Alcune pubblicazioni di D. Bosco - AVVISI ALLE FIGLIE CRISTIANE - LA CHIAVE DEL PARADISO - IL GALANTUOMO - I quindici misteri del Rosario - Aggiunte importanti al GIOVANE PROVVEDUTO.
del 29 novembre 2006
 Prima di entrare colle nostre Memorie nel 1857, daremo uno sguardo ad altro e molto bene che D. Bosco operò nel 1856 con fogli volanti e libri, dei quali non abbiamo ancor fatto cenno.
  Il tipografo Paravia avevagli ristampato: 6.000 copie della Maniera facile per imparare la Storia Sacra e 3.000 della Vita di S. Pancrazio, seconda edizione; nel luglio 4.000 copie degli Avvisi alle figlie cristiane, che D. Bosco diffondeva predicando missioni nei paesi, o esercizi spirituali negli Istituti; e sono forse quelli stessi che furono inseriti nel Porta - teco cristiano, stampato poi nel 1858. Nello stesso tempo pubblicava copie 6.000 di una prima edizione, finita allora di comporre, che portava il titolo: La chiave del paradiso in mano al Cattolico che pratica i doveri del buon. Cristiano, pel Sac. Giovanni Bosco.
L'autore così dà ragione dell'Opera sua:
 
AL BENEVOLO LETTORE.
 
Questo libretto è intitolato La Chiave del Paradiso, perchè qualsiasi cristiano che sappia, creda e pratichi quanto ivi si contiene può essere sicuro di sua eterna salvezza. Quivi troverai, o lettore divoto, un compendio delle verità della fede cattolica e il modo di praticare i più essenziali esercizi di cristiana pietà con una scelta di Laudi sacre.
  Ogni cosa fu ricavata dai più accreditati autori; io feci solamente quelle aggiunte e variazioni che parvero necessarie od opportune per l'intelligenza popolare.
  Intanto uniamoci tutti a pregare Iddio misericordioso affinchè conduca tutti gli uomini del mondo alla conoscenza della cattolica religione, sola ed unica religione di Gesù Cristo fuori di cui niuno può salvarsi.
  Noi poi che abbiamo la bella sorte di trovarci in grembo alla vera Chiesa, diamoci la massima sollecitudine per sapere, credere e praticare quanto questa nostra Madre pietosa a nome di Dio comanda.
  Così facendo quanti cristiani seguiranno il nostro esempio!
Quanti lasceranno la strada del male per darsi alla virtù! Quante anime persevereranno nel cammino che conduce all'eterna salvezza! Qual grande ricompensa non sarà per noi riserbata da Dio in Cielo!
 Noi riportiamo questa prefazione per far notare come D. Bosco con rara umiltà, così nella presente, come in altre sue opere, soglia non di rado attribuire ad altri autori il merito del suo lavoro, affermando candidamente aver egli attinto, anzi quasi tracopiato da essi quanto egli scrisse. Ma questa confessione talora è vera, talora esagerata, e molte volte non è ammissibile, perchè se ha fatte sue le idee di altri dopo essersele ridotte in succo e in sangue, le ha rivestite però di nuove forme.
La Chiave del Paradiso è modellata sul Giovane Provveduto, seconda edizione; ma siccome il nuovo libro è scritto per la comune de' fedeli adulti, vi tolse quanto riguarda la gioventù, qualche nota storica, alcune pratiche di pietà; e con grande riflessione e pazienza rese più concisi molti periodi di varie orazioni. Alla prima parte sostituisce un compendio di ciò che un cristiano deve sapere, credere e praticare, seguendo l'ordine del catechismo; aggiunge un magnifico ritratto del vero cristiano; e con pensieri sopra l'eternità, porge argomenti di seria riflessione che penetrano l'anima. Alla materia che forma la seconda e terza parte toglie la corona all'Addolorata, l'esercizio di divozione al S. Angelo Custode, i vespri de' morti, ciò che si canta nelle messe dei vivi e dei defunti; aggiunge un'orazione per conservare il dono della fede, e molte giaculatorie da recitarsi lungo il giorno, ricche di indulgenze. Non omette però i vespri comuni degli Uffizi della Domenica e della Madonna. In fine vi stampa i Fondamenti della cattolica religione, come aveali ampliati per la terza edizione del Giovane Provveduto, che stava allora componendo e che sono gli stessi ora da noi posseduti in questo prezioso libro. La Chiave del Paradiso ottenne un grande spaccio e in quaranta e più edizioni si ebbero circa 8oo.ooo copie diffuse tra i fedeli. È  un volumetto di 496 pagine con caratteri grossi quali piacciono al buon popolo e in specie alla gente di campagna.
  Aveva eziandio fatto stampare dal tipografo De Agostini l'almanacco Il Galantuomo pel 1857, che doveva servire per strenna e augurare il buon Capo d'anno agli associati delle Letture Cattoliche. In queste pagine descriveva il trionfo della religione nell'esercito e nella flotta francese nel tempo della guerra di Crimea, poiché l'impresa era stata posta dall'imperatore Napoleone III sotto la protezione di Maria SS.; i cappellani rimessi nei reggimenti, sulle navi, negli ospedali militari, che dánno prova di mirabile eroismo sacerdotale; l'imperatrice Eugenia che regala di sua mano ai generali la medaglia miracolosa, la quale nella battaglia salva la vita al generale Canrobert; i soldati moribondi o pel coléra o per le ferite, che invocano i cappellani, i quali accorrono e li riconciliano con Dio; le Suore della Carità che operano meraviglie; i sentimenti cristiani e le manifestazioni di fede, il coraggio nei combattimenti dei prodi figli della Francia.
   Consacra quindi una pagina all'Esercito Sardo: afferma che la maggior parte dei nostri soldati prima di partire per la Crimea vollero confessarsi, comunicarsi e mettersi al collo la medaglia della Madonna; ricorda le loro geste valorose, la morte gloriosa dei generali Ansaldi e La Marmora, del colonnello di Montevecchio, del capitano dì San Marzano; ma si dice angustiato perchè non siasi ancora fatta una genuina relazione di quei fatti particolari e luminosi, i quali, mentre torneranno sempre a maggior decoro del nome sabaudo, che ci gloriamo di portare, riveleranno altresì le convinzioni religiose degli ufficiali e soldati, i quali morendo esclamavano: - Se si ha da morire, si' muoia Per la patria, per il Re, ma nella Religione santa in cui siamo nati, cresciuti, cogli spirituali conforti di Lei che ci salvino, col Patrocinio della SS. Vergine che inspira tanta fiducia ai Piemontesi soldati. E il Governo infatti aveva mandato fra di loro in Crimea sei sacerdoti dei missionari di S. Vincenzo de' Paoli e settanta Figlie della Carità italiane, delle quali dieci con un missionario vi lasciarono la vita per malattie infettive dopo aver faticato e patito molto nell'assistere i feriti e gli ammalati.
A questi ricordi interessanti faceva seguito un lungo articolo sopra alcune superstizioni popolari. È un parroco che assiste ad una veglia invernale di contadini nella stalla, dove viene interrogato da questi perchè dia spiegazione di certe credenze, ubbíe od errori, che paiono confermati da certi fatti, dei quali espongono la narrazione: si tratta di pratiche di pietà alle quali si attribuisce virtù di liberare infallantemente da ogni male; del sale versato sulla tavola, segno di imminente disgrazia; del numero 13 e del gemito della civetta, pronostici di morte; del venerdì, giudicato giorno nefasto; dell'avvenire che vuolsi indovinare osservando la prima persona che s'incontra uscendo di casa nella festa della Circoncisione; dei sogni che dánno i numeri del lotto; delle megère che annunziano il futuro; dei fuochi fatui che inseguono la gente, supposti anime vagolanti del purgatorio. E il buon prevosto con ragioni, con arguzie, con rimproveri scherzevoli, con ammonimenti, e sovratutto citando il catechismo, sfata e condanna ad una ad una le suddette superstizioni e vane credenze, dimostrandole eziandio contrarie alla legge di Dio.
   D. Bosco con questo trattenimento rendeva un segnalato servigio al popolo, il quale però in Italia è meno superstizioso di quello d i altre nazioni per gli ammaestramenti del Clero Cattolico.
   Il Galantuomo terminava con una poesia piemontese: Meist Tomà '1 Pastisse, Maestro Tommaso il Pasticcere.
   D. Bosco però oltre al Galantuomo volendo regalare a' suoi giovani artigiani interni ed esterni un altro almanacco che loro sapeva accetto, comprò, nel novembre, 1000 copie di quello degli artisti, che era un foglio in 32, stampato esso pure dal tipografo Paolo De Agostini.
In questo stesso mese faceva stampare su doppio foglio dal litografo Giuseppe Cattaneo i quindici misteri del Rosario. D. Bosco pesava parola per parola quanto scriveva. Era al Convitto col Teol. Golzio e correggeva l'esposizione di questi misteri, Al terzo gaudioso, giunto alle parole: “ Si contempla come la Vergine SS…..” si volse al Teologo e lo interrogò: - Diede alla luce? - Può andare! disse D. Golzio. D. Bosco pensò e poi soggiunse:
  - Nacque da Maria Vergine? - e dopo aver ripensato disse ad un chierico che era in sua compagnia: - Nota: Si contempla come il nostro Redentore nacque nella città di Betlemme.
   Ma il lavoro che gli diede eziandio non lieve occupazione, e non per breve tempo, fu quello di riordinare il Giovane Provveduto coll'aggiungervi ciò che reputava necessario per lo sviluppo crescente della sua Istituzione. E ciò fu. La novena e l'atto di consecrazione a Maria Immacolata; l'articolo: La più bella delle virtù; la preghiera con cui S. Luigi Gonzaga si dedicava a Maria; istruzioni più diffuse intorno al modo di confessarsi e comunicarsi; la formola per fare la comunione spirituale; il giovane nella scelta dello stato e i mezzi per conoscere la propria vocazione; il giovane fedele alla sua vocazione; preghiera alla Beata Vergine per conoscere la propria vocazione; pratica quotidiana, mensile, e per ogni giorno della novena di S. Francesco di Sales; l'ufficio dei morti e l'atto eroico di carità in suffragio delle anime del purgatorio e il modo di poter acquistare molte indulgenze e finalmente ciò che si canta nella benedizione delle campagne
Avendo in animo d'istituire la compagnia di S. Giuseppe per gli artigiani, vi stampava eziandio la pratica dei sette dolori e delle sette allegrezze di S. Giuseppe ed una preghiera allo stesso Santo per ottenere la virtù della purità; poi nel 1868 completava definitivamente il suo libro colla novena di Maria SS. Ausiliatrice e vi aggiungeva un bel numero di laudi sacre in onore di Gesù, di Maria e dei nostri speciali Patroni. Qua e là sparse notizie storiche sull'origine di certe divozioni.
   Il bene che D. Bosco operò con questo libro è incalcolabile. Chi può numerare i giovanetti che guidò all'Oratorio, le conversioni che promosse, le vocazioni allo stato ecclesiastico e religioso, delle quali gettò il seme e poi fiorirono robuste e incrollabili, le virtù di perfezione cristiana che fece allignare nei cuori?
   E di ciò non è a far le meraviglie poichè dalle pagine del Giovane Provveduto spira tanta carità, dolcezza e persuasione che si fa amare dal lettore. Diremo che abbiano quasi l'unzione del S. Vangelo. Il Rev. Signore Luigi Albera prete della Missione, Superiore a Finale, voleva che tutti gli anni si leggessero ai giovani del collegio di Scarnafigi le sette meditazioni per i giorni della settimana ed esclamava: - Oh! come sono belle! quanto bene producono! Oh, perchè D. Bosco non ne ha scritte di più! quale furtuna se, invece di sette, fossero settantasette!
 
 
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