Guarigione meravigliosa di un alunno dell'Oratorio La pace conchiusa coll'Austria e la cessione del Veneto all'Italia: Persecuzione contro il clero nelle nuove provincie - Licenza Parziale data dal Governo di Firenze ai Vescovi espulsi di rientrare nelle loro diocesi: sfrontate calunnie - Liberazione di Mons. Rota e suo ritorno a Guastalla - Sito articolo mandato all'Unità Cattolica Per ringraziare i Piemontesi e D. Bosco Sue lettere a D. Cagliero e a D. Bosco - Gravi disgusti - Letture Cattoliche: VALENTINO O LA VOCAZIONE IMPEDITA - Il Galantuomo: prefazione: tutti i giovani dell'Oratorio partiti Per la guerra sono ritornati sani e salvi: rimedio infallibile contro il colera.
del 06 dicembre 2006
 Per gli alunni dell'Oratorio Maria SS. era sempre madre pietosa e D. Bosco un tenero padre.
“ Io - narra il giovane Battagliotti - sono un giovanetto liberato da gravissima sciagura per intercessione dell'augusta Regina del Cielo.
” Animato dal vivo desiderio di percorrere la carriera degli studii, mi era caldamente raccomandato al mio sig. Prevosto affinchè mi aiutasse e consigliasse colla sua solita carità. Egli si adoperò e mi ottenne un posto nell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Era ebbro di gioia e non altro attendeva che il mese di agosto per recarmi al luogo destinato, per tentare le prime prove e per cominciare il ginnasio. Ma che? Una grave sciagura venne a colpirmi e deluse ogni mia speranza. Una sera
di maggio di quest'anno, mentre faceva la mia preghiera, caddi da un fienile sul duro selciato e rimasi come morto. Passai due giorni ignaro di quanto fosse avvenuto di me e tutti giudicavano ad ogni istante che io dovessi rendere l'ultimo respiro.
” Avevo tutta la persona, direi quasi, scompaginata, con una grave rottura. Tuttavia mediante le cure del medico e le sollecitudini de' miei parenti, dopo due giorni riacquistai l'uso dei sensi e poco per volta rinacque la speranza di guarigione.
” Ma quando sembravami di essere guarito, mi accorsi che il malore avevami lasciato un triste retaggio, vale a dire mi avvidi che aveva perduta la facoltà intellettiva e la memoria.
” Non si può esprimere il dolore e il dispiacere che ho provato nel vedermi così troncato il filo delle mie speranze. Ho fatto ripetute prove, ma non era riuscito di farmi entrare in capo un periodo di un libro od un pensiero di cose scientifiche. Tuttavia travagliato dal desiderio dello studio, col consiglio del mio Prevosto, volli recarmi a fare almeno una prova nell'Oratorio di S. Francesco di Sales, dove altri miei compagni mi attendevano. Qui crebbe la mia desolazione. Passava più ore sui libri, stava colla massima attenzione nella scuola, ma nulla poteva nè comprendere, nè imparare.
” Nel vedere i miei condiscepoli di giorno in giorno progredire nelle lezioni ed io invece rimanermene senza profitto, privo di speranze passava i miei giorni nella melanconia, nell'afflizione, nel pianto.
” Un mattino andai in sagrestia, mi presentai a D. Bosco e dando in dirotto pianto:
” - D. Bosco, gli dissi, mi faccia guarire dal mio mal di capo.
” - Caro figlio, egli commosso mi rispose; vorrei saperti suggerire qualche rimedio efficace... ma... hai già fatto ricorso a Maria SS. Ausiliatrice dei Cristiani? Hai fiducia nella bontà del Signore e nella potenza dell'augusta sua Madre Maria SS.?
” - Sì che l'ho e faccio tutto quel che posso per accrescerla.
” - Vieni, ascolta con divozione la S. Messa, e poi ci parleremo: e spera.
” Dopo che ebbe celebrata la S. Messa, mi condusse davanti all'altare della B. V., e mi disse:
” - Fa' una novena, recita tutti i giorni tre Pater, Ave, Gloria a Gesù Sacramentato, con tre Salve Regina alla Madre di Dio colla giaculatoria Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis. Se guarisci dal tuo male riconoscilo dalla protezione di Maria Ausiliatrice e per la grazia ottenuta farai qualche oblazione per i lavori della Chiesa che in onore di Lei si va qui costruendo.
” - Farò quanto mi dice riguardo alle preghiere, ma essendo io un povero giovane, non posso fare alcuna oblazione.
” - Tu farai oblazione di preghiere, affinchè la SS. Vergine ispiri qualche suo divoto a fare oblazioni di altro genere; e per gratitudine verso la tua celeste benefattrice racconterai la grazia ricevuta.
” Tutto promisi, ed io sentiva in quel momento una fede così viva in cuore che già sembravami di essere guarito. Ma era illusione. Il male di capo mi continuò maggiormente, la mia testa sempre più confusa, la mia memoria vieppiù alterata. Ogni giorno pregava, mi raccomandava alle preghiere de' miei Superiori e dei miei compagni, ma senza alcun risultato. Era l'ultimo giorno della novena ed io aveva peggiorato e mi sentiva crescere i miei malori e per soprappiù parevami che acuti chiodi mi fossero conficcati nel cervello. La sera di quel giorno, oppresso dal dolore, mi presentai a D. Bosco che appena mi vide, tosto mi disse: - Ebbene, come stai? Hai migliorato?
” - Niente finora! Molto peggio di prima! Ho perduto ogni mia speranza!
” - Ragazzo che sei, perchè dubitare? Va' a fare la solita preghiera, riponi piena confidenza in Maria SS. Ausiliatrice e spera.
” Feci quanto mi veniva proposto; dopo andai a riposo. Mentre addolcivo i miei dolori colla speranza, senza sapere se dormissi o fossi desto, mi parve che una mano mi spingesse sollevando tutta la mia persona.
” - Io sono guarito, dissi tosto, sentendomi pieno di vigore: io sono guarito: lo stomaco, il capo non soffrono più alcun male.
” Colmo di gioia, a stento potei chiudere occhio in quella notte. Ma questa gioia crebbe mille volte di più, quando fattosi giorno ed aperti i libri di scuola, potei studiare la mia lezione, compiere i doveri scolastici, capire tutta la spiegazione del mio maestro. Debbo eziandio notare che non solo rimasi totalmente guarito delle facoltà intellettuali, ma eziandio dei mali corporali, cosicchè ho potuto ripigliare le mie ordinarie occupazioni, con fondata speranza di continuare la carriera degli studii e giungere, se a Dio piacerà, allo stato ecclesiastico.
” Ognuno può facilmente comprendere qual sia stata la mia contentezza. L'allegria mi inondava il cuore e mi muoveva alle lagrime. Andai al medesimo altare a ringraziare Maria Ausiliatrice e racconterò sempre la grazia che per la potente intercessione di Lei ho ricevuta.
” Se mai qualche mio compagno leggerà questo fatto, non dimentichi di far prova della potenza di Maria Ausiliatrice, ricorrendo alla sua intercessione ne' suoi particolari bisogni. ”
La sospirata pace tra l'Italia e l'Austria era finalmente stata conchiusa a Vienna il 3 ottobre. Le truppe austriache si erano ritirate dal Veneto e il 19 dello stesso mese il generale Le Boeuf, a ciò delegato da Napoleone III, ne aveva fatta la consegna all'Italia. Dal 21 al 27 si compì la formalità del plebiscito. Dappertutto si vide il clero precedere i popolani alle urne per chiedere l'unione al regno d'Italia. I Vescovi con apposite circolari avevano invitati i popoli a rendimento di grazie col Te Deum, a pregare pel nuovo Re Vittorio Emanuele, a concorrere tutti al plebiscito. Il Re, il 4 novembre, riceveva in Torino la deputazione dei Veneti che gli presentavano il risultato quasi unanime del plebiscito, il 7 faceva solenne ingresso in Venezia, e agli indirizzi di congratulazione, devozione e fedeltà firmati dai Vescovi e dal Clero, faceva rispondere cortesemente, accettandone i voti e ricambiandoli con parole di fiducia e di venerazione.
Ma nulla bastò a mitigare l'odio delle sette contro il sacerdozio e si persistette nel gridare che non dovevasi credere al Clero, che bisognava tenerlo basso, che gli si dovevano far scontare le complicità col passato Governo, che bisognava levargli ogni mezzo di osteggiare la libertà. E con queste diffidenze ognora inculcate fra la bassa plebe, riuscirono i fautori di tumulti a provocare ingiurie e crudeli violenze.
L'Em.mo Cardinale Patriarca di Venezia, richiesto di benedire la bandiera della Guardia Nazionale e inaugurare con solenne rito l'attuazione de' nuovi ordinamenti civili, subito accettò e vi si dispose di buonissimo animo. Mentre però stava per uscir di palazzo, una moltitudine di ribaldaglia lo insultava strepitando. Impediva maggiori oltraggi un'arringa ai tumultuanti del Comandante della Guardia Nazionale e la funzione si potè fare senza disordini. Ma i Commissarii del Governo anche nel Veneto avevano cominciato la persecuzione contro il clero con l'applicazione del domicilio coatto, delle carcerazioni, delle visite domiciliari e de' sequestri.
Si videro tra i gendarmi, in forma di rei, condotti alle pubbliche carceri, accompagnati dagli urli, dai fischi, e dagli insulti dell'infima canaglia, onorandissimi canonici, parroci e semplici sacerdoti, strappati alle loro chiese, senza che si potesse allegare contro loro un indizio neppur tenuissimo di colpa: ed altri furono consigliati a mutar aria da chi, dovendo amministrar la giustizia, guarentire la sicurezza personale, tutelar gli innocenti, non trovava modo di condannarli, nè aveva coraggio di difenderli.
Agli ordini religiosi fu subito applicata la legge di assoluta abolizione e molte chiese furono destinate ad uso profano.
Ma questa persecuzione contro il Clero e l'arbitrio inconstituzionale con cui si tenevano lontani dalle loro diocesi tanti Vescovi, ormai commovevano l'opinione pubblica. Il 15 ottobre Napoleone III col suo autorevole consiglio, recato a Firenze dal generale Fleury, ordinava con insistenza al Governo Italiano di lasciare che i Vescovi espulsi ritornassero nelle loro diocesi, e che si riprendessero le trattative con Roma per la nomina dei nuovi Vescovi troncate nel 1865.
Il Governo di Firenze obbedì subito in quanto al richiamo dei prelati, ma gli stava a cuore che i fatti suoi restassero coperti da un'apparenza di legalità, di moderazione e di rispetto alla Religione. Quindi il 22 ottobre una circolare del Ministro Ricasoli avvertiva i Prefetti, che il Governo aveva deliberato di richiamare i Vescovi allontanati dalle loro sedi, meno quelli che eransi rifuggiti a Roma; e nello stesso tempo difendeva il Governo dalle odiose misure prese, dichiarando, che molti dei Vescovi erano personaggi pericolosissimi, capaci di mettere tutto il regno in grave e presentissimo rischio di andare in rovina; ed aggiungeva la minaccia di tradurli davanti ai tribunali se avessero osato, anche in segreto, farsi sobillatori di cittadine discordie.
Eppure non un solo di questi Vescovi, per quanto il Fisco avesse aguzzato l'occhio, potè essere convinto di reato contro l'autorità del Governo.
Fra i primi fu lasciato in libertà di ritornare alla sua diocesi Mons. Pietro Rota, Vescovo di Guastalla, dopo sei mesi di domicilio coatto. Il 7 novembre i giovani dell'Oratorio, lieti del felice suo ritorno all'amato gregge e dolenti di doverlo perdere, gli improvvisarono una dimostrazione affettuosa; e Don G. B. Francesia leggevagli un inno col quale esprimeva i sentimenti di D. Bosco e di tutta la Comunità.
Monsignore partiva nella notte con un ottimo suo ecclesiastico, D. Antonio Lanza, il quale, condannato esso pure a domicilio coatto, non appena ottenuta un po' di libertà se n'era servito per recarsi all'Oratorio a rendere omaggio e far compagnia all'illustre Pastore.
D. Bosco si adoperò perchè questi ritornasse alla sua sede onorevolmente, poichè temevasi che avesse a soffrire nuovi insulti dalla plebaglia; e ottenne che il sotto-Prefetto Conte Radicati lo accompagnasse con una calda raccomandazione alle autorità di Guastalla..
Mons. Rota, rientrato nel suo Episcopio, rivolse il pensiero a Torino, ricordando le gentili accoglienze ricevute da tante persone, esimie per virtù, distinte per grado e per dignità. La sua lettera indirizzata al Direttore dell'Unità Cattolica, meriterebbe d'essere qui riferita per intiero, tanto è onorevole pel Piemonte e per Torino, ma noi ci limitiamo a riportarne ciò che fa al nostro scopo:
“ Non posso - diceva - e non debbo tacere quell'uomo incomparabile, che mi accolse in sua casa, mi fu generoso di tante cure e di sì delicati riguardi, e che mi edificò colle sue' virtù, col suo zelo, e dirò coi prodigi di carità, che opera in quel suo Oratorio di S. Francesco di Sales. Quei sette od ottocento giovanetti, per lo più levati dalla miseria, che vengono educati alle lettere ed alle arti, e quel che più importa nel santo timor di Dio, que' sacerdoti e chierici, che dedicati all'educazione di questi fanciulli, vivono una vita più dura di quella de' virtuosi claustrali, quella Casa che accoglie una sì sterminata famiglia, uscita alla luce per miracolo, e la magnifica chiesa che le sorge dappresso quasi per incanto, si possono chiamare, specialmente in questo secolo ed in questi anni, prodigi di D. Giovanni Bosco ”.
E ripeteva ai suoi diocesani e al suo clero, ciò che più volte udimmo dalla sua bocca nell'Oratorio: che cioè i giorni più belli e tranquilli di sua vita li aveva passati a Torino con D. Bosco!
Anche a D. Giovanni Cagliero scriveva molte preziosissime lettere che si conservano negli archivi, dalle quali, secondo l'occasione, toglieremo alcune frasi che riguardano l'Oratorio. “ Le rimembranze di Torino, così in una lettera del 4 dicembre, mi tornano sempre più gradite; quando ne parlo, restano tutti ammirati, e, se non avessi a conferma de' miei detti due testimoni di veduta, crederebbesi che io esagerassi. Memore delle tante gentilezze ricevute io ho scritto una lettera di ringraziamento al Direttore dell'Unità Cattolica perchè la pubblicasse. ”
E pochi giorni dopo scriveva a D. Bosco:
 
Guastalla, 9 dicembre 1866.
 
Ossequiat.mo e Car.mo D. Bosco,
 
Approfitto dell'occasione d'una suora della Carità che viene a Torino e conduce seco una fanciulla accettata nella Piccola Casa della Provvidenza per inviarle quel fanciullo che ella ebbe la bontà di accettare. L'occasione essendo capitata all'improvviso, non si è potuto preparare tutto quello che si era trovato da inviargli seco per corredo, ma gli si manderà per ferrovia il più presto possibile. Intanto accludo nella presente un vaglia di sessanta franchi. Che cosa potrò mandare poi in seguito nol posso dire, poichè oggi, oggi precisamente in dì festivo e all'ora che scrivo, mi spogliano dei beni della Mensa Vescovile e del Seminario!!! E poi chi sa che avverrà di poi? Dio ci aiuti!
Il fanciullo si chiama Folloni Eugenio, figlio dei viventi coniugi Angelo e Maria Davaglio, nato e battezzato il 18 marzo 1853 nella Parrocchia di S. Rocco di Guastalla, e munito pure del Sacramento della Cresima, ed ammesso a quelli della Confessione e della Comunione. Esso è miserabilissimo, ma di buon indole, svegliato d'ingegno e bramoso d'imparare. Una fortuita combinazione, che può indicare una particolare disposizione di Provvidenza, si è che il fanciullo dice e sostiene (è il parroco che scrive) che per più giorni prima che io ritornassi dal domicilio coatto, pregava per me e che Iddio lo ha ricompensato. Ora tra i ragazzi che accorsero al mio ritorno quando giunsi a S. Rocco, vi fu anche questo; ed io subito pensai a D. Bosco e dissi: - Se glielo potessi mandare! - E parlatone col parroco, le cose riuscirono come Ella vede. Che il fanciullo sia uno di quelli che la Provvidenza conduce per vie inaspettate a fine prima insperato? Speriamolo.
Intanto io, affidandoglielo, le porgo tanti e poi tanti ringraziamenti. Così crescono verso di Lei i miei debiti. Io mi trovo in Guastalla abbastanza quieto, perchè il Governo tien fermo. Ma che vale una tal protezione, mentre poi...? Le accoglienze e le gentilezze del clero e dei laici della città, finora si riassumono in una parola: il rovescio di quello che vien fatto al Cardinale De Angelis. Pazienza! Ieri andai a fare la funzione dell'Immacolata in una parrocchia della Diocesi di Reggio. Che differenza! Giunto ivi alla sera precedente, si confessò fino verso le dieci; alla mattina si cominciò alle quattro: fuvvi una numerosa Comunione generale: mi pareva di essere in una di quelle parrocchie così decantate del Piemonte. E tutto frutto delle fatiche di un prete!
Basta: bisogna che finisca, perchè preme di mettere in libertà il fanciullo e chi ha da condurlo fino a Reggio. Mi riverisca tanto e poi tanto tutti i preti, chierici, secolari, operai e fanciulli della Casa. Preghi e faccia pregare per me e per la mia diocesi, e mi creda sempre quale di tutto cuore e con somma stima mi dico
Di Lei, Stim.mo e Car.mo D. Bosco,
Dev.mo Obbl.mo e Aff.mo
PIETRO, Vescovo di Guastalla.
 
L'odiosa e calunniatrice persecuzione contro il clero e la depredazione di tutti i beni ecclesiastici dovevano fortemente rendere avversi molti genitori di poca fede alla generosa deliberazione del loro figli, che desideravano di consecrare la loro vita al servizio di Dio nello stato ecclesiastico o religioso. E il fascicolo delle Letture Cattoliche pel mese di dicembre aveva il titolo: Valentino o la vocazione impedita: Episodio contemporaneo esposto dal Sacerdote Bosco Giovanni. Il libretto narra le conseguenze del pervertimento di un povero giovane procurato con perfide arti e la spaventosa punizione del padre sconsigliato. In appendice è stampata una divota preghiera da recitarsi nelle presenti calamità della Chiesa, ed è raccomandato il periodico: Museo delle Missioni Cattoliche, che ha per iscopo di mantener vivo in Italia lo zelo per la Propagazione della fede, e accrescere le elemosine a questo santo fine. L'opera è una gloria del clero, poichè i Missionari italiani erano oltre duemila, fra cui ben quaranta Vescovi.
Veniva in luce anche il Galantuomo pel 1867, almanacco dilettevole ed istruttivo per aneddoti, dialogi, uno in specie tra il ciabattino e lo stivale, due lettere sui libri proibiti, poesie e un avviso importante agli associati di stare all'erta perchè l'Amico di casa, almanacco valdese, non riuscisse a penetrare nelle loro famiglie. Ma la pagina più cara era quella della prefazione, che ricorda la festa colla quale furono accolti, tutti incolumi, i giovani dell'Oratorio che avevano militato contro l'Austria.
 
Il Galantuomo ai cari suoi lettori.
 
Vi mando un tenero saluto, o miei cari amici, e tanto più di cuore perchè so che siete assai moltiplicati. Deo Gratias! In mezzo alle molte mie tribolazioni, e sono quelle di un povero vecchio, mi trovo molto consolato sapendo di essere amato da tante rispettabili persone, come siete voi. In quest'anno ne ho viste anche delle più brutte, sapete, a motivo di quella gran guerra che si fece. Avrei desiderato di accompagnare l'esercito, come aveva fatto nel 59, ma per l'età troppo avanzata non ho potuto. E se allora perdetti solo il codino, ora avrei potuto benissimo perdere anche la testa; senza codino ci poteva e ci potrei stare, ma senza testa non so se avrei ancor potuto vivere. Stetti perciò a casa, ma accompagnai i miei fratelli e figliuoli col cuore e più colle mie orazioni. E grazie a Dio un bel giorno me li vidi ritornati tutti sani e salvi. Oh come mi saltarono attorno pieni di tripudio! Io li abbracciai con tenero affetto come se fossero ritornati a nuova vita. Però vi devo confessare che per ottenere questo caro risultato mi sono servito di un mezzo semplicissimo ma sicuro.
Mi era provveduto un po' prima di molte medaglie di Maria SS. e le distribuiva a tutti quelli che stavano in sul partire per la guerra. La mia casa in quei giorni era divenuta un vero santuario, dove ognuno viene colla persuasione di portar via quello che si desidera e si domanda a Dio. E vi avrei a raccontare per molto tempo le vere grazie che si ottennero. E per questo e per molti altri motivi il nome di Galantuomo si è fatto famoso. Allora diventai notus in Judea, come diceva il mio antico maestro già morto. Ma mentre cerco di uscire a fare una visita a tutti voi, ci sta un cattivo muso alla vostra porta che mi vorrebbe prendere il passo; e guai a me e guai a voi se potesse avere il passaggio nelle nostre case. Lo conoscete già forse di nome, e tolga Iddio, che lo abbiate a conoscere anche di persona - Libera nos, Domine!
Egli è niente meno che il colera, che, non so come, se per vapore o per telegrafo, chè già si sono inventate al giorno d'oggi tante vie, entrò nei nostri paesi e cominciò a far man bassa. Ed anche qui il vostro Galantuomo ebbe ed ha da farla da medico, e che medico sapete, medico infallibile, ed a buon mercato. Fui chiamato in molti siti, ebbi a fare parecchi consulti, e suggerendo il mio rimedio ho sempre ottenuto la guarigione. E tu, lettor caro, se sei desideroso di saperlo, eccolo: piglia prima di tutto un po' di confessione per metterti in grazia di Dio, e se già ci sei fa' di continuare. In secondo luogo, risveglia nel tuo cuore la divozione a Maria SS. Immacolata, onorandola di quando in quando con orazioni e giaculatorie: p. es. Maria, aiuto dei cristiani, prega per me peccatore. In terzo ed ultimo luogo tienti al collo la sua medaglia; e allora se venisse questo cattivo ospite poco ne sarebbe il danno, e si rinnoverebbe quello che disse il mio amico Silvio Pellico di felice memoria, parlando del colera minacciato a Torino nel 1835:
Venne l'indica lue, tremenda apparve,Ma al cenno di Maria sedossi e sparve.
E la colonna magnifica posta sulla piazza della Chiesa della Consolata segna il miracolo operato e la gratitudine dei cittadini. Che se volesse Iddio castigare un po' il mondo con questo male, tu ne saresti difeso.
Con questo crede il Galantuomo di avere abbastanza fatto il suo dovere coi suoi amici. State allegri, ed il Signore vi benedirà come di tutta l'anima ve lo augura
Il GALANTUOMO.
 
 
 
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