Capitolo 45

Macchinazioni contro il Papa - Una grazia di Maria SS. Consolatrice - Un Ministro Protestante confuso da Don Bosco - Progetto delle Letture Cattoliche - Mons. Fransoni e Mons. Moreno - Segreti di D. Bosco per trovare il tempo a tanti suoi lavori - Ad Oropa: umiltà - Lettera del Vescovo d'Ivrea a D. Bosco e consultazioni per dare principio alle Letture Cattoliche - Due Rescritti del Papa a D. Bosco.

Capitolo 45

da Memorie Biografiche

del 27 novembre 2006

Sempre nuove trame e sempre guerra contro la Chiesa. Il 4 novembre il Conte Camillo Benso di Cavour veniva nominato presidente del Ministero. Nell'agosto egli era andato a Londra a tener consiglio con i lords Palmerston, Russel e Gladstone, dei quali è difficile dire chi più di essi odiasse la Chiesa Romana, o aiutasse con ogni mezzo la rivoluzione; e passato a Parigi, s'intratteneva lungamente col Presidente della Repubblica Luigi Bonaparte e si accordava sull'Unità d'Italia e sulla Questione Romana. I settari d'Europa lo spingevano ad intimare al Papa una guerra di religione, e il i dicembre Bonaparte col nome di Napoleone III era proclamato imperatore.

Intanto in Piemonte erasi continuata la lotta contro i diritti di Dio; e il 5 luglio i deputati avevano approvata la legge sul matrimonio civile con 94 voti contro 34. Petizioni al Parlamento, firmate da innumerevoli cittadini, chiedevano che questa legge non andasse in vigore; e il Governo aveva tentato impedirle, accusando il clero di usare frodi, artifizii, violenze per ingannare il popolo sulle intenzioni del legislatore. Nella diocesi d'Ivrea tre zelanti parroci furono messi in prigione. Alcuni signori, per aver stampati opuscoli che dimostravano quella legge essere anticattolica, vennero processati e destituiti dalle loro cariche. Il Papa aveva scritto al Re dichiarandogli la dottrina cattolica sul matrimonio, e i Vescovi della Provincia Piemontese avevano protestato, annunziando le pene canoniche fulminate contro chi osasse contrarre matrimonio civile; e tuttavia in Senato si aperse la discussione. La Vergine Consolatrice però non permise per allora simile scandalo. Il 20 dicembre, benchè Camillo Cavour avesse parlato caldamente in favore della legge, il Senato con 39 voti contro 28 ne respingeva il primo articolo, e il 22 un decreto reale ritirava l'infausto progetto. E i cittadini, secondo la promessa fatta, ringraziarono la Madonna, costruendo la facciata al Santuario della Consolata, colle oblazioni di oltre 60.000 lire.

Nello stesso tempo i protestanti continuavano la loro propaganda e pi√π volte avevano cercato di venire a dispute con D. Bosco.

“Nel 1852, narrò D. Bosco, venne nell'Oratorio un famoso protestante, e dopo alcune parole mi porse un libro dicendo a più riprese: - Ecco un buon libro il quale fa toccare con mano le infamità della Chiesa Romana; - e mi presentava un libro del Trivier, le cui menzogne e calunnie superano di gran lunga il numero delle parole. Richiesto di accennarmi, alcune di queste infamità, mi rispose: - Non è una infamità che il Papa si faccia adorare qual Dio e più che Dio? Non è un'infamità da pagano l'adorare i santi e le immagini quali altrettanti dei? Non è un'infamità quella di proibire la lettura del Vangelo?

A tali accuse io lo pregai pacatamente di cercarmi nel libro, che aveva tra le mani, un solo decreto di Papi, di Vescovi, di Concilii o di Santi Padri in cui si rinvenisse una sola espressione che comandasse alcuna delle tre cose da lui accennate. Chi accusa infatti deve recar le prove di quanto afferma.

L'altro volta e rivolta pagine e fogli, scorre paragrafi e capitoli; ma siccome non poteva trovare quello che io domandava, - Ritornerò, mi disse, e sarò munito di testi e di ragioni da soddisfarvi.

- Andate, io replicai, leggete a vostro agio tutti i libri del mondo, i manoscritti o gli stampati che volete; e se mi saprete provare quanto m'asserite, vi do tutta ragione, altrimenti....

- Che altrimenti?....

- Altrimenti avrò io pienissima ragione di affermare che i protestanti sono calunniatori.

Il ministro si allontanò, io lo attendeva, ma egli più non fece ritorno”.

D. Bosco però non si appagava di sole dispute. Ponderava le ingiustizie, le calunnie e gli errori coi quali nella mente dei popoli, per opera dei politicanti, de' settarii e de' Valdesi, si falsava l'idea della Chiesa di Gesù Cristo, de' suoi diritti, della sua dottrina; e meditava nuove imprese, molto maggiori di quelle che aveva incominciate, colle quali a poco a poco avrebbe fatto, col suo genio benefico, stupire ed illuminare il mondo.

“La via dei giusti è simile alla luce che incomincia a risplendere, la quale si avanza e cresce fino al giorno perfetto”.

Fin dall'anno 1850 D. Bosco si era prefisso d'innalzare un argine contro l'irruzione della stampa eretica, pubblicando una collezione di libretti popolari sotto il titolo di Letture Cattoliche. L'ispirazione di fondarle fu tutta sua. Ma poichè nulla intraprendeva senza ricorrere a Dio, chiedere ed ascoltare il sentimento di personaggi autorevoli, e ponderare lungamente il pro e il contro, era stato alquanto lento nel determinarsi. Ma in quest'anno la risoluzione era presa e nessuno ostacolo avrebbe bastato a distornarnelo. Sempre devoto ed ossequente al suo Arcivescovo, egli, compilato un programma di associazione, lo aveva sottoposto a Mons. Luigi Fransoni in Lione, e l'egregio Prelato non solo approvava, ma encomiava altamente il provvido pensiero. La Direzione delle Letture Cattoliche avrebbe avuta la sua sede in Torino.

D. Bosco però non poteva da solo affrontare gli impegni di cosiffatta impresa, occorrendo unire alla sua molte altre volontà di persone a lui eguali, per la necessaria cooperazione e che talora avrebbero forse tollerata di mala voglia la sua supremazia, e la sua riputazione accresciuta a loro spese. Egli perciò in qualche circostanza riusciva a vincere certe riluttanze, nascondendo se stesso, e proponendo una cosa, non come sua, ma come suggerita da altri. Talvolta sapeva a poco a poco insinuare con destrezza le proprie idee, e le rispettive ragioni, nelle menti di persone doviziose o di grande autorità ed influenza, in modo che le facessero loro proprie, persuase dì avere il vanto e il merito di quel disegno, e quindi, come proprie, le sostenevano con animo alacre. Erano questi sacrifizii di umiltà, ma largamente ricompensati, per la gloria che ne veniva al Signore.

D. Bosco adunque aveva già discusso con Mons. Moreno, Vescovo d'Ivrea, il progetto di questa divisata pubblicazione, pregandolo a favorirla colla sua autorità, ed era stato deciso il piano da eseguirsi, poichè colle Letture Cattoliche volevasi discendere in campo aperto contro il Protestantesimo. Mons. Moreno approvava con entusiasmo, e prendeva sotto il suo patrocinio l'esecuzione del progetto e D. Bosco l'ebbe così per potentissimo e zelantissimo alleato.

Un nuovo lavorio indefesso dava a D. Bosco la fondazione di questa biblioteca; e la sua fede gli faceva passare le notti intere a scrivere libri di religione e d'istruzione pel popolo sulle dottrine cattoliche pi√π attaccate dai protestanti, smascherando l'errore con argomenti accessibili alla gente pi√π ignorante.

Si domanderà come D. Bosco trovasse tanto tempo e riuscisse in tanti negozii, che fanno sbalordire pel loro numero. Era questo, risponderemo, il suo segreto, che avea imparato nel Convitto alla scuola di D. Cafasso. D. Bosco scrivendo di D. Cafasso, in una sua memoria, dipinge senza volerlo se stesso:

“Il primo segreto era la costante tranquillità. Egli avea famigliare il detto di S. Teresa: - Niente ti turbi! - Perciò, colla dolcezza propria delle anime sante, disimpegnava con energia ogni affare, anche prolungato, difficile e seminato talvolta di spinose difficoltà; ma ciò senza affannarsi, senza che la moltitudine o la gravezza delle cose recasse il menomo turbamento a quell'anima nobile e veramente grande. Questa meravigliosa tranquillità faceva si che egli potesse trattare molti e svariati affari senza affanni e senza detrimento delle facoltà intellettuali.

” Il secondo segreto era la gran pratica degli affari, acquistata colla sua pazienza, congiunta ad una grande confidenza in Dio. La sua prudenza, la sua esperienza, il lungo studio del cuore umano gli avevano rese famigliari le più elevate questioni. I dubbi, le difficoltà, le domande più complicate

dinanzi a lui scomparivano. Fattagli una domanda, comprendevala al solo annunziarla; quindi alzato un istante il cuore a Dio, rispondeva con prontezza e giustezza tale che una lunga riflessione non avrebbe fatto pronunciare miglior responso.

” Il terzo segreto per fare molte cose era l'esatta e costante occupazione del tempo. Nello spazio di trenta e più anni che io lo conobbi, non mi ricordo di averlo veduto passare un istante che potesse dirsi ozioso. Terminato un affare, tosto ne intraprendeva un altro. Non mai prendevasi un momento di ricreazione, non mai un trastullo per sollevarsi lo spirito, non una facezia, o parola inutile. Per il solo fine di dare svago a' suoi convittori, assisteva talvolta ai loro divertimenti e questo era per lui un dovere.

” L'unico vero sollazzo per lui era il cangiamento di occupazione allorchè erane oppresso dalla stanchezza. Quando era stanco dal predicare andava a pregare, quando era stanco dallo scrivere andava a visitare gli ammalati o andava a confessare nelle carceri o altrove.

” Quarto segreto era la temperanza, che meglio chiameremo la sua rigida penitenza. Fin da giovanetto fu sempre sobrio nel mangiare e nel bere, sicchè dopo il cibo egli era in grado di intraprendere qualsiasi occupazione scientifica o letteraria. Qualche volta gli fu detto di avere un po' di riguardo alla sua sanità, ma egli rispondeva: - Il nostro riposo sarà in paradiso! Oh paradiso! Oh paradiso! Chi pensa a te in questo mondo non patisce più stanchezza. - Altre volte diceva: - L'uomo è veramente infelice a questo mondo! L'unica cosa che lo potrebbe consolare, sarebbe il poter vivere senza mangiare, senza dormire per occuparsi unicamente a lavorare pel paradiso!

” Un giorno, riprendendo un sagrestano dell'essersi alzato troppo tardi da letto, gli disse: - Per un uomo dedicato al servizio di Dio, basta un sonno, e una volta svegliato, qualunque sia l'ora bisogna alzarsi. - D. Cafasso doveva certamente tenere una tale regola”.

Ma di un quinto segreto non scrive D. Bosco, il quale era premio di una vita instancabile e mortificata per la gloria di Dio. Volere o non volere, la giornata di questi ammirabili sacerdoti era così piena di opere, che avrebbero bastato ad occupare da mane a sera cinque o dieci uomini volonterosi ed intelligenti. Dunque? Nella biografia del generale Gastone de Sonis, uomo tutto del Signore, si legge aver egli constatato, per esperienza propria, una grande verità: - Il Signore moltiplica il tempo per coloro che lo servono.

Egli intanto, aveva messo sotto la protezione di Maria SS. il suo disegno delle Letture Cattoliche. Ricordandosi dell'invito fattogli dal Rettore del Santuario d'Oropa, vi si recò nel mese di luglio per passarvi qualche tempo ed ultimare alcuni manoscritti; ma trovò essere stato mutato quel Rettore e non ebbe quelle liete accoglienze che si aspettava. È forse quest'anno che avvenne ciò che siamo per dire, essendo certo il fatto, ma incerta la data. D. Bosco era giunto ad Oropa col Teol. Golzio e aveva chiesti al Can. Pezzia Bernardino alcuni documenti, bramoso di stampare un libretto sulla storia di quel Santuario. Il Canonico non acconsentì alla sua domanda, dicendogli che tutte le notizie erano già divulgate. Domandò eziandio ospitalità per sè  e pel compagno; ma un amministratore si rifiutò di dar loro alloggio nelle stanze destinate per i preti, sicchè dovettero ambedue contentarsi delle camere preparate per i pellegrini secolari. D. Bosco e il Teol. Golzio soffersero in pace quella contrarietà, non dissero parola di rimprovero o di lamento, e si fermarono qualche giorno per soddisfare alla loro divozione.

Andato poi D. Bosco a S. Ignazio, scriveva di là a Monsignor Moreno, mandandogli il suo manoscritto: Il Cattolico Provveduto, perchè lo esaminasse e correggesse. Erano i primi fascicoli delle Letture Cattoliche.

E il Vescovo d'Ivrea rispondevagli:

“La sua lettera ben gradita, da V. S. Preg.ma favoritami dal luogo degli esercizi, mi arrivò al Santuario di Piova, dove stavo appunto attendendo anche agli esercizi. La ringrazio di tutte le gentili cose che mi dice, e mi rallegro che la sua chiesa sia già in così buon assetto, e l'assicuro che verrò con singolar piacere a vederla, quando abbia occasione di recarmi a Torino. Di tutto buon grado mi sono occupato del manoscritto che si compiacque comunicarmi e unito al medesimo troverà un foglio di variazioni e piccole giunte, che parmi si possano farvi. Del resto io non pongo importanza ad alcuna, ed Ella potrà giovarsene secondo il suo genio. Gradirò sommamente di conoscere le variazioni da Lei ideate al programma dei libretti da stamparsi e divulgarsi ogni mese. Quest'impresa mi preme assai assai, e La prego di occuparsene con quella maggior sollecitudine che potrà. Diggià io ottenni l'adesione di persone zelanti, e taluna mi diede la sua firma in bianco anche per concorrere nelle spese. Finisco col ringraziarla delle copie che mi favorì della sua bella poesia per la benedizione della chiesa. L'Avvocato e D. Gallenga La ringraziano ugualmente e La riveriscono, ed io ho caro di dirmi, ecc.

Dal castello d'Albiano, 4 agosto 1852.

 

 LUIGI, Vescovo d'Ivrea”

 

Passati pochi giorni, Mons. Moreno altra lettera scriveva a D. Bosco.

“Il sig. Matteo Rho, direttore della biblioteca dell'esercito, S° Segretario al Ministero della guerra, mi scrisse con foglio del 9 andante che di questa settimana si poneva mano alla stampa del libro Il soldato cristiano; prima di rispondergli e di prendere qualche azione per la medesima prego V. S. Preg.ma di dirmi se tale operetta è quella di cui il Teol. Vallinotti mi comunicò la traduzione, cominciata sotto l'ispezione di Lei.

Il bisogno si fa sempre maggiore: mettiamo dunque mano alla piccola biblioteca.

Col ritorno del latore favorisca comunicarmi le modificazioni che mi accennava poter occorrere al programma.

Con pienezza di stima, ecc.

Ivrea, 16 agosto 1852.

LUIGI, Vescovo d'Ivrea”.

 

D. Bosco fece sapere a Monsignore che egli sarebbesi recato ad Ivrea per chiedere il suo consiglio intorno al programma, alla scelta dei fascicoli, e all'ordine col quale fosse conveniente darli alle stampe. Ma siccome tardava a mantenere la sua promessa, ecco giungergli un altro foglio.

“ Attendo con impazienza la S. V. Preg.ma secondo la promessa fattami e spero che potremo concludere definitivamente per la biblioteca.

Non Le scrivo altro per adesso. Se gradisse, o meglio, se potesse favorire di dettare gli esercizi alle suore di carità qui in Ivrea si porti li suoi manoscritti.

Godo dirmi, ecc.

Ivrea, 4 settembre 1852.

LUIGI, Vescovo d'Ivrea”.

 

 

Predicati gli esercizi spirituali a Giaveno, D. Bosco si, recò ad Ivrea per contentare quel Prelato e riceverne gli ordini; e furono stabilite le ultime decisioni per dar vita alle Letture Cattoliche. Mons. Moreno, prese tutte quelle disposizioni che per sè  aveva riservate, ne dava notizia a D. Bosco:

“Ogni cosa sarebbe disposta per dare principio alla nota pubblicazione periodica. Vengo perciò a sollecitare V. S. R. di completare il programma col Teol. Can. Vallinotti e di mandarmelo prontamente, affinchè si possa stampare e distribuire. Se uno o l'altro vengono a portarmelo sarà meglio ancora.

Bisogna pensare ad una terza persona ecclesiastica o laica che aiuti. Suppongo che avrà finito il lavoro di ampliazione dei noti avvisi ai cattolici e che avrà parlato con tutti quei personaggi coi quali desiderava conferire, giacchè a questi dì niuno più rimarrà in campagna. Pur troppo la propaganda protestante si manifesta vieppiù ardimentosa: facciamo per parte nostra una propaganda cattolica.

Con rammarico intesi la rovina di porzione del suo fabbricato, e gradirò di sapere di sue notizie, poichè fummi supposto che sia stata incomodata.

Preghi e faccia pregar per me, che ho caro ripetermi con parzialissima stima, ecc.

Ivrea, 13 dicembre 1852.

LUIGI, Vescovo”

 

D. Bosco gli mandò il chiesto programma e nello stesso tempo faceva atto di obbedienza alla Suprema Autorità della Chiesa, la quale vieta ai cattolici le opere eretiche. La facoltà di leggere e ritenere libri proibiti gli era già stata prima concessa con restrizione. Ma ora, a motivo di dover scrivere contro i Protestanti, era indispensabile una facoltà illimitata e la domandò e gli fu concessa dal Santo Padre.

 

“Beatissimo Padre,

 

Il sacerdote Bosco Giovanni torinese, nel trovarsi alla Direzione degli Oratori per la giovent√π eretti in Torino, gli accade spessissimo che tali giovani gli portano ogni genere di libri, che in questi tempi calamitosi si spandono in copia perversissimi.

Umilmente prostrato ai piedi di V. S. implora la facoltà di leggere e ritenere qualsiasi libro proibito essendone tale il bisogno.

Che della grazia ecc.

Umi.mo Supplicante.”

Alla Santità di Nostro Signore

PIO PP. IX.

 

Feria sexta, die 17 Decembris 1852.

 

Auctoritate SS. D. N. Pii PP. IX nobis commissa liceat Oratori (si vera sunt exposita) attentis litteris testimonialibus, et quoad vixerit, legere ac retinere, sub custodia tamen ne ad aliorum manus perveniant, libros quoscumque prohibitos, exceptis de obscenis ex professo tractantibus.

In quorum fidem

FR. A. N. MODENA

S. I. C. a Secretis.

Loco sigilli.

 

Nello stesso tempo da Roma gli perveniva il più grande conforto e compenso che potesse desiderare. Era la firma autografa di Pio IX in un documento solito a segnarsi da un segretario. Con ciò il Papa gli aveva dato prova straordinaria della sua affezione, Non si può dire quanto D. Bosco desiderasse gli autografi del Sommo Pontefice e come esultasse nel riceverli, coi segni della massima reverenza. Noi fummo più volte testimonii di questi suoi affettuosi trasporti. Un secondo Rescritto adunque rispondeva ad una nuova supplica di D. Bosco.

 

“Beatissimo Padre,

 

Il sacerdote Bosco Gio. Direttore dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, prostrato ai piedi di Vostra Beatitudine, supplica umilmente che gli sia rinnovata la facoltà di fare la santa comunione nella messa solenne di mezzanotte, nella vigilia del SS. Natale, come suole da parecchi anni praticare, assicurando V. B. che un tale favore riuscirà di grande utilità e di eccitamento ai giovani che intervengono.

Umilmente prostrato spera la grazia.

Il supplicante”.

Roma, 16 Decembris 1852.

Pro gratia ad triennium.

PIUS PP. IX.

 

Così terminava l'anno 1852 colle sue gioie e co' suoi dolori, segnalato per la fiducia dei Torinesi in Maria SS. Consolatrice.

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