellina: ci conto ”.

Isabella C., il 13 gennaio:

“ Può credere quanta gioia io provi per la venuta di Don Bosco, che per grazia di Dio arriva questa sera. Ora è mi impegno di trovare la maniera di poterlo avvicinare ”.

Madre Maddalena Galleffi, il 14 del 1869, ore 9 antim.:

“ Feci sapere al Padre Ambrogio (reso immobile dalla paralisia alle gambe) che veniva a Roma Don Bosco di cui esso ha somma stima, ma non poté ancora conoscere di persona. Spera questa volta di fare la di lui conoscenza. Io spero qualche cosa di più, se a Dio piace...

” Appena pranzato mi è giunto l'avviso che stassera arriva Don Bosco e ho saputo la casa dove prende domicilio. Sempre lontano da Tor de' Specchi ”.

Queste notizie non erano esatte. Don Bosco arrivò il mattino del giorno 15 venerdì. Lo attendevano sotto la tettoia della stazione il Marchese Angelo Vitelleschi colla sua consorte, il Marchese Villarios, il Conte Calderari e Mons. Emiliano Manacorda, il quale presentò al Servo di Dio la licenza di celebrare in tutte le chiese di Roma per due mesi, firmata in quello stesso giorno dal Cardinal Vicario.

Tre carrozze principesche stavano innanzi all'uscita della stazione. Due erano del Cav. Filippo, fratello del Card. Berardi, e la terza di un altro nobile personaggio. Erano state condotte dentro al recinto della ferrovia, benchè fosse proibito introdurre carrozze in quel luogo, a meno non si trattasse di qualche grande personaggio religioso o politico. Per conseguenza erasi destata la curiosità degli impiegati e delle guardie ferroviarie, e di coloro che passavano: e molti si eran fermati per vedere chi doveva arrivare.

Don Bosco fu invitato dal maggiordomo del Cardinale a salire sulla prima di quelle vetture.

 - Per chi queste carrozze?

 - Per Don Bosco e per chi lo accompagna.

 - E qual bisogno v'è di questo?

 - Il Card. Berardi ha voluto così: anzi mette una carrozza a sua disposizione per tutto il tempo che dimorerà in Roma.

 - Oh! questo poi no; Don Bosco non è assuefatto a queste magnificenze.

 - Ma almeno permetta...

 - No... no; perdonatemi... Don Bosco va a piedi.

Gli ripugnava di entrare in Roma con un treno quasi regale. Alla sua risoluta risposta il maggiordomo non osò più insistere e disse:

 - Allora senta: Sua Eminenza il Cardinale la pregherebbe a voler fare il più presto possibile una visita ad un suo nipotino, il quale è gravemente ammalato; desidererebbe che lo raccomandasse a Maria SS. Ausiliatrice, che lo benedicesse, e lo facesse guarite.

Don Bosco promise che sarebbe andato a vedere il fanciullo, ma nell'atto che si congedava, Mons. Manacorda gli fece osservare come egli fosse stanco pel viaggio, che il

Cardinale avrebbe avuto dispiacere che Don Bosco non avesse gradito quel suo atto di cortesia, e quindi lo consigliava ad usare di quella carrozza per quella volta.

Don Bosco si arrese alla preghiera di Monsignore e le due vetture de' suoi nobili amici sfilarono alla vicina chiesa di S. Bernardo alle Terme, dove Don Bosco celebrò la Santa Messa. Padre Verda, sulla terza vettura, andò a prendere stanza nel convento del suo Ordine.

Mentre il Servo di Dio era all'altare, entrò in Chiesa un signore mandato dal Cav. Filippo Berardi, che per affari urgenti non aveva potuto: trovarsi alla stazione. Quel signore pregò Mons. Manacorda a voler dire a Don Bosco che si degnasse di fare un memento pel piccolo infermo, il quale versava in gravissimo pericolo di vita. Monsignore fece subito la commissione al Venerabile, il quale ascoltò, fece cenno di assenso col capo, e continuò come sempre, assorto in Dio, la S. Messa.

Il Procuratore Generale dei Monaci Cisterciensi, l'abate Bottino, lietissimo dell'onore fattogli dal Venerabile, si disse fortunato di potergli offrire un caffè.

Da S. Bernardo il Venerabile fu condotto ad ossequiare il Card. Vicario e poi all'abitazione del Tipografo Cav. Pietro Marietti, dove aveva stabilito di fermar sua dimora.

Queste notizie ci furono date da Mons. Manacorda.

Don Bosco aveva risoluto di far vita molto nascosta per essere maggiormente in libertà; e impiegare tutto il tempo nel disbrigo de' suoi affari, ma a stento vi riuscì.

Saputosi in Roma del suo arrivo, un gran numero di Romani e di forestieri cominciò ad affollare la casa del Cav. Marietti per aver udienza dal Venerabile; e il cavaliere, secondando il desiderio di Don Bosco, con qualche pretesto li congedava. Ma quelli protestando:

 - Siete voi che ci volete impedire che trattiamo con Don Bosco dei nostri interessi! Voi volete tenervelo tutto per voi, Don Bosco! E i nostri affari non valgono i vostri? Se Don

Bosco sapesse che desideriamo parlargli, ci accoglierebbe volentieri.

Il povero Cav. Marietti aveva un bel da fare per cavarsela. Con tutto ciò alcuni privilegiati riuscivano a penetrare presso il Servo di Dio, e ad incontrarlo per via, o alla porta dei sacri palazzi, ove lo aspettavano.

Grande era la stima che godeva Don Bosco presso ogni ceto di persone. Il rev.mo Padre Domenicano Jandel lo teneva in alto concetto di prudenza e santità. Ci scriveva il rev.mo P. F. Giacinto Maria Cormier, poi Ministro Generale dei PP. Predicatori, dal convento di Bor. p. Nasac (Aveyron) nel luglio 1888, com'egli raccogliendo i documenti relativi alla vita del Padre Jandel trovasse prove della sua stima pel fondatore dei Salesiani e come in quegli anni volentieri detto padre lo visitasse a Roma.

Don Bosco si era recato all'eterna città per vari affari, come abbiam detto, non esclusi gli incarichi ricevuti a Firenze, ma ciò che gli importava più di tutto era l'approvazione della Pia Società e la facoltà delle dimissorie per le sacre Ordinazioni. Le ripulse non erano riuscite a scoraggiare la sua eroica fortezza. Aveva dato tempo al tempo; ed era tornato alle suppliche, ora per lettera, ora personalmente, il più delle volte invano; ma egli, pago di far intendere anche solo una piccola ragione alla volta, attendeva fiducioso.

Ora, benchè avesse presentate numerose Commendatizie, si trovò subito tra le incertezze e le difficoltà. Abbiamo in una nostra memoria le sue stesse parole:

“ Giunto a Roma cominciai a tastar il terreno, ma pur troppo era vero che pochi Prelati mi avrebbero secondato: tutti erano freddi, disperanti del buon esito e le persone più influenti mi avversavano. Erano giunte a Roma lettere molto contrarie alla Pia Società in cui si lodava Don Bosco, le sue intenzioni, l'Oratorio, il bene che vi si faceva per la gioventù; ma si osteggiava la Congregazione, principalmente per l'articolo che avrebbe sottratto i chierici alla giurisdizione dei Vescovi. In questo senso citavansi memoriali e rescritti. Lo stesso Cardinale De Angelis, amico personale di Don Bosco, non approvava fosse concesso tale favore.

” Io faceva osservare che la facoltà delle dimissorie è parte fondamentale delle Congregazioni ecclesiastiche; e che eccettuate le Congregazioni Diocesane, le altre che hanno comunione di case in diverse diocesi, tra noi godono tutte di questo privilegio. Aggiungeva che molti Vescovi, come si legge nelle Commendatizie, desideravano di cooperare al consolidamento della Società Salesiana e favorirlo in tutto quello che giudicavasi utile e conveniente. Sennonchè venivami risposto che la facoltà delle dimissorie, se fosse concessa, sarebbe stata inclusa nell'approvazione delle Costituzioni; ma che per allora si sarebbe trattato soltanto dell'approvazione della Società in genere e non essere cosa facile neppur questa ”.

Lo stesso Teologo Giacomo Margotti, così affezionato a Don Bosco, era dal parere del Cardinale De Angelis e di altri prelati. La Santa Sede, non soddisfatta dalle informazioni di Mons. Tortone e dell'Arcivescovo di Torino, aveva in via confidenziale pregato il Teologo di dare un ragguaglio accurato intorno alle divergenze tra Mons. Riccardi e Don Bosco e sull'insegnamento che s'impartiva nel Seminario Arcivescovile. Il Teol. Margotti rispondeva a Mons. Svegliati

 

 

Torino, la festa di S. Francesco di Sales 1869.

 

Reverendissimo Monsignore,

Per compiere alla meglio lo scabroso incarico ho dovuto consultare persone pie, dotte ed informate pienamente d'ogni cosa, senza mancare tuttavia all'impostami riservatezza. Ed eccole, Monsignore, il risultato delle mie ricerche.

1° L'Istruzione Ecclesiastica nell'Oratorio di Don Bosco è per ogni parte commendevolissima. I suoi chierici ad una profonda pietà uniscono una soda dottrina, ed anche da questo lato l'Oratorio di Don Bosco ha reso e rende segnalati servigi alla Chiesa in genere ed in ispecie alla diocesi di Torino.

2° L'insegnamento del Seminario Arcivescovile prende oggi uno slancio straordinario. Dei tre professori nominati, il Barone è forse quello di cui si potrebbe temere e sulla prime anche qualche chierico si lamentò del suo insegnamento. Ma da un anno cessarono questi lamenti e non se ne udirono mai sul conto degli altri due professori Barbero e Testa. L'ultimo, in ispecie è uomo di buono spirito e profonda dottrina.

3° Un insegnamento indipendente dall'Arcivescovo di Torino potrebbe produrre gravi conseguenze e generare due partiti non solo nel clero giovane, ma anche negli attempati sacerdoti, e il male sarebbe ben maggiore di quello che si deplora presentemente.

4° L'insegnamento del Seminario deve venire sorvegliato, e quando dia luogo a qualche lagnanza, purchè l'Arcivescovo n'abbia cognizione, si può essere certi che vi apporrà rimedio. Importa assai che conosca il bisogno di sorvegliare.

5° L'Oratorio di Don Bosco merita ogni favore, ma il principio d'indipendenza, ripeto, sarebbe un germe fatale di scissure e di scismi. Raccomandare l'Oratorio all'Arcivescovo, cosicchè da lui ottenesse ciò di cui abbisogna per sempre più prosperare, ecco il partito giudicato migliore da persone pratiche, che hanno in vista soltanto la gloria di Dio ed i vantaggi della Chiesa.

E siccome io le scrivo questo veramente in Domino, così non ho nessun timore di sottoscrivermi con profondo ossequio,

Di V. Sig. Rev.ma,

Dev.mo Obbl.mo Servitore

T. G. MARGOTTI.

 

“ Vidi, continua Don Bosco nella citata memoria, che era propriamente necessario un miracolo per cambiare i cuori, altrimenti sarebbe stato impossibile il venire ad una conclusione favorevole ai miei desiderii. Si prendevano le nostre povere regole e ad ogni parola si trovava una difficoltà insormontabile. Coloro che avrebbero potuto fare di più in mio favore, erano quelli che più risolutamente si manifestavano di parere contrario. Io però confidando nella Madonna e nelle preghiere che si facevano nell'Oratorio aveva speranza che tutto sarebbe superato ”.

Don Rua scriveva a sua volta nella cronaca:

“ Nel tempo che Don Bosco dimorò nell'eterna città i giovani dell'Oratorio non mancarono mai di recitare le preghiere prescritte. Anzi aggiunsero corone di comunioni per cui molti s'incaricarono di fare in giorno di propria scelta la S. Comunione per Lui, in modo che ogni giorno della settimana ve ne fosse un certo numero a compiere tale uffizio di riconoscenza verso il loro buon padre ”.

E le preghiere dei figli furono esaudite.

Erano già passati alcuni giorni dall'arrivo di Don Bosco a Roma, e pareva che egli si fosse dimenticato della raccomandazione fattagli dal Cardinal Berardi. Il nipote era un fanciulletto di circa undici anni, unico rampollo di ricca e nobilissima famiglia, quindi erede d'uno straordinario patrimonio: cui dovevano essere devoluti anche i beni di alcune altre case, e perciò molte speranze erano poste sopra di lui. Come si può immaginare, era il beniamino, la delizia, l'oggetto più caro de' genitori e dello zio. E da quindici giorni era consumato da una maligna febbre tifoidea, sicchè privo di forze, senza potersi muovere dal letto, già si giudicavano inutili i rimedii dell'arte medica, e si teneva come perduto.

In que' giorni pi√π volte l'Eminentissimo aveva fatto chiamare Don Bosco, ma ora per un motivo, ora per un altro, questi non aveva potuto andare. Finalmente con angosciosa impazienza gli aveva fatto dire:

 - Venga per carità, venga per vedere se vi è ancor speranza di vita per questo giovane.

E Don Bosco andò. Entrato nel palazzo gli tutti furono d'attorno e gli dissero:

 - Don Bosco lo faccia guarire, lo faccia guarire!

E il Servo di Dio, senza parlare del nipote, si volse al Cardinale, e:

 - Eminenza, son venuto perchè Ella mi aiuti presso il S. Padre ad ottenere l'approvazione della Società di S. Francesco di Sales.

 - Ella, rispose il Cardinale, mi faccia soltanto guarire questo nipote, e poi parlerò io in favore della sua Società presso il S. Padre.

Allora Don Bosco fu introdotto nella stanza del piccolo infermo. Il Venerabile si avvicinò al letto, e:

- Abbiate fede, disse ai parenti, pregate Maria Ausiliatrice, incominciate una novena; ed Ella, signor Cardinale si occupi della Società di S. Francesco di Sales.

E disse fra sé: - Lasciamo che la Madonna incominci Lei!

Poi, recitate alcune preghiere, benedisse l'infermo. La febbre lo lasciò all'istante, et reliquit eum febris. Il Cardinale ripeté la promessa di fare quanto avrebbe potuto in favore della Pia Società, non facendo più ma superando le difficoltà, se il nipote guarisse. Si incominciò la novena, e dopo tre giorni Don Bosco ritornò a visitare il caro ammalato. Il ragazzetto era seduto sul letto, e appena lo vide:

 - Oh! Don Bosco, io sto meglio, sa, ho già mangiato un po' di lesso ed un po' di fritto. - Era appena il terzo giorno della novena ed era tanto migliorato, che trovavasi fuori di pericolo. E si riebbe,  in breve, intieramente.

Il fatto straordinario commosse tutta la famiglia: la grazia di Maria SS. era evidente. Il Card. Berardi fuori di sé dalla consolazione andò a far visita al Servo di Dio, e gli disse:

 - Don Bosco, qualunque cosa vuole da me, son pronto a farla: non ha che a comandare!

 - Lo sa che cosa desidero: si interessi della mia Società, ne parli al S. Padre, veda di aggiustare le cose in modo che possa conseguire ciò che desidero.

 - Farò tutto, andrò subito dal S. Padre e gli parlerò, stia sicuro.

E dimandata udienza al Papa, gli parlò. Tutto entusiasmato di Don Bosco, gli narrò il fatto avvenuto e gli raccomandò con vive istanze la Pia Società di San Francesco di Sales. Quel santo Pontefice ne rimase sorpreso e desiderò di veder presto il Venerabile.

Nel frattempo la Sacra Congregazione aveva già tenuta qualche conferenza ed esaminate le Costituzioni, e la maggior obiezione che rimaneva era il ravvisare una contraddizione tra il voto di povertà e il possesso; come mai un individuo potesse essere membro della Congregazione, professando povertà e ritenendo il possesso de' proprii beni. È cosa assurda, ripetevasi, che uno possa dirsi povero mentre possiede palazzi e ville e ha diritto di disporre per testamento delle sue ricchezze.

Don Bosco recavasi invano a far visita agli uni e agli altri, dimostrando come la pratica della povertà evangelica, espressa nelle sue Regole, non fosse contraria alla natura di questo voto, e ciò fosse l'unico modo per salvare i beni degli Ordini religiosi dagli incameramenti della rivoluzione.

Que' teologi però, che forse non conoscevano l'approvazione data dalla Chiesa alla Congregazione dei Rosminiani, solo dopo aver esaminata attentamente la questione, si accordarono in fine nell'idea di Don Bosco. Videro anch'essi che in questi tempi l'unico mezzo di sussistenza per un religioso doveva essere il proprio patrimonio.

Si seppe ne' conventi di Roma della tesi sostenuta da Don Bosco e i Superiori de' frati Predicatori e de' Francescani furono a lui per consultarlo sopra il suo modo d'intendere il voto di povertà, domandarongli copia del suo regolamento e dichiararono che, se la Chiesa lo avesse approvato, avrebbero in questo punto ritoccato il loro nel modo da lui presentato e spiegato. E infatti, dopo qualche anno, lo addottarono tutti gli Ordini dell'antica osservanza. E fin d'allora qualche Eminentissimo assicurava Don Bosco che il Concilio Ecumenico avrebbe preso per base la stessa regola per provvedere all'esistenza di tutti gli Ordini religiosi.

 - Così, esclamava il Servo di Dio in una conferenza ai Salesiani, il Signore, si è servito di noi per proporre un nuovo modello riguardo al voto dì povertà, secondo i bisogni de' tempi. Tutto a gloria di Dio, perchè è Lui che ha fatto tutto.

Tuttavia siccome alcuni dei più influenti nelle Congregazioni giudicavano come impossibile quell'approvazione, egli, per eseguire gli incarichi ufficiosi accettati a Firenze e per assicurarsi un protettore, erasi portato a visitare il Card. Antonelli, cui eziandio pareva impossibile l'approvare in questi tempi la nostra Società, massimamente perchè gli sembrava di trovare nelle stesse sue Regole delle contraddizioni. E il buon esito dell'affare dipendeva in parte da lui. L'Eminentissimo se ne stava seduto sovra d'un canapè, travagliato fortemente dalla podagra.

 - Venga avanti, Don Bosco carissimo, venga.

 - Eminenza, come sta?

 - Eh, vede come sto! Son qui inchiodato sopra la poltrona da alcuni giorni. La mia podagra è ritornata. Mi aveva lasciato dopo l'ultima sua visita. Allora mi feci raccomandare a Maria Ausiliatrice e mi sentii sollevato; ed ora di nuovo mi fa provare dolori atrocissimi.

 - Eminenza, mi aiuti ne' miei affari, ed io la garantisco che starà meglio.

 - Che cosa desidera da me?

 - Son venuto qui per raccomandarmi a Lei che si occupi della Società di S. Francesco di Sales.

 - Eh! diss'egli, mi pare assai difficile questo, tuttavia le prometto di raccomandarla al S. Padre non appena potrò andare all'udienza da Lui.

 - Avrei bisogno che vi andasse presto.

 - Ma ella vede come mi trovo; non posso muovermi. Il Papa è solito venire da me non potendo andar io nelle sue stanze, e allora gliene farò parola.

 - Abbia fede in Maria Ausiliatrice e vada presto. Prometta soltanto d'impegnarsi per l'approvazione della Società di S. Francesco di Sales.

Il Cardinale lo guardava e taceva.

 - Procuri d'andar presto dal S. Padre, - replicò Don Bosco.

 - Quando ...? - esclamò il Cardinale, fissandogli sorpreso gli occhi in faccia.

 - Domani!

 - Vuol dire che potrò proprio andare?

 - Sì, domani!

 - Ma come potrà essere?

 - Abbia fede, fede viva in Maria Ausiliatrice, perchè altrimenti non facciamo nulla.

 - Va bene, andrò domani, ma se poi

 - Me ne rendo responsabile io: domani starà meglio. Lasci la cosa a Maria: Ella saprà come fare.

 - Va bene, andrò domani; e se si avvera dò che mi promette, farò quanto posso per promuovere la sua Congregazione.

All'indomani mattina il Cardinale Antonelli stava notevolmente meglio: gli spasimi erano cessati, andava all'udienza del S. Padre, e gli raccontava il suo dialogo con Don Bosco e la guarigione.

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