Capitolo 46

Amore di D. Bosco al Papa - Suoi studi continui sopra la storia della Chiesa Cattolica - Suo disegno per scriverla convenientemente - Sua Storia universale della Chiesa - Le Vile dei Papi - Vaste cognizioni storiche di D. Bosco - Letture Cattoliche: LA VITA DI SAN PIETRO.

Capitolo 46

da Memorie Biografiche

del 29 novembre 2006

 San Pietro! Il Papa! Ecco il personaggio più grande, più degno di profondo rispetto e venerazione sulla terra, per il nostro D. Bosco, dopo il SS. Sacramento. Si entusiasmava quando ne parlava a' suoi giovanetti: - Amiamoli, ei diceva, i Romani Pontefici, e non facciamo distinzione del tempo e del luogo in cui parlano; quando ci danno un consiglio e più ancora quando manifestano un desiderio, questo sia per noi un comando.

  Spesse volte ripeteva: - Figliuoli miei, tenete come nemici della Religione coloro che colle parole e cogli scritti offendono l'autorità del Papa, e cercano di scemare l'ubbidienza ed il rispetto dovuto a' suoi insegnamenti ed ordini. - E ogni qual volta il Pontefice si trovava in angustie, egli esortava sempre i suoi alunni alla preghiera e alla S. Comunione.

“ D. Bosco, scriveva Mons. Emiliano Manacorda nell'elogio funebre letto nella trigesima dalla morte di lui, fondatore della Pia Società di San Francesco di Sales, nei pensieri e nelle parole, negli affetti e nell'azione era il ritratto dell'uomo umile. Tutto in lui era umiltà; ma questa si vestiva d'amor festivo, appena che gli suonasse all'orecchio la parola sacra: Pontefice Romano; s'accendeva, prendeva vita, parlava con calore. Nessuno fra quanti l'avvicinavano udì parola da lui che non fosse improntata all'obbedienza perfetta e alla docilità d'innocente fanciullo ”.

   A D. Bosco non sembravano mai troppi gli onori resi ai Papi, e un giorno faceva notare al Ch. Rua la soddisfazione che avrebbe provato nel vedere le feste dei santi Romani Pontefici, celebrate allora col semidoppio, elevate al rito doppio. La festa poi in onore di S. Pietro volle che nell'Oratorio fosse celebrata ogni anno con gran pompa.

   Prova di quanto egli ardeva accesamente d'amore verso il Vicario dì Gesù Cristo si è che desso fu il pensiero continuo della sua vita: conseguenza anche dei forti studi, dei quali era fornito sulla storia della Chiesa, alla quale dava, come già vedemmo, moltissima importanza. Aveva incominciato a studiarla nel 1834 essendo ancora chierico e dal 1851 al 1861 D. Turchi lo vide attendervi ancora assiduamente, sopra opere insigni vuoi antiche, vuoi recentemente stampate. Sovratutto non rifiniva di meditarla sui Bollandisti, opera che sopra ogni altra gli era cara. Leggeva le vite de' santi contenute in que' molti e immensi volumi con tanta attenzione da rimanerne il suo spirito come interamente imbevuto. E per consultarli sovente, appena potè, cioè prima del 1860,

di questi arricchì la biblioteca dell'Oratorio. Le geste di tutti i santi sono pure il commento più autorevole al dogma dell'autorità pontificia e lo mettono nella sua piena luce. D. Bosco la riconosceva in tutta la sua estensione. Quando in tempo di pranzo si leggeva l'Henrion, il Rohrbacher, l'Audisio, lo Schmid e altri autori di storie universali della Chiesa, o voluminose o compendiate, egli aveva sempre da osservare che molte erano storie ecclesiastiche nazionali; ovvero che parlavano diffusamente della Chiesa in genere, dei concili, delle vite dei santi, ma poco dei sommi Pontefici, i quali, con suo vivo dispiacere, vi facevano quasi sempre una figura secondaria, e direi quasi accessoria. D. Bosco sosteneva che il perno di una storia ecclesiastica, attorno a cui essa doveva aggirarsi, era il Papa, e quindi una vera storia della Chiesa dover essere essenzialmente una Storia dei Papi. - Il Papa non è egli il Capo, il Principe, il Supremo Pastore? diceva D. Bosco. Nella storia di un regno, di una nazione, di un impero la prima figura che si fa campeggiare continuamente non è forse quella del re? Non è forse necessario che si sappia doversi tutto ai Papi, onore, gloria, obbedienza come a centro d'unità, senza del quale la Chiesa non è più Chiesa? È  un grande errore scrivere della Chiesa e lasciar trascorrere lunghi periodi senza far menzione del suo Capo!

  Perciò, secondo questo criterio, fin dal 1849 aveva incominciato a comporre una storia universale della Chiesa Cattolica a confutazione delle menzogne e calunnie degli eretici e a correzione di metodo e di errori di alcuni autori cattolici. In quelle pagine descriveva la continua influenza dei Romani Pontefici nella Chiesa, il concatenarsi del loro intervento cogli avvenimenti mondiali più importanti, e tutti gli atti di ossequio coi quali fu riconosciuta la loro suprema giurisdizione. Si argomentava eziandio di rettificare le inesattezze, le omissioni, i fatti o le intenzioni travisate che pur troppo s'incontrano anche nelle opere più famose. D. Bosco condusse il suo lavoro, in quattro volumi, fino al principio del secolo XIX: e man mano che finiva di scrivere un quaderno lo trasmetteva al Ch. Bellia Giacomo perchè lo copiasse con bella scrittura. Così il Ch. Bellia trascrisse tutta questa storia, e della verità del fatto si disse pronto a dar giuramento: e aggiungeva in una lettera da lui scritta a D. Rua nel 1903 - “Parecchi dei nostri più antichi sacerdoti dubitarono che D. Bosco abbia composto la suddetta opera, perchè non hanno idea quanto D. Bosco vi faticasse attorno, essendo fuori dell'Oratorio, mentre viaggiava, o dettava missioni nei paesi e nelle città”.

   Egli non aveva premura di darla alle stampe, perchè desiderava che riuscisse, per quanto si poteva, una storia perfetta. Quindi recava sempre con sè que' suoi manoscritti, ed ogni momento libero impiegavalo nel leggerli, annotarli, e correggerli.

   Questa sua abitudine però fu cagione che andassero perduto tante fatiche. Nel 1862, nel tempo delle passeggiate cogli alunni, dimenticò una parte de' suoi scritti nel paese dove aveva pernottato. Era già lontano circa sei miglia quando si accorse di quella mancanza; e D. Savio Angelo ritornato ebbe la fortuna di trovarli e di riportarglieli. Ma non fu più così verso il 1870. Lasciato l'ultimo volume sul treno, per la fretta di scendere, D. Bosco se ne avvide solo dopo alcuni giorni, e riuscirono vane tutte le ricerche per ritrovarlo. Così il lavoro quasi finito rimase interrotto senza che D. Bosco potesse rifarlo, causa le continue faccende che si moltiplicavano.

A D. Bosco in vero dovette recare non lieve angustia la perdita di gran parte di un'opera così importante e che gli costava tanti anni di fatica; ma rassegnatosi pazientemente, prese a manifestare ai chierici il suo vivo desiderio, che alcuni di essi si rendessero capaci di compilare una storia della Chiesa, per raggiungere quello scopo che egli si era proposto. Assegnava loro due norme: ponessero un grande studio nello scrivere in stile piano, per tutto il popolo e per gli operai; si ispirassero alla più profonda venerazione verso la Sede Apostolica.

   Questo incarico lo aveva affidato specialmente a Don Bonetti Giovanni, il quale con D. Cerruti Francesco l'udì più volte esclamare: - Sono veramente indegnato del poco conto nel quale certi scrittori tengono il Papa. Ricordatevi che dobbiamo stringerci intorno a lui, e che la nostra salvezza sta solo col Papa e pel Papa. - E ripeteva loro eziandio: - Mi fa pena nel vedere certi storici della Chiesa, che scrivono di tante cose, ma così poco e non abbastanza bene del Papa. Bisogna che la figura del Papa risplenda di tutta la sua luce innanzi a tutto il mondo. Dicono alcuni che di certi Papi dei primi secoli si sa poco o nulla e quindi manca la materia per scriverne. Non è vero! Leggano i Bollandisti ed altre opere importantissime, che si conoscono solo pel titolo, e vedranno!... Quel che manca è la volontà di lavorare! Qualunque fatica è poca, quando si tratta della Chiesa e del Papato.

  E delle sue asserzioni D. Bosco dava una bella prova, incominciando a stampare le vite dei Papi dei primi tre secoli, intorno alle quali lavorava dal 1854. Voleva che il popolo venisse a conoscere i più antichi Pontefici; e quindi cercò tutte le possibili notizie intorno ai medesimi, passò molto tempo nelle biblioteche pubbliche e private, e riuscì a mettere insieme preziose notizie di ciascuno di essi. Ne formò libretti destinati per le Letture Cattoliche, ed era sorprendente il modo col quale li scriveva. Molte volte, specialmente quando il tempo di dare il manoscritto alle stampe era vicino, chiamava qualcuno de' suoi chierici, lo conduceva al convito ecclesiastico di S. Francesco, e là in quella biblioteca, senza alcun libro davanti, dettavagli ciò che senza pur aver più tempo di rivedere, consegnava alle stampe. Eppure queste operette furono tenute in gran stima da molti dotti, fra i quali Mons. Tripepi, Prelato domestico di Pio IX ed ora Cardinale, che nella sua vita di S. Pio I cita varie volte le Letture Cattoliche che trattano del medesimo Pontefice, e definisce D. Bosco uomo dotto non meno che pio.

   Che fosse dotto, ne era prova la rapidità nello scrivere. Ricordandosi l'immensa farragine di volumi che aveva letto e colla citazione esatta delle pagine, quando non poteva muoversi dall'Oratorio, avendo bisogno di consultare o incorporare ne' suoi scritti qualche tratto d'autore, scriveva in bigliettini il nome di vari autori, col titolo, dell'opera, il volume, il capitolo, la pagina. Quindi li dava ad un giovane o ad un chierico, il quale correva all'Università e gli portava tracopiati i brani che desiderava. Il primo giovane era appena partito che talora gliene mandava dietro un secondo, un terzo con simili biglietti. Il Prof. Peyron lo aiutava col più vivo interesse nel cercare nella biblioteca dell'Università i libri richiesti e nell'indicare ai giovani il tratto che dovevano copiare.

  Quanto alla sua pietà in questo lavoro ci narrava il Can. Anfossi: - Io parecchie volte scrissi sotto il sua dettato le vite dei Papi e dei Martiri loro contemporanei e ricordo che egli attendeva a quest'opera con tanto raccoglimento, che pareva fosse intento all'Orazione. Incominciava sempre coll'invocazione dello Spirito Santo e finiva con un'azione di grazia; di guisa che tutto questo gran lavoro da lui compiuto, dimostrava con evidenza il suo zelo per il bene del prossimo, la gloria di Dio e il santo coraggio col quale faceva argine all'invasione degli eretici. Perciò questi fascicoli confermarono la fama di santità che già universalmente godeva e molti a lui venivano, anche fra gli acattolici, conoscendolo così profondamente erudito, per essere istruiti nella fede.

   Alcuni di questi libretti erano nuovi di sana pianta, altri erano stralciati dai manoscritti della sua storia universale, ma con aggiunte di molte postille e citazioni di autori. D. Bellia, che, anni dopo, vide questi secondi, vi riconobbe la propria scrittura, sicchè si persuase che li pubblicasse così stralciati dall'opera grande, anche a titolo di saggio, per sentirne le critiche de' maestri in istoria e servirsene nelle correzioni.

   Mentre componeva, egli raccontava ogni domenica, dopo la seconda messa, un tratto di quel suo lavoro sui Papi.

   “ Ciò che formava l'argomento di interessantissimi trattenimenti, scrive D. Paolo Albera, era per lo più ricavato dai Bollandisti. Nessuna meraviglia perciò se i suoi alunni lo ascoltassero così attentamente e con immenso gusto. Non erano mai sazi di udirlo, benchè le sue prediche durassero quasi un'ora e mezzo. Nei dialoghi poi tra i Martiri e i loro persecutori, il predicatore era veramente insuperabile. E conciliava sempre stima ed affetto alla Santa Sede, illustrata dai Papi con azioni esimie e santificata col loro sangue. E non scendeva mai dal pulpito senza avere interrogato qualche giovane, perchè da qualche fatto traesse la morale; e per vari anni interrogò specialmente il Ch. Roetti. Ordinariamente quando Don Bosco aveva finito di raccontare la vita di un Pontefice, o d'altro Santo le cui geste erano un'illustrazione del Papato, noi la vedevamo comparire in un fascicolo delle Letture Cattoliche, in cui rileggevamo con immenso piacere le cose udite nelle sue prediche ”.

  Pel gennaio dunque del 1857 il fascicolo delle Letture Cattoliche, uscito dai tipi di Paravia, era intitolato: Vita di S. Pietro Apostolo, principe degli apostoli, primo Papa dopo Gesù Cristo, per cura del sacerdote Bosco Giovanni. Ogni capitolo finisce con una massima scultoria che imprime nel cuore di chi legge l'amore alla Chiesa, e il libro si conchiude con un appello ai protestanti, perchè ritornino all'ovile di Gesù Cristo. Così D. Bosco farà eziandio nei seguenti opuscoli da lui scritti intorno ai Papi. Come appendice vi aggiunse l'operetta del Teol. Marengo Professore di Teologia, stampata nel 1855 sotto il titolo di Viaggio di S. Pietro a Roma, nella quale questo punto storico importantissimo è dottamente provato.

  Per la vita di S. Pietro D. Bosco scriveva la seguente prefazione:

Più volte ho tra me pensato al modo di calmare l'odio e l'avversione che in questi tristi tempi taluno manifesta contro ai Papi e contro alla loro autorità. Mezzo molto efficace mi sembrò la conoscenza dei fatti che riguardano la vita di quei supremi pastori stabiliti a fare le veci di Gesù Cristo sopra la terra e a guidare le nostre anime per la via del Cielo. - Io penso, diceva tra me, non trovarsi tanta malignità nell'uomo ragionevole da essere avverso a coloro che hanno fatto ai popoli tanto bene spirituale e temporale; che hanno tenuto una vita santa e la più laboriosa; che furono sempre venerati da tutti i buoni e in tutti tempi e che spesso per promuovere la gloria di Dio e il vantaggio del prossimo difesero la religione e la propria autorità col loro sangue.

  Egli è con questo pensiero, o cattolico lettore, che ho divisato d'intraprendere il racconto delle azioni dei Sommi Pontefici che da Gesù Cristo governarono la Chiesa fino ai nostri giorni. Cominciando pertanto da S. Pietro, stabilito primo Papa da Gesù Cristo medesimo, scenderemo senza più a' suoi successori limitandoci a fare quelle necessarie osservazioni di cui il racconto ci porgerà occasione.

  S. Pietro è quell'apostolo che il Salvatore medesimo chiamò beato, e che ha ricevuto le chiavi del regno de' Cieli con autorità di sciogliere e legare in guisa che, di regola ordinaria, le sue sentenze avrebbero dovuto precedere quelle di Dio; quell'apostolo, cui Gesù comandò di mantenere nella fede i suoi fratelli ordinandogli di dare alle sue pecore, che sono i Pastori della Chiesa, ed a' suoi agnelli, che sono tutti i fedeli, quel pascolo che sarebbe stato necessario pel loro bene spirituale ed eterno; egli è insomma quell'apostolo cui Gesù Cristo deputò a governare la Chiesa, e che la governò difatti dopo la gloriosa Ascensione del Salvatore al Cielo.

  Ma l'autorità di Pietro, secondo le parole del Salvatore, doveva mantenersi visibile fra gli uomini sino alla consumazione de' secoli, e poichè S. Pietro era uomo, e come tale doveva pur cessare di vivere, quindi per legittima conseguenza dovevasi trasmettere a' suoi successori (i Sommi Pontefici) quella stessa autorità che egli aveva da Cristo ricevuta. E di questi pure faremo seguire la vita a quella del primo Pontefice San Pietro.

  Siccome un figlio deve essere naturalmente portato ad ascoltare con piacere le gloriose azioni di suo padre, così noi, come figliuoli spirituali di S. Pietro e de' suoi successori, dobbiamo godere assai nell'animo nostro nel leggere le azioni gloriose di questi sommi uomini, che da diciotto secoli governano la Chiesa di Gesù Cristo.

Debbo però premettere che io scrivo pel popolo, epperciò allontanando ogni ricercatezza di stile ogni dubbia od inutile discussione, mi studierò di ridurre lo stile e la materia a tutta quella semplicità che comporta l'esattezza della storia, congiunta colla teologia e colle regole di nostra italiana favella. In quanto poi ai fonti da cui ricavo le notizie, posso assicurare il lettore che non scriverò parola, non esporrò un fatto senza confrontarlo, se è possibile, cogli autori contemporanei, o almeno più vicini ai tempi cui si riferiscono gli avvenimenti. E per non tessere qui un catalogo degli autori dei quali m'occorre di servirmi, procurerò di accennare i principali di mano in mano che la materia me ne porgerà l'occasione.

  Ho poi procurato di ridurre i fascicoli in modo che ciascheduno contenga argomenti compiuti e da potersi ad altri donare senza interruzione di materia. Per quelli poi che desiderassero di serbare la serie separata dagli altri delle Letture Cattoliche, si noterà con una lettera dell'alfabeto l'ordine progressivo di ciascun fascicolo che tratti delle azioni dei Papi e delle cose ai loro tempi avvenute.

  Mentre poi dal canto mio prometto di non risparmiare nè fatica, nè sollecitudine perchè riesca esatto quanto sono per iscrivere, non posso a meno di rivolgermi ai ministri dell'altare, ed a quelli tutti che esercitano qualche influenza nei popoli cristiani, affinchè vengano in mio aiuto per diffondere questi libretti in quei luoghi e tra quelle famiglie presso le quali ne scorgeranno uno special bisogno.

  I tempi corrono assai calamitosi per la nostra santa religione, i nemici dei cattolicismo spendono ingenti somme di danaro, intraprendono lunghi viaggi, sopportano gravi fatiche per diffondere libri immorali e contrari alla religione; e noi per salvare le anime non ci daremo almeno quelle sollecitudini che con tanto ardore altri si danno per condurle alla perdizione?

  Iddio misericordioso infonda nel cuore di tutti vivo desiderio della salute delle anime, e ci aiuti a mantenerci costanti nella fede di Pietro, che è quella di Gesù Cristo, e così a camminare per quella strada sicura che ci conduce al Cielo. Così sia.

Su questo fascicolo l'Armonia del I° febbraio emette il seguente giudizio:

“ Crediamo che per il tempo che corre non sianvi libri più utili, anzi necessari di quelli che parlano dell'autorità del Sommo Pontefice. Imperocchè vediamo che da ogni lato i nemici della cattolica religione, sotto mille e svariati aspetti, tutti s'accordano ad assalire e battere in breccia il Papato. E siccome si fa di tutto dai nemici della Chiesa per insinuare nel popolo le medesime massime antipontificie, così è necessario che anche da questo lato si amministri l'antidoto, ove si propina il veleno. Quell'instancabile uomo del Signore che è il Sacerdote Giov. Bosco, pensò con grande opportunità di ovviare al danno che ne viene al popolo dai pessimi librucci e giornaletti, imprendendo a dettare la vita dei Sommi Pontefici in modo adatto alle più rozze menti: e cominciò, come è dovere dalla Vita di S. Pietro, la quale forma il fascicolo XI dell'anno IV delle tanto benemerite Letture Cattoliche. È  un libretto di pag. 180, il quale oltre alla vita del Principe degli Apostoli in ventinove capitoli, contiene un'appendice sulla venuta di S. Pietro in Roma. Quest'appendice ci somministra in compendio tutto ciò che su questo punto gravissimo venne detto dai SS. Padri, dagli scrittori cattolici e dai Protestanti stessi: a segno che oggimai è follia il voler rivocare in dubbio la venuta di San Pietro in Roma. L'autore con buon divisamento ordinò in modo il libretto che possa poi essere continuato in susseguenti fascicoli, anche per coloro che non fossero associati alle Letture Cattoliche. Il libro di D. Bosco non abbisogna di raccomandazioni. Piuttosto ci volgeremo ai buoni cattolici benestanti, invitandoli a procacciarsi in copia questi libretti per poterli spargere nel popolo affine di rimediare, o prevenire i danni de' pessimi libri dei protestanti e di certi così detti cattolici peggiori dei protestanti ”.

 

 

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